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Parashat Vayeshev: Bereshit
(Genesi) 37,1 -40,23
Haftarah: Amos 2,6-3,8
Da Torah.it
Il commento alla parashah settimanale di Rav Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità ebraica di Roma
Altri commenti sulla parashah settimanale sul sito ChabadRoma, da cui traiamo queste sintesi della parashah e della haftarah
Vayeshev
in Breve
Marc Chagall: Ya'akov parte per l'Egitto
Immagine da ArtBible
Ya'acòv si stabilisce in Israele. Egli prova un sentimento speciale nei confronti del figlio Yossef causando una forte gelosia da parte degli altri figli. Ya’acòv regala una tunica rigata a Yossef. Yossef fa due sogni che racconta ai fratelli provocando ancora più invidia: nel primo vede se stesso assieme ai fratelli fare dei covoni in un campo e le spighe dei fratelli si inchinano davanti alla spiga di Yossef. Nel secondo vede il sole, la luna e undici stelle gli si inchinavano. Ya’acòv manda Yossef dai fratelli che stavano pascolando il gregge, quando i fratelli vedono Yossef che si avvicinava minacciano di ucciderlo, Reuven, il primogenito cerca di salvarlo. I fratelli tolgono la tunica da Yossef e lo gettano in un pozzo. Yehudà e i fratelli vendono Yossef agli Yishmaeliti, prendono la tunica e la riempiono di sangue di una capra, e fanno credere a loro padre che Yossef è stato sbranato. Yossef viene venduto in Egitto a Potifar, ministro del Faraone. Yehuda ha tre figli. Fa sposare quello grande, Er, con Tamar, Er muore. Tamar si sposa allora con il fratello Onan e muore anche lui, Yehuda promette a Tamar di farla sposare con l’ultimo figlio Shelà ma non mantiene la promessa. La moglie di Yehuda muore. Tamar copre il proprio viso e Yehuda ha una relazione con lei convinto che fosse un’altra donna, e le lascia come pegno un anello un vestito ed un bastone. Yehuda, vedendo che Tamar è rimasta incinta crede che Tamar abbia avuto una relazione proibita e la condanna a morte. Prima dell’- esecuzione Tamar manda a Yehuda gli oggetti che le lasciò in pegno facendogli capire che era rimasta incinta da lui e la risparmia. Tamar partorisce due gemelli, Peretz e Zarach. La moglie di Potifar si innamora di Yossef e cerca di persuaderlo, egli rifiuta, ed essa per vendicarsi lo accusa di aver voluto violentarla. Yossef viene messo in prigione dove viene nominato responsabile di tutti i prigionieri. Tra i prigionieri Yossef incontra l’addetto ai pani e l’addetto ai vini del Faraone che fanno un sogno. Yossef risolve i sogni annunciando all’addetto
al vino la libertà dalla prigionia ed all’addetto ai
pani la morte. Le interpretazioni di Yossef si avverano. Yossef chiede
all’addetto dei vini di ricordarlo davanti al Faraone ma questi si
dimentica di Yossef.
Sono con lui nell'avversità
"Ed ecco una carovana di ismaeliti viene da Gil'ad
e i loro cammelli trasportano spezie, balsamo e loto."
[Parashà di Vayeshev - Bereshit 37, 25]
Commento di Rashi: "Perché il testo rivela il contenuto del loro carico? Per far conoscere la ricompensa dei giusti, poiché in genere gli arabi trasportano solo nafta e catrame, il cui odore è sgradevole; invece per lui il Cielo ha fatto in modo che non venisse importunato dal cattivo odore."
e i loro cammelli trasportano spezie, balsamo e loto."
[Parashà di Vayeshev - Bereshit 37, 25]
Commento di Rashi: "Perché il testo rivela il contenuto del loro carico? Per far conoscere la ricompensa dei giusti, poiché in genere gli arabi trasportano solo nafta e catrame, il cui odore è sgradevole; invece per lui il Cielo ha fatto in modo che non venisse importunato dal cattivo odore."
Marc Chagall: Yoseph venduto dai fratelli
Da Fingerhurt Gallery
Da Fingerhurt Gallery
Vediamo
di ricostruire la situazione: Yossef, il figlio preferito di Yaakov, venne
inviato da suo padre a visitare i suoi fratelli che pascolavano il gregge per
verificare che tutto andasse bene. Malgrado l'astio che essi provavano per lui,
Yossef obbedì a suo padre e seguì la traccia dei fratelli finché li trovò nei
presi di Dotan. Quelli, lungi dall'apprezzare la visita, complottarono per
sopprimerlo e fu grazie all'intervento di Reuven, il primogenito, che Yossef
ebbe la vita salva. Imprigionato in una cisterna vuota (ma il Midrash racconta
che vi si trovavano comunque serpenti e scorpioni), ne fu tratto solo per
essere venduto come schiavo a una carovana che passava di lì, in direzione
dell'Egitto.
Dunque,
un ragazzo di diciassette anni, orfano di sua madre Rachel e odiato dai propri
fratelli maggiori, vede sparire ogni traccia della sua vita precedente, senza
apparentemente alcuna speranza di ritrovarla. Privo di qualsiasi possibilità di
contatto con il padre Yaakov, con il nonno Yitzchak e con il fratellino Binyamin,
Yossef è ora schiavo, proprietà di questi commercianti diretti in Egitto, la
superpotenza dell'epoca. Non è difficile immaginare come nel mondo di 35 secoli
fa fosse impensabile sperare di sottrarsi all'amarissimo destino di una vita da
schiavo. Come fu il caso per milioni di altri individui nella storia
dell'umanità, la caduta in schiavitù significava una tragedia immane dalla
quale non c'era ritorno: è noto che in diverse regioni del mondo e malgrado le
comunicazioni moderne, questa realtà esiste ancora.
Perciò,
tra le domande che il versetto che abbiamo citato può suscitare, Rashi sceglie
proprio di insegnarci che il Cielo ricompensò Yossef di essere un giusto
mandandogli una carovana di commercianti di spezie profumate anziché di nafta
maleodorante. Eppure un ragazzo rapito e ridotto in schiavitù vive una
disgrazia indescrivibile. Non è difficile immaginare quale terribile angoscia
aggredisca il ragazzo prigioniero, precipitandolo nella più profonda
disperazione. Che ricompensa è quella di prendersi cura del suo olfatto e
assicurarsi che le merci trasportate insieme al povero schiavo ebreo olezzino
di spezie aromatiche? Chi è veramente disperato non pensa ai profumi: i suoi
unici pensieri sono il dolore per la separazione dai propri cari, il terrore per
il futuro che lo aspetta e probabilmente tanta rabbia per essere costretto a
subire suo malgrado un così terribile destino. Si chiede quindi uno dei grandi
Maestri della Yeshivà di Telz, Rav Mordechai Pogremonsky, come capire il
significato e l'insegnamento di questo commento di Rashi: che ricompensa sono
queste spezie, che consolazione possono offrire a Yossef di fronte al buio
pesto di un futuro nero?
Rav
Pogremonsky offre una straordinaria risposta al quesito che egli stesso ha
posto: il Santo, benedetto Egli sia, non getta mai un giusto in una situazione
di oscurità totale, senza nessun aspetto positivo. Anzi, Egli lascia sempre,
anche nelle peggiori avversità, un lumicino che serve a far capire all'uomo di
non essere solo. È vero quindi che l'odore delle spezie non rappresentava in sé
un grandissimo vantaggio; tuttavia esso offriva a Yossef un segnale sicuro che
Hashem era con lui. Per questo motivo Rashi precisa che il trasporto di spezie
non rientrava nelle abitudini di quei commercianti arabi. L'eccezionalità del
trasporto poteva spiegarsi solo come un messaggio destinato al giusto per
dirgli che il Santo, benedetto Egli sia, è con lui, come dicono i salmi
(Tehillim 91, 15): "Sono con lui nell'avversità". Yossef capisce
quindi che ciò che gli capita non è un durissimo scherzo di un destino infido e
gramo, bensì un programma preciso della Provvidenza Divina, anche se non se ne
conosce ancora il lieto fine.
La
storia di Yossef infatti non finisce qui: anche durante il periodo di servitù
in casa del ministro Potifar, Yossef meritò di percepire la presenza del Santo,
benedetto Egli sia, accanto a lui (Bereshit 39, 2): "E Hashem fu con
lui" e (Bereshit 39, 3) "che Hashem era con lui"; e di
conseguenza (ibid.) "Hashem era con lui e lo faceva riuscire in tutti i
sui intenti". Più avanti, imprigionato nelle carceri di Faraone (Bereshit
39, 21): "Hashem fu con Yossef e attirò su di lui la benevolenza" e
(Bereshit 39, 23) 'Perché Hashem era con lui e lo faceva riuscire nei sui
intenti". Nella sua disgrazia, Yossef percepiva sempre un dettaglio
positivo e perciò sapeva di non essere abbandonato e di essere sempre con
Hashem. E stando così le cose, era più facile sopportare lo stato di servitù e
capire che al contrario delle apparenze la sua situazione non era disperata.
Così dicono i salmi (Tehillim 34, 9): "Felice è l'uomo che si rifugia in
Lui". Infatti, come tutti sappiamo, dopo anni di servitù e di prigione in
Egitto Yossef fu elevato da Faraone alla più alta carica del regno, ciò che gli
permise di salvare la sua famiglia, con cui si ricongiunse dopo ventidue anni,
perdonando i fratelli e riabbracciando Yaakov e Binyamin.
Il
re David dice (Tehillim 23, 4): "Anche se dovessi camminare nella valle
dell'ombra della morte, non temerò alcun male, perché Tu sei con me! Il Tuo
bastone e il Tuo appoggio mi consolano." Da una parte il Santo, benedetto
Egli sia, punisce col Suo bastone e dall'altra offre il Suo appoggio: in questo
modo l'uomo sa che anche le avversità provengono da Lui. Infatti, le punizioni
inflitte ai malvagi per i loro peccati sono complete e definitive; invece, le
avversità che affliggono i giusti hanno come unico scopo il loro bene e perciò
non conducono alla loro perdita. Anzi, il fatto che esse siano sempre
accompagnate da un qualsiasi aspetto positivo conforta il giusto provandogli di
non essere solo e che Hashem è accanto a lui per guidarlo verso la salvezza.
La
Torà non ha la vocazione di raccontarci delle belle storie fini a sé stesse;
piuttosto insegna a ognuno di noi come vivere durante tutti i nostri giorni
terreni. Perfino nel commento di un versetto apparentemente anodino, Rashi
coglie nel segno e ci trasmette un insegnamento straordinario: finanche un
dettaglio dall'apparenza insignificante, come il contenuto del carico di
un'anonima carovana partita millenni fa verso una terra lontana, ci insegna
come affrontare ognuna delle mille avversità della vita e come riuscire a
percepire la presenza di Hashem accanto a noi. Anche in questo lunghissimo
esilio e nei suoi tanti dolori dobbiamo vedere la mano di Hashem che ci conduce
fino alla piena e totale Gheulà, presto e nei nostri giorni.
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