La Giudecca di Belcastro
da Archivio Storico Crotone
Nella cartina: Belcastro e le località in cui vi furono
(più o meno certe) presenze ebraiche
(più o meno certe) presenze ebraiche
Secondo il Fiore (I, 218) la città era abitata nel
Medioevo “da tre Popoli, Latini, Greci, e Giudei, de quali n’è rimasta la
memoria in alcune scritture antiche: de primi due in una carta di numerazione,
nella quale i Ministri di quell’impiego scrissero; Audita missa Graeca,
accessimus ad Latina; e degli ultimi, in istrumento, nel quale l’anno mille
quattrocento novanta tre, Rabi Soledo vendè un suo Fondo ad un Cristiano; onde
poi partiti, la lor Sinagoga venne tramutata in una Chiesa, e consacrata à S. Cataldo”.
Il vescovo di Belcastro Giovanni
Emblaviti all’inizio del Settecento ci fornisce altre informazioni per
individuare il luogo dove era situata la giudecca; egli così si esprimeva:
“Quondam haec Civitas trium Populorum erat Communitas scilicet Hebrei, Greci et
Latini, priorum verum solum remansit nomen in amplis regionibus obruptis
rupibus, et dirutis domibus deformatum” (Rel. Lim. Bellicastren., 1703). Unendo
le due fonti, possiamo affermare che gli Ebrei in Belcastro, come anche in
Santa Severina, sono stati presenti fin dal Medioevo. Nel Cinquecento dopo la
loro espulsione la chiesa dedicata a Santo Cataldo aveva preso il posto della
sinagoga. I ruderi della giudecca era visibili ancora alla fine del Seicento;
essa era situata alle falde delle rupi con grotte, in un’area ai margini della
città, che col tempo era andata in abbandono e dove all’inizio del Settecento
si osservavano alcune case in rovina.
L’analisi degli atti del notaio
belcastrese Francesco Mazzaccaro della prima metà del Seicento (1631 – 1648)
aggiunge ulteriori elementi per situare la Giudecca nel contesto urbano della
città.
In essi troviamo numerosi riferimenti
al luogo detto “La Sala”. Lo stesso toponimo che si ritrova nella città di
Santa Severina (Sala Verde) nel rione Judea. In Belcastro il luogo “La Sala” è
descritto situato vicino a “li Grutti”. Esso è nel quartiere Castellaci ma
appena fuori del Borgo presso “li Grutti di sotto S(an)to Catando”(Cataldo).
di Raffaele Piccolo
da BelcastroWeb
Evidenziata in rosso, l'area vicino alla quale
probabilmente sorgeva la Judeca
Questa chiesa, come dice chiaramente il
nome, fu il tempio della colonia (sic) ebrea (sic!), abbastanza
numerosa a Belcastro.
Gli ebrei, secondo diverse testimonianze,
vennero in Calabria sin dall’epoca romana, come afferma O. Dito, facendo
riferimento ad un passo di Strabone.
Nelle nostre zone si trovavano certamente
prima dell’anno 1000, come si rileva da alcuni documenti risalenti a
quell’epoca. Infatti, in una bolla apocrifa del papa Eugenio III, diretta a
Luca vescovo di Isola C. R. e datata 30 luglio 1149, ma coeva all’anno di
riferimento, è menzionata la chiesa di s. Giovanni ubicata nella parte
superiore dei “palacii de Iudeis”. A Santa Severina esisteva il quartiere della
“Iudea”, adiacente quello della “Grecìa”; ciò fa pensare ad una loro presenza
anteriore al periodo bizantino[1].
A Belcastro esiste tuttora la via Grecìa,
ma non vi è la “Iudea” o “Iudecca” - come veniva chiamato generalmente il
quartiere giudaico - anche se è accertato che vi fu; certamente esistevano nel
1149, giacché Belcastro e Santa Severina, dopo Crotone, erano i due centri più
importanti dell’epoca e, quindi, offrivano più possibilità economiche rispetto
a Isola C. R..
Non sappiamo però con precisione quando
si stabilirono a Belcastro, che fu - secondo il Fiore - uno dei primi centri
calabresi dove essi si stanziarono.
Comunque, un’ondata massiccia di
immigrati ebrei in Calabria si verificò con l’avvento al Regno di Sicilia
dell’imperatore Enrico VI di Svevia (1191), padre di Federico II, e di questa
immigrazione ne riferisce anche il Fiore che così scrive: “vennero quelli [gli
ebrei] la prima volta circa il mille e duecento[2],
ed abitarono Corogliano, da dove poi allargati si stabilirono in Cosenza,
Belcastro, Taverna Montana, Simmari, Tropea, Crotone, Squillace, Reggio;
singolarmente in Catanzaro et in sì gran numero che bastarono a popolare
contrade intiere”.
Era usuale che, in un centro abitato, il
quartiere degli ebrei fosse separato dagli altri e, generalmente, sorgesse
proprio vicino a quello dei “greci” che ormai costituivano una minoranza, come
il caso di Santa Severina. Perciò, il quartiere ebreo di Belcastro doveva
essere vicino la via Grecìa o, meglio ancora, attiguo ad essa.
Non siamo in grado, però, di localizzare
la chiesa di s. Cataldo che nell’Elenco del Fragale è anche detta “ex
sinagoga degli ebrei”. Nulla ci vieta però di ipotizzare una sua ubicazione,
tenendo ovviamente presente alcuni particolari fondati sulla struttura edilizia
del paese. Sappiamo che la chiesa della Madonna greca era quasi al centro
della via Grecìa, la quale non si estendeva in tutta la sua attuale lunghezza[3], ma i suoi limiti erano determinati a
nord dall’asperità rocciosa del colle sul quale sorgeva l’abbazia di s. Michele
e a sud pressappoco dove attualmente la strada si incrocia con il vicolo di via
Murate che immette verso la vecchia abitazione di Aurelia Brescia. Il quartiere
giudaico, quindi doveva occupare necessariamente lo spazio che va da questo
vicolo all’inizio della via Murate, cioè vicino la casa dei Moraca.
Conseguentemente la sua sinagoga doveva trovarsi entro tale limite.
Come i “greci”, anche gli ebrei, riuniti
nel loro “ghetto”, costituivano una comunità a parte, regolata da propri
ordinamenti che rispecchiavano le loro tradizioni e, quindi diverse da quelli
cristiani, come l’osservanza del sabato, la celebrazione della Pasqua in
maniera diversa da quella cattolica, una istruzione propria, spesso impartita
nella sinagoga.
Questa diversità e separazione delle due
comunità da quella locale non deve far pensare che sia i greci sia gli ebrei
fossero dei segregati, ma godevano di attività preminenti sia in campo
economico sia in quello commerciale e anzi furono anche favoriti dalle case
regnanti, malgrado l’istintiva ostilità dei Cristiani che di tanto in tanto si
verificava con atti di violenza, originata più che da motivi religiosi da
quelli economici per via dell’esosa pratica dell’usura o del monopolio delle
industrie più redditizie che essi detenevano, come la produzione e il commercio
della seta, della carta, la pratica della tintoria, e così via.
Gli ebrei dimorarono a Belcastro per
lungo tempo, tanto che la Taxatio o Cedula subventionis del 1276
riporta anche la comunità ebraica di Belcastro[4].
Nel 1510 gli ebrei furono espulsi da
tutte le parti del Regno, quindi anche da Belcastro, e dobbiamo supporre che la
sinagoga fu trasformata in chiesa dedicata a s. Cataldo, come risulta nell’Elenco
del Fragale”.
Ma la chiesa non dovette avere vita lunga
perché il suo nome non figura in nessuna relazione vescovile, per cui dobbiamo
supporne la sua chiusura al culto e l’utilizzazione come abitazione civile o
demolita per fare posto ad altre costruzioni.
[1] Quasi sempre ai vocaboli
Grecìa e Iudecca è stato dato il significato di quartiere degli ebrei; però, la
contemporaneità a Santa Severina e a Catanzaro dei rioni Grecìa e Iudecca
indica chiaramente due zone nettamente separate: probabilmente con il termine
Grecìa veniva indicata la zona abitata dagli ultimi o dai discendenti
bizantini, mentre con il termine Iudecca si intendeva il rione abitato dai Iudei
o Ebrei
[3] Sarebbe stato un rione
molto grande per la popolazione di allora e quindi non avrebbe costituito una
minoranza abitativa
[4] La taxatio elenca le principali comunità giudaiche presenti nella
Calabria, fra cui anche Belcastro
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