Lunedì 28 Gennaio, presso la Sezione Unla (Unione
nazionale lotta all’analfabetismo) di Gallico - Arghillà, si è svolto un incontro/dibattito
sul Giorno della Memoria, a cura del presidente, Antonino Sammarco, sul tema “Shoah,
il senso della memoria”.
Riporto il testo della relazione tenuta da Felice
Delfino, sintetizzata in queste parole:
"Ecco il senso della memoria, ecco
perché bisogna farsi forza, non rifiutarsi di guardare questi fatti atroci, ma
guardarli, rivederli, ricordarsi per non dimenticare e trasmettere agli altri
il nostro messaggio".
SHOAH
UNA MEMORIA CHE NON SI PUO’ E NON SI DEVE MAI
DIMENTICARE
Circa
67 anni fa ad Auschwitz accade un tragico evento che segna per sempre ed in
maniera indelebile l’umanità. Alcuni uomini appartenenti all’ Armata Rossa
aprono i cancelli del più terribile campo di sterminio mai realizzato, cancelli
che conduco milioni di ebrei verso la via del terrore e della morte.
Il
27 Gennaio “giorno della memoria” è necessario ricordare per mai dimenticare
quella che fu la più terribile piaga della storia dell’uomo: l’olocausto. È una
piaga che provoca ancora ai nostri giorni un dolore straziante nelle menti e
soprattutto nei cuori di chi prova a ricordare. Certamente fa male rivivere
anche solo indirettamente l’esperienza dello sterminio del popolo ebraico,
tuttavia è necessario non dimenticare e tenere presente alle generazioni
attuali e future l’orrore che la mente umana traviata è riuscita a concepire,
affinchè errori come quello della Shoà non si verifichino mai più.
Anche
la Sezione Unla (Unione Nazionale Lotta Analfabetismo) di Gallico -Arghillà, è
stata invitata giorno 28 a far memoria di queste atrocità nella speranza di sensibilizzare
le coscienze di tutti.
Abbiamo
ripercorso un viaggio: il viaggio della memoria. È un itinerario straziante dal
quale non si può restare indenni a causa della drammaticità degli avvenimenti
che, seppur tragici, dobbiamo conoscere per obbligo morale. Infatti, come scrive
Primo Levi: “se capire è impossibile
conoscere è necessario”.
I
primi ebrei ad essere deportati sono quelli residenti in Francia. In seguito
altri ebrei del resto d’Europa vengono fatti arrestare e rinchiusi in alcuni
casi nei campi di lavoro forzato, nella maggiore sono deportati nei tanti campi
di sterminio dove vivono a stento, in condizioni antigieniche più che precarie
ed sono trattati dalle guardie carcerarie in maniera disumana, come animali.
Alcuni
uomini mossi dalla pietà e avendo fatto coscienza delle atrocità dei nazisti
verso un popolo innocente, decidono di mettere a loro rischio la loro stessa
vita per riuscire a trarre in salvo molte vite. Tra questi grandi uomini
ricordiamo sia nazisti come l’avvocato Albert Buttel e soprattutto Oskar
Schindler, la cui storia diventa oggetto della fiction televisiva intitolata
“Schindler List”. Questo eroismo è evidente anche in molti italiani, tra cui
spicca la figura di Giorgio Perlasca, il quale si spaccia per ambasciatore
spagnolo a Budapest salvando così la vita, mediante documenti falsi, a 5.300
ebrei ungheresi.
In
Calabria, nel campo di Ferramonti di Cosenza spicca la figura del maresciallo
Gaetano Marrari, il quale è considerato il Perlasca della Calabria. Marrari realizza
un ingegnoso espediente: inscena un epidemia di colera, facendo issare una
bandiera gialla la quale è indicativa per l’appunto del dilagarsi della
malattia. In questo modo i nazisti, per la paura di essere contagiati, non
entrano nei locali dove gli ebrei vengono protetti.
Oltre
a Perlasca e a Marrari altri 50 italiani salvano la vita a molti altri ebrei e
pertanto sono ricordati dai posteri con il titolo di “Giusti delle Nazioni”. In
realtà con molta probabilità gli eroi furono molti di più di quelli insigniti,
in quanto molti agirono nell’anonimato.
Pur
essendo trascorsi alcuni decenni, il ricordo dell’olocausto è rimasto ancora
oggi indelebile nella mente degli ebrei, i quali invece di dimenticare il
dolore dei loro antenati preferiscono ricordarlo, commemorarlo e riviverlo,
perché anche questo evento, insieme a quello più antico della diaspora, fa
parte dell’identità di questo popolo.
Alcuni
di questi ricordi relativi alla Seconda Guerra Mondiale ed al dramma
dell’olocausto sono ancora vivi da chi ha vissuto tutto ciò in prima persona,
ma anche danno testimonianza alcune memorie scritte, in particolare quelle della
sedicenne tedesca di origine ebraica Anna Frank.
Il
Diario di Anna Frank che è diventato un testo famosissimo, descrive nella sua
semplicità gli episodi più degni di nota sulla persecuzione a cui viene
sottoposta lei e tutta la sua famiglia, e sulla vita nel campo di
concentramento di Bergen Belsen. La giovane Anna ci dà una grande lezione di
vita, infatti ci insegna il valore della bontà nonostante il mondo disumano in
cui si trova a vivere. Primo Levi sottolinea come: “Una singola Anna Frank detta più commozione delle miriadi che soffrono
come lei, la cui immagine è rimasta nell’ombra. Forse è necessario che sia
così, se dovessimo e potessimo soffrire le sofferenze di tutti, non potremmo
vivere”.
Certamente
non possiamo vivere le sofferenze di tutti, ma dobbiamo aprire le nostre menti,
ragionando sul fatto che il razzismo ed il genocidio ebraico è un qualcosa di inconcepibile,
una grave sconfitta sociale che va contro i diritti umani e che ha leso la
dignità stessa dell’uomo. Ogni persona deve essere rispettata al di là del
colore della propria pelle, religione e cultura.
Nonostante
alcuni uomini abbiano preso coscienza di ciò, la strada che porta
all’uguaglianza, alla fine delle persecuzioni e alla pace è ancora lunga e
appare più come un miraggio che come obbiettivo concreto facilmente realizzabile.
Per portare a compimento un così grande progetto occorrere necessariamente
l’impegno di tutti.
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