Il mese di Elul, da poco concluso, e le feste di Rosh haShanah (1-2 Tishrì, inizio del nuovo anno) e di Yom Kippur (10 Tishrì, Giorno dell'Espiazione), sono accomunati dal suono dello shofar, il corno di montone (o di altro animale kasher, esclusi i bovini, in ricordo del peccato del vitello d'oro), con molti significati e con diverse modulazioni.
Si tratta di un suono che parla al cuore di ogni ebreo, e quindi era particolarmente caro agli anusim ("forzati" alla conversione, i cosiddetti marrani).
Qui, dopo qualche breve informazione sullo shofar, pubblico alcune riflessioni e storie sullo shofar in relazione ai marrani.
LO SHOFAR
Da Chabad.org
Lo Shofar, come vi sarà noto, è un semplice corno
d'ariete. Durante tutto l'anno è nascosto nell'Arca Santa nella sinagoga, o in
un altro posto indicato, e non vi rivolgiamo attenzione. Ma quando viene il
mese di Elul, lo shofar emerge dal suo posto nascosto, ad interpretare un ruolo
prominente durante i Giorni Solenni. Il suono dello Shofar (Tekiath Shofar; è
il punto culminante del servizio di Rosh-Hashanah, e fa la sua apparizione
finale alla conclusione di Yom Kippur.
Esaminiamo lo Shofar più da vicino. Forse potremmo
scoprire cose che non sapevamo prima. Ad esempio, vi siete mai soffermati a
pensare che è uno dei più antichi strumenti a fiato usati dall'uomo? Secondo
un'opinione si può paragonare nel tempo al flauto a linguetta (nominato
"ugav" nella Bibbia), ma esso non ha nessun ruolo con temporaneo nel
servizio divino. Lo Shofar, invece, è lo stesso che abbiamo usato per migliaia
di anni. Attraverso la storia dell'umanità, nuovi strumenti sono stati
inventati, altri vecchi scartati, e potremmo trovarne eventuale traccia solo
nei musei. Non è notevole che rimaniamo attaccati al nostro vecchio Shofar?
Certamente, considerando lo Shofar come strumento
musicale, non possiamo dirne molto; non produce toni morbidi e delicati, come
una tromba moderna o altri strumenti a fiato. Ma dopo tutto lo Shofar per noi,
non è uno strumento musicale. Non viene utilizzato per piacere o per svago.
Tutto al contrario. Ha un senso profondo. E' un richiamo alla penitenza, che
annunzia i Dieci Giorni di Pentimento, inizianti con Rosh-Hashanah e culminanti
con Yom Kippur. II suo messaggio, nelle parole del grande Maimonide è:
"Svegliatevi o dormienti, e meditate sulle
vostre azioni, ricordatevi del vostro Creatore e tornate a Lui. Non siate come
quelli che distorcono la realtà, perdono i loro anni nell'inseguimento e alla
ricerca di cose vane dalle quali non trarre né profitto, né liberazione.
Guardate bene le vostre anime e considerate i vostri atti. Abbandonate le
vostre cattive inclinazioni e pensieri, e tornate a D-o, così che Egli possa
esercitare la grazia su voi".
In questo consiste la più importante funzione dello
Shofar. l suoni dello Shofar infondono un sacro timore, e toccano il nostro
cuore con un'acuta vibrazione, provocando pentimento, implorazione, e umiltà.
Infatti, il vero suono dello Shofar, donatoci dalla tradizione, richiama quello
di singhiozzi rotti a sospiri. Tali suoni sono tre: Tekiah (il richiamo diretto
), Shevarim ( tre richiami a singhiozzo ), e Teruah (nove o più suoni a
singhiozzo). Vengono suonati nel seguente ordine:
1. Tekiah - Shevarim -
Teruah Tekiah
2. Tekiah - Shevarim -
Tekiah
3. Tekiah - Teruah -
Tekiah.
In ogni caso i suoni vengono ripetuti tre volte,
componendo trenta suoni in tutto. Nell'insieme, non meno di cento suoni dello
Shofar vengono emessi nel corso del servizio mattutino di Rosh Hashanah (il
sopracitato gruppo di suoni è ripetuto tre volte risultante così in novanta,
più una singola volta in finale).
Rosh Hashanah è chiamato il giorno del suono dello
Shofar. In questo giorno è obbligatorio per ogni ebreo sentire lo Shofar. Ma
come già menzionato, lo Shofar viene suonato durante tutto il mese di Elul, per
via della preparazione per il Giorno d'Espiazione. (Nella mattina prima di Rosh
Hashanah ciò non avviene per porre un intervallo). Un singolo lungo richiamo
alla fine del servizio di Yom Kippur riporta la conclusione del Giorno
d'Espiazione.
Il nostro Shofar, come già menzionato, è un corno
d'ariete. I nostri saggi spiegano che è un promemoria dell'Akedah (il
sacrificio di Yitzchak, quando un montone impigliatosi con le coma ad un
cespuglio, fu preso da Abraham e offerto in olocausto del proprio figlio).
L'Akedah non ci serve solo come ispirazione di autosacrificio nel servizio di
D-o, ma anche come speciale raccomandazione presso il Tribunale Celeste per
garantirci la misericordia per il merito di Abraham nostro patriarca se non per
i nostri meriti.
Siccome lo scopo dello Shofar è di inspirarci con
umiltà e pentimento, possiamo ben capire perché abitualmente lo Shofar non è riccamente
decorato. Decorazioni ed ornamenti non lo rendono disadatto finché sono sulla
parte esterna. Ma se a poco a poco penetrano le pareti del corno esso diventa
inservibile.
Forse questo ci può servire come lezione
sull'importanza della semplicità e umiltà. Come lo Shofar, che diventa
inservibile se 1'oro e l'argento dei suoi ornamenti penetrano l'ossatura dello
stesso, così anche noi diventiamo insignificanti esseri umani se permettiamo
all'oro e 1'argento di diventare così importanti nelle nostre vite al punto di
penetrarci nelle ossa e prenderne possesso, dominando le nostre menti, ed
anime.
Anticamente, lo Shofar era suonato in occasioni
molto solenni. Principalmente troviamo lo Shofar menzionato in connessione con
la Rivelazione del Monte Sinai, quando "La voce dello Shofar era
estremamente forte, e tutto il popolo che era nel campo tremava."
Così lo Shofar che sentiamo in Rosh Hashanah ci
dovrebbe ricordare della nostra accettazione della Torah e mantenimento delle
mizvoth.
Era uso suonare lo Shofar quando la guerra
incalzava contro un nemico pericoloso. Così, lo Shofar di Rosh Hashanah
dovrebbe servirci come guida nella battaglia, per muovere guerra contro il
nostro nemico interiore, le nostre cattive inclinazioni e passioni.
Lo shofar veniva suonato nell'anno del Giubileo,
annunciando libertà dalla schiavitù e dalle miserie. Lo Shofar che sentiamo di
Rosh Hashanah dovrebbe essere il segnale dello scuotimento dall'impurità, così
da poter cominciare una nuova vita con un cuore puro rivolto al servizio di
D-o, e al prossimo.
Questo è il motivo per cui il nostro popolo viene
chiamato "Yodei Teruah", il popolo che capisce ed apprezza il suono e
il messaggio dello Shofar.
Rendendoci completamente partecipi del messaggio
dello Shofar, meriteremo di sentire "II Grande Shofar" che annuncierà
la nostra completa Redenzione e ritorno a Zion.
I nostri saggi dicono di due corni dell'ariete
dell'Akedah, il sinistro venne suonato sul Monte Sinai, ma il destro - "II
Grande Shofar" - sarà suonato per annunciare la venuta del Messia.
Donatella Di Cesare, filosofa
Per i marrani Yom Kippur era il giorno più
importante dell’anno un legame che li teneva ancora uniti all’ebraismo dei
padri.
Lo chiamavano “el dia puro”, che voleva dire sia il
“giorno puro”, sia il “giorno della purificazione”, o anche “ayuno mayor”, cioè
il “grande digiuno”.
Pur rischiando spesso la morte, facevano ogni
sforzo per celebrarlo con solennità, indossando abiti per l’occasione,
digiunando e recitando le preghiere che ancora conoscevano.
Era per loro anche un giorno di verità in cui
dovevano confessare di condurre un’esistenza segnata dalla colpa, dalla dualità
e dalla dissimulazione in cui vivevano. Si consolavano però ricordando che per
l’ebraismo il peccato non è inestirpabile. E perciò il momento in cui veniva
intonato il Kol Nidrè aveva per loro un significato di un nuovo inizio, la
possibilità di un ritorno.
Rav
Scialom Bahbout
Kippur è alle porte e nessun momento dell’anno è vissuto
così intensamente e con una partecipazione così corale come questo giorno,
momento che è unico nell’anno e a cui ognuno è affezionato: è il Kippur di
quando eravamo sotto il talleth dei padri assieme agli altri familiari durante
la Berachà, è il kippur dei momenti felici nonostante il disagio del digiuno, è
il Kippur di una Comunità che si ritrova unita anche nei momenti difficili
della vita del popolo ebraico (chi può dimenticare la “guerra del Kippur”?).
A Kippur preghiamo per diventare “una agudà achat”
un solo gruppo, una comunità unita, dove tutti ci possiamo sentire a casa,
senza differenze di sorta.
Per questo motivo, la sera all’inizio delle
preghiere di Kippur prima di Kol nidrè, l’Ufficiante dichiara che è permesso
pregare assieme agli ‘Avarianìm, i trasgressori. Ma chi sono gli ‘avarianim?
Nessuno meglio degli ebrei napoletani e degli ebrei del Meridione può capire ed
apprezzare il senso di questa dichiarazione.
Gli Avarianìm sono coloro che avevano smesso di
professare pubblicamente l’ebraismo e si erano convertiti al Cristianesimo, ma
avevano continuato a mantenere alcuni usi ebraici nella vita familiare. Il
richiamo di Yom Kippur era ed è troppo forte perché ogni ebreo non possa
sentire la nostalgia e la magia di questo momento.
La teshuvà - il ritorno alla Torà e all’ebraismo -
è oggi un fenomeno sempre più frequente nel Meridione, un fenomeno con cui gli
ebrei di oggi si devono confrontare. Mentre assistiamo a questo ritorno degli
ebrei che hanno continuato a vivere l’ebraismo nascondendosi nelle proprie
case, e che oggi chiedono di tornare a essere parte attiva nella vita del
popolo ebraico, ci aspettiamo che tutti coloro che hanno ricevuto l’ebraismo da
una generazione che ha vissuto e superato l’esperienza terribile della Shoà e
la nascita meravigliosa e miracolosa dello Stato d’Israele, sentano lo stesso
slancio e lo stesso desiderio di essere vicini alla Comunità, alla Torà e alle
Mizvoth.
Kippur è un’occasione unica da vivere assieme dall’inizio
alla fine - dal Kol Nidrè della vigilia al suono dello shofar e della havdalà
del giorno dopo - per avere il tempo di riflettere e di unirsi, per progettare
come vogliamo che sia il nostro anno ebraico, come vogliamo noi stessi
“sigillare” l’anno appena iniziato.
E la nostra hatimà - il nostro sigillo - sarà il
presupposto migliore per la hatimà che verrà dall’Alto. Con l’augurio che ognuno
di noi possa essere iscritto e sigillato nel Libro della Torà e della vita.
Documento
: Pubblicazioni dei genealogisti H.R.Moser et Vajay, INRIA 2005
Tradotto
da Aharon Leotardi
Anni fa il re Juan Carlos di Spagna invitò il
rabbino capo d’Israele rav Yonah Metzger alla commemorazione dell’800simo
anniversario di Maimonide, l'illustre rabbi Moché Ben Maïmon, il Rambam, medico,
filosofo, talmudista e soprattutto decisionista fuori dal comune. Il Rambam nacque
a Cordoba in Spagna.
Durante la cerimonia, rav Metzger offrì al re un
magnifico shofar, molto lungo e ricurvo. Lo shofar era cesellato d’argento e la
corona reale era incisa sulla guarnizione argentata.
Il Re Juan Carlos la guardò a lungo e chiese qual
era la sua origine. Rav Metzger parlava in ebraico mentre l’ambasciatore
d’Israele in Spagna, Victor Harel faceva la traduzione in spagnolo.
“Questo oggetto viene dall’Africa?” chiese il re “No
maestà! Viene dalla terra d’Israele”. Il re era molto perplesso e chiese se
quell’ oggetto dovesse essere usato nelle corride. Rav Metzger gli spiegò
cortesemente che per l’ebraismo era vietato far soffrire inutilmente gli
animali.
“Allora a cosa serve questo corno d’animale?”, proseguì
il re. Rav Metzger colse l’occasione di questa conversazione per ricordare al
re un capitolo doloroso della storia degli ebrei di Spagna. Il re lo ascoltò
attentamente.
“Maestà! Questo regalo unico nel suo genere ci
permette di chiudere definitivamente il cerchio della storia. Più di 500 anni
fa, l’età dell’oro dell’ebraismo spagnolo svanì brutalmente quando il vostro
avo, il Re Ferdinando e sua moglie Isabella cacciarono i miei avi in seguito
alla decisione dell’inquisitore Torquemada.
Gli ebrei avevano contribuito moltissimo allo
sviluppo del loro paese ma furono costretti a fuggire e lasciando tutti i beni
e si istallarono in paesi più ospitali.
Tuttavia alcuni ebrei preferirono rimanere in
Spagna e si convertirono pur mantenendo segretamente le proprie leggi e usanze.
Si comportavano come cattolici devoti ma rispettavano in clandestinità le leggi
della Torah, accendevano le luci in ripostigli per non farsi notare da nessuno.
I giorni di festa questi marrani si radunavano segretamente in cantine per
pregare.
D’altra parte la nostra preghiera, il Kol Nidrè, detta
all’inizio della funzione di Yom Kippur, è attribuita a questi Marrani che così
annullavano le dichiarazioni pubbliche sulla loro appartenenza al cattolicesimo.
Pregavano con un fervore fuori dal comune ma con voce bassissima per non essere
scoperti dall’ Inquisizione che torturava e bruciava gli eretici pubblicamente
sui roghi .
Per Rosh haShanah erano davanti ad un dilemma molto
grande: certo potevano sussurrare la preghiera senza farsi sentire dai vicini,
ma come suonare lo shofar?
Un direttore d’orchestra ebreo trovò una soluzione
molto originale. Propose al re di organizzare un concerto gratuito per
presentare diversi strumenti a vento provenienti da ogni paese e da ogni epoca.
Il re che era appassionato di musica ne fu felice.
Il direttore d’orchestra propose una data che in
realtà era quella di Rosh Hashana. Il re, la regina, i ministri e i cortigiani
si sedettero in prima fila. Gli altri ascoltatori si sedettero dietro e tra
loro c’erano molti Marrani. I musicisti presentarono tanti strumenti, dal flauto
del pastore alla tromba del soldato.
Ma ad un certo punto il direttore d’orchestra
propose di suonare un corno d’ariete e presentò questo strumento come il più
antico strumento a fiato. Il re e la regina dimostrarono un grande interesse per
questo oggetto curioso, lo contemplarono con attenzione. Il maestro lo avvicinò
alla bocca mentre in fondo alla sala i marrani pronunciavano a voce bassa le
due benedizioni.
“Benedetto sei Tu Eterno nostro D-o Re dell’
universo che ci ha santificati con i Suoi Comandamenti e ci ha comandato di
ascoltare il suono dello shofar.- e di seguito - Benedetto sei Tu Eterno Nostro
D-o Re dell’Universo che ci ha fatto vivere ci ha mantenuti e ci ha fatto
giungere fino questo momento!” Il direttore d’orchestra suonò lo shofar come vuole
la Halachà e tutti gli spettatori rimasero in silenzio.
Alla fine venne applaudito. Oggi, maestà, proseguì
Rav Metzger, noi ci incontriamo 500 anni dopo questo evento in circostanze
molto più amichevoli. Quale rabbino capo d’Israele sono felice di essere tornato
in Spagna. La ringrazio a nome del nostro popolo poiché ora gli ebrei possono vivere
liberamente nel suo paese.
Gioiscono di una piena libertà di culto e a Rosh Hashana
possono suonare lo Shofar nelle sinagoghe che sono state restaurate. Oggi posso,
D-o sia lodato, offrirle pubblicamente questo shofar senza nascondermi perché lei
è un sovrano che ha a cuore la democrazia. Ora in Spagna tutti possono pregare senza
paura”.
Accettando lo shofar il re dichiarò: “Signor
rabbino capo! Ho ricevuto numerosi regali e trofei da numerosi capi di Stato da
tutti gli angoli della terra. Ma questo regalo ha un significato storico e le
sono molto riconoscente per questo shofar e per questo racconto!”
Allora rav Metzger dichiarò al re che desiderava
dargli una benedizione come è raccomandato dai Saggi. Si alzarono tutti e due,
rav Metzger chiuse gli occhi, alzò le mani verso la testa del Re e pronunciò la
benedizione con grande fervore. Quando ebbe terminato, rav Metzger aprì gli
occhi: vide che il Re era molto commosso e piangeva senza nascondersi!
In realtà e dal punto di vista storico, la madre di
Ferdinando I il Re che firmò nel 1492 l’espulsione degli ebrei dalla Spagna e
che lasciò fare l’inquisizione per secoli, era ebrea. Si chiamava Jeanne
Enriquez e sua madre si chiamava Palma bat Ghedalià.
Il nonno paterno di Jeanne Enriquez era Alonso
Enriquez signore di Medina de Riseco (1354-1429) il cui padre era Fadrique de Castilla
e sua madre, Paloma bat Ghedalià (nata ebrea), nipote di Shlomo ha-zaken ben
David, proveniente da un ramo dei discendenti del re David dagli esilarchi di Babilonia.
Così il suo pronipote Carlo V discenderebbe da
questi ebrei di Babilonia!
Due navigli fluttuavano alla deriva nel Mare dei
Nord. Venti forti e mari burrascosi gonfiavano le onde ed i navigli erano alla
mercé della tempesta. Si fermarono felicemente sulle spiagge dei Paesi Bassi e
finalmente attraccarono in un porto olandese.
Tra i passeggeri c'erano dieci famiglie di
rifugiati dalla Spagna. Sembravano essere nobili spagnoli, ma di fatto erano
Marrani Ebrei, rimasti fedeli alla loro fede nonostante le persecuzioni della
inquisizione. Apparentemente erano cristiani, ma in segreto osservavano la loro
fede ebraica e le loro feste.
La vita in Spagna, stava diventando insopportabile
per loro, perché gli agenti della temuta inquisizione li spiavano
costantemente; chiunque sospetto di praticare rituali ebraici era bruciato vivo
sul rogo ed i suoi beni incamerati dalla Chiesa. E così queste dieci famiglie
prepararono imbarcazioni e fuggirono dalla Spagna cercando un paese amico, dove
fosse possibile liberarsi dall'odioso giogo e tornare ad essere ebrei
apertamente e liberamente.
La Divina Provvidenza li portò in Olanda,
liberatasi da poco dal dominio spagnolo. Queste famiglie ebree appartenevano
alle più nobili e ricche di Castiglia. Ebbero la fortuna di poter portare con
loro gran parte dei loro beni, oro e argento, utensili domestici e mercanzie.
Dato che i navigli erano in riparazione, i Marrani
affittarono alloggi nel porto. Dopo un buon riposo di una notte, uno dei
passeggeri fece una passeggiata in strada, con suo figlio. Passarono per un
negozio, dove una bella targa era affissa alla finestra, composta da due parole
ebraiche Bassar Casher. Il ragazzo non aveva mai visto prima quella scritta.
“Che strana lingua è questa?” chiese al padre. “Zitto” replicò il padre; ed il
ragazzo si meravigliò perché il viso del padre era impallidito all'improvviso,
come se avesse visto un fantasma.
Tornarono subito ed il padre chiese
all'albergatore: “Esistono ebrei in questo paese? Possono vivere in pace”?
“Si, signore” rispose l'albergatore. “Da quando il
nostro paese si è liberato dal giogo dei suo Paese circa 12 anni fà, nel 1581,
è un paese libero, dove oguno può vivere in pace e adorare D-o in accordo con
la sua fede”.
Erano notizie meravigliose ed il signore continuò a
chiedere se esisteva un rabbino in quella comunità e se egli avesse potuto
presentarlo a questo rabbino.
Certamente, signore, mi farebbe piacere a portarlo
dal rabbino. Questi è un uomo fine, benvisto da tutti. Il suo nome è Rabbi
Moshé Uri”, disse l'albergatore.
Due leader dei Marrani non per sero tempo ed
andarono a cercare il rabbino.
Rabbi Moshé Uri Ashkenazi veniva dalla Germania
(Ashkenazi significa ‘il tedesco’) e la piccola comunità ebraica della città
portuale olandese lo accolse e lo onorò per la sua sapienza e bontà verso
tutti.
Quando i due nobili spagnoli lo incontrarono, li
ricevette in maniera molto amichevole pur non potendo capire la loro lingua.
Suo figlio Aharon, fece da interprete.
“Dovremmo discutere di cose confidenziali” dissero
gli spagnoli rivolgendo un'occhiata sospettosa al ragazzo.
“Potete parlare liberamente, signori” replicò il
rabbino “perché questo è mio figlio”.
I due Marrani raccontarono al rabbino chi erano e
come fossero arrivati in quella città.
“ Vogliamo tornare alla nostra fede e riunirci al
nostro popolo. Per molti anni abbiamo rischiato la vita, per rimanere fedeli al
nostro D-o ed alla Torà, ma non siamo stati capaci di fare molto sotto gli
occhi vigili dell'inquisizione. La maggior parte di noi sono ignorati riguardo
la Torà; siamo incirconcisi; i nostri figli non conoscono l'Alef-Bet. Ma il
fuoco della devozione a D-o ancora arde nei nostri cuori. Aiutaci, rabbino, a
tornare al nostro popolo.”
Il rabbino Moshé Uri udì la storia, che lo commosse
fino alle lacrime. Quando finirono il loro resoconto di orrori che avevano
sofferti all'ombra dell'inquisizione, il rabbino rispose:
“Miei cari fratelli, non sarebbe consigliabile per
voi restare in questo posto. Ci sono pochi ebrei qui e il vostro arrivo ha già
causato agitazione nella città. Gli abitanti sospettano degli spagnoli e
potremmo noi tutti passar guai. La città di Amsterdam, d'altra parte, non è
lontana - là esiste una comunità ebraica maggiore. Andate ad Amsterdam,
prendete alloggio nella Judenstraat e ponete un segno di riconoscimento alla
finestra. Tra tre settimane, verremo da voi, faremo la circoncisione a tutti i
vostri uomini e bambini e vi riporteremo far parte dei Patto dei nostro padre
Avraham. E vi insegneremo tutto ciò che dovrete sapere sulla nostra fede e
vivrete con noi come fratelli.”
I Marrani seguirono il consiglio dei rabbino. A
tempo debito, Rabbi Moshé Uri e suo figlio Aharon arrivarono ad Amsterdam,
andarono a Judenstraat e subito furono affettuosamente abbracciati dai Marrani.
La circoncisione ebbe luogo in silenzio. Il primo
ad entrare nel Patto dei nostro padre Avraham fù Dom Jacob Tirado, il più
vecchio e nobile di tutti loro. Poi, uno dopo l'altro, furono tutti circoncisi.
Rabbi Moshé Uri e suo figlio cominciarono ad insegnare loro tutto ciò che gli
ebrei devono sapere sulla loro religione, come pregare nel Siddur, dire le
benedizioni, mettere tefillìn e così via. Gli ebrei spagnoli appresero con
diligenza e devozione, fino a non aver più bisogno dei servizi dei Rabbi Moshé
Uri.
Inviarono messaggi ai loro fratelli parenti ed
amici spagnoli, informandoli segretamente della loro buona sorte in Olanda
chiedendo che si unissero a loro. Così la piccola comunità crebbe, sotto la
sorveglianza di Dom Jacob Tirado. Facevano una vita quieta, in modo da non
attirare l'attenzione, perché la paura dell'inquisizione ancora era forte nei
loro cuori.
Arrivarono i giorni solenni di Rosh Hashanà e Yom
Kippur. Il Giorno del Pentimento era stato sempre osservato dai Marrani anche
in Spagna. Usavano riunirsi nelle cantine delle loro case per pregare D-o in
questo giorno più solenne dell'anno.
Adesso, essendo nella libera Olanda non era più
necessario farlo in segreto, però ancora avevano paura che il lungo braccio
dell'inquisizione li potesse raggiungere anche lì. Allora serrarono le porte
della loro Sinagoga e pregarono Do con intensità mai provata prima d'ora.
I vicini, vedendo che un gran numero di spagnoli si
riunivano in un luogo con le porte sbarrate e udendo i suoni strani provenire
da lì dentro, s'insospettirono. Avvisarono il Governatore della riunione
segreta. Erano certi che si cospirasse contro il libero paese d'Olanda, al fine
di riassoggettarlo alla corona di Spagna.
Lo stesso Governatore capeggiò un distaccamento di
soldati verso Juden Straat e batté alle porte serrate:
“Aprite in nome della legge”
I devoti quasi morirono di paura. Qualcuno gridò
“L'inquisizione è qui”! Un terribile panico si sparse tra i fedeli impauriti,
che cominciarono a sporgersi dalle finestre per sfuggire; ma quasi tutti furono
catturati.
Solamente il venerando Jacob Tirado rimase
impavido, affrontando gli intrusi. I soldati rovistarono il posto, in cerca
d'armi ma non trovarono nulla se non i libri di preghiera ed i tallitòt.
“Chi siete voi e cosa fate in questo luogo così
segretamente”? volle sapere il Governatore.
Ancora incapace di parlare l'Olandese, Dom Jacob
Tirado si spiegò col Governatore in latino. Gli disse di come fossero fuggiti
dalla terribile inquisizione e come non desiderassero che questa stendesse le
sue brutte ali neri su quello stato pacifico e libero. Spiegò anche che quello
era il più santo dei giorni per gli ebrei e che si erano riuniti per pregare
D-o. Ma la paura dell'inquisizione era così infiltrata nei loro cuori che
continuavano a riunirsi per pregare in segreto.
Dom Jacob disse al Governatore che essi erano
cittadini utili e pacati, non sarebbero stati un fardello pubblico, ma il
contrario, perché avevano portato le loro ricchezze con sé e già stavano
facendo affari e commercio per il bene dei paese.
Il Governatore restò molto impressionato dalle
parole di Dom Jacob.
Gli strinse la mano ed assicurò che tutti erano i
benvenuti nella libera Olanda.
“Potete adorare il vostro D-o qui in libertà e
senza paura. Pregate anche per noi”, disse, prima di andarsene, con un sorriso
amichevole.
Quello fu un gran giorno per la giovane comunità di
ebrei spagnoli ad Amsterdam. Erano finalmente liberi dalle loro paure.
Poco dopo costruirono una vera sinagoga, che fu
chiamata Beit Jacob, in onore dei suo amato leader, Jacob Tirado. Uno dei primi
rabbini della crescente comunità di ebrei spagnoli e portughesi in Amsterdam fu
il famoso Rabbi Menashé ben Israel.
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