Gouache di Helene Fischman
Da Judaica Journal
Da Judaica Journal
Parashat Beshallach: Shemot (Esodo) 13,17 - 17,16
Haftarah : Giudici 5,1-31 (rito sefardita)
Altri riti: 4,4-5,31
Per il commento alla parashah settimanale rinviamo principalmente al commento pubblicato su questo stesso blog, di Rav Scialom Bahbout, Rabbino Capo di Napoli e del meridione:
Beshallach: La fiducia nel giorno dopo
Da Torah.it
Il commento alla parashah settimanale di rav Riccardo Di Segni,
Rabbino capo di Roma
Rabbino capo di Roma
Altri commenti sulla parashah settimanale sul sito ChabadRoma,
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah
Capitolo
13, 17-22. La via che gli ebrei
presero per uscire dall’Egitto non fu la più breve, perché quella li avrebbe
posti a contatto con i filistei che li avrebbero certo attaccati. Il popolo
deviò attraverso il deserto verso il Mar rosso. Una nube durante il giorno e
una di fuoco durante la notte procedeva con loro.
Capitolo 14, 1-31. Poi il Signore fece retrocedere Israele che si accampò sulle rive
del Mar Rosso. Là fu raggiunto dall’esercito del faraone che finì, però, con
l’essere sommerso dalle onde del mare che si richiuse su di loro, dopo che gli
ebrei passarono all’asciutto in mezzo alle acque apertesi per miracolo quando
Mosè, seguendo l’ordine del Signore, alzò la sua verga. Tale evento fu
riconosciuto miracoloso dal popolo, che ripose piena fede nel Signore e in
Mosè, suo servo.
Capitolo 15, 1-27. Il prodigioso passaggio del Mar Rosso suscitò un canto da parte di
Mosè. Dopo anche Miriam, la profetessa, intonò un canto seguita da tutte le
altre donne. Poi il popolo partì e si accampò nel deserto, ma ben presto
mormorò contro Mosè a causa della sete, ancora una volta Mosè, su comando del
Signore, pose rimedio alla situazione.
Capitolo 16, 1-36. Gli ebrei si accamparono nel deserto, dove mancò loro il cibo. Per
calmare le lamentele del popolo, D-o fece scendere la manna dal cielo, mandò un
esercito di quaglie, essi potevano raccoglierne in proporzione alle proprie
necessità. La manna cadeva sull’accampamento durante sei giorni della
settimana, il sesto giorno il popolo ne riceveva una doppia razione, perché
durante il settimo, il santo Shabbat, non se ne trovava. Gli ebrei si nutrirono
con la manna per quarant’anni, fino a che non giunsero ai confini della terra
di Canaan. Il Signore comandò a Mosè di tenere un ‘omer (misura
corrispondente a circa 3-4 litri)
in deposito, affinché le generazioni seguenti potessero conoscere il pane con
cui Egli aveva nutrito gli ebrei nel deserto. E comandò che un’urna contente
tale quantità fosse posta dinanzi all’Arca della Testimonianza, quando sarebbe
stata edificata.
Capitolo 17, 1-16. Quando Israel si accampo, durante la su avanzata, a Refidim, mancò
l’acqua e ancora una volta il popolo insorse contro Mosè che, seguendo il
comando del Signore, si recò con gli anziani presso e alla presenza di tutto il
popolo batté con la verga sulla rupe da cui scaturì acqua.
Un fiera battaglia fu poi sostenuta e vinta da
Israel contro gli amaleciti, che però non furono annientati. Il Signore comandò
allora a Mosè di lasciare memoria scritta di quell’avvenimento e di
trasmetterlo oralmente a Yehoshua, poiché Egli aveva stabilito di cancellare la
memoria di ‘Amalec e perciò era necessario che di generazione in generazione
gli ebrei ricordassero di combattere il malvagio ‘Amalec e i suoi discendenti
fino ad annientarne la stirpe crudele.
Riassunto della haftarah
Giudici 4, 4-5,3 (rito italiano);
Giudici 5,1-31 (rito sefardita);
Giudici 4,4/5, 31 (rito ashkenazita).
La Haftarà narra i prodigi della vittoria sui cananei e il canto di Debora, la profetessa che esercitava la funzione di giudice in quel tempo in Israele. Questo si collega al miracoloso passaggio del Mar Rosso, al tempo dell’esodo dall’Egitto, e alla successiva cantica che Mosè intonò per rendere grazie al Signore.
Giudici 5,1-31 (rito sefardita);
Giudici 4,4/5, 31 (rito ashkenazita).
La Haftarà narra i prodigi della vittoria sui cananei e il canto di Debora, la profetessa che esercitava la funzione di giudice in quel tempo in Israele. Questo si collega al miracoloso passaggio del Mar Rosso, al tempo dell’esodo dall’Egitto, e alla successiva cantica che Mosè intonò per rendere grazie al Signore.
Dal sito Morasha.it
Una derashah di rav Shlomo Rishkin
sulla parashah di questa settimana
Una derashah di rav Shlomo Rishkin
sulla parashah di questa settimana
Gli ebrei attraversano il Mar Rosso
Affresco dell'antica sinagoga di Dura Europos
Affresco dell'antica sinagoga di Dura Europos
Immagine dal sito StudyBlue
La parashà di questa settimana include un passo
molto difficile - quasi surreale. Se lo interpretiamo simbolicamente, in
termini allegorici - come in effetti fa il midrash - otteniamo non solo un
significato più profondo del testo, ma capiamo anche il significato nascosto
delle letture della Torà di lunedì, giovedì e sabato pomeriggio, importante e
necessario aspetto del nostro servizio istituzionale di preghiera in pubblico.
Subito dopo la miracolosa apertura del mar Rosso e
la gioia, manifestata dalla canzone di Mosè e dei figli di Israele, di Miriam e
delle figlie di Israele, la Bibbia afferma che il popolo ebraico "andò per
tre giorni nel deserto e non trovò acqua. E arrivarono a Marah (il nome di un
accampamento in un'oasi), ma non furono in grado di bere le acque di Marah
perché erano amare. E si lamentarono con Mosè. E (Mosè) invocò D-o, e D-o lo
diresse (yorah) verso un albero (eitz, una corteccia di un albero). Lanciò (la
corteccia dell'albero) sulle acque e le acque diventarono dolci; là (D-o)
dispose (per Mosè) le istituzioni e le leggi e là Egli lo innalzò (o lo mise
alla prova - nisahu)"(Esodo 15:22-24).
I saggi rabbinici del Midrash stabiliscono
innanzitutto che Marah precede di sei settimane il monte Sinai e che rappresenta
una rivelazione Divina che anticipa - e forse fornisce - l'essenza della
rivelazione più completa che sarebbe arrivata poco dopo. Effettivamente, anche
se marah significa letteralmente amaro, la parola contiene sicuramente un'eco
di Moriah, la montagna sulla quale, secondo l'insegnamento della Torà, si
insedierà per l'Israele ed il mondo, il Beit Hamikdash.
Questo collegamento inoltre è ulteriormente
enfatizzato dalle parole del testo insolite e complesse:
- "e D-o lo diresse" - vayorehu, dove yrh è la forma verbale ebraica da cui proviene il nome Torà, una direzione (Divina),
- "la corteccia dell'albero", o eitz, che riecheggia l'eitz hayim il quale indica tre oggetti: l'albero della vita nel giardino dell'Eden, laTorà, che "è l'albero della vita per tutti quelli che la sostengono, "e i legni consacrati intorno ai quali viene arrolotolata la pergamena della Torà.
- "Gli statuti e le leggi (mishpat) che sono stati disposti (sam)", là a Marah, anticipano "queste sono le leggi (hamishpatim) che dovete collocare (sim) davanti a voi", introducendo le leggi e gli statuti che saranno una continuazione del Decalogo e parte della Rivelazione al Sinai (Esodo 21,1)
Il nostro Saggi vanno oltre in modo molto
significativo. Il Midrash insegna che i lamenti degli Ebrei per la sete e le
richieste d'acqua erano in realtà comprensibili, dato che gli Ebrei avevano
viaggiato per tre giorni dopo l'attravesamento del mar Rosso - ed è molto
difficile se non impossibile vivere per tre giorni senza acqua. E come un
individuo non può vivere per tre giorni senza acqua, cosi la Comunità ebraica
non può vivere per tre giorni senza Torà. (Hekhilta, Beshalach 2, B.T. Baba
Kamma 82a). Mosè ha pertanto legiferato che almeno una parte di Torà venisse
letta pubblicamente durante il minian di preghiera in pubblico ogni lunedì,
giovedì e Sabbath - in modo da eliminare la possibilità di tre giorni
consecutivi senza una lettura pubblica di Torà. Ezra lo Scriba
(approssimativamente un migliaio di anni più tardi) ha aumentato le parti di
Torà portandole a tre ed infine gli uomini della Grande Assemblea hanno reso le
parti di Torà tre, il lunedì e il giovedì, e sette la mattina di Sabbath (con
sei parti di Torah che vengono lette pubblicamente a Yom Kippur, cinque parti
di Torà nelle feste normali, quattro a Rosh Hodesh e nei giorni di Hol Hamoed e
tre nei pomeriggi di Sabbath e il lunedì e giovedì feriali).
È affascinante - ed unico dell'Ebraismo rispetto a tutte
le altre religioni - il fatto che una lettura testuale biblica venga
incorporata nel minian di preghiera in pubblico. Credo che il messaggio di ciò
sia profondo: sia la Preghiera che la Torà sono forme di comunicazione tra D-o
e Israele, virtualmente due facce della stessa moneta, anche se con una
differenza sostanziale: nella preghiera noi invochiamo in alto verso D-o mentre
nella Torà, è Dio che chiama in basso verso di noi (Kriyah è letteralmente
chiamata (Divina)).
Il contesto di questa interpretazione della nostra
parashà di Beshalach aggiunge una dimensione perfino più profonda. L'acqua è
simbolo sia di vita - "e lo spirito del Signore si è librato sopra la
superficie delle acque" proprio all'alba della creazione (Genesi 1:2) -
sia della distruzione della vita, come vediamo nella storia biblica del diluvio
ai tempi di Noè. Ricordiamo inoltre che Jonà viene quasi distrutto dalle acque
furiose del mare - ed è salvato dalla balena, pesce che è l'abitante del mare.
Le acque eccitanti e potenti della vita, le onde di emozione e di forza che
palpitano all'interno ed all'esterno delle attività umane, possono spesso
essere amaramente distruttive se nelle mani del male; sono soltanto lo zucchero
e le goccioline di rugiada rassicuranti di Torà a poter trattenere la
distruzione e a poterci innalzare di nuovo all'Eden eterno.
Il Midrash inoltre ci precisa quali delle nostre
molteplici leggi possano servire a raddolcire le acque amare: lo Shabbat, (le
sette) leggi universali della morale (dinim) e il rispetto dei propri genitori.
Lo Shabbat colloca D-o come creatore e gli esseri umani come creature - e la
paternità di D-o assicura la fratellanza dell'umanità. Chiunque interiorizzi il
messaggio dello Sabbath ha rispetto per ogni forma di vita e non potrebbe mai
giustificare nessuna forma di schiavismo o di degrado umano. ("Osserva il
giorno dello Shabbat per santificarlo, affinché il tuo servo si riposi come
te" (Deuteronomio 5:14). Rispettare i propri genitori assicura la
continuità fra le generazioni ed un tipo di vita familiare estesa - con i
relativi vantaggi così come con i relativi obblighi - che fornisce una rete di
supporto determinante quando ci si confronta con le tumultuose onde di
avversità. E le sette leggi della morale di Noè sono essenziali per
l'istituzione di una società giusta e vivibile. Questa è l'essenza della Torà
che un tempio - la voce pubblica di Yisrael Sabba in ogni Comunità ed in ogni
periodo - deve comunicare quando le acque furiose distruttrici devono essere
raddolcite nell'acqua dell'eternità generatrice di vita.
E così il nostro passo più caratteristico e più
complesso conclude: "ed ha detto, se voi interiorizzerete veramente la
voce del Signore vostro D-o, se farete ciò che è giusto ai suoi occhi, se
ascolterete i suoi ordini ed osserverete tutti i suoi statuti, tutte le piaghe
(l'alienazione, la schiavitù e l'afflizione che la società egiziana impose ai
suoi 'stranieri' e le concomitanti punizioni di cui l'Egitto di conseguenza ha
sofferto) che ho disposto sull'Egitto non disporrò su voi, dato che sono il Signore,
il vostro redentore. Ed essi arrivarono a Elim; c'erano lì dodici pozzi di
acqua e settanta alberi da dattero e si accamparono lì presso l'acqua"
(Esodo 15:26, 27).
Elim significa forza; coloro che vivono nelle leggi
dello Sabbath, nelle sette leggi della morale di Noè e nel principio di
rispetto dei genitori non potranno mai essere sopraffatti dalle onde amare
dell'oblio. Queste leggi sono una premessa necessaria per le dodici tribù
dell'Israele, paragonabili ai dodici pozzi fornitori di acqua, fonte di vita e
sono anche una condizione necessaria per le settanta nazioni del mondo -
simbolizzate dai 70 alberi di dattero - per procedere nel loro cammino verso la
redenzione. Finché tutte le nazioni del mondo - compresi i nostri vicini nel
Medio Oriente, nella Corea del Nord ed Al Qida - non capiranno l'indicazione di
D-o di raddolcire le acque, non esisterà a mai un'umanità libera.
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