Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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venerdì 25 gennaio 2013

Saluto di rav Punturello alla Comunità di Napoli



Con l’autorizzazione di rav Pierpaolo Pinhas Punturello, pubblico la sua lettera a Pier Luigi Campagnano, Presidente della Comunità ebraica di Napoli, in occasione della cessazione ufficiale dalsuo ruolo nella Comunità, della quale per sette anni era stato il rabbino, fino alla sua aspettativa per paternità divenuta poi Aliyah

Personalmente mi auguro che comunque il suo rapporto reale e personale con la Comunità di Napoli e con gli ebrei e gerim di Calabria e del Sud continui e si accresca

MAZAL TOV!


Nella foto, Rav Punturello (a sinistra)
a Gerusalemme con Rav Shlomo Riskin
lla fine del corso di studio
per la semichah di chacham


Caro Pier Luigi,
Ho ricevuto insieme agli altri iscritti la tua comunicazione circa il mio rapporto di lavoro con la Comunità della quale faccio parte e che tu presiedi.
Le dimissioni non danno però il senso di quello che invece la Comunità Ebraica di Napoli mi ha dato e per questo ti invio queste righe che spero tu diffonda tra tutti i nostri iscritti perché è di fatto a tutti che io sto scrivendo.
Napoli, la sua Sinagoga, la porzione di popolo ebraico che in essa vive ed ha vissuto mi hanno dato tanto: in termini formativi, educativi, spirituali, personali. Nel bene e nel male, come insegnamento di altissimo livello morale in senso diretto e come esempio di ciò che andava e va compiuto e di ciò che non dovrebbe essere mai fatto.
Sono costretto, tra emozione e commozione, a ricordare ed a ricordarvi i momenti del mio essere un ebreo napoletano.
In casa di A.S. zl sin da quando avevo sedici anni ho imparato cosa significasse vivere con ineguagliabile signorilità, nel mondo ebraico come in quello non ebraico.
A. zl mi ha insegnato la Musica, mi indicato la strada di una sana identità ebraica, di una cultura inclusiva e rispettosa, mi ha fatto comprendere l’importanza della morale dei nostri Padri come elemento necessario per una socialità comunitaria.
Ho avuto l’onore di rompere tanti digiuni dello Yom Kippur suonando lo Shofar in casa di Nini, la “mia” N.G.C., che mi parlava in francese, splendido francese d’Egitto e che mi aspettava, con la radio accesa, il capo velato, pronta a sentire la birkat cohanim dalla radio ma lo Shofar dal suo giovane, giovanissimo rabbino! N. e le sue mani che benedivano A., A., E., mentre io conservavo l’ultimo fiato del lungo Kippur per darle un suono decente di Shofar, ci sarò riuscito Ninì?
Ho passato tanti pomeriggi in dolce compagnia di M.L.F. zl e di L., tante ore a chiacchierare ed a respirare storia ed eleganza. Ricordo M. mentre accendeva le candele dello Shabbat con L., un venerdì che mi avevano invitato a cena, vestita in maniera impeccabile con una splendida collana di perle. Un Shabbat che non dimenticherò.
Non potrò mai dimenticar le visite a T.P. zl e L.P.i zl, i sorrisi, la dolcezza dell’accoglienza, il buon tè bevuto con G. e con R., i caffè a casa di A. ed i suoi insegnamenti, a volte anche duri, ma pieni di affetto. Ieri come oggi. Solo che oggi aspetto l’estate per bere il caffè con A. in casa di S. a Kfar Saba.
Come potrei dimenticare i sedarim con E.U. zl e L.R. zl? Con E. ed il sig. R. zl, sedarim dove l’unico sefardita ero io con la complicità di D.C. e V.D.C., oggi colonne della nostra realtà ebraica di Napoli.
Porto via con me, perché le dimissioni sono solo un dato tecnico e non identitario, l’affetto di L.S., il suo sostegno impagabile, le cene a casa di S. e G., le cene che ho organizzato per anni con e per “i ragazzi” della Comunità, ovvero per i miei amici: iscritti come non iscritti o figli di iscritti, compagni di iscritti, compagni di figli di iscritti… Prima da solo, quando abitavo con mio padre e poi con la benedizione di una moglie come Giulia, indiscussa rabbanit napoletana, perché i rabbini sono facili a trovare, ma una rabbanit si trova molto difficilmente.
Una rabbanit che ha saputo accogliere come solo una padrona di casa sa fare, una rabbanit di grande valore come possono confermare i sedarim privati nei quali abbiamo avuto l’onore di ospitare A.T. e la sua signora, dove con G.A. eravamo una sola famiglia insieme con R.D.V. e tanti, tanti amici. Senza menzionare i sedarim pubblici organizzati nella cucina di quella che era casa nostra con l’aiuto fondamentale di E.S.C. e tutte le altre volenterose signore dell’Adei che ogni anno, a mia memoria, hanno permesso a più di settanta persone di festeggiare Pesach e di osservarne i precetti.
Nelle stanze della Comunità ho mosso i primi passi da insegnante, ma non solo in quei luoghi, anche nelle case private: ho portato al bat mitzvà S.T., S. e W. G. ed al bar mitzva F.S., U.S., D.S., D.C., Y.C.
Con molti di loro sono ancora in contatto, giovani uomini e donne e per me a volte, una loro mail che mi racconta di uno shabbat passato con amici o dei tefillin messi al tempio vale più di ogni titolo rabbinico raggiunto in questi anni.
Ho seguito percorsi di conversione e percorsi di ritorno a casa di alcuni iscritti che oggi sono parte integrante della vita comunitaria. Percorsi compiuti sempre sotto la guida attenta del mio maestro rav prof. Giuseppe Laras, percorsi la cui limpidezza di intenti e trasparenza ebraica non ha ostacoli alcuni.
Ho fatto in modo che grazie al mio legame fraterno con Giacomo Kahn la nostra comunità avesse sempre il “suo” coen a benedirla per Yom Kippur, con la melodia antica del nostro rito livornese.
E mentre Giacomo intonava la benedizione avevo sulla mia testa il talled e la simpatia dirompente di T.F…
Ho gironzolato ridendo per i banchi della vendita Adei di Channukkà, ho pianto al Cimitero con tante famiglie, ho cercato come potevo di lenire i dolori della perdita dei propri cari.
Ho visitato tante case, tante famiglie, ho incontrato tante persone, tante vite diverse.
Ho gioito e mi sono emozionato con tanti padri e tante madri che seguivano le tappe della vita ebraica dei loro figli, ho acceso candele di Channukkà, facendo sempre in modo che le mie mani non fossero sole, ma fossero circondate da tante teste di bimbi in festa, i bimbi della scuoletta tenacemente voluta da Giulia e da D.C.
Ho letto la Meghillà con tanti bimbi mascherati e con forza e caparbietà ho cercato di armonizzare la giusta kasherut con le necessità, giuste anch’esse, di una socialità comunitaria.
Quanti volti, quanti nomi, quanti insegnamenti ho ricevuto, da persone che grazie a Dio sono tra noi e da persone che non ci sono più.
Se chiudo gli occhi e penso al Tempio rivedo il posto di T.P. di A.S., di M.L., di S.L. che lavava le mani a Giulio Kahn, risento il tedesco del sig. R. che parla con il sig. H. e salutano insieme la signora G. che anziana non saliva più sul matroneo.
Saprei dirvi a memoria dove si sono sedute tante persone per anni, ricordo i sorrisi di tante signore amiche che non vivono più a Napoli come S.S., come R.K.
Conosco il cassetto dove si trova il siddur di A.T., ricordo i nomi che R.P. porta con sé a Sefer, con una certa precisione saprei anche dire le date degli anniversari di molti antenati della Comunità ed i nomi ebraici di molti ebrei passati per Napoli o con discendenti a Napoli.
Se chiudo gli occhi rivedo le tappe della mia vita ebraica nata a Napoli, dal primo colloquio con rav Kahn zl in visita da Livorno, ai primi passi nello Shabbat, alla prima salita a Sefer, al nostro matrimonio, alle nascite che Dio ci ha donato, al naturale e doloroso kaddish per mio padre, circondato dagli amici che mi sostenevano, come U.F. venuto apposta da Roma.
Nessuno si senta offeso se alcuni nomi non appaiono in questa riflessione: alcuni nomi non ci sono perché sono poi divenuti famiglia, nomi come quello di zio V. e di zia L., delle visite e delle chiacchierate con loro che non rientravano nel mio ruolo di rabbino, ma erano parte della mia vita di “nipote” e quindi eredità di un lessico divenuto familiare che se raccontato perde la magia del ricordo di zia L. che sorride alla nascita dei nostri gemelli o zio V. e le foto di tutti gli antenati Gallichi, Modiano… da Siena a Salonicco. Una piccola mensola densa nella sua stanza da letto.
Stesso valga per le amicizie, per le serate amicali, le risate, il tempo libero e le belle riflessioni come quelle che mi hanno sempre sollecitato G.S. e R.M.
In sostanza, caro Pier Lugi e cari tutti, le dimissioni comunicatevi via mail e pubblicate su Sullam dicono che non ho più un ruolo per la Comunità, ma non potranno mai dirvi che non sono parte della Comunità.
In questo momento che il piccolo ebraismo napoletano sembra votato ad una espansione in termini di confini e di persone, essere coscienti di quello che Napoli ebraicamente rappresenta significa tanto e significa tutto, altrimenti non sapremmo dove far tornare coloro che tornano.
Ho avuto la grande fortuna di tornare ebraicamente a casa a Napoli, in questa Napoli meravigliosa che passa per tutti i nomi che avete letto in queste pagine.
Per chi porterà avanti la Comunità resta il dovere di domandarsi chi siano stati e chi siano costoro, per poter comprendere con profondità nomi come quello di rav Cammeo, rav Levi,  rav Sonnino, rav Raddenger, prof. Gategno, prof. Susani, rav Laide Tedesco, rav Coen, rav Kahn, morè Eliseo… che i loro nomi siano in benedizione e che ci sia benedizione per la Comunità Napoletana.

Shalom


Rav Dott. Pierpaolo Pinhas Punturello

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