Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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venerdì 28 dicembre 2012

Vaychì 5773



שבת שלום!
SHABBAT SHALOM!

Shabbat 16 Tevet 5773
(29 dicembre 2012)




Immagine da JewishJournal

 
 
 
Parashat Vaychì: Bereshit (Genesi) 47,28 -50,26
Haftarah: 1 Re 2,1-12
 
Per il commento alla parashah settimanale rinviamo principalmente al commento pubblicato su questo stesso blog, di Rav Scialom Bahbout, Rabbino Capo di Napoli e del meridione: Vayichì: Chi è un vero leader

 
Da Torah.it


Il commento alla parashah settimanale di Rav Riccardo Di Segni, Rabbino Capo di Roma


Altri commenti sulla parashah settimanale sul sito ChabadRoma, da cui traiamo queste sintesi della parashah e della haftarah


Riassunto della Parashà

Capitolo 47, 28-31. Ya’acòv visse in Egitto per 17 anni e tutta la sua vita fu di 147 anni. Sentendo approssimarsi la morte, pregò Yosef di non seppellirlo in Egitto, terra straniera, ma di trasportarlo nel paese e nel luogo dove avevano trovato l’estrema dimora i padri che l’avevano preceduto. Yosef si fece carico di tale richiesta e promise al padre che avrebbe rispettato la sua volontà.
Tribù di Yoseph
Capitolo 48, 1-22. Ya’acòv, quindi, dichiarò di voler considerare come suoi propri figlioli i figli di Yosef, Efraim e Menashé – saranno per me come Ruven e Sim’on, disse riferendosi all’eredità da destinare loro. Poi benedisse il figlio che credeva di aver perduto, e i due nipoti, considerandoli ormai come sua personale discendenza.
Capitolo 49, 1-33. Chiamò poi i suoi 12 figlioli e, quando furono tutti finalmente radunati intorno al suo letto, espose loro – in forma poetica – il quadro delle future vicende della loro gente. Non appena ebbe concluso il discorso, ebbe termine la sua vita terrena ed egli si riunì ai suoi cari.
Capitolo 50, 1-26. Yosef lo pianse e poi ordinò ai medici di imbalsamare il padre. Gli egizi lo piansero per 70 giorni; trascorso tale periodo Yosef chiese al faraone il permesso di allontanarsi dall’Egitto per recarsi a dare sepoltura a Ya’acòv nel luogo che egli aveva desiderato.
Ya’acòv fu trasportato e sepolto con grandi onori nella grotta di Machpelà, nel sepolcreto degli avi. Quindi tutti fecero ritorno in Egitto, dove Yosef calmò ancora una volta i timori dei fratelli, che si erano riaccesi dopo la morte del padre, in merito al suo completo perdono.
Yosef morì a 110 anni, facendosi promettere dai fratelli che avrebbero trasportato i suoi resti, nell’ora del ritorno, nella Terra Promessa.
Così termina il primo libro della Torà, il libro di Bereshit; in esso sono narrate le vicende dei padri del popolo di Israel.


Haftarà in pillole


La haftara contiene le ultime disposizioni di re David rivolte a suo figlio Shlomo – che gli sarebbe succeduto nel governo del regno – così come la parashà riporta le ultime volontà di Ya’acòv espresse a Yosef e poi le parole indirizzate a tutti i 12 figli riuniti intorno al suo capezzale.



Rashi ha commentato


Ya’acòv visse… (Bereshit 47, 28). Perché questa sezione della Scrittura è chiusa? (Per chiusa Rashi intende unita alla precedente; infatti nei rotoli della Torà adibiti alla lettura pubblica, ogni sezione è separata da quelle immediatamente precedenti e seguenti secondo un ordine tradizionale).
Perché quando spirò nostro padre Ya’acòv si chiusero gli occhi e i cuori dei figli di Israele per la sofferenza della schiavitù che da allora gli egizi cominciarono a imporre loro. Altra spiegazione: Ya’acòv voleva rivelare ai suoi figli il tempo della fine (della redenzione messianica) ma tale rivelazione gli fu preclusa (Bereshit Raba 96, 1).
Grazia e verità… (Bereshit 47, 29). La grazia che si usa ai morti è una grazia di verità, perché non ci può aspettare da essa alcuna ricompensa (Bereshit Raba 96, 5).
Ti prego non seppellirmi in Egitto… (Bereshit 47, 29). Il suo suolo diverrà un giorno pidocchi che brulicheranno sotto il mio corpo (Bereshit Raba 96, 5). Inoltre i morti che sono fuori dalla terra di Israele rivivranno soltanto dopo aver provato la sofferenza della migrazione sotterranea (Bereshit Raba 96, 5. Perché tutti i patriarchi chiedono ed amano la sepoltura in terra di Israele? […] Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi (Tehillim 116, 9) […] I morti della terra di Israele rivivranno per primi nei giorni del Messia e godranno degli anni del Messia […] Disse rabbi Shim’on: «Se è così, i giusti sepolti fuori dalla terra di Israele ci perdono?». Ma cosa fa per loro il Santo, Benedetto Egli sia? Scava delle buche nel terreno, simili a grotte, ed essi verranno risalendo sino a giungere nella terra di Israele. Là il Santo Benedetto Egli sia darà loro uno spirito di vita ed essi risorgeranno». In merito a questo importante insegnamento rabbinico che sottolinea il carattere elettivo della terra di Israele, considerata la terra della resurrezione e della vita, cf anche Tanchuma Vaichi, 3 e Talmud Ketubot 111a).
Sul capezzale del letto… (Bereshit 47, 31). Ya’acòv si volse verso la Shekina (Tanchuma Vaichi, 3). Da qui si è dedotto che la Shekina sta al di sopra del capo di chi è malato (Talmud Shabbat 12b; Talmud Nedarim 40b). Altra interpretazione: Israele si prostrò verso Colui che era il capo del suo letto, perché il suo letto era perfetto e non vi aveva avuto origine alcun empio. Infatti anche Yosef, che pure era un re ed era stato prigioniero tra le nazioni, era rimasto giusto (Talmud Pessachim 56a).
Ti farò diventare un’assemblea di popoli… (Bereshit 48, 4). Ya’acòv disse a Yosef: «D-o mi annunciò che avrebbe avuto origine da me un’assemblea di popoli. Ora è vero che Egli mi disse: una nazione, anzi un’assemblea di popoli verranno da te. Ma dicendo una nazione Egli si riferiva Beniamino; invece l’espressione: un’assemblea di popoli indica due nazioni oltre a Beniamino. Ora dal momento che non mi è nato alcun altro figlio, è chiaro che D-o mi voleva rivelare con quelle parole che una delle mie tribù era destinata a dividersi in due. E ora io do a te questo privilegio».
Ora i due figli… sono miei… (Bereshit 48, 5). Prima del mio arrivo presso di te. Il testo significa: «I due figli che ti sono nati da quando tu ti sei separato da me a quando io sono arrivato presso di te, sono miei. Essi entreranno nel novero degli altri miei figli in modo da ricevere ciascuno la sua parte nella terra di Israele».
Quanto a me, mentre giungevo da Paddan… (Bereshit 48, 7). Ya’acòv disse a Yosef: «Sebbene ora io ti imponga l’onere di portarmi ad essere seppellito in terra di Canaan, io non feci lo stesso nei confronti di tua madre, che pure morì assai vicino a Betlehem».
L’ho sepolta là… (Bereshit 48, 7). E non l’ho neppure portata là, a Betlehem, per introdurla nella terra di Israele, ora io so che tu mi porti risentimento [per questo] in cuor tuo, ma sappi, però, che è per ordine divino che ho seppellito là Rachel, tua madre, affinché possa portare aiuto ai suoi figli quando Nevuchadnetzar li condurrà in esilio. Quando infatti essi passeranno di là, Rachel uscirà dalla sua tomba, piangerà e implorerà per loro misericordia. Sta scritto infatti: …Una voce si ode in Rama, lamento e pianto amaro: Rachel piange i suoi figli (Jeremia 31, 15). Allora il Santo Benedetto Egli sia le risponderà: C’è un compenso per la tua pena, oracolo del Signore […] I tuoi figli torneranno entro i loro confini (Jeremia 31, 16-17. Per questa interpretazione cf Bereshit Raba 82, 10) […].

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