10 Tevet
da Moked, Il portale dell’ebraismo italiano
Roberto Colombo, rabbino
Foto da Torah de Barranquilla
Il digiuno del 10 di Tevet - inizio dell’assedio di Gerusalemme che
porterà alla distruzione del Tempio - è paragonato al Yom Kippur e per questo
si conclude anche se lo shabbat è già iniziato. L’unico digiuno permesso di
Shabbat è infatti proprio quello di Yom Kippur.
Yom Kippur e il 10 di Tevet hanno questo in comune: in entrambi i casi la
punizione è soltanto annunciata e si attende un cambiamento prima che la stessa
diventi realtà.
Matrimoni misti e ebrei che si allontanano, giovani e adulti ormai incapaci a
leggere e capire un testo di Torà, maestri e leader comunitari in cerca di
Kavod ci devono far pensare alla necessità di un intervento immediato e
importante nelle Kehillòt senza attendere il punto di non ritorno.
Un motivo per le disgrazie
Da Chabad.org
Il digiuno del 10 di Tevet ricorda l’inizio della distruzione del
Beth Hamikdash (il santuario di Gerusalemme) e, contestualmente, il principio
della lunga diaspora del popolo ebraico. Purtroppo dopo la distruzione del
Santuario il popolo ebraico ha continuato a subire persecuzioni, stermini e
pogrom, fino a giungere alla tragedia del nostro secolo, la Shoà. Ancora oggi,
in un'epoca in cui regnano innovazione ed avanzamento tecnologico, in cui il
progresso inarrestabile contribuisce a rendere la vita migliore, ci troviamo
ad affrontare nemici che negano il nostro passato di sofferenza, che
sostengono che il trascorso, gli eccidi subiti dal popolo ebraico solamente 60
anni fa, sono un'invenzione frutto della mania di persecuzione ebraica.
Molti cercano spiegazioni per l’accaduto nella Shoà. Come si può spiegare 6.000.000 di ebrei, popolo prediletto di D-o, portati nei forni crematori?! Come possiamo comprendere il destino di un milione di bambini che furono uccisi con delle orribili torture e sofferenze?
In verità la domanda non è solo sulla Shoà ma su tutte le persecuzioni e torture che gli ebrei hanno passato sulla loro pelle durante tutta la storia. Ebrei uccisi e torturati senza ragione a partire dall’egitto, continuando con la distruzione del Beth Hamikdash, dove molto sangue fu versato, proseguendo con l’inquisizione spagnola, fino ad arrivare agli attentati sugli autobus in Israele.
Provare a dare una motivazione razionale a tutto ciò è impossibile, come lo è spiegare l’antisemitismo razionalmente, l’odio dei popoli verso di noi è la fonte della sofferenza e delle torture, e siccome non capiamo lo scopo della sofferenza, non siamo in grado nemmeno di spiegare l’odio, ma non vuol dire che se non siamo in grado di spiegare, non ci sia uno scopo. Questo è un punto in cui dobbiamo avere un umiltà assoluta davanti a D-o, come scritto “Poiché i miei pensieri non sono i vostri, le vostre strade non sono le mie….come il cielo è elevato rispetto alla terra, così le mie strade sono elevate dalle vostre e i miei pensieri dai vostri”. Questa è l’umiltà richiesta davanti a degli avvenimenti incomprensibili, riconoscere i nostri limiti umani che ci impediscono di capire le strade divine ed i suoi pensieri.
Nonostante tutto ciò, noi crediamo che la sofferenza abbia sempre uno scopo, quando verrà il momento giusto, Mashiach si rivelerà, D-o allora ci farà capire lo scopo dei patimenti e della diaspora, che hanno fatto nascere questa tanto lunga attesa della venuta imminente del Mashiach.
Molti cercano spiegazioni per l’accaduto nella Shoà. Come si può spiegare 6.000.000 di ebrei, popolo prediletto di D-o, portati nei forni crematori?! Come possiamo comprendere il destino di un milione di bambini che furono uccisi con delle orribili torture e sofferenze?
In verità la domanda non è solo sulla Shoà ma su tutte le persecuzioni e torture che gli ebrei hanno passato sulla loro pelle durante tutta la storia. Ebrei uccisi e torturati senza ragione a partire dall’egitto, continuando con la distruzione del Beth Hamikdash, dove molto sangue fu versato, proseguendo con l’inquisizione spagnola, fino ad arrivare agli attentati sugli autobus in Israele.
Provare a dare una motivazione razionale a tutto ciò è impossibile, come lo è spiegare l’antisemitismo razionalmente, l’odio dei popoli verso di noi è la fonte della sofferenza e delle torture, e siccome non capiamo lo scopo della sofferenza, non siamo in grado nemmeno di spiegare l’odio, ma non vuol dire che se non siamo in grado di spiegare, non ci sia uno scopo. Questo è un punto in cui dobbiamo avere un umiltà assoluta davanti a D-o, come scritto “Poiché i miei pensieri non sono i vostri, le vostre strade non sono le mie….come il cielo è elevato rispetto alla terra, così le mie strade sono elevate dalle vostre e i miei pensieri dai vostri”. Questa è l’umiltà richiesta davanti a degli avvenimenti incomprensibili, riconoscere i nostri limiti umani che ci impediscono di capire le strade divine ed i suoi pensieri.
Nonostante tutto ciò, noi crediamo che la sofferenza abbia sempre uno scopo, quando verrà il momento giusto, Mashiach si rivelerà, D-o allora ci farà capire lo scopo dei patimenti e della diaspora, che hanno fatto nascere questa tanto lunga attesa della venuta imminente del Mashiach.
Gerusalemme sotto assedio
Da Chabad.org
Foto da Chiurim.com
Nel decimo giorno del mese di Tevet, 3336 anni dopo la creazione del mondo (425 prima dell'era volgare), gli eserciti Babilonesi dell'imperatore Nevuchadnetzar (Nabuccodonosor) misero Gerusalemme sotto assedio. Trenta mesi dopo, nel 9 di Tammùz 3338, essi fecero breccia nelle mura della città e, nel 9 di Av di quello stesso anno, il Bet Hamikdash, il Tempio di Gerusalemme, fu distrutto.
Il 10 di Tevet è un giorno di digiuno, lutto e pentimento. In questo giorno si evita di mangiare cibo e di bere qualsiasi bevanda dall'alba fino al crepuscolo e si aggiungono le selichòt, preghiere penitenziali e altre aggiunte alle preghiere del giorno. Il 10 di Tevet è stato designato come il giorno del Kaddìsh universale per le vittime della Shoà, poiché per molti di loro la data della loro morte non è nota.
Il Rebbe di Lubavitch, Rabbi Menachem Mendel Schneerson rilanciò un'usanza antica di evocare sentimenti di teshuvà e illuminazione nei giorni di digiuno con discorsi e lezioni.
Il
Digiuno del 10 di Tevet - Halakhot in brevissima
Da Deror Yqra
Il digiuno del 10 di Tevet è uno dei digiuni
pubblici principali, fissato poiché è la data in cui è stata fatta una breccia
alle mura di Yerushalaim תובב”א, e per altri motivi [...]
Il 10 di Tevet è l’unico digiuno pubblico che può
cadere la vigilia di Shabbat Qodesh e concludersi durante Shabbat stesso [...]
La durata del digiuno
è da quando si va a dormire la sera prima fino all’uscita delle stelle. Mi
spiego meglio - la durata effettiva del digiuno è dall’alba all’uscita stelle,
ma in realtà, a meno che una persona non dica esplicitamente prima di andare a
dormire che nel caso si svegli prima dell’alba possa mangiare, gli è vietato
mangiare, poiché è come se avesse iniziato il digiuno da quando è andato a
dormire. Gli ashkenaziti sono soliti facilitare riguardo al bere prima
dell’alba, nel caso in cui si sia soliti bere la mattina, anche senza dirlo
esplicitamente [...]
Il digiuno riguarda tutti gli ebrei, uomini e donne in età
halakhicamente adulta (rispettivamente oltre 13 e 12 anni), tranne coloro che
appartengono a categorie di persone che non possono digiunare. A questo
proposito rimando ad halakhot di maggior dettaglio.
Nel caso una persona abbia dimenticato il digiuno ed abbia mangiato deve comunque
evitare di continuare a mangiare. Se sia necessario digiunare un altro digiuno
al posto di tale giorno (nonostante si debba completare) è un altro argomento
cui rimando ad halakhot di maggior dettaglio.
Nella Tefillah
abbiamo delle aggiunte: ‘Anenu nella
‘amidàh - che recita solo chi digiuna, tachanunim
aggiunti dopo la ‘amidàh a shacharit e l’aggiunta di un salmo che segue il Shir
shel Yom. A Minchàh, se recitata dopo Pelag haMinchàh, cioè 75 minuti zemaniot
prima di sera, abbiamo anche la birkat Kohanim aggiunta. A Minchàh quando
capita prima di Shabbat non si recita Tachanun.
Nel caso termini la sera di Shabbat, è opportuno
pregare ‘arvit presto, così da non digiunare più del necessario durante Shabbat
Qodesh.
E’ bene aggiungere studio di Toràh e applicazione
delle Mizwot nel giorno in cui si digiuna, poichè il digiuno non è fine a se
stesso, anche se obbligatorio.
10 di Tevet – Perché digiuniamo?
Foto da South Hampstead Shiur
In Massechet Rosh HaShanàh (18b) da un versetto in Zechariàh (5,19) i chakhamim imparano quali sono le date dei digiuni pubblici(1); seguendo l’ordine nel versetto: il 17 di Tammuz, il 9 di Av, il 3 di Tishrè (Tzom Ghedaliàh) e il 10 di Tevet. Questi sono digiuni pubblici per tutto il popolo ebraico a causa delle disgrazie accadute in quei giorni. Tra poco […] avremo il 10 di Tevet. Ma perché digiuniamo?
Circostanze del digiuno del 10 di Tevet
Il giorno del 10 di Tevet abbiamo diversi eventi poco lieti da ricordare; il principale per questo digiuno è che in tale giorno il Re Nevuchadnezzar (spesso tradotto come Nabuccodonosor) ha assediato le mura di Jerushalaim תובב”א (che sia presto ricostruita e ristabilita nei nostri giorni Amen), causando, dopo poco più di due anni, la distruzione del primo Beth HaMiqdash תובב”א. Oltre a questo evento, già grave di suo, abbiamo altri elementi che si aggiungono per rendere il 10 di Tevet un giorno di digiuno nel corso dei secoli.
Fondamentalmente abbiamo una regola, riportata dalla Mishnàh Beruràh (MB) 549:4 per la quale non si stabiliscono più digiuni troppo vicini tra loro per non far digiunare troppo spesso il pubblico. Questo secondo alcuni, vale anche per il digiuno del 10 di Tevet. Nello Shulchan ‘Aruch (Orach Chajim 580:2) sono riportati alcuni giorni in cui sarebbe bene digiunare, anche se non c’è un digiuno pubblico fissato in essi. Tra questi troviamo l’8 e il 9 di Tevet.
Il 9 di Tevet - la Morte di ‘Ezrà HaSofer
Sul 9 di Tevet lo Shulchan ‘Aruch dice che non è chiaro esattamente l’evento per cui si digiuna, e la MB (13) riporta che secondo alcuni in tale giorno è venuto a mancare עזרא הסופר ‘Ezrà HaSofer ~ lo scriba ע”ה, grande capo d’Israel, che ha riportato parte del popolo in Eretz Israel dall’esilio babilonese, e che sotto la sua guida è stato ricostruito il Beth HaMiqdash, l’ultimo profeta del popolo d’Israel.
L’8 di Tevet - La Traduzione della Toràh HaQedoshàh in Greco
Il giorno su cui mi vorrei soffermare maggiormente è l’8 di Tevet; lo Shulchan ‘Aruch riporta che la causa per cui si dovrebbe digiunare è la traduzione della Toràh HaQedoshàh in greco, sotto il re Talmai (solitamente identificato con Tolomeo II), che ha provocato tra le altre cose 3 giorni di oscurità nel mondo (l’8, il 9 e il 10), cosa tanto grave da essere paragonabile al vitello d’oro(2).
Il Rav “Me’am Lo’ez” la riporta(3): il re Talmai, desideroso di approfondire i suoi studi anche su testi ebraici, ha inviato un ordine al Kohen Gadol di mandare dei saggi. Sono stati inviati per tale occasione 6 חכמים chakhamim ~ saggi per ogni tribù per un totale di 72. Al loro arrivo presso il re, dopo essere stati accolti in modo molto onorifico, ad ognuno è stata assegnata una stanza, e a sorpresa è stato rivelato loro (singolarmente) che avrebbero dovuto tradurre la Toràh in greco. Dopo 72 giorni sono riusciti a completare l’opera. Per miracolo, ogni singola copia era identica alle altre, con tanto di “correzioni” identiche. Queste “correzioni” servivano per ovviare possibili scorrette interpretazioni della Toràh HaQedoshàh. Per esempio anziché tradurre “In principio creò Eloqim il Cielo e la Terra” hanno tradotto “Eloqim creò in principio il Cielo e la Terra” per evitare che si pensasse chas veshalom che ci sia una divinità chiamata “Bereshit” ~ in principio.
La ghemarà (meghillàh 9b) prosegue dicendo che l’unica lingua nella quale è possibile tradurre la Toràh è il greco, in base alla deduzione da un versetto, secondo alcune spiegazioni poiché il greco, similmente all’ebraico, ha parole plurivalenti.
A questo punto la domanda nasce spontanea: Perché mai dovrebbe essere quindi un problema tradurre la Toràh, se abbiamo un versetto che “supporta” la traduzione in greco e che i chakhamim sono arrivati a creare traduzioni evitando possibili cattive interpretazioni? Inoltre, come può essere tanto grave da essere paragonabile al vitello d’oro? Proprio da qui possiamo comprendere.
La ricezione della Toràh HaQedoshàh è stata fatta mediante il נעשה ונשמע“Na’asèh venishmàh” il “faremo e ascolteremo” che presuppone che l’azione venga fatta nel momento debito, e che ci sia (deve esserci) un conseguente studio e approfondimento della questione, a seconda della portata del singolo; questa comprensione non deve però delimitare l’esecuzione della mizwàh in nessuna delle sue parti. L’incomprensione, se presente, dev’essere condizionata dalla nostra poca capacità nell’approfondire; solo a seguito dell’azione la motivazione potrà essere meglio comprensibile. Il vitello d’oro, in alcuni suoi aspetti, è la negazione di questo. E’ il נשמע ונעשה“nishmàh vena’asèh” “ascolteremo e faremo” - se non comprendo come si deve (nonostante possa essere per la mia pigra incapacità di applicarmi o perché non mi siano stati impartiti gli strumenti necessari (non ho mai visto capire, tanto meno risolvere un’equazione differenziale da qualcuno che non sa eseguire una moltiplicazione) non eseguo.
Questo può portare a conseguenze disastrose: gli ebrei stessi, vedendo che Moshèh Rabbenu ע”ה non scese dal monte Sinai entro il tempo che si era calcolato, in modo erroneo, lo sostituirono con il vitello d’oro. Qui, con la traduzione della Toràh HaQedoshàh, si dà ampia possibilità a ciò. Non essendo correlata dallo studio della Toràh sheba’al peh (orale), non permette di comprendere a fondo, portando a creare diverse “interpretazioni”, basate semplicemente su un ragionamento, errato di partenza perché mancante di basi, ma nel suo complesso apparentemente corretto. Tali interpretazioni chas veshalom, come abbiamo visto nel corso dei secoli, possono portare alla negazione delle mizwot, o al limitamento di queste a situazioni particolari come “quando me la sento” o “solo quando arrivo a comprenderle”.
Questi sono gli eventi che hanno portato al digiuno del 10 di Tevet, e ora spero sia molto più chiaro il loro significato. Possiamo, forse, Be”H trovare un nesso tra gli eventi: sono tutti inizi di degenerazione della comprensione della Toràh HaQedoshàh in modo corretto, della profezia, del servizio nel Bet HaMiqdash.
Allo stesso modo sono tutte cause che apparentemente non fanno presagire nulla di particolarmente grave, poiché in apparenza non sono questioni terribili. I chakhamim ci dicono quindi che dobbiamo digiunare, per capire che ogni azione ha delle conseguenze, ogni singola questione che affrontiamo giornalmente porta dei frutti, buoni o cattivi che siano.
E’ su questo che dobbiamo cercare di riflettere, in particolare in questi giorni di digiuno. E’ risaputo infatti (MB 549:1) che il digiuno in sé non è il fine, ma un mezzo, per aumentare la Teshuvàh, il ritorno verso HaShem Itbarach.
Avendo minimamente sfiorato la portata di questi eventi, dobbiamo anche conoscere le regole principali relative a questo digiuno che potremo trovare nei prossimi articoli Be”H.
Fonti principali: Orach Chajim = OC; Mishnàh Beruràh =MB; Torat Hamo’adim =TH (7 se volume su Digiuni); Ben Ish Chai = BIC.
(1) Tranne Yom Hakippurim che è riportato direttamente nella Toràh (Vayqrà - Emor 23:26-32), mentre per il digiuno di Ester cfr. note su TH - Purim e il mese di Adar 3:1.
(2) Prima di continuare, vorrei fare notare a priori che questa non vuole chas veshalom essere una critica contro le traduzioni di testi di Toràh (che oramai purtroppo si rendono sempre più necessarie, a condizione che siano realizzate secondo la Toràh sheba’al peh ~ orale, ora considerabile come costituita dal Talmud, poseqim, rishonim e acharonim - in sintesi definibili impropriamente come “fonti rabbiniche”). In ogni caso il discorso sarà più chiaro successivamente.
(3) In Bereshit A,33-35 è riportata in alcuni punti in modo più ampio rispetto a Meghillàh 9, basandosi su ulteriori fonti. Sarà comunque, per ragioni di spazio, parzialmente riassunta. Si consiglia vivamente l’approfondimento dell’argomento. Lo scopo che si vuole raggiungere è fornire alcuni fondamenti di conoscenza di questioni basilari.
In Massechet Rosh HaShanàh (18b) da un versetto in Zechariàh (5,19) i chakhamim imparano quali sono le date dei digiuni pubblici(1); seguendo l’ordine nel versetto: il 17 di Tammuz, il 9 di Av, il 3 di Tishrè (Tzom Ghedaliàh) e il 10 di Tevet. Questi sono digiuni pubblici per tutto il popolo ebraico a causa delle disgrazie accadute in quei giorni. Tra poco […] avremo il 10 di Tevet. Ma perché digiuniamo?
Circostanze del digiuno del 10 di Tevet
Il giorno del 10 di Tevet abbiamo diversi eventi poco lieti da ricordare; il principale per questo digiuno è che in tale giorno il Re Nevuchadnezzar (spesso tradotto come Nabuccodonosor) ha assediato le mura di Jerushalaim תובב”א (che sia presto ricostruita e ristabilita nei nostri giorni Amen), causando, dopo poco più di due anni, la distruzione del primo Beth HaMiqdash תובב”א. Oltre a questo evento, già grave di suo, abbiamo altri elementi che si aggiungono per rendere il 10 di Tevet un giorno di digiuno nel corso dei secoli.
Fondamentalmente abbiamo una regola, riportata dalla Mishnàh Beruràh (MB) 549:4 per la quale non si stabiliscono più digiuni troppo vicini tra loro per non far digiunare troppo spesso il pubblico. Questo secondo alcuni, vale anche per il digiuno del 10 di Tevet. Nello Shulchan ‘Aruch (Orach Chajim 580:2) sono riportati alcuni giorni in cui sarebbe bene digiunare, anche se non c’è un digiuno pubblico fissato in essi. Tra questi troviamo l’8 e il 9 di Tevet.
Il 9 di Tevet - la Morte di ‘Ezrà HaSofer
Sul 9 di Tevet lo Shulchan ‘Aruch dice che non è chiaro esattamente l’evento per cui si digiuna, e la MB (13) riporta che secondo alcuni in tale giorno è venuto a mancare עזרא הסופר ‘Ezrà HaSofer ~ lo scriba ע”ה, grande capo d’Israel, che ha riportato parte del popolo in Eretz Israel dall’esilio babilonese, e che sotto la sua guida è stato ricostruito il Beth HaMiqdash, l’ultimo profeta del popolo d’Israel.
L’8 di Tevet - La Traduzione della Toràh HaQedoshàh in Greco
Il giorno su cui mi vorrei soffermare maggiormente è l’8 di Tevet; lo Shulchan ‘Aruch riporta che la causa per cui si dovrebbe digiunare è la traduzione della Toràh HaQedoshàh in greco, sotto il re Talmai (solitamente identificato con Tolomeo II), che ha provocato tra le altre cose 3 giorni di oscurità nel mondo (l’8, il 9 e il 10), cosa tanto grave da essere paragonabile al vitello d’oro(2).
Il Rav “Me’am Lo’ez” la riporta(3): il re Talmai, desideroso di approfondire i suoi studi anche su testi ebraici, ha inviato un ordine al Kohen Gadol di mandare dei saggi. Sono stati inviati per tale occasione 6 חכמים chakhamim ~ saggi per ogni tribù per un totale di 72. Al loro arrivo presso il re, dopo essere stati accolti in modo molto onorifico, ad ognuno è stata assegnata una stanza, e a sorpresa è stato rivelato loro (singolarmente) che avrebbero dovuto tradurre la Toràh in greco. Dopo 72 giorni sono riusciti a completare l’opera. Per miracolo, ogni singola copia era identica alle altre, con tanto di “correzioni” identiche. Queste “correzioni” servivano per ovviare possibili scorrette interpretazioni della Toràh HaQedoshàh. Per esempio anziché tradurre “In principio creò Eloqim il Cielo e la Terra” hanno tradotto “Eloqim creò in principio il Cielo e la Terra” per evitare che si pensasse chas veshalom che ci sia una divinità chiamata “Bereshit” ~ in principio.
La ghemarà (meghillàh 9b) prosegue dicendo che l’unica lingua nella quale è possibile tradurre la Toràh è il greco, in base alla deduzione da un versetto, secondo alcune spiegazioni poiché il greco, similmente all’ebraico, ha parole plurivalenti.
A questo punto la domanda nasce spontanea: Perché mai dovrebbe essere quindi un problema tradurre la Toràh, se abbiamo un versetto che “supporta” la traduzione in greco e che i chakhamim sono arrivati a creare traduzioni evitando possibili cattive interpretazioni? Inoltre, come può essere tanto grave da essere paragonabile al vitello d’oro? Proprio da qui possiamo comprendere.
La ricezione della Toràh HaQedoshàh è stata fatta mediante il נעשה ונשמע“Na’asèh venishmàh” il “faremo e ascolteremo” che presuppone che l’azione venga fatta nel momento debito, e che ci sia (deve esserci) un conseguente studio e approfondimento della questione, a seconda della portata del singolo; questa comprensione non deve però delimitare l’esecuzione della mizwàh in nessuna delle sue parti. L’incomprensione, se presente, dev’essere condizionata dalla nostra poca capacità nell’approfondire; solo a seguito dell’azione la motivazione potrà essere meglio comprensibile. Il vitello d’oro, in alcuni suoi aspetti, è la negazione di questo. E’ il נשמע ונעשה“nishmàh vena’asèh” “ascolteremo e faremo” - se non comprendo come si deve (nonostante possa essere per la mia pigra incapacità di applicarmi o perché non mi siano stati impartiti gli strumenti necessari (non ho mai visto capire, tanto meno risolvere un’equazione differenziale da qualcuno che non sa eseguire una moltiplicazione) non eseguo.
Questo può portare a conseguenze disastrose: gli ebrei stessi, vedendo che Moshèh Rabbenu ע”ה non scese dal monte Sinai entro il tempo che si era calcolato, in modo erroneo, lo sostituirono con il vitello d’oro. Qui, con la traduzione della Toràh HaQedoshàh, si dà ampia possibilità a ciò. Non essendo correlata dallo studio della Toràh sheba’al peh (orale), non permette di comprendere a fondo, portando a creare diverse “interpretazioni”, basate semplicemente su un ragionamento, errato di partenza perché mancante di basi, ma nel suo complesso apparentemente corretto. Tali interpretazioni chas veshalom, come abbiamo visto nel corso dei secoli, possono portare alla negazione delle mizwot, o al limitamento di queste a situazioni particolari come “quando me la sento” o “solo quando arrivo a comprenderle”.
Questi sono gli eventi che hanno portato al digiuno del 10 di Tevet, e ora spero sia molto più chiaro il loro significato. Possiamo, forse, Be”H trovare un nesso tra gli eventi: sono tutti inizi di degenerazione della comprensione della Toràh HaQedoshàh in modo corretto, della profezia, del servizio nel Bet HaMiqdash.
Allo stesso modo sono tutte cause che apparentemente non fanno presagire nulla di particolarmente grave, poiché in apparenza non sono questioni terribili. I chakhamim ci dicono quindi che dobbiamo digiunare, per capire che ogni azione ha delle conseguenze, ogni singola questione che affrontiamo giornalmente porta dei frutti, buoni o cattivi che siano.
E’ su questo che dobbiamo cercare di riflettere, in particolare in questi giorni di digiuno. E’ risaputo infatti (MB 549:1) che il digiuno in sé non è il fine, ma un mezzo, per aumentare la Teshuvàh, il ritorno verso HaShem Itbarach.
Avendo minimamente sfiorato la portata di questi eventi, dobbiamo anche conoscere le regole principali relative a questo digiuno che potremo trovare nei prossimi articoli Be”H.
Fonti principali: Orach Chajim = OC; Mishnàh Beruràh =MB; Torat Hamo’adim =TH (7 se volume su Digiuni); Ben Ish Chai = BIC.
(1) Tranne Yom Hakippurim che è riportato direttamente nella Toràh (Vayqrà - Emor 23:26-32), mentre per il digiuno di Ester cfr. note su TH - Purim e il mese di Adar 3:1.
(2) Prima di continuare, vorrei fare notare a priori che questa non vuole chas veshalom essere una critica contro le traduzioni di testi di Toràh (che oramai purtroppo si rendono sempre più necessarie, a condizione che siano realizzate secondo la Toràh sheba’al peh ~ orale, ora considerabile come costituita dal Talmud, poseqim, rishonim e acharonim - in sintesi definibili impropriamente come “fonti rabbiniche”). In ogni caso il discorso sarà più chiaro successivamente.
(3) In Bereshit A,33-35 è riportata in alcuni punti in modo più ampio rispetto a Meghillàh 9, basandosi su ulteriori fonti. Sarà comunque, per ragioni di spazio, parzialmente riassunta. Si consiglia vivamente l’approfondimento dell’argomento. Lo scopo che si vuole raggiungere è fornire alcuni fondamenti di conoscenza di questioni basilari.
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