Rav Scialom Bahbout, Rabbino Capo di Napoli e del Meridione
Da Sullam, Il
bollettino della comunità ebraica di Napoli.
Anno IV, n°103. 14 dicembre 2012 - 1 teveth 5773
Anno IV, n°103. 14 dicembre 2012 - 1 teveth 5773
La civiltà greca era già riuscita
a imporsi in tutto il bacino mediterraneo: comunque si voglia intendere questa
storia, è chiaro che si trattò della vittoria di una piccola truppa, pronta a
ogni sacrificio pur di non svendere la propria identità culturale di fronte a
un nemico molto più numeroso e agguerrito.
Questa “globalizzazione”
culturale non incontrò alcuna resistenza in tutto il mondo dell’epoca, anzi fu
accolta come portatrice di nuova luce: gli unici a opporsi a questa
colonizzazione furono i Maccabei.
Il debito che il mondo e le
religioni devono ai Maccabei è enorme: scrive il grande filosofo e matematico Bertrand
Russel che se non fosse stato per la resistenza opposta dai Maccabei non ci
sarebbero stati né il Cristianesimo né l’Islamismo.
Ci chiediamo però se il messaggio
che i Maccabei volevano trasmettere è stato davvero recepito dal mondo; i
popoli hanno fatto propria l’idea che l’identità spirituale, culturale e
storica di un popolo è la cosa più preziosa che detiene e che non deve essere
violentata da altri? L’idea che la verità dell’altro è rispettabile quanto la
propria è diventata veramente retaggio di tutti? La risposta a queste domande
purtroppo non può che essere negativa e la perdurante crisi in Medio Oriente ne
è una prova.
La negazione di eventi storici
rilevanti e fondanti del popolo ebraico da parte del mondo arabo e islamico è
una delle affermazioni più incredibili e fantasiose cui abbiamo assistito negli
ultimi anni: il Tempio costruito dal re Salomone (là dove i Musulmani molti
secoli dopo costruirono la Moschea di Al Akza e di Omar) non sarebbe mai
esistito, Gerusalemme (città che non viene mai ricordata nel Corano) non sarebbe
mai stata capitale del popolo ebraico.
Si tratta non solo di una
“ricostruzione fantasiosa” della Storia, ma anche un segno evidente della
mancanza di riconoscenza di quanto il popolo ebraico ha dato al mondo, negando
così il debito religioso e culturale che questi popoli hanno nei confronti del popolo
ebraico.
Questo negazionismo (che si
associa a quello della negazione della Shoah) è alla base di quanto è avvenuto nella
recente guerra scatenata dai palestinesi a Gaza (evacuata da anni
spontaneamente da Israele e con la quale Israele non ha nessun contenzioso
territoriale), dopo che Hamas per mesi e mesi ha aggredito con razzi lanciati
da Gaza la popolazione civile israeliana.
Il rifiuto e la negazione di
Israele, iniziata con i massacri del 1929 di Hevron (città in cui gli ebrei
risiedono da oltre 3.000 anni), continuò con la guerra lanciata contro lo Stato
d’Israele dopo la proclamazione dell’Indipendenza nel 1948: l’emigrazione
forzata di 1.000.000 di ebrei dai Paesi arabi hanno completato il rifiuto arabo
e musulmano nei confronti del popolo del Libro, cui le altre due religioni
monoteiste si sono ispirate.
La lezione di Chanukkà deve
essere ancora recepita da quella parte del mondo che continua ad aggredire verbalmente
Israele negandone la storia, le persecuzioni e le discriminazioni subite.
Oggi come allora gli ebrei in
terra d’Israele sono rimasti gli unici ad accendere la lampada della libertà e
della democrazia, del riconoscimento del diritto degli altri ad esprimere la
propria identità, tanto che nel suo Parlamento siede una folta rappresentanza
della minoranza araba.
Ancora una volta “i pochi contro
i molti” sono stati costretti a far uso delle armi, rinunciando all’uso della parola
che ha sempre caratterizzato la cultura ebraica.
Non è un caso che lo Stato
d’Israele abbia assunto come suo simbolo la Menorà, il Candelabro affiancato da
due rami d’ulivo.
Il candelabro è il simbolo della
luce primordiale che il Creatore stesso ha dato al mondo nel momento della
Genesi (“Dio disse sia la luce e la luce fu”); l’ulivo è il simbolo della pace
e della fine di ogni guerra e ricorda l’ulivo che la colomba portò a Noè alla
fine del Diluvio universale.
Chanukkà è sempre attuale: la
resistenza di Israele per circa quattromila anni è una testimonianza del fatto che
l’insegnamento dei Maccabei non è stato vano e che Israele vuole preservare
intatta la propria cultura, basata sulla luce e sulla pace.
Quest’ultima sarà raggiunta solo
quando i palestinesi capiranno che i loro veri alleati sono gli ebrei che
abitano in Israele.
Nonostante gli eventi tragici di
questi ultimi mesi, nonostante le aggressioni cui sono stati soggetti, anche quest’anno
gli ebrei accenderanno il Candelabro nella Diaspora e in Israele.
E l’accensione verrà ancora una volta
fatta pubblicamente, nella speranza che i suoi detrattori e nemici riconoscano
l’insegnamento che è celato nella luce che da esso emana: come gli ebrei, così
ogni popolo potrà accendere la propria Chanukkià, senza negare e spegnere
quella degli altri.
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