Da Torah.it
Trascrizione (grazie a Norma) di una conversazione di rav Elio Toaff su un clamoroso caso di conversione di massa, avvenuto tra gli anni '60 e '70, di un gruppo di minatori siciliani (di Riesi) emigrati in Belgio Si tratta di una storia molto meno conosciuta di quella di San Nicandro, sebbene abbia coinvolto il doppio delle persone e in una situazione per certi aspetti molto più singolare Alla fine pubblico anche un articolo da internet che fornisce altri particolari sulla vicenda, oltre a qualche notizia su un impiegato riconosciuto Giusto tra le nazioni per la sua opera di salvataggio di ebrei durante la guerra, e che probabilmente apparteneva (forse senza saperlo) allo stesso gruppo
Dalla viva voce di rav Elio Toaff z.l. potete ascoltare QUI il racconto ironico e commovente della vicenda di questi Bené anusim.
Come quel gruppo che io ho accettato subito, naturalmente facendo la conversione, di quel gruppo di siciliani, siculo-calabresi (calabresi forse perché qualcuno di loro si era trasferito in Calabria, ma credo che propriamente fossero siciliani), circa 90 persone, 6-7 anni fa. Sono emigrati dall’Italia in Belgio a fare i minatori, e che improvvisamente hanno incominciato a frequentare il Tempio: causando dei problemi parlando di 70-80 persone, era una cosa piuttosto visibile, mettendo in grave imbarazzo il rabbino, il quale non sapeva con chi aveva a che fare.
Non parlavano una parola di francese, andavano lì, si dichiaravano ebrei e cominciavano a pregare come potevano, in italiano.
Finalmente questi qui hanno cominciato a insospettirsi, “Qui c’è qualcosa che non quadra”, e allora, siccome erano italiani, mi hanno telefonato, e mi hanno domandato: “Qui ci sono una settantina di persone che si dichiarano ebrei, ma non sanno niente, come possono essere ebrei?”. Io gli ho risposto “Ma lasciateli perdere, saranno gente che vuole essere aiutata”. “No, no. Siccome lavorano, quando vengono al Tempio fanno grandi offerte”. Allora, finalmente, il Rabbino Capo del Belgio mi telefona e mi dice: “Lei dovrebbe venire su a vedere un pochettino di cosa si tratta: noi non ce la facciamo più con questi, che dobbiamo fare di loro, stanno sempre qui: come finiscono di lavorare, vengono qui”.
Allora, io vado su. Vado a Liegi e mi incontro con questi qui. Una cosa che non potete immaginare, una commozione che non poteve figurarvi, è una delle grandi soddisfazioni della mia vita: trovare della gente che dice “Siamo ebrei”. “Scusate, siete venuti in Belgio, ma perché siete venuti in Belgio? Potevate venire a Roma, no?” “Perché noi abbiamo giurato di generazione in generazione che in Italia non avremmo mai fatto scoprire il nostro ebraismo” “Ma perché?” “Perché noi, fin dall’epoca dell’Inquisizione, siamo stati sempre riuniti, ci siamo sposati tra di noi, non abbiamo mai tradito l’ebraismo, abbiamo mantenuto due cose: la circoncisione e le candele del sabato, di tutto l’altro non sappiamo niente” “Ma la circoncisione chi ve la veniva a fare?” “Il padre circoncideva i figli e faceva giurare sul letto di morte che avrebbero continuato a circoncidere i figli”.
Son rimasto veramente… e dice “Guardi che noi, al nostro paese, noi ci siamo sposati tra di noi, e quando siamo morti, nel cimitero non ci son lapidi perché noi avevamo paura a fare delle lapidi normali o con delle sigle, e non abbiamo voluto metterci la croce perché non siamo cristiani, e quindi non…” Allora io dal Belgio ho telefonato alla tenenza dei carabinieri di quel posto, al comandante che mi dicesse come era il cimitero mi dice ‘quelli son tutti ebrei’ ‘che vuol dire son tutti ebrei?’ Ah dice è è tutta gente che si sposa tra di loro, è tutta gente che non va in chiesa, è gente che non mette neanche la croce sui morti …questa è stata l’immagine del carabiniere … vicino a Caltagirone. In ogni modo, allora io ho detto vediamo un momentino cos’è e come è andata la faccenda della circoncisione. Gli dico “Perché ora siete venuti fuori, perché noi vogliamo andare in Israele, lì è casa nostra, non dobbiamo più nasconder niente, possiamo dire che siamo ebrei, non abbiamo più niente da nascondere”.
Dico cavoli… un’ottantina, coi ragazzi.. era un’ottantina di persone. Allora mi sono interessato, li ho fatti venire in Italia e ho chiamato un medico che accertasse… Fra plastiche e operazioni ha dovuto lavorare più di un mese, per come si erano massacrati pur di mantenere il rito della circoncisione. E’ stata una cosa veramente, era incredibile, incredibile. Poi la fede di questa gente, che aveva ritrovato qualche cosa che credeva di aver perduto tutto per sempre.
Allora abbiamo dovuto sistemare tutti, e siccome c’era stato qualche matrimonio misto, abbiamo dovuto vedere tutte le posizioni; dopo di che li abbiamo imbarcati, e ora se ne sono andati tutti in Israele, dove lavorano magnificamente nel Negev. Hanno lavorato prima nelle miniere, erano minatori, hanno lavorato nelle miniere vicino a Timn e quando vado a trovarli pare che arrivi il Messia. Veramente è stata una cosa eccezionale, questa e un altro gruppo diverso, perché sono i cosiddetti marrani che criptocristiani dall’epoca dell’inquisizione, non hanno avuto il coraggio di ritornare all’ebraismo per questa promessa che avevano fatto, che soltanto fuori dall’Italia avrebbero potuto denunciare il loro ebraismo. E debbo dire non mi sono pentito di quello che ho fatto perché, a vedere oggi i loro figlioli, che vanno a scuola e parlano ebraico, e sono integrati perfettamente nel paese, è una soddisfazione che…
da VareseNews
Una storia vera raccontata dal giornalista del "Corriere della Sera" Stefano Jesurum Tra le famiglie di origini ebraica, convertite a forza al cattolicesimo, compare il nome dei Marrone
Calogero Marrone, il capo dell'Ufficio anagrafe di Varese che morì nel campo di concentramento di Dachau per aver aiutato moltissimi ebrei a varcare il confine svizzero durante l'occupazione nazista, poteva a sua volta essere ebreo. È solo un'ipotesi che nulla toglie e nulla aggiunge al valore civile e morale del gesto di quest'uomo, ma un'inconsapevole appartenenza al popolo d'Israele rende certamente più affascinante la sua storia.
L'obiezione a questa ipotesi è che dopo la cacciata di tutti gli ebrei dal regno di Spagna, avvenuta nel 1492 con l'editto di Isabella di Castiglia, nell'Italia meridionale e in Sicilia non ci sono state più comunità ebraiche. Pertanto Calogero Marrone che era siciliano, di Favara in provincia di Agrigento, non poteva essere ebreo. C'è però una storia, realmente accaduta, raccontata da Stefano Jesurum, giornalista del "Corriere della Sera", nel libro "Raccontalo ai tuoi figli " (Baldini e Castoldi) e ripresa da Patrizia Reinach Sabbadini nel libro "La cultura ebraica" (Einaudi), che potrebbe confermare il contrario.
Jesurum racconta una vicenda avvenuta intorno al 1960. Un gruppo di emigranti siciliani si stabilisce a Liegi, in Belgio. È il posto che fa per loro, sono minatori e lì ci sono le miniere. Sono circa un'ottantina, vestiti di velluto, un po' tarchiati, mani grandi e coppola calcata in testa. Al sorgere della prima stella di ogni shabbat (il sabato ebraico) si presentano al tempio, ovvero la sinagoga, per partecipare alla funzione. Dicono di essere ebrei siciliani. È una cosa impossibile, secondo gli esperti, perché comunità ebraiche nel sud dell'Italia non ce ne sono ormai dalla notte dei tempi.
Il rabbino belga Dreyfuss si mette in contatto con quello di Roma per avere informazioni su questo strano gruppo. Da Roma confermano: da secoli ormai non ci sono comunità ebraiche in Sicilia. Il rabbino italiano, però, vuole vederci chiaro e parte perla Sicilia e lì scopre il mistero: sono discendenti dei marrani, ebrei convertiti con la forza al cattolicesimo. Si erano fatti battezzare ma, per quattrocento anni nel segreto delle loro abitazioni, avevano continuato a professare la religione ebraica e a tramandarne la cultura di padre in figlio. Avevano tutti un doppio nome, quello ufficiale conosciuto da tutti e quello che conoscevano soltanto i vecchi della comunità. Sulle loro tombe non c'erano croci, a Pasqua facevano il pane senza lievito e al sabato mettevano le candele sulla tavola.
Dopo la convocazione a Roma per essere istruiti dal rabbino e dopo la visita del mohel (la persona che nella comunità ebraica si occupa della circoncisione) per porre rimedio ai danni delle circoncisioni fatte in casa, negli anni Settanta il gruppo emigra nuovamente, questa volta in Eretz Israel, per lavorare nelle miniere di rame israeliane. Molti si sposeranno e andranno a vivere a Be' er Sheva. I loro discendenti portano i nomi di quegli antichi padri: Siracusa, Gucciardo, Russo, Tidona, Pellicciotti, Vitale e Marrone.
Calogero Marrone, il capo dell'Ufficio anagrafe di Varese che morì nel campo di concentramento di Dachau per aver aiutato moltissimi ebrei a varcare il confine svizzero durante l'occupazione nazista, poteva a sua volta essere ebreo. È solo un'ipotesi che nulla toglie e nulla aggiunge al valore civile e morale del gesto di quest'uomo, ma un'inconsapevole appartenenza al popolo d'Israele rende certamente più affascinante la sua storia.
L'obiezione a questa ipotesi è che dopo la cacciata di tutti gli ebrei dal regno di Spagna, avvenuta nel 1492 con l'editto di Isabella di Castiglia, nell'Italia meridionale e in Sicilia non ci sono state più comunità ebraiche. Pertanto Calogero Marrone che era siciliano, di Favara in provincia di Agrigento, non poteva essere ebreo. C'è però una storia, realmente accaduta, raccontata da Stefano Jesurum, giornalista del "Corriere della Sera", nel libro "Raccontalo ai tuoi figli " (Baldini e Castoldi) e ripresa da Patrizia Reinach Sabbadini nel libro "La cultura ebraica" (Einaudi), che potrebbe confermare il contrario.
Jesurum racconta una vicenda avvenuta intorno al 1960. Un gruppo di emigranti siciliani si stabilisce a Liegi, in Belgio. È il posto che fa per loro, sono minatori e lì ci sono le miniere. Sono circa un'ottantina, vestiti di velluto, un po' tarchiati, mani grandi e coppola calcata in testa. Al sorgere della prima stella di ogni shabbat (il sabato ebraico) si presentano al tempio, ovvero la sinagoga, per partecipare alla funzione. Dicono di essere ebrei siciliani. È una cosa impossibile, secondo gli esperti, perché comunità ebraiche nel sud dell'Italia non ce ne sono ormai dalla notte dei tempi.
Il rabbino belga Dreyfuss si mette in contatto con quello di Roma per avere informazioni su questo strano gruppo. Da Roma confermano: da secoli ormai non ci sono comunità ebraiche in Sicilia. Il rabbino italiano, però, vuole vederci chiaro e parte per
Dopo la convocazione a Roma per essere istruiti dal rabbino e dopo la visita del mohel (la persona che nella comunità ebraica si occupa della circoncisione) per porre rimedio ai danni delle circoncisioni fatte in casa, negli anni Settanta il gruppo emigra nuovamente, questa volta in Eretz Israel, per lavorare nelle miniere di rame israeliane. Molti si sposeranno e andranno a vivere a Be' er Sheva. I loro discendenti portano i nomi di quegli antichi padri: Siracusa, Gucciardo, Russo, Tidona, Pellicciotti, Vitale e Marrone.
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