Una tradizione antica riguardante
Rosh haShanah è la cena festiva, il cosiddetto Seder (ordine), che caratterizza le due serate della festa, quasi in analogia con il Seder di Pesach.
Conosciuto in tutti i minhagim, è
celebrato però con piccole varianti secondo i vari riti, e ogni comunità (si
può quasi dire ogni famiglia) ha usi peculiari.
Per questo presento qui vari link, e
solo di uno (l’introduzione al volume sul Seder di Rosh haShanah scritto da Rav
Riccardo Di Segni, Rabbino capo di Roma) riproduco il testo.
Il Seder di Rosh haShanah; da Torah.it
Seder di Rosh haShanah secondo l’uso
della Comunità di Roma, da ebrei.net
La cena di Rosh haShanah; da Chabad.org
Note al Seder di Rosh haShanah; da Chabad.org
Il Seder di Rosh haShanah, secondo la
tradizione sefardita; da Chabad.org
Il Seder di Rosh haShanah - Introduzione; da Morasha.it
La celebrazione del Rosh Hashanà si
distingue per il suono dello shofàr e per l’obbligo di fare teshuvà. Accanto a
questi due segni di maggiore importanza, si sono aggiunti riti, usi e
tradizioni di vario tipo, che insieme contribuiscono a fare dei due giorni del
capodanno ebraico una realtà del tutto particolare. Un rito che potrebbe essere
definito "minore", per la sua importanza, ha luogo di sera, sulla
mensa, subito dopo il kiddùsh e la benedizione sul pane. È ciò che viene
chiamato il "Séder di Rosh Hashanà" o lo "Yehì Ratzòn di Rosh
Hashanà" (su questi termini torneremo subito dopo). Consiste
nell’assaggio, o nella presenza a tavola, di alcuni alimenti speciali, insieme
alla recitazione di piccole formule di preghiera. Il nome di Séder, dato alla
cerimonia, si spiega probabilmente perché la cosa ricorda in qualche modo e in
miniatura il Séder pasquale, o anche perché si procede secondo un ordine (in
ebraico Séder) più o meno prefissato nei manoscritti o nelle edizioni stampate.
L’altro nome (yehì ratzòn, letteralmente: "sia volontà [davanti a Te o
Signore]" ) ricorre all’inizio di ogni frase del testo che si legge; è la
formula tradizionale, mal traducibile letteralmente in italiano, con cui si
invoca la volontà divina di fare qualcosa per noi.
2. Come si svolge il Séder
Non tutte le comunità celebrano questo
Séder allo stesso modo, e sono documentate varianti sul numero delle cose che
si fanno, sul tipo di alimenti, sull’identità delle specie vegetali citate
nelle fonti classiche e sulle formule che si recitano. Si pongono anche
problemi complicati di priorità e ordine di recitazione delle benedizioni, che
non tutti risolvono allo stesso modo. Proviamo a riassumere e mettere in ordine
i dati raccolti dalle varie fonti.
Si dispongono a tavola prima del
kiddùsh i vari alimenti; una lista ampia e comprensiva include:
- un gruppo di 5 vegetali citati
insieme in un’unica fonte talmudica:
- zucca
(in aramaico karà o kèra);
- una
verdura chiamata in aramaico rovià (o ruvià); nei testi in italiano è
identificata con il finocchio. Secondo altri è la colocasia;
- porro
(in aramaico karatè o keratè);
- una
verdura chiamata in aramaico silkà; può corrispondere alla barbabietola o
rapa rossa; in altre tradizioni è identificata come la bieta da coste;
- datteri
(in aramaico tamrè);
- altri alimenti citati separatamente
da altre fonti:
- miele,
da solo o insieme a mela; in alternativa o in aggiunta:
- fichi;
- melograno;
- la
testa di un agnello; altri preferiscono quella di montone;
- pesci.
- più in generale si mangiano dolci,
cibi "grassi" e non si usano cibi conditi con aceto e limone.
La procedura è questa: prima si fa il
kiddùsh e si beve il vino. Dopodiché si fa la netilàth yadàim e si dice
l’hamotzì sul pane.
C’è chi usa intingere il pane nel miele
o nello zucchero. Ma anche se si intinge il pane nel miele o nello zucchero
bisogna usare per l’hamotzì anche il sale1 ; prima si mette il pane nel sale e si
mangia, poi si intinge nel miele. Qualcuno non usa la mela con il miele, ma solo
il miele con il pane, e a questo punto dice lo Yehì ratzòn in cui si invoca un
anno dolce2.
L’ordine con cui si prendono i vari
alimenti varia nelle fonti antiche e nei formulari. In ogni caso, anche se si è
detta la benedizione sul pane, prima di mangiare la frutta degli alberi bisogna
recitare la benedizione borè perì ha’ètz; le possibili specie in questione sono
i datteri, i fichi e le mele. Alcuni ritengono che quale che sia il prodotto
dell’albero che si mangia, questo deve precedere il prodotto della terra, e tra
i frutti dell’albero l’ordine di precedenza dovrebbe essere datteri- fichi-mele3.
Una volta recitata la benedizione borè perì ha’ètz, questa vale per tutti gli
altri prodotti dell’albero. Per i prodotti della terra non c’è bisogno di
benedizione; e neppure per il miele che si mangia con le mele, perché il miele
è considerato secondario rispetto alla mela4.
Un problema controverso è se si debba
dire prima la benedizione o lo Yehì ratzòn. Secondo il sefardita Ch. Y. D.
Halevì5, si prende il dattero, e tenendolo con la mano destra6 si dice la formula dello Yehì ratzòn, poi
si benedice borè perì ha ‘etz, con l’intenzione di riferirsi anche agli altri
prodotti dell’albero presenti nel Séder, e lo si mangia. Si passa quindi al
porro (prodotto della terra), si dice la formula, e lo si mangia senza
benedizione. Quindi si seguita con gli altri prodotti. L’opinione contraria di
alcuni Ashkenazìm è di iniziare con la benedizione del frutto, mangiarlo subito
e quindi dire Yehì ratzòn; questo perché la benedizione è una lode a Dio, e lo
Yehì ratzòn è una richiesta di favori, e c’è chi giudica scorretto far
precedere una richiesta alla lode7.
1. Ch. Y. D. Halevì Mekòr Chayyìm vol. 4, p. 223
2. Sperling, Sefer Ta’amè haminhaghìm udinìm umkoròt
hadinìm, p. 310 in fondo; v. anche Baèr Hetèv e Sha’are Teshuvà a Òrach Chayyìm
583, Mishnà Berurà ibid. n. 3.
3. Perchè i
primi due sono citati come frutti di Eretz Yisraèl in Devarìm 8;8, e tra questi
l’ordine di precedenza segue quello del verso biblico, nel senso che un frutto
è tanto più importante quanto più è vicino alla parola "terra" (che è
ripetuta due volte) che lo precede; cfr. Òrach Chayyìm 211 e in particolare §4.
4. Mishnà Berurà. Òrach Chayyìm 583 n. 3.
5. Mekòr Chayyim vol. 4, p 222-223.
6. Òrach Chayyìm 206:4.
7. Mishnà Berurà a Òrach Chayyìm 583 n. 4.
© Morashà
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