Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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martedì 25 giugno 2019

Polemiche matrimoniali vs politiche costruttive


A seguito (anche?) del matrimonio di cui ho scritto di recente, si erano aperte delle polemiche, delle quali è giusto dare conto, dal momento che riguardano direttamente l’ebraismo in Calabria, ma evito di scendere in troppi particolari, in quanto, sinceramente, pur condividendo qualcuno degli interrogativi sollevati, che vanno al di là del singolo episodio, mi è sembrato un po’ pretestuoso e del tutto inopportuno in questo momento di gioia famigliare, ebraica e calabrese, pur in presenza di ombre, che in questo momento avrebbero dovuto essere state messe da parte.
Oltre a questo, mettere in dubbio il giudizio di un Bet Din riconosciuto, mi sembra ugualmente inopportuno, almeno così a me è stato detto quando avevo sollevato dubbi in altre situazioni: “Se per il Bet Din è ebreo, vuol dire che è ebreo”, e a questo mi aspetterei si attenesse ogni ebreo, tanto più se rabbino, anche se capisco che io, non ebreo né tantomeno rabbino, non ho il diritto né la competenza per pronunciarmi.
Chiedo scusa per la mia presunzione, ma mi pongo nelle vesti di chi vive, legge e vede le cose dall'esterno e non può non interrogarsi.

Al di là delle polemiche, devo però rilevare che un altro aspetto, molto più interessante, ne è scaturito (in realtà vecchi temi, già affrontati più volte e sempre senza soluzioni definitive, anche perché, probabilmente, nulla ci può essere di definitivo in una situazione che è sempre in movimento.
Si tratta, in altri termini, della questione e della gestione dei giyur, la prudenza e l’accoglienza verso i Bne Anusim, l’atteggiamento e il comportamento verso l’ebraismo meridionale in genere e calabrese in particolare, per quel che ci riguarda, e più in generale verso i singoli, le famiglie, i nuclei minimi di neshamot che si sentono chiamati alla Fede dei Padri in luoghi lontani da centri comunitari
Qui le problematiche ci sono, e sono numerose e scottanti, forse su questo sì, più che polemiche, varrebbe la pena aprire un dibattito, discutere, avanzare proposte: ormai la nuova realtà ebraica calabrese ha quasi otto anni, e ancor di più quella meridionale, pugliese in particolare, con Trani e Sannicandro, e siciliano, con il nucleo consolidato di Palermo.
Credo che ognuno che ami l’ebraismo e la sua rinascita in Calabria e al Sud, abbia le sue responsabilità (nel bene e nel male, che si tratti di meriti o di colpe), a partire dal singolo ebreo o ger fino alle strutture più alte.
Io, con la mia pretesa di aprire un blog sul tema, ho sicuramente più responsabilità del singolo che percorre silenziosamente la sua strada; un Referente o Consigliere ne hanno più di me; un Rabbino, tutti i Rabbini, che hanno operato nel passato (sì anche nel passato, avranno commesso anche loro qualche errore, quelli che imputano colpe agli altri?), agiscono nel presente e lavoreranno nel futuro (ci sarà un futuro? lo si vuole davvero?); così, al di sopra dei singoli rabbini, ancora più responsabilità hanno i dirigenti del Progetto Meridione dell’UCEI, e, in ultima istanza, l’UCEI, con il suo Dipartimento Cultura, senza dimenticare Shavei Israel (a cui va pure riconosciuto grande Kavod) e l’ARI (Assemblea rabbinica italiana).

Questa che pubblico qui a sinistra è la foto che tuttora fa da “copertina” per la pagina di Shavei Israel Italiano, risalente ad alcuni anni fa, non ricordo esattamente quanti.
Premesso che alcuni sono amici, e non persone interessate al giyur, vorreste sapere quanti di quelli interessati stanno continuando il percorso?
Preferisco non dirlo, mi fa male al cuore.
Il futuro è nelle mani di QBH, ma certo un piccolo aiuto da parte umana non sarebbe niente male.

La tevilah nello Jonio


Poco fa ho scritto, immediatamente prima di questo, un post sul matrimonio che si è celebrato il 4 giugno scorso a Bova Marina.
Ho riservato questo secondo post per pubblicare due video relativi al gioioso e benaugurale evento, e soprattutto un'immagine che mi è particolarmente cara.



La berachah del matrimonio,
benedizione degli sposi.

La festa dopo il matrimonio!


Quest'immagine non ha niente di particolarmente bello, ma è quella che più mi ha commosso vedendola.
Si tratta della foto (tra l'altro sgranata, giustamente scattata da lontano, per rispetto della tzniut, la riservatezza femminile) della capanna che la sposa ha usato per la sua tevilah prenuziale: il bagno purificatorio, del corpo e dello spirito, del nefesh, che precede il matrimonio e in qualche modo prepara la sposa.
Mi ricorda le capanne che tanti anni fa facevano sulla spiaggia coloro che venivano dai paesi dell'interno per farsi qualche giornata al mare. Mi piace e mi commuove ogni volta vedere come si "amalgamano" elementi di cultura calabrese con i momenti della vita ebraica.
Quella spiaggia del mio mare, lo Jonio, che guarda verso Gerusalemme, la Gerusalemme ricostruita che ci auguriamo ogni anno a Pesach, e verso Israele, da cui giungemmo schiavi dopo la sconfitta ad opera di Tito, a cui siamo tornati in piccolo numero dopo la dispersione ad opera dei sovrami spagnoli, a cui guardiamo tuttora.
  

Se dimentico te, Gerusalemme,
si paralizzi la mia mano;
la mia lingua si incolli al palato,
se non pongo Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia



Un matrimonio ebraico calabrese


12 anni fa aprivo questo blog con un matrimonio. Kol haKavod a Barbara Aiello, che è stata la prima a celebrare un matrimonio ebraico in Calabria.
Senza nulla togliere ai suoi meriti, nelle settimane scorse si è celebrato un matrimonio non solo ebraico, ma il primo matrimonio ebraico calabrese dopo 500 anni.

 עם ישראל חי


Roque Rachamim Pugliese ha sposato sotto la chuppah Ivana Sulamith Pezzoli, entrambi di origini Bne Anusim; ad officiare la cerimonia Rav Elia Enrico Richetti (Rabbino di riferimento della Comunità di Napoli) e Rav Umberto Piperno (già Rabbino Capo di Napoli), con accanto Rav Giuseppe Momigliano (Vicepresidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana), Rav Gadi Piperno (per molti anni coordinatore del Progetto Meridione dell’UCEI) e Rav Ezra Raful, da Gerusalemme.
Il dottor Pugliese è ben noto per essere Consigliere della Comunità ebraica di Napoli e Referente della stessa per la Calabria, nonché infaticabile organizzatore di eventi; la sua challah è la dottoressa Ivana Pezzoli, bergamasca, ma da molto tempo ormai calabrese d’adozione, giunta al giyur l’anno scorso dopo oltre otto anni di studio e impegno nella vita ebraica.
Il matrimonio si è celebrato a Bova Marina, proprio accanto ai resti e ai mosaici dell’antichissima sinagoga (IV-VI secolo) in località San Pasquale, e testimone d’eccezione è stato il piccolo Adriel Ugo, il dolcissimo figlio della coppia.
Al matrimonio ha partecipato anche Noemi Di Segni, Presidente dell’UCEI (Unione delle Comunità ebraiche italiane), che ha messo la sua maestria nell’ornare la ketubbah, il documento del “contratto” nuziale.
Era presente anche, da Israele, il Dottor Michael Freund, Fondatore e Direttore di Shavei Israel.
Una giornata che a parere di chi ha potuto partecipare è stata davvero commovente e ricca di gioia. Mi dispiace un po’ aver visto nelle foto così pochi volti conosciuti, ma ormai è da tanto tempo che per problemi personali manco e non ho avuto modo di conoscere le nuove risorse dell’ebraismo calabrese; spero non mancherà occasione di entrare più strettamente in contatto con questo nuovo ebraismo.
Nel porgere agli sposi (e al loro piccolo) il mio più sincero e caloroso MAZAL TOV: mi auguro che questo primo matrimonio sia davvero il segno di un ebraismo rinascente in Calabria e che ad esso ne possano seguire altri, con altri figli e possa nascere, come auspicato da più parti, un centro di vita ebraica.

(le foto mi sono state inviate dal Dottor Pugliese; se per caso su qualche foto ci fossero altri diritti, pregherei chi li detiene di comunicarmelo)


La berachah degli sposi
La notizia del matrimonio è stata riportata da numerosi media, in Italia e all'estero, in particolare in Israele.
Per saperne di più:
Il matrimonio ebraico
,
Tesi di laurea di
Dino Fabbrini.








Uno dei momenti più noti, suggestivo e significativo,
del rito matrimoniale ebraico.

Per saperne di più:
La rottura del bicchiere,
articolo di Rav Riccardo Di Segni, Rabbino Capo di Roma