Rabbino capo di Napoli e del Meridione
(Esodo 12: 2):
Ha detto Rabbi Jehoshua ben Levi una parabola:
Un re che aveva un orologio, lo guardava e così ogni giorno poteva sapere che ora era. Quando arrivò il momento in cui il figlio si doveva sposare, gli regalò il suo orologio.
Allo stesso modo, il Santo, benedetto sia, disse
“Fino ad oggi il conteggio dei mesi era in mano mia, da oggi in poi è affidato a voi … se confermerete (che oggi è capo mese) - sarà tale, se (non lo confermerete) non sarà (capo mese). In ogni caso, questo mese sarà per voi…’
Un re che aveva un orologio, lo guardava e così ogni giorno poteva sapere che ora era. Quando arrivò il momento in cui il figlio si doveva sposare, gli regalò il suo orologio.
Allo stesso modo, il Santo, benedetto sia, disse
“Fino ad oggi il conteggio dei mesi era in mano mia, da oggi in poi è affidato a voi … se confermerete (che oggi è capo mese) - sarà tale, se (non lo confermerete) non sarà (capo mese). In ogni caso, questo mese sarà per voi…’
(Jalqut Shim’onì, parashàt Bo)
Immagine da Temple Sholom of Ontario
La
prima parte del capitolo dodici dell’Esodo rappresenta un momento di pausa
nella storia della lotta degli ebrei contro gli egiziani: il duro confronto tra
Mosè e il Faraone chiude il capitolo undici, mentre la fine del capitolo dodici
narra l’ultima notte passata in Egitto, la morte dei primogeniti e
l’esodo.
L’orologio
di cui parla qui il midràsh è il kiddùsh
hachòdesh vesòd ha’ibbùr, cioè la consacrazione
del capo mese e il segreto dell’incremento (del mese)
Per
capirne il significato, cerchiamo innanzi tutto di richiamare alcuni aspetti
del calendario ebraico.
1.
Il calenda-lunario ebraico è basato sia sul ciclo lunare che su quello solare
in quanto le feste del pellegrinaggio, accanto a un significato storico, ne
hanno anche uno collegato alla natura: per esempio, Pèsach, le cui regole sono
descritte proprio in questo capitolo, è anche la festa della primavera e
pertanto deve cadere in quella stagione. Questo elemento luni-solare
caratterizza il calendario ebraico rispetto a quello Giuliano (seguito dai
cristiani e basato solo sul ciclo solare) e a quello musulmano (basato solo sul
ciclo lunare). Il calendario oggi in uso fu definitivamente fissato nel terzo
secolo, forse nel timore che la dispersione avrebbe reso più difficile la
comunicazione, è complesso ed è basato sui calcoli dell’astronomo e matematico
greco Erone.
2.
Il ciclo mensile della Luna è di 29 giorni e mezzo circa: il mese lunare deve
essere quindi di 29 o di 30 giorni. Anticamente, nel dubbio che il mese potesse
essere di 29 o di 30 giorni, il Sinedrio proclamava comunque il 30° come capo
mese, in attesa che arrivassero i testimoni che dichiarassero che avevano visto
la luna nuova. Se ciò non accadeva e se comunque arrivavano dopo una certa ora
del 30°, veniva proclamato capo mese anche il 31° giorno (che veniva così a
essere il 1° del mese successivo). In pratica, nel calendario ebraico si
alternano mesi di 29 e di 30 giorni (in questo caso i giorni di capo mese sono
due, il 30° e il giorno successivo).
3.
Fino al terzo secolo, nonostante i calcoli delle fasi lunari fossero ben noti,
si è seguita un’altra strada, cioè la proclamazione del capo mese fatta sulla
base delle dichiarazioni di testimoni oculari che avevano appunto visto la luna
nel momento della fase di lunanuova.
Proviamo
a capire quali sono le ide che stanno dietro il calendario ebraico.
A
sottolineare l’importanza di questo verso, nel commento al primo verso della
Genesi, Rashi scrive che in effetti, essendo un codice di leggi, la Torà avrebbe dovuto avere
inizio proprio dal nostro verso che contiene la prima norma e non con la storia
della creazione e di tutte le vicende dei patriarchi. L’affermazione di Rashi è provocatoria:
infatti è chiaro che Hashem è il
Signore della storia, così come quello della natura. Tutta la storia che
precede l’Esodo è importante per capire la storia dell’uomo e quella ebraica: e
serve piuttosto per affermare che, poiché tutto il creato appartiene al
Signore, Egli può assegnare le terre ai popoli secondo la sua volontà..
Mosaico
della sinagoga del VI secolo eV
di Beit Alpha (Israele)
di Beit Alpha (Israele)
Immagine da Tutto ebraismo
Perché
Israele ha ricevuto questa mitzvà prima di uscire dall’Egitto; prima quindi
della rivelazione del Sinai? Perché questa mitzvà, come si deduce dal nostro
verso, è comunicata per prima a Israele?
Ci saremmo aspettati altre mitzvòt al primo posto: per esempio, lo
avrebbe meritato Pésach, la festa che vede la nascita del popolo ebraico e che
costituisce l’argomento centrale di questo capitolo.
Perché
è così importante creare un proprio calendario?
Qual
è il motivo per cui, finché è stato possibile, i Maestri hanno continuato a
richiedere le dichiarazioni di testimoni per proclamare il capo mese?
Proviamo
a dare alcune risposte a queste e alle molte domande che suscita la “mizvà del
calendario”.
·
La
costruzione di un calendario sembra rispondere a esigenze puramente tecniche,
mentre in realtà essa costituisce la base su cui costruire l’unità del popolo. Quando esisteva il Santuario, il Sinedrio
dichiarava il giorno in cui cadeva il capo mese, in modo che fossero stabilite
anche le feste: proviamo a immaginare che cosa succederebbe se per esempio
Pésach o Kippur fossero festeggiati in date diverse, a seconda del luogo in cui
ci si trova.
· Dall’insistenza
con cui i Maestri stabiliscono che il capo mese va stabilito con le
dichiarazioni prodotte dai testimoni si
deduce che non si vuole che l’uomo e le sue scelte dipendano dalla natura e
dalla meccanica celeste, ma dalle scelte dell’uomo. L’uomo deve controllare la natura e non viceversa: non dimentichiamo
il pericolo che esiste nel fatto che l’uomo si “inchini”, anche solo in senso
metaforico, alle stelle e alla natura.
·
La
radice ebraica della parola mese è hadàsh
(nuovo). Nel linguaggio medievale hiddùsh
viene usato per indicare la creazione ex
nihilo: anche l’uomo può creare il suo futuro a partire dal nulla, la sua
esistenza non è definita in maniera meccanicistica. La luna ha un ciclo in cui passa dal momento
in cui è oscura a quello in cui diventa piena per tornare poi a oscurarsi
nuovamente. Il cambiamento e il rinnovamento sono alla base dell’ebraismo e
della vita dell’uomo. Se l’uomo non fosse capace di rinnovarsi allora la sua
esistenza non avrebbe senso, sarebbe privo della facoltà di decidere e di
cambiare.
·
Israele
è stato paragonato alla Luna (jaréach,
jèrach significa mese): come la Luna riceve la sua luce dal
Sole così anche Israele riceve la sua vitalità, la sua luce, dal Signore.
Israele è consapevole dell’origine di questa luce e deve essere capace di irradiare
questa luce verso gli altri popoli. La storia d’Israele può essere paragonata
al ciclo lunare: come la Luna
ha momenti in cui sembra sparire del tutto, così ci sono momenti bui della
storia di Israele, ma poi Israele torna a splendere. Dice il Sfat Emet che la
differenza tra gli altri popoli e Israele sta proprio qui: gli altri popoli
sono paragonati al Sole, perchè vivono e si sviluppano quando risplende il
sole; Israele è paragonata alla Luna perché è in grado di vivere e prosperare
anche nei momenti più bui della propria storia, anche quando il Sole ha smesso
di splendere.
Torniamo allora al midràsh
iniziale, il Signore dice a Israele che
il hòdesh, il rinnovamento è lachem
per voi: ognuno può e deve essere capace di controllare la propria natura,
rinnovandosi continuamente, superando anche i momenti bui della storia,
individuale e collettiva, facendo sì che il Sole torni a splendere. “Per
narrare al mattino il tuo amore e la tua fedeltà nelle notti” (Salmo 92): il
Signore ha dato a Israele l’orologio della storia, sta a Israele caricarlo
continuamente, al mattino e nelle notti, con il proprio entusiasmo, il proprio
impegno e la propria fede.
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