Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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27 gennaio 2019: Giorno della memoria

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martedì 11 maggio 2010

La ferita del Sud

Da Moked, Il portale dell'ebraismo italiano

La ferita del Sud

Donatella Di Cesare, filosofa

Sono cominciati i festeggiamenti per l’unità d’Italia. Tra le dolorose separazioni che restano c’è, per l’ebraismo italiano, quella tra il centro e il nord, da un canto, e il vuoto che dall’altro si apre a sud di Napoli. Questa linea di demarcazione viene ormai considerata con una certa ovvietà, una rinuncia condiscendente e accomodante.

Il sud, quello degli ebrei espulsi nel 1511, o degli ebrei rimasti e convertiti, dei marrani, sembra un po’ consegnato al suo destino. Non diversamente da quanto ha fatto e fa la politica “nazionale”. D’altronde, se il capitolo dei marrani si chiuderebbe tra il Cinquecento e il Seicento, perché occuparcene? E poi i colpevoli sono loro. Torna infatti, e viene ripetuta, l’accusa antica rivolta ai marrani: quella dell’ipocrisia e della finzione. La loro “dualità” peserebbe insomma ancora. Per non parlare poi del fatto che si tratterebbe di quantità irrisorie. Eppure basterebbe pensare al caso della Calabria. Non solo alla grande tradizione qabbalistica, a Chaim Vitale calabrese. Ma a tutto quello che è rimasto dopo.
In un libretto di poche pagine, intitolato “Gocce” (Giuntina 2009), Tonino Nocera (piccolo libro, grande cuore, aggiungo io) ha raccolto alcune testimonianze. Spicca quella su Benedetto Musolino, il “sionista calabrese”, protagonista del Risorgimento italiano ma anche rivoluzionario europeo, che nel 1851 scrisse: “Gerusalemme ed il Popolo Ebreo. Progetto da rassegnarsi al Governo di Sua Maestà Britannica” in cui auspicava – ben prima di Herzl – la fondazione di uno Stato ebraico e la rinascita della lingua ebraica. Certo, ormai è tardi. Mentre subito dopo la Shoà i primi rabbini tedeschi si precipitavano a Mallorca per salvare quello che restava dei marrani (e lì oggi fiorisce una comunità), l’Italia meridionale si svuotava con la grande emigrazione.

Sono rimasti nei paesi sulle colline – da Caulonia a Gerace, da Siderno a Grotteria – i quartieri chiamati “judeca”. Pietre di sinagoghe distrutte o inglobate in chiese o altri edifici, ma anche e soprattutto scintille ebraiche in quei discendenti di marrani, e marrani a loro volta – più consapevolmente di quanto non si creda. Chissà che questa data, un anniversario che richiama paradossalmente l’altro, l’unità nazionale che rinvia al gherush che divise il meridione dagli ebrei, non sia l’inizio di una nuova presenza ebraica nel sud.

venerdì 7 maggio 2010

La Platea di Sinopoli

In questi giorni ho citato più volte la Platea di Sinopoli, curata da Pietro De Leo, edita da Rubbettino, che si riferisce all'età angioina, tra XIII e XIV secolo. Oltre alla novità portata dalla "scoperta" di una comunità ebraica a Placanica ed alla citazione (non una novità, ma una conferma) dell'ebreo "Marinus" e di suo fratello a Grotteria, ho rilevato altre presenze ebraiche, qualcuna certa e altre probabili. Ce ne possono essere anche altre, ma non è facile leggersi tutto un volume in latino, e qualche altra citazione può essermi sfuggita.

Dopo le pertinenze del feudo Calvello a Gerace e Condoianni (attualmente in comune di Sant'Ilario dello Jonio) e prima di quelle di Solano (probabilmente tra Bagnara e Scilla) ed altre località che non so identificare, parla di "Iura excadencie de Crisilio incensualium" e, tra altri, cita un "Marzucca iudeus pro censuali domus unius tarenos duos"; purtroppo la mia impreparazione non mi permette di tradurre correttamente queste espressioni, e soprattutto non riesco a collocare geograficamente il luogo di cui si parla, anche se credo possa collocarsi nell'area di Condoianni, dove presenze ebraiche saranno accertate almeno per l'inizio del XVI secolo.

Più avanti, sotto la voce Incensualia data per dominum contem de bonis eius in tenimento Calanne, Regii et flomarie Muri [ca. 1330], dopo due proprietà in Falanga "in flomaria Mesimeri" (luogo che non conosco, ma che immagino nell'area di Reggio, dove esiste una Santa Caterina in Mesimeri), si legge "Chiccus de Gaieta pro domo una que fuit Libi iudei tarenos duos", prosegue parlando di una proprietà in Catona, una a Fiumara (all'epoca detta di Muro), una "in loco dicto Alexi prope terras hospitalis Sancti Iohannis", Alexi è possibile che sia Sant'Alessio d'Aspromonte, dove sembrerebbe attestata anche una proprietà dell'Ordine ospedaliero di San Giovanni, cioè dei Cavalieri di Malta; non so se anche questo è un dato inedito.
Per la proprietà che fu dell'ebreo Libi (Livio? Libico? Levi?) non è indicato dove si trovi, ma credo si tratti dell'area immediatamente a nord di Reggio.

Di altri personaggi non è detto che siano ebrei, ma i loro nomi mi inducono a sospettarlo, anche se bisognerebbe approfondire meglio l'argomento per averne la certezza.

Ebreo potrebbe essere il "Magister Vitalis Mardyacus" che, con i fratelli, possiede una vigna nel territorio di Santa Cristina d'Aspromonte; Vitale era un nome (ed un cognome) molto diffuso tra gli ebrei calabresi e non solo, e Mardiaco potrebbe essere, come il precedente Marzucca, una variante di Mardocheo; nella stessa area è spesso citato il cognome Berzevi: Zevi è tipico cognome ebraico italiano, e, curiosamente, in Israele esiste una località che ha praticamente lo stesso suono, Be'er Zev, letteralmente "Pozzo del cervo"; potrebbero essere indizi di una presenza ebraica a Santa Cristina, di cui finora non avevo notizia.

Invece è ben attestata la presenza ebraica a Seminara, dove la Platea ci dà un "Magister Abram" e un "Barthucius Abraam"; anche di questi non è specificato che siano ebrei ma credo possiamo ragionevolmente pensarlo.

Infine, nell'elenco di "Censualia terre Synopolis" (anche a Sinopoli abbiamo attestazioni più tarde ma certe di presenze ebraiche), sono citati i "Filii Sem Laczari de Condoleo": sia Sem che Lazzaro mi sembrano nomi ebraici, e ritengo questo Sem ebreo, sebbene nel testo non venga indicato come tale.

Ci sono poi altri nomi e/o cognomi che potrebbero far pensare ad una origine ebraica, ma sono indicazioni più vaghe di queste che ho esposto.

giovedì 6 maggio 2010

Presenze particolari, incerte e dubbie

Alle presenze dei post precedenti bisogna aggiungere Amendolara (in provincia di Cosenza), per la quale Colafemmina documenta la presenza di cristiani novelli o giudei in partenza dopo l’espulsione del 1511.

Sempre in provincia di Cosenza, Colafemmina attesta la presenza di
“novelli cristiani” a Mottafollone (dove Dito indica un’antica presenza di ebrei) e a Tarsia, di cui è frazione Ferramonti, che negli anni della guerra sarà sede del campo di concentramento dove verranno rinchiusi centinaia di ebrei stranieri; un’altra presenza di convertiti la indica a Briatico, dove peraltro esiste la contrada Judeu.
Un’ultima presenza “particolare” è a Serrastretta, in provincia di Catanzaro, dove esiste la sinagoga riformata (non riconosciuta dall’Unione delle Comunità ebraiche) della rabbina Barbara Ajello, attorno alla quale si raccoglie un gruppo di “marrani” e di convertiti, questa volta all’ebraismo.

Veniamo ora a località in cui la presenza ebraica non è documentata da fonti scritte o reperti archeologici, è attestata solo dalla toponomastica, la cui validità è quindi da verificare.

In provincia di Reggio abbiamo Ferruzzano, con le località chiamate Portella del Giudeo, Vallone del Giudeo, e la contrada Judarìu, dove sono state trovate reperti di ceramica che secondo alcuni potrebbero essere di fattura ebraica, e che apparteneva anticamente a Bruzzano, dove la presenza ebraica è accertata; a Cittanova esiste la Judeca, ed il suo stemma riporta una Stella di David, e, sebbene sia stata fondata dopo la cacciata degli ebrei, i suoi abitanti provenivano da paesi in cui la presenza ebraica è sicura, quindi non è da escludere la presenza di eventuali anusim (“marrani”) vista la persistenza di usanze ebraiche fino a qualche tempo fa, tanto più che viene citato un documento del 1630dell’Archivio della Comunità di Roma in cui si parlerebbe di un insediamento ebraico per motivi commerciali, ma purtroppo non è stato pubblicato; tra Stignano e Camini si trova la località Judari, forse corrispondente all’Ebraiké citata nel Brebion della diocesi di Reggio del 1050; nella stessa zona esiste una Judeca a Bivongi e uno Judarìu a Pazzano; un altro Judarìu si trova a Casignana, ed a Siderno la contrada Giudeo; Dito indica una Judeca a Tritanti, frazione di Maropati.

In provincia di Cosenza, Judeche sono citate da Colafemmina a Scala Coeli e Terravecchi, mentre Oreste Dito ne cita svariate: Paterno, Celico, Maglie (frazione di Trenta), casali di Cosenza, dove molto probabile è la loro presenza, e più a nord a Morano, al confine con la Basilicata; in territorio di Scigliano e Carpanzano cita Monte Giudeo e Fonte Giudea, e lo stesso monte (o altro di ugual nome) si trova a Colosimi.

In provincia di Catanzaro, cita Taverna, a cui accenna anche Giovanni Fiore, un Passo del Giudeo in località Serralta di San Vito dello Jonio, e Martirano, mentre nella zona delle Serre di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio, si trova una contrada Testa del Giudeo.
Ancora Dito parla di una Judeca ad Arena, in provincia di Vibo.

mercoledì 5 maggio 2010

Continua il censimento

Le aree colorate in giallo
sono state trattate nel post precedente


Sempre dal volume di Colafemmina, Per la storia degli ebrei in Calabria, riprendo dalla provincia di Cosenza: comunità ebraiche sono attestate nella seconda metà del XV secolo ad Altomonte, Regina (attualmente frazione di Lattarico) e Castelfranco (oggi Castrolibero), che con altre chiedono e ottengono, in ragione di altri pagamenti straordinari che già effettuano, di essere esentati da una nuova tassa straordinaria; a Castiglione Cosentino andò a vivere (probabilmente raggiungendo altri già stanziativi) un ebreo di Nicastro, mentre molte sono le attestazioni della comunità di Corigliano; nella comunità di Rende visse un amanuense trascrittore di testi in ebraico, ed ebrei sono attestati anche a Torano (oggi Torano Castello).

In provincia di Catanzaro, una comunità era a Plaisano, nel territorio dell’odierno Feroleto della Chiesa, ed in provincia di Crotone, molte sono le testimonianze su Cirò (attualmente divisa in Cirò e Cirò Marina).

In provincia di Reggio, una comunità troviamo a Bianco, e molto documentata è quella di Castelvetere (Caulonia), dove un convertito finanziò la costruzione di una chiesa, a Fiumara (detta di Muro) viveva un ebreo di Gerace, il cui figlio sconfinò inavvertitamente a pascolare il gregge nel territorio di San Lorenzo, dove era proibito; rilevante fu la comunità di Seminara, e di quella di Sinopoli si ricorda un argentiere che cercò di frodare un monastero che gli aveva commissionato un reliquiario, contravvenendo oltre che alla legge civile a quella ebraica: frode, furto e collaborazione all’idolatria!

Altre comunità sono citate da Oreste Dito, nel suo La storia calabrese e la dimora degli ebrei in Calabria dal secolo V alla seconda metà del secolo XVI, ma purtroppo di poche indica le fonti. Quindi segnalo soltanto Acri (in provincia di Cosenza) e Nicotera (in provincia di Vibo), citate in documenti di tassazione del 1276, e, sempre in provincia di Vibo, Tropea, dove la comunità ebbe una lunga storia con alterne vicende: dapprima i cittadini chiedono un trattamento di uguaglianza per gli ebrei… e qualche anno dopo ne chiedono l’espulsione.

Segnalo, per la provincia di Reggio, anche Monasterace, in cui un possedimento di ebrei è attestato nella Platea di Santo Stefano del Bosco, e Placanica, in cui invece la testimonianza, ben più consistente, ci viene dalla Platea di Sinopoli: per entrambi i paesi sono attestati (ma la materia è da approfondire), “ebrei fatti cristiani” nella prima metà del ‘700; al territorio di Gerace aggiungo quello di Locri, che di Gerace faceva parte fino a tempi recenti, e dove si trova il toponimo Giudeo, oltre ad una lapide sepolcrale dei primi secoli dell’era cristiana dedicata a Maria Velania, una bambina il cui nome secondo alcuni studiosi sarebbe ebraico.

Da Simeri (ora diviso in Simeri Crichi e Soveria Simeri) proviene una ketubbah (contratto matrimoniale), firmato da più di 10 rav, il che ci fa presumere un alto libello culturale della comunità, che secondo alcuni (ma ne dubito) sarebbe stata più numerosa della cittadinanza cristiana.

Da Messina abbiamo un'epigrafe che ricorda la fornitura di olio per le lampade di una sinagoga da parte della comunità di Mesiano (frazione di Filandari, VV).

martedì 4 maggio 2010

Una prima mappatura

Vorrei cominciare con questo post a fare un punto di sintesi sulle presenze ebraiche in Calabria, rendendone visibile la consistenza con una mappa diversa da quella pubblicata precedentemente

Nei capoluoghi di provincia gli ebrei sono attestati senza dubbio: a Reggio, dove nel 1475 fu stampata la Torah con commento di Rashi, è probabilmente più che millenaria, anche omettendo gli indizi che la riportano al I secolo EV, abbiamo comunque testimonianze che vanno dall’era imperiale (con il titulus sinagogale) al 1511; a Catanzaro rimonterebbe all’XI secolo, anche se le attestazioni sicure sono più tarde; a Monteleone (Vibo Valentia) non fu consistentissima ma è accertata, e alcuni reperti nella sua area risalgono all’età tartoimperiale; a Crotone risale forse all’età antica, ma è testimoniata sicuramente nel Medioevo, fino alla cacciata del 1511 e anche oltre; Cosenza fu per secoli uno dei centri maggiori.
Per l’età più antica abbiamo reperti archeologici a Lazzàro, nel territorio di Motta San Giovanni che li vedrà presenti anche in secoli più tardi, e lo stesso accade nell’area dell’antica Scolacium, dove reperti provengono dall’area della Roccelletta del Vescovo di Squillace, ora in comune di Borgia, mentre per tutto il Medioevo saranno presenti a Squillace; celebre è la sinagoga di Bova Marina, a cui più tardi corrisponderà l’insediamento di Bova.
Saccheggiando il lavoro di Colafemmina, Per la storia degli ebrei in Calabria, dal Registro del tesoriere provinciale Tommaso Spinelli, vediamo documentate numerose presenze nella Calabria meridionale.
In provincia di Reggio Bruzzano Zefirio, dove esiste anche la comunità di Torre di Bruzzano, Bagnara, Borrello (oggi Laureana di Borrello), Bovalino, Brancaleone, Condoianni (oggi frazione di Sant’Ilario dello Jonio), Gerace, Gioia Tauro, Grotteria, Melicuccà, Oppido Mamertina, Pentidattilo (oggi frazione di Melito Porto Salvo), Rosarno, San Giorgio Morgeto, San Lorenzo, Sant’Agata del Bianco, Sant’Eufemia d’Aspromonte, Stilo, Terranova Sappo Minulio.
In provincia di Vibo Valentia sono citate: Castelmonardo (nell’odierna Filadelfia), Francavilla Angitola, Pizzo, Rocca d’Angitola (oggi nel comune di Maierato) e in provincia di Catanzaro, Nicastro (Lamezia Terme) e Belcastro.
Sempre dal Colafemmina, nel Marchesato di Crotone, sono citate Caccuri (dove resta la Judeca e forse la sinagoga), Cutro (dove un altro insediamento si trovava a Torre di Tacina, l’attuale frazione di Steccato di Cutro), Isola Capo Rizzuto, dove un altro insediamento era a Le Castella, Mesoraca, Petilia Policastro, Rocca Bernarda, Santa Severina, Strongoli, , Umbriatico.
In provincia di Cosenza abbiamo Cariati, piccola ma vivace comunità, alla quale Colafemmina dedica un’intero capitolo.
All’epoca bizantina risale l’insediamento di Rossano, e forse quelli di Bisignano e Cassano, mentre solo nel 1534 (ma doveva essere più antica) è attestata la presenza ebraica a Fiumefreddo Bruzio, ed ugualmente tarda è la testimonianza a San Lucido, dove la comunità forse nacque da ebrei esuli dalla Sicilia.
Importanti le comunità di Castrovillari (in rapporti particolarmente buoni con la cittadinanza, al punto da affidarle provvisoriamente la sinagoga al momento della partenza nel 1511, che verrà restituita al momento del breve ritorno primo della dispersione finale del 1541) e di Montalto Uffugo, particolarmente numerosa e di grosso rilievo economico e culturale, nel cui territorio forse esistevano comunità anche in due frazioni oltre che nel centro principale.

Per ora direi che è sufficiente: la cartina è già abbastanza pasticciata, ma già ora ci si può rendere conto quanto diffusa fosse la presenza ebraica in Calabria… il seguito alla prossima puntata

lunedì 3 maggio 2010

Non solo San Nicandro

Storia di marrani di rav Toaff
Da Torah.it

Trascrizione (grazie a Norma) di una conversazione di rav Elio Toaff su un clamoroso caso di conversione di massa, avvenuto tra gli anni '60 e '70, di un gruppo di minatori siciliani (di Riesi) emigrati in Belgio Si tratta di una storia molto meno conosciuta di quella di San Nicandro, sebbene abbia coinvolto il doppio delle persone e in una situazione per certi aspetti molto più singolare Alla fine pubblico anche un articolo da internet che fornisce altri particolari sulla vicenda, oltre a qualche notizia su un impiegato riconosciuto Giusto tra le nazioni per la sua opera di salvataggio di ebrei durante la guerra, e che probabilmente apparteneva (forse senza saperlo) allo stesso gruppo


Dalla viva voce di rav Elio Toaff z.l. potete ascoltare QUI il racconto ironico e commovente della vicenda di questi  Bené anusim.
Come quel gruppo che io ho accettato subito, naturalmente facendo la conversione, di quel gruppo di siciliani, siculo-calabresi (calabresi forse perché qualcuno di loro si era trasferito in Calabria, ma credo che propriamente fossero siciliani), circa 90 persone, 6-7 anni fa. Sono emigrati dall’Italia in Belgio a fare i minatori, e che improvvisamente hanno incominciato a frequentare il Tempio: causando dei problemi parlando di 70-80 persone, era una cosa piuttosto visibile, mettendo in grave imbarazzo il rabbino, il quale non sapeva con chi aveva a che fare.
Non parlavano una parola di francese, andavano lì, si dichiaravano ebrei e cominciavano a pregare come potevano, in italiano.

Finalmente questi qui hanno cominciato a insospettirsi, “Qui c’è qualcosa che non quadra”, e allora, siccome erano italiani, mi hanno telefonato, e mi hanno domandato: “Qui ci sono una settantina di persone che si dichiarano ebrei, ma non sanno niente, come possono essere ebrei?”. Io gli ho risposto “Ma lasciateli perdere, saranno gente che vuole essere aiutata”. “No, no. Siccome lavorano, quando vengono al Tempio fanno grandi offerte”. Allora, finalmente, il Rabbino Capo del Belgio mi telefona e mi dice: “Lei dovrebbe venire su a vedere un pochettino di cosa si tratta: noi non ce la facciamo più con questi, che dobbiamo fare di loro, stanno sempre qui: come finiscono di lavorare, vengono qui”.
Allora, io vado su. Vado a Liegi e mi incontro con questi qui. Una cosa che non potete immaginare, una commozione che non poteve figurarvi, è una delle grandi soddisfazioni della mia vita: trovare della gente che dice “Siamo ebrei”. “Scusate, siete venuti in Belgio, ma perché siete venuti in Belgio? Potevate venire a Roma, no?” “Perché noi abbiamo giurato di generazione in generazione che in Italia non avremmo mai fatto scoprire il nostro ebraismo” “Ma perché?” “Perché noi, fin dall’epoca dell’Inquisizione, siamo stati sempre riuniti, ci siamo sposati tra di noi, non abbiamo mai tradito l’ebraismo, abbiamo mantenuto due cose: la circoncisione e le candele del sabato, di tutto l’altro non sappiamo niente” “Ma la circoncisione chi ve la veniva a fare?” “Il padre circoncideva i figli e faceva giurare sul letto di morte che avrebbero continuato a circoncidere i figli”.
Son rimasto veramente… e dice “Guardi che noi, al nostro paese, noi ci siamo sposati tra di noi, e quando siamo morti, nel cimitero non ci son lapidi perché noi avevamo paura a fare delle lapidi normali o con delle sigle, e non abbiamo voluto metterci la croce perché non siamo cristiani, e quindi non…” Allora io dal Belgio ho telefonato alla tenenza dei carabinieri di quel posto, al comandante che mi dicesse come era il cimitero mi dice ‘quelli son tutti ebrei’ ‘che vuol dire son tutti ebrei?’ Ah dice è è tutta gente che si sposa tra di loro, è tutta gente che non va in chiesa, è gente che non mette neanche la croce sui morti …questa è stata l’immagine del carabiniere … vicino a Caltagirone. In ogni modo, allora io ho detto vediamo un momentino cos’è e come è andata la faccenda della circoncisione. Gli dico “Perché ora siete venuti fuori, perché noi vogliamo andare in Israele, lì è casa nostra, non dobbiamo più nasconder niente, possiamo dire che siamo ebrei, non abbiamo più niente da nascondere”.
Dico cavoli… un’ottantina, coi ragazzi.. era un’ottantina di persone.
Allora mi sono interessato, li ho fatti venire in Italia e ho chiamato un medico che accertasse… Fra plastiche e operazioni ha dovuto lavorare più di un mese, per come si erano massacrati pur di mantenere il rito della circoncisione. E’ stata una cosa veramente, era incredibile, incredibile. Poi la fede di questa gente, che aveva ritrovato qualche cosa che credeva di aver perduto tutto per sempre.
Allora abbiamo dovuto sistemare tutti, e siccome c’era stato qualche matrimonio misto, abbiamo dovuto vedere tutte le posizioni; dopo di che li abbiamo imbarcati, e ora se ne sono andati tutti in Israele, dove lavorano magnificamente nel Negev. Hanno lavorato prima nelle miniere, erano minatori, hanno lavorato nelle miniere vicino a Timn e quando vado a trovarli pare che arrivi il Messia. Veramente è stata una cosa eccezionale, questa e un altro gruppo diverso, perché sono i cosiddetti marrani che criptocristiani dall’epoca dell’inquisizione, non hanno avuto il coraggio di ritornare all’ebraismo per questa promessa che avevano fatto, che soltanto fuori dall’Italia avrebbero potuto denunciare il loro ebraismo.
E debbo dire non mi sono pentito di quello che ho fatto perché, a vedere oggi i loro figlioli, che vanno a scuola e parlano ebraico, e sono integrati perfettamente nel paese, è una soddisfazione che…

da VareseNews
E se Calogero Marrone fosse stato ebreo?
Una storia vera raccontata dal giornalista del "Corriere della Sera" Stefano Jesurum Tra le famiglie di origini ebraica, convertite a forza al cattolicesimo, compare il nome dei Marrone

Calogero Marrone, il capo dell'Ufficio anagrafe di Varese che morì nel campo di concentramento di Dachau per aver aiutato moltissimi ebrei a varcare il confine svizzero durante l'occupazione nazista, poteva a sua volta essere ebreo. È solo un'ipotesi che nulla toglie e nulla aggiunge al valore civile e morale del gesto di quest'uomo, ma un'inconsapevole appartenenza al popolo d'Israele rende certamente più affascinante la sua storia.
L'obiezione a questa ipotesi è che dopo la cacciata di tutti gli ebrei dal regno di Spagna, avvenuta nel 1492 con l'editto di Isabella di Castiglia, nell'Italia meridionale e in Sicilia non ci sono state più comunità ebraiche. Pertanto Calogero Marrone che era siciliano, di Favara in provincia di Agrigento, non poteva essere ebreo. C'è però una storia, realmente accaduta, raccontata da Stefano Jesurum, giornalista del "Corriere della Sera", nel libro "Raccontalo ai tuoi figli " (Baldini e Castoldi) e ripresa da Patrizia Reinach Sabbadini nel libro "La cultura ebraica" (Einaudi), che potrebbe confermare il contrario.
Jesurum racconta una vicenda avvenuta intorno al 1960. Un gruppo di emigranti siciliani si stabilisce a Liegi, in Belgio. È il posto che fa per loro, sono minatori e lì ci sono le miniere. Sono circa un'ottantina, vestiti di velluto, un po' tarchiati, mani grandi e coppola calcata in testa. Al sorgere della prima stella di ogni shabbat (il sabato ebraico) si presentano al tempio, ovvero la sinagoga, per partecipare alla funzione. Dicono di essere ebrei siciliani. È una cosa impossibile, secondo gli esperti, perché comunità ebraiche nel sud dell'Italia non ce ne sono ormai dalla notte dei tempi.
Il rabbino belga Dreyfuss si mette in contatto con quello di Roma per avere informazioni su questo strano gruppo. Da Roma confermano: da secoli ormai non ci sono comunità ebraiche in Sicilia. Il rabbino italiano, però, vuole vederci chiaro e parte per la Sicilia e lì scopre il mistero: sono discendenti dei marrani, ebrei convertiti con la forza al cattolicesimo. Si erano fatti battezzare ma, per quattrocento anni nel segreto delle loro abitazioni, avevano continuato a professare la religione ebraica e a tramandarne la cultura di padre in figlio. Avevano tutti un doppio nome, quello ufficiale conosciuto da tutti e quello che conoscevano soltanto i vecchi della comunità. Sulle loro tombe non c'erano croci, a Pasqua facevano il pane senza lievito e al sabato mettevano le candele sulla tavola.
Dopo la convocazione a Roma per essere istruiti dal rabbino e dopo la visita del mohel (la persona che nella comunità ebraica si occupa della circoncisione) per porre rimedio ai danni delle circoncisioni fatte in casa, negli anni Settanta il gruppo emigra nuovamente, questa volta in Eretz Israel, per lavorare nelle miniere di rame israeliane. Molti si sposeranno e andranno a vivere a Be' er Sheva. I loro discendenti portano i nomi di quegli antichi padri: Siracusa, Gucciardo, Russo, Tidona, Pellicciotti, Vitale e Marrone.

Ebrei in Sicilia

In seguito all'editto di espulsione del 1492 ad opera dei re cattolici, gli ebrei residenti nei territori spagnoli furono costretti a dover scegliere tra la conversione forzata al cattolicesimo e l'abbandono delle proprie case,lavoro, amicizie ecc. Questa sorte ricadde anchee sugli ebrei di Sicilia in quanto sotto il dominio spagnolo.
Questo bello e commovente video ne riassume la vicenda.





domenica 2 maggio 2010

Ritorno a Sud?

Qualche giorno fa avevo parlato dell'incontro che si teneva in questi giorni a Milano Marittima e che aveva al suo centro il fenomeno del marranesimo
Da Moked, portale dell'ebraismo italiano, pubblico questa breve nota sull'incontro che si sta concludendo in queste ore: spero che siano state poste le premesse per un ritorno ebraico al Sud

Moked - Gli altri e noi. Il senso di una svolta

gv
La grande convention di primavera dell’ebraismo italiano dedicata quest’anno al marranesimo e al recupero delle identità negate si chiude in queste ore e per le centinaia di ospiti giunti da molte città italiane sulla riviera adriatica, da Israele e diverse realtà ebraiche internazionali è venuto il momento dell’arrivederci. Al di là dell’indubbio successo organizzativo dell’iniziativa del dipartimento Educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane diretto dal rav Roberto Della Rocca, si respira la sensazione di una svolta. L’antica aspirazione di gettare ponti, di aprire il dialogo all’interno del mondo ebraico e con tutte le componenti della società che guardano con interesse al mondo ebraico si fa più vicina. Il delicatissimo recupero delle identità perdute in secoli di persecuzioni e negazione non è impossibile. Un progetto che guardi dopo mezzo millennio di assenza verso il Sud Italia va prendendo corpo. Il lavoro è impegnativo, le responsabilità enormi. Ancora una volta la piccolissima minoranza degli ebrei italiani guarda avanti, riprende in mano il proprio destino e raccoglie la sfida.

I 95 anni di rav Elio Toaff

I migliori auguri ed un sentito grazie per tutta la sua opera a rav Elio Toaff!

עד מאה ועשרים

Foto da marcov

Sul sito Torah.it è possibile ascoltare alcuni dei suoi discorsi e delle sue lezioni

Foto da Moked

Elio Toaff è nato a Livorno il 30 aprile 1915. Studiò presso il Collegio Rabbinico della sua città natale sotto la guida del padre, Alfredo Toaff, rabbino della città. Frequentò al tempo stesso l'Università di Pisa presso la facoltà di Giurisprudenza, dove poté laurearsi nel 1938 nei tempi stabiliti, in quanto l'introduzione delle famigerate leggi razziali fasciste, precludeva agli ebrei l'ingresso alle università ed espelleva gli studenti fuori corso, ma consentiva di completare gli studi a chi ne fosse giunto al termine. L'anno successivo completò gli studi rabbinici laureandosi in teologia al Collegio rabbinico di Livorno, ottenendo il titolo di rabbino maggiore. Fu nominato rabbino capo di Ancona, dove rimase dal 1941 al 1943.
Dopo l'8 settembre 1943, con la recrudescenza della violenza nazista e le prime deportazioni italiane per i lager, Toaff, sua moglie Lea Iarach e il loro figlio Ariel fuggirono in Versilia, alterando le generalità sui loro documenti, girovagando tra mille insidie. Più volte Toaff scampò alla morte per mano nazista, ricorrendo alla propria inventiva e a tanta fortuna. Entrò nella Resistenza combattendo sui monti e vedendo con i propri occhi le atrocità ai danni di civili inermi.
Dopo la guerra fu rabbino di Venezia, dal 1946 al 1951, insegnando anche lingua e lettere ebraiche presso l’Università di Ca' Foscari.
Nel 1951 divenne rabbino capo di Roma. Oltre al suo ruolo spirituale, ha ricoperto diverse cariche nella comunità ebraica italiana: presidente della Consulta rabbinica italiana per molti anni, direttore del Collegio rabbinico italiano e dell'istituto superiore di studi ebraici, direttore dell'Annuario di Studi Ebraici. Inoltre è membro dell'Esecutivo della Conferenza dei rabbini europei fin dalla fondazione nel 1957 e dal 1988 è entrato a far parte del Praesidium.
Nel 1987, Toaff pubblicò una sua autobiografia: Perfidi giudei, fratelli maggiori (Mondadori, Milano).
L'8 ottobre 2001 Elio Toaff, all'età di 86 anni, annunciò le proprie dimissioni dalla carica di Rabbino Capo di Roma. Questa decisione venne manifestata da Toaff stesso nella Sinagoga di Roma al termine delle preghiere per il «Oshannà Rabbat». Il motivo era voler lasciare spazio e occasioni ai giovani. Grande fu la commozione tra i fedeli che erano in ascolto. Il successore alla carica venne scelto in Riccardo Di Segni.


Testo e foto da Moked

Rav Elio Toaff compie 95 anni.
Fra le iniziative per festeggiarlo, il Museo Ebraico di Roma insieme alla Fondazione Elio Toaff per la cultura, presentano una mostra (Auguri a Rav Toaff: omaggio a un grande ebreo italiano) allestita al Museo ebraico della Capitale.
La mostra, curata dalla direttrice del Museo, Daniela Di Castro e da Caterina Napoleone propone documenti, foto d'epoca, e testimonianze.
Fra le varie iniziative anche la pubblicazione di una raccolta di studi coordinata dalla storia Anna Foa e un documentario con la raccolta di materiali delle cineteche Rai intende ripercorrere la vita del rav Toaff, maestro di vita e guida spirituale della Comunità Ebraica di Roma per la quale è tuttora figura di riferimento.
Nel corso del suo lungo incarico rabbinico, rav Toaff ha saputo guardare al mondo esterno alla realtà ebraica e, mostrando una formidabile capacità di comprensione dei mutamenti politici e culturali del Paese, è riuscito a rendere la Comunità interlocutrice rispettata delle Istituzioni italiane, senza perdere mai di vista le proprie origini e la propria identità.