Sempre da Mosaico,
rivista della Comunità ebraica di Milano,
traiamo un’intervista a rav Bahbout, Rabbino capo di Napoli e del Meridione,
sulla realtà ebraica di Sannicandro e del Sud Italia in generale;
particolarmente interessanti, per noi, i cenni sulla Calabria
traiamo un’intervista a rav Bahbout, Rabbino capo di Napoli e del Meridione,
sulla realtà ebraica di Sannicandro e del Sud Italia in generale;
particolarmente interessanti, per noi, i cenni sulla Calabria
Quando il Sud si risveglia sotto l’aron
di Ilaria Myr
Puglia, Campania e Sicilia, Calabria, Molise e Basilicata:
sono le
regioni d’Italia in cui, da qualche anno,
sta rifiorendo un ebraismo mai
spento.
E che ora, grazie all’impegno di Rav Shalomino Bahbout,
sta ritornando
alla vita.
È una vera e propria rinascita quella che da qualche anno sta
interessando l’ebraismo nel sud Italia: il decreto di espulsione di tutti gli
ebrei dal regno di Napoli, emesso dall’imperatore Carlo V nel 1541, mise
infatti fine alla folta presenza ebraica in tutto il sud Italia, spegnendone,
senza però ucciderla del tutto, la vita florida e attiva durata fino ad allora.
Fatta eccezione per Napoli, la cui comunità rinasce alla fine dell’800, per le
altre città non si può ancora parlare di un ebraismo attivo. Fino a oggi. Da
qualche anno, infatti, in alcune città del sud si sta propriamente
riorganizzando una vita ebraica, dando origine a numerose iniziative culturali
e di aggregazione. L’esempio più eclatante e noto è quello di Trani, che dal 2004 ha iniziato un
percorso di riedificazione della presenza ebraica, culminato nel 2007 con la
ricostruzione della Scolanova, la sinagoga oggi in uso. Ma questo è solo
l’inizio. Come infatti si legge sulla pagina di Trani nel portale della
Comunità ebraica di Napoli (www.napoliebraica.it): «Il futuro si presenta
impegnativo per gli Ebrei della Puglia, ci sono importanti passi da compiere:
ripristino dell’uso del mikvè, acquisizione di spazi per attività culturali e
di studio, nomina di un ministro di culto per una regolare attività cultuale in
Trani, corsi di Talmud Torà e lingua ebraica, promozione del cibo kasher
prodotto in Puglia, istituzione di un segretariato presso la Scolanova, ricerca
di altri ebrei sparsi nella regione, produzione di una trasmissione televisiva
regionale di cultura ebraica». Oltre a Trani, c’è Brindisi, che ha espresso di
recente la volontà di dare maggior spazio alla propria vita ebraica, e ha già
organizzato qualche iniziativa in proposito. E poi, ovviamente, Sannicandro, di
cui abbiamo parlato ampiamente nelle pagine precedenti, che, dopo decenni di
isolamento rispetto al resto del mondo ebraico italiano, da qualche anno si è
aperta verso l’esterno, stabilendo rapporti continui e proficui con le altre
comunità. Ma l’ebraismo meridionale non è solo in Puglia: anche in Sicilia
(dove l’italo americano rav Stefano Di Mauro ha aperto una sinagoga ortodossa),
e in Calabria (qui invece opera la “rabbina” reform Barbara Irit Aiello), si
assiste a un rifiorire di quella che, secoli addietro, fu una vera ricchezza
culturale ed economica per queste terre. E poi ci sono Molise, Basilicata, e il
resto della Campania, in cui si contano alcune famiglie ebraiche.
Molto del merito di questa rinascita va senza dubbio attribuito a Rav
Scialom Bahbout, da due anni Rabbino Capo del Meridione, ma di fatto, da tempo,
molto attento alle sorti di queste comunità e operativo su questo fronte: fra
le altre cose, è stato lui a convertire il musicista Francesco (Israel) Lotoro
e la moglie, Grazia Tiritiello, mettendo di fatto “le ali” all’ebraismo di tutto
il sud. Lotoro, insieme al defunto Nicola Avraham Zecchillo, sono di fatto
stati gli artefici principali della rinascita dell’ebraismo in Puglia:
discendenti entrambi da famiglie di marrani, hanno tracciato una via cui altri
si sono poi ispirati. Negli anni, rav Bahbout ha percorso in lungo e in largo
il territorio pugliese, sobbarcandosi lunghi viaggi, alla ricerca dell’“ebreo
perduto”.
A rav Bahbout, dunque il compito di spiegarci, in questa intervista,
la situazione, oggi, del meridione e i progetti per il futuro.
Partiamo dalla comunità di Sannicandro. Qual è stato in questi anni il
suo personale impegno nei confronti di questa realtà?
Già nei primi anni del Duemila
avevo cominciato a interessarmi a questa comunità: allora, però, non ero ancora
Rabbino Capo di Napoli, e dunque non godevo della giurisdizione su questo
paese. Di fatto, molti sannicandresi già osservavano e praticavano le mizvot,
ma, non avendo fatto il ghiur, non erano riconosciuti in quanto ebrei. Ho
dunque cercato di aiutarli a entrare ufficialmente nell’ebraismo attraverso un
normale percorso, che partiva dallo studio -per anni il moré Vito Perugia è
andato ad approfondire la loro conoscenza dell’ebraismo-, e si è poi
concretizzato, in alcuni casi, in ghiurim.
Le conversioni di Francesco Lotoro
e di sua moglie hanno dato una spinta nella direzione dell’ebraismo anche in
questo paese. Oggi qui vi sono persone profondamente coscienti che essere ebrei
significa studiare e osservare le mizvot, e, senza dubbio, nuove conversioni
-alcune previste già nel corso di quest’anno -, porteranno quella di
Sannicandro a essere una comunità ebraica vera e propria, organizzata e
riconosciuta in quanto tale.
Oltre a Sannicandro, quali sono gli altri luoghi dove si assiste a una
rinascita ebraica?
In Puglia vi sono diversi
“focolai” di ebraismo dispersi tra nord e sud della Puglia. Trani rimane il
punto di riferimento storico dell’ebraismo con la sinagoga Scolanova. Di fronte
al successo della settimana di studio “Lech Lechà” (tenutasi dal 2 all’8 settembre
scorsi, ndr) che da Trani si è sviluppata in tutta la Puglia, il Comune locale
ha deciso di fare proprio il progetto e di ampliare la disponibilità per lo
sviluppo della cultura ebraica in Puglia. Anche il Comune di Brindisi ha
espresso la volontà di dare maggior spazio alla presenza ebraica, come
dimostrato nello shabbaton svoltosi a Brindisi all’inizio di novembre.
In Calabria, poi, il ritorno all’ebraismo si sta sviluppando in maniera davvero strabiliante sia nel meridione (a Reggio), che nel nord (a Cosenza). Si tratta di famiglie di chiara origine ebraica, accanto a ebrei di nascita.
In Calabria, poi, il ritorno all’ebraismo si sta sviluppando in maniera davvero strabiliante sia nel meridione (a Reggio), che nel nord (a Cosenza). Si tratta di famiglie di chiara origine ebraica, accanto a ebrei di nascita.
In Sicilia vi sono due centri in
cui si sta sviluppando l’ebraismo, ed ha come polo di riferimento la Comunità
di Napoli: Catania e Palermo. Ma esistono ebrei disseminati un po’ ovunque, che
stanno cercando di collegarsi con la comunità per l’azione di outreach che stiamo facendo anche con
l’aiuto degli ebrei del luogo. C’è molto da fare e uno degli strumenti è quello
di organizzare attività pubbliche che facciano emergere gli ebrei più o meno
nascosti.
Come si è trasmesso e conservato l’ebraismo in questi luoghi durante
tutto questo tempo?
L’ebraismo è stato soprattutto un
fenomeno sotterraneo: alcuni usi sono rimasti nelle famiglie e soprattutto
alcune donne hanno rivelato ai figli di essere ebree solo in punto di morte.
L’uso di accendere i lumi del sabato in forme nascoste è una delle
manifestazioni più comuni, così come alcune norme del lutto, l’avelut.
Come stanno reagendo i loro
conterranei non-ebrei che, dopo secoli di assenza, vedono rifiorire un nucleo
ebraico?
In generale c’è molta curiosità e
molto interesse. Negli incontri avuti con i rappresentanti delle istituzioni
(Comuni e Regioni), c’è la chiara volontà di contribuire al ritorno ebraico nel
Meridione come una risorsa sia economica che culturale.
Quali sono le attività che vengono organizzate da Lei e dall’Ucei per
tenere vive queste realtà e riorganizzarle?
Uno dei problemi da risolvere è
quello del processo di conversione di coloro che, a torto o a ragione, si
considerano discendenti di ebrei. Ancora prima di diventare Rabbino capo del
Meridione, per molto tempo ho svolto un’azione dall’esterno per spingere
l’Assemblea dei Rabbini d’Italia, allora presieduta da rav Giuseppe Laras, a
svolgere una forte attività educativa in Puglia, con l’invio di un insegnante
in loco. L’ARI, tramite l’Ucei, ha continuato a svolgere questa attività anche
negli scorsi anni, e così farà anche in futuro.
Ho inoltre intrapreso rapporti con
la Fondazione Shavè Israel (che lavora per rafforzare il collegamento fra i
discendenti degli ebrei e il popolo ebraico), e ho organizzato un primo
seminario a Trani, che ha portato successivamente a un maggior impegno di Shavè
Israel tramite il Dec. L’anno prossimo dovrebbe vedere un ulteriore impegno di
queste due realtà, con l’invio di un rabbino itinerante nel Meridione, che
dovrà collaborare con la Comunità di Napoli per lo sviluppo di attività in
Puglia e in Calabria. Inoltre, il seminario organizzato dalla Comunità di
Napoli, l’estate scorsa in Israele, per i giovani del sud verrà riproposto la
prossima estate e sarà allargato alle famiglie.
Quest’anno vi hanno partecipato
cinque giovani dal Meridione, che hanno studiato per due settimane ebraico ed
ebraismo, dedicando parte del proprio tempo anche a visite di studio a
Gerusalemme e dintorni.
Il Dec e Shavè Israel, mediante il
Progetto Meridione, hanno organizzato due importanti seminari (uno in Sicilia e
un altro in Calabria), che avevano lo scopo di raccogliere in un unico incontro
gli ebrei del Meridione. A Belvedere Marittimo (CS), poi, si è svolto dal 21 al
23 dicembre il terzo seminario.
Incontri periodici, infine, sono
stati organizzati dalla Comunità di Napoli o dalle sezioni periferiche, e
continueranno a esserlo nel corso dell’anno. Nel corso della manifestazione
organizzata a Sannicandro in occasione dello scorso Tishà Beav, ho infatti
concordato con i partecipanti la creazione di un comitato interregionale per il
coordinamento delle attività nel Meridione d’Italia, in modo da coinvolgere e
arrivare a tutte le sezioni: ogni festa viene dunque celebrata, di volta in
volta, in una città diversa di questa zona, sotto la giurisdizione del
rabbinato di Napoli.
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