Con l’autorizzazione di rav Pierpaolo Pinhas Punturello,
pubblico la sua lettera a Pier Luigi Campagnano, Presidente della Comunità
ebraica di Napoli, in occasione della cessazione ufficiale dalsuo ruolo nella Comunità,
della quale per sette anni era stato il rabbino, fino alla sua aspettativa per
paternità divenuta poi Aliyah
Personalmente mi auguro che comunque il suo rapporto reale e personale con la Comunità di Napoli e con gli ebrei e gerim di Calabria e del Sud continui e si accresca
MAZAL TOV!
Personalmente mi auguro che comunque il suo rapporto reale e personale con la Comunità di Napoli e con gli ebrei e gerim di Calabria e del Sud continui e si accresca
MAZAL TOV!
Nella foto, Rav Punturello (a sinistra)
a Gerusalemme con Rav Shlomo Riskin
lla fine del corso di studio
per la semichah di chacham
a Gerusalemme con Rav Shlomo Riskin
lla fine del corso di studio
per la semichah di chacham
Ho ricevuto insieme agli altri
iscritti la tua comunicazione circa il mio rapporto di lavoro con la Comunità
della quale faccio parte e che tu presiedi.
Le dimissioni non danno però il senso
di quello che invece la Comunità Ebraica di Napoli mi ha dato e per questo ti
invio queste righe che spero tu diffonda tra tutti i nostri iscritti perché è
di fatto a tutti che io sto scrivendo.
Napoli, la
sua Sinagoga, la porzione di popolo ebraico che in essa vive ed ha vissuto mi
hanno dato tanto: in termini formativi, educativi, spirituali, personali. Nel
bene e nel male, come insegnamento di altissimo livello morale in senso diretto
e come esempio di ciò che andava e va compiuto e di ciò che non dovrebbe essere
mai fatto.
Sono costretto, tra emozione e
commozione, a ricordare ed a ricordarvi i momenti del mio essere un ebreo
napoletano.
In casa di A.S. zl sin da
quando avevo sedici anni ho imparato cosa significasse vivere con
ineguagliabile signorilità, nel mondo ebraico come in quello non ebraico.
A. zl mi ha insegnato la Musica, mi
indicato la strada di una sana identità ebraica, di una cultura inclusiva e
rispettosa, mi ha fatto comprendere l’importanza della morale dei nostri Padri
come elemento necessario per una socialità comunitaria.
Ho avuto l’onore di rompere tanti
digiuni dello Yom Kippur suonando lo Shofar in casa di Nini, la “mia” N.G.C., che mi parlava in francese, splendido francese d’Egitto e
che mi aspettava, con la radio accesa, il capo velato, pronta a sentire la
birkat cohanim dalla radio ma lo Shofar dal suo giovane, giovanissimo rabbino!
N. e le sue mani che benedivano A., A., E., mentre io
conservavo l’ultimo fiato del lungo Kippur per darle un suono decente di
Shofar, ci sarò riuscito Ninì?
Ho passato tanti pomeriggi in dolce
compagnia di M.L.F. zl e di L., tante ore a chiacchierare ed a
respirare storia ed eleganza. Ricordo M. mentre accendeva le candele dello
Shabbat con L., un venerdì che mi avevano invitato a cena, vestita in maniera
impeccabile con una splendida collana di perle. Un Shabbat che non dimenticherò.
Non potrò mai dimenticar le visite a
T.P. zl e L.P.i zl, i sorrisi, la dolcezza
dell’accoglienza, il buon tè bevuto con G. e con R., i caffè a casa di
A. ed i suoi insegnamenti, a volte anche duri, ma pieni di affetto. Ieri
come oggi. Solo che oggi aspetto l’estate per bere il caffè con A. in casa
di S. a Kfar Saba.
Come potrei dimenticare i sedarim con
E.U. zl e L.R. zl? Con E. ed il sig. R. zl, sedarim dove
l’unico sefardita ero io con la complicità di D.C. e V.D.C., oggi colonne della nostra realtà ebraica di Napoli.
Porto via con me, perché le
dimissioni sono solo un dato tecnico e non identitario, l’affetto di L.S., il suo sostegno impagabile, le cene a casa di S. e G., le
cene che ho organizzato per anni con e per “i ragazzi” della Comunità, ovvero
per i miei amici: iscritti come non iscritti o figli di iscritti, compagni di
iscritti, compagni di figli di iscritti… Prima da solo, quando abitavo con mio
padre e poi con la benedizione di una moglie come Giulia, indiscussa rabbanit
napoletana, perché i rabbini sono facili a trovare, ma una rabbanit si trova molto
difficilmente.
Una rabbanit che ha saputo accogliere
come solo una padrona di casa sa fare, una rabbanit di grande valore come
possono confermare i sedarim privati nei quali abbiamo avuto l’onore di
ospitare A.T. e la sua signora, dove con G.A. eravamo
una sola famiglia insieme con R.D.V. e tanti, tanti amici. Senza
menzionare i sedarim pubblici organizzati nella cucina di quella che era casa
nostra con l’aiuto fondamentale di E.S.C. e tutte le altre
volenterose signore dell’Adei che ogni anno, a mia memoria, hanno permesso a
più di settanta persone di festeggiare Pesach e di osservarne i precetti.
Nelle stanze della Comunità ho mosso
i primi passi da insegnante, ma non solo in quei luoghi, anche nelle case
private: ho portato al bat mitzvà S.T., S. e W. G. ed al bar
mitzva F.S., U.S., D.S., D.C., Y.C.
Con molti di loro sono ancora in
contatto, giovani uomini e donne e per me a volte, una loro mail che mi
racconta di uno shabbat passato con amici o dei tefillin messi al tempio vale
più di ogni titolo rabbinico raggiunto in questi anni.
Ho seguito percorsi di conversione e
percorsi di ritorno a casa di alcuni iscritti che oggi sono parte integrante
della vita comunitaria. Percorsi compiuti sempre sotto la guida attenta del mio
maestro rav prof. Giuseppe Laras, percorsi la cui limpidezza di intenti e
trasparenza ebraica non ha ostacoli alcuni.
Ho fatto in modo che grazie al mio
legame fraterno con Giacomo Kahn la nostra comunità avesse sempre il “suo” coen
a benedirla per Yom Kippur, con la melodia antica del nostro rito livornese.
E mentre Giacomo intonava la
benedizione avevo sulla mia testa il talled e la simpatia dirompente di T.F…
Ho gironzolato ridendo per i banchi
della vendita Adei di Channukkà, ho pianto al Cimitero con tante famiglie, ho
cercato come potevo di lenire i dolori della perdita dei propri cari.
Ho visitato tante case, tante
famiglie, ho incontrato tante persone, tante vite diverse.
Ho gioito e mi sono emozionato con
tanti padri e tante madri che seguivano le tappe della vita ebraica dei loro
figli, ho acceso candele di Channukkà, facendo sempre in modo che le mie mani
non fossero sole, ma fossero circondate da tante teste di bimbi in festa, i
bimbi della scuoletta tenacemente voluta da Giulia e da D.C.
Ho letto la Meghillà con tanti bimbi
mascherati e con forza e caparbietà ho cercato di armonizzare la giusta
kasherut con le necessità, giuste anch’esse, di una socialità comunitaria.
Quanti volti, quanti nomi, quanti
insegnamenti ho ricevuto, da persone che grazie a Dio sono tra noi e da persone
che non ci sono più.
Se chiudo gli occhi e penso al Tempio
rivedo il posto di T.P. di A.S., di M.L., di
S.L. che lavava le mani a Giulio Kahn, risento il tedesco del sig.
R. che parla con il sig. H. e salutano insieme la signora G. che
anziana non saliva più sul matroneo.
Saprei dirvi a memoria dove si sono
sedute tante persone per anni, ricordo i sorrisi di tante signore amiche che
non vivono più a Napoli come S.S., come R.K.
Conosco il cassetto dove si trova il
siddur di A.T., ricordo i nomi che R.P. porta con sé a
Sefer, con una certa precisione saprei anche dire le date degli anniversari di
molti antenati della Comunità ed i nomi ebraici di molti ebrei passati per
Napoli o con discendenti a Napoli.
Se chiudo gli occhi rivedo le tappe
della mia vita ebraica nata a Napoli, dal primo colloquio con rav Kahn zl in
visita da Livorno, ai primi passi nello Shabbat, alla prima salita a Sefer, al nostro
matrimonio, alle nascite che Dio ci ha donato, al naturale e doloroso kaddish
per mio padre, circondato dagli amici che mi sostenevano, come U.F. venuto
apposta da Roma.
Nessuno si senta offeso se alcuni
nomi non appaiono in questa riflessione: alcuni nomi non ci sono perché sono
poi divenuti famiglia, nomi come quello di zio V. e di zia L., delle
visite e delle chiacchierate con loro che non rientravano nel mio ruolo di
rabbino, ma erano parte della mia vita di “nipote” e quindi eredità di un
lessico divenuto familiare che se raccontato perde la magia del ricordo di zia
L. che sorride alla nascita dei nostri gemelli o zio V. e le foto di
tutti gli antenati Gallichi, Modiano… da Siena a Salonicco. Una piccola mensola
densa nella sua stanza da letto.
Stesso valga per le amicizie, per le
serate amicali, le risate, il tempo libero e le belle riflessioni come quelle
che mi hanno sempre sollecitato G.S. e R.M.
In sostanza, caro Pier Lugi e cari
tutti, le dimissioni comunicatevi via mail e pubblicate su Sullam dicono che
non ho più un ruolo per la Comunità, ma non potranno mai dirvi che non sono
parte della Comunità.
In questo momento che il piccolo
ebraismo napoletano sembra votato ad una espansione in termini di confini e di
persone, essere coscienti di quello che Napoli ebraicamente rappresenta
significa tanto e significa tutto, altrimenti non sapremmo dove far tornare
coloro che tornano.
Ho avuto la grande fortuna di tornare
ebraicamente a casa a Napoli, in questa Napoli meravigliosa che passa per tutti
i nomi che avete letto in queste pagine.
Per chi porterà avanti la Comunità
resta il dovere di domandarsi chi siano stati e chi siano costoro, per poter
comprendere con profondità nomi come quello di rav Cammeo, rav Levi, rav Sonnino, rav Raddenger, prof. Gategno, prof.
Susani, rav Laide Tedesco, rav Coen, rav Kahn, morè Eliseo… che i loro nomi
siano in benedizione e che ci sia benedizione per la Comunità Napoletana.
Shalom
Rav Dott. Pierpaolo Pinhas Punturello
Nessun commento:
Posta un commento