Ricevo dalla dottoressa
Anna Golotta, Presidente dell’Associazione Virginia Holper Monis - che ringrazio
di vero cuore - e volentieri pubblico, facendole i miei complimenti
A Ferramonti
di Tarsia per ricordarci di ciò che è stato
Foto
dal sito del campo di Ferramonti
In
occasione della Giornata della Memoria, l’Associazione Virginia Holper Monis
di Bagnara Calabra, in collaborazione con l’I.I.S. “Enrico Fermi" di
Bagnara Calabra, Villa San Giovanni e S. Eufemia d'Aspromonte, è tornata per il
secondo anno consecutivo al campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia per
fare Memoria di ciò che è stato.
Oltre ai 350
ragazzi dell’Istituto “Fermi”, sono stati presenti anche 150 allievi
carabinieri della Scuola Allievi Carabinieri di Reggio Calabria, i quali si
sono mostrati solerti all’invito dell’Associazione.
Il tema
della Giornata, incentrato sul rapporto tra le leggi razziali e la scienza, ha
permesso di approfondire sia i fondamenti scientifici della legislazione
razzista nazifascista, sia i dettagli normativi, facendo luce sul ruolo che
l'Italia fascista svolse nelle persecuzioni razziali.
In merito,
infatti, non vi è ancora molta chiarezza poiché si tende ad attribuire
all’Italia una posizione subordinata rispetto a quella tedesca nel programma di
legislazione razzista. Si tende a definire infatti la produzione normativa
fascista in materia di razza come “all'acqua di rose". Niente di più
errato.
La
connotazione razzista del regime fascista è spiccata ed autonoma rispetto a
quella tedesca ed inizia ad emergere con le prime conquiste coloniali.
L'antisemitismo ne sarà una ovvia conseguenza.
I provvedimenti
normativi in materia di razza furono infatti ben 180, tra Regi Decreti Legge,
circolari ministeriali e leggi in senso stretto.
Tutta la
produzione normativa fascista origina da due testi: “Il fascismo e i problemi
della razza”, pubblicato da “Il Giornale d’Italia” il 14 luglio 1938 ed il
“Manifesto degli scienziati razzisti”, pubblicato col primo numero della
rivista “La difesa della razza” il 5 agosto 1938. Tesi queste esposte poi da
Mussolini nel celebre discorso che tenne nel settembre 1938 a Trieste in Piazza
Unità d’Italia.
Tra tutti i
provvedimenti normativi emanati dal regime fascista, quello sicuramente più
significativo è il R.D.L. n. 1728/1938 che nei suoi 3 Capi e 29 articoli
fornisce non solo la definizione di “Razza ebraica” per lo stato fascista (
Art. 8 lettere a-b-c e d) ma si preoccupa di fornire altresì un elenco
tassativo di divieti cui gli ebri italiani saranno sottoposti all’osservanza.
L’elenco di tali divieti (primo dei quali quello di frequentare le scuole del
Regno, tuttavia già disposto con il primo provvedimento razzista in assoluto
ossia il rdl n. 1390 del 5 settembre 1938 ) comprende i divieti di prestare
servizio militare, di esercitare la patria potestà sui figli appartenenti a
religione diversa da quella ebraica, di essere proprietari di terreni che
abbiano un estimo superiore a Lire 5.000, di prestare servizio presso qualsiasi
amministrazione statale ed aziende di interesse nazionale ecc…
Il 20
gennaio 1944, il governo Badoglio emana il rdl 25/44 con cui sono pienamente
reintegrati nei diritti civili e politici gli ebrei residenti nei territori
liberati dagli Alleati, ma purtroppo per gli altri sarà troppo tardi.
Il
comportamento ambiguo se non complice del maresciallo Badoglio nei
quarantacinque giorni che andarono dal 25 luglio all’8 settembre 1943 ed il
silenzio della Chiesa cattolica, infatti permisero ai nazisti di rastrellare,
saccheggiare e deportare migliaia di ebrei italiani che non faranno mai più
ritorno alle loro case.
A distanza
di ottanta anni dalla loro emanazione, è doveroso soffermarsi a riflettere
sulla portata aberrante e folle delle leggi razziali, specie perché proprio ai
giorni d’oggi assistiamo a sempre più frequenti rigurgiti di odio antisemita e
di odio razziale.
Oggi, teorie
negazioniste infatti trovano spazio e legittimazione non solo nelle strade ma,
disgraziatamente, anche tra le aule universitarie, dove l’antisemitismo si
ripresenta sotto la forma più raffinata ed edulcorata di “antisionismo”; dove
il 27 Gennaio gli ebrei di Italia e di Europa devono difendersi dagli insulti
di chi nega la Storia o di chi più garbatamente apre spunti di riflessione su
tutti i genocidi della storia che NULLA hanno in comune con la Shoah per
genesi, esecuzione e dimensione.
Oggi più che
mai ha senso dunque farsi testimoni e sentinelle di memoria e raccontare ai
ragazzi, germoglio del nostro futuro, che questo è stato. E fare ciò in un’oasi
di speranza quale fu ed è quella di Ferramonti di Tarsia (dove un uomo giusto,
Gaetano Marrari, direttore del campo, salvò tutti i prigionieri dal
rastrellamento tedesco simulando una epidemia di colera), insegna non solo a
fare memoria, ma anche a capire che perfino nell’orrore più profondo l’umanità
vera, quella più bella e sana ed il coraggio di dire no salveranno il mondo.
Anna Golotta
Presidente
dell’Associazione Virginia Holper Monis*
* L'Associazione Virginia Holper Monis è una associazione nata
da poco e si propone di approfondire la cultura ebraica al sud Italia e di
sensibilizzare contro l'antisemitismo.
È ovviamente una associazione sionista e
vicina ad Israele.
Ci avvaliamo spesso della collaborazione
delle scuole nei nostri progetti.
Dall’eugenetica alle leggi razziali,
gli approfondimenti per la Giornata della Memoria
Iniziativa
a Ferramonti
Testo
e foto da CosenzaInforma
“Le Leggi Razziali ed il coinvolgimento della scienza” è il
tema che ha orientato gli interventi di questa giornata, lunedì 28 gennaio,
presso il campo di Ferramonti, a cura della Comunità Ebraica di Napoli.
Relazioni ed interventi che hanno evidenziato lo stretto rapporto tra la
costruzione del campo di concentramento di Ferramonti e le scelte del governo
fascista dirette alla persecuzione dei diritti e, successivamente, delle vite
di stranieri e cittadini di religione ebraica. Seguite con grande attenzione da
studenti provenienti da diverse scuole e dai cadetti della scuola di
Carabinieri di Reggio Calabria, le relazioni hanno messo a fuoco nodi centrali
della politica di accanimento contro gli ebrei e, in particolare, è stata sottolineata
l’importanza di comprendere le dinamiche di quanto accaduto dal punto di vista
dei contesti socio-culturali e politici per la responsabilità di persone in
carne ossa e non per una vuota ideologia.
Significative
le testimonianze di Walter e Pina Brenner, figli di Gustav Brenner, internato a
Ferramonti dopo aver affrontato gravi prove di resistenza nei campi di
Buchenwald e Dachau. In particolare Walter Brenner ha auspicato che il campo
diventi un luogo di cultura e di ricerca per le giovani generazioni. «Il campo
di Ferramonti - ha detto tra l’altro il sindaco Roberto Ameruso nelle
conclusioni - presenta peculiarità che non sono ancora del tutto note e che
devono essere indagate come i rapporti di connivenza tra l’imprenditore che
costruì il campo e il potere fascista». Oltre alle relazioni di Patrizia
Spadafora, ricercatore Istituto Scienze Neurologiche-CNR sulle “Teorie sulla
razza ed eugenetica” e quella sulle Leggi razziali di Anna Golotta, presidente
dell’associazione “Virginia Holper Monis”, si sono registrati gli interventi
del consigliere regionale Franco Sergio, nativo di Tarsia che ha auspicato una
maggiore sinergia tra ente locale e regionale per lo sviluppo museale e
culturale del Campo, e di Roque Pugliese, referente della Calabria e consigliere
della Comunità ebraica di Napoli che ha ricordato il sacrificio compiuto dai
carabinieri durante l’occupazione nazista e ha anche aperto la manifestazione
con un momento liturgico in cui alla recita di un salmo è seguito il richiamo
solenne attraverso lo chofar, l’antico strumento che ricorda il soffio divino
della vita sugli uomini e che veniva suonato prima di entrare nelle camere a
gas. Diversi i brani musicali del repertorio musicale ebraico suonati al
pianoforte dai maestri Francesco e Vincenzo De Stefano, introdotti da Daniela
Scuncia. L’iniziativa è stata prevista nell’ambito delle manifestazioni di
commemorazione del Comune di Tarsia per la Giornata della memoria che si
concluderanno il 2 febbraio.
Francesca Rennis
Qualche
notizia su Virginia Olper (Holper Monis)
Dal
sito dell’Enciclopedia Treccani (da consultare per avere la biografia completa - qui ne ho estratto l’essenziale - e la bibliografia)
Immagini da Amazon
Il padre e il contesto ideologico che
gli ruotava intorno favorirono nella giovane quella libertà intellettuale e
relazionale che la pose senza pregiudizio e senza timore anche di fronte a
scelte anticonformiste, come quella di sposare un cattolico: le costò
l’esclusione dai registri ufficiali della comunità ebraica di Venezia, anche se
non rinunciò mai al proprio credo religioso.
Impegno civile e letterario: dalla
critica d’arte alla condizione della donna. Iniziò una serie di collaborazioni
con riviste d’opinione, si applicò alla produzione novellistica, con la
pubblicazione di Racconti
veneziani e novelle sentimentali (Milano 1893), e alla stesura del
suo unico romanzo, Il Raggio
(Vicenza 1903).
Morì a Venezia, durante un intervento
chirurgico, il 13 settembre 1919.
La
sua tomba, nel cimitero israelitico del Lido di Venezia, reca questa scritta:
«Auspicò al bello, al buono, al
vero,
perciò nella vita stimata,
nella tomba compianta».
Quella di Virginia Olper Monis è una
conoscenza ancora da completare.
Mise
in luce il profondo disagio della donna nei diversi aspetti della quotidianità:
uno specchio in cui riflettere specificità e meccanismi psicologici del mondo
femminile che continuavano a essere soffocati, fraintesi e mortificati. Quasi in
contemporanea, Sigmund Freud [dava] origine alla psicanalisi, quasi
legittimando la protesta e le richieste di cambiamento dello stesso movimento
femminista.
Osò
sostenere e proporre, tra le prime in Italia, il divorzio come «eroico
rimedio», causando scandalo: non si lasciò condizionare da tali reazioni e
mantenne le proprie convinzioni.
I
suoi principi, espressi ne Il
Movimento etico-sociale e l’Unione morale (Lodi 1899), erano di
chiara ispirazione mazziniana, come la necessità di istruire il popolo, di
educarlo alla cooperazione e alla solidarietà, di formare nuove coscienze per
ottenere una «collettività di masse illuminate, eque, anti-egoistiche» (ibid., p. 14). Con questi
obiettivi operò concretamente per organizzare scuole popolari, circoli di
lettura, biblioteche, persino un ‘gratuito patrocinio’ popolare, per consulenze
legali e amministrative.
Della
dottrina di Marx condivideva le rivendicazioni, ma non approvava la spinta
rivoluzionaria, generatrice di lotta di classe; cavalcò, invece, l’idea del
rinnovamento morale e dell’elevazione dello spirito per mirare alle
trasformazioni sociali e plasmare un consorzio umano più solidale e
consapevole.
Nell’ultima sua significativa
pubblicazione, La donna nella
realtà (Padova 1908), trovarono voce il diritto all’istruzione, al
lavoro e all’indipendenza economica, all’equiparazione del salario con la
controparte maschile. Sollecitò, inoltre, l’opportunità di diventare soggetto
politico attivo: votare ma anche essere votata. Sul piano morale, evidenziò
l’importanza di sanare la piaga della prostituzione, il dovere di ricercare la
paternità per tutte le situazioni di illegittimità in cui al maschio non veniva
attribuita alcuna responsabilità, così come per l’adulterio. Ma l’aspetto
competitivo tra uomo e donna non rientrò mai nella sua visione sociale.
Coerentemente con le sue posizioni pacifiste, sostenne sempre la tesi del
‘mutuo appoggio’, cioè la collocazione dell’uomo e della donna in una dinamica
relazionale (famiglia) che privilegiasse, quale elemento connettivo, un
rispettoso sentimento e, come scopo comune, l’educazione dei figli.
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