Molti furono i
carabinieri che durante l’occupazione nazista, dopo l’8 settembre 1943,
decisero, per tener fede al loro giuramento, si rifiutarono di collaborare con
l’occupante e con i suoi complici italiani, sia come singoli, sia costituendo
il Fronte clandestino di resistenza dei Carabinieri.
A Roma, oltre ai
carabinieri che combatterono l’8 settembre a Porta San Paolo, si ricorda la
deportazione nei lager nazisti di 2000 di loro il 7 ottobre 1943.
Si presume che
tale deportazione sia stata organizzata anche per impedire la resistenza dei
carabinieri alla razzia degli ebrei romani che avvenne 9 giorni dopo, nel
tragico 16 ottobre.
Da Roma furono deportati
addirittura più Carabinieri che ebrei, sebbene il loro destino non sia stato
altrettanto tragico: dei 2000-2500 Carabinieri deportati 600 non tornarono, dei
1023 ebrei ne tornarono solo 16.
In occasione della Giornata dei Giusti (6 marzo), appena istituita
Reggio
Calabria: il 1° marzo incontro in ricordo di quattro marescialli dei
Carabinieri che sono stati dichiarati “Giusti tra le Nazioni”
Danilo
Loria
- Da StrettoWeb
Reggio Calabria: l’Associazione Virginia Olper Monis ha organizzato un incontro per ricordare quattro marescialli dei Carabinieri che sono stati dichiarati “Giusti tra le Nazioni”
In occasione della prossima giornata dei Giusti, l’Associazione
Virginia Olper Monis ha organizzato un incontro per ricordare quattro
marescialli dei Carabinieri che sono stati dichiarati Giusti tra le Nazioni
dallo Yad Vashem (organo israeliano che si occupa della memoria delle vittime
della Shoa).
Si tratta dei Marescialli Giacomo Avenia, Enrico Sibona, Osman
Carugno, Carlo Ravera, che salvarono dalla deportazione e dalla morte diverse
famiglie ebree durante la seconda guerra mondiale, e sempre in loro memoria
verrà piantato un carrubo e posta una targa con i loro nomi, presso il parco
della Scuola Allievi Carabinieri di Reggio Calabria che ospiterà l’incontro
venerdì 1 marzo.
Dalle ore 11,00 si alterneranno dopo i saluti del Colonnello
Nicola Lorenzon; la Presidente dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di
Segni, per la prima volta a Reggio Calabria; Roque Pugliese Consigliere della
Comunità Ebraica di Napoli e delegato per la Calabria; Anna Golotta Presidente
dell’associazione V. Olper Monis, e Tonino Nocera Pubblicista.
Sarà un modo per confrontarsi sul tema ancora scottante
dell’antisemitismo e parlare delle leggi razziali, ma soprattutto sottolineare
l’importanza dei Giusti, uomini che hanno affrontato l’odio per salvare la
propria umanità. Così sottolineava Avraham Burg, Presidente emerito della
Knesset “Crediamo fortemente che l’umanità non debba avere limiti, e che la
giustizia debba essere cieca rispetto alle nazionalità, ai Paesi o alla
politica che la circondano. Ogni atto di ostilità contro persone innocenti
richiede che altre persone lottino per loro, Giusti che mettano in pericolo le
loro vite e la loro posizione per salvare l’umanità in ogni luogo”.
In questa occasione particolarmente importante e coinvolgente, ad
accogliere la presidente dell’UCEI Noemi Di Segni ci saranno diverse
personalità istituzionali e referenti delle differenti confessioni religiose.
Dal Notiziario storico dell’arma dei Carabinieri - N. 4, anno II, 37
(nelle pagine precedenti e
successive si parla dell’impegno dei Carabinieri nella lotta contro l’occupazione
nazifasciste)
Nel 1953, per ricordare i martiri della Shoah, venne creato a Gerusalemme
il Memoriale di Yad Vashem, sul Monte della Rimembranza, nel quale ad ogni Giusto
è stato dedicato un albero, secondo l’insegnamento del profeta Isaia.
Dei “Giusti tra le Nazioni”, riconosciuti tali da una speciale commissione
(che ancora oggi opera sulla base di una severa valutazione delle testimonianze
raccolte tra i sopravvissuti), fanno parte quattro militari dell’Arma dei
Carabinieri: Giacomo Avenia, Osman Carugno, Carlo Ravera ed Enrico Sibona.
Erano tutti in servizio nelle province del Nord Italia occupate dai nazisti dal
1943 e, pertanto, nelle condizioni più difficili per offrire aiuto agli ebrei
per seguitati. Altri militari dell’Arma subirono (senza farne ritorno) la
deportazione nei campi di concentramento tedeschi per le loro scelte
coraggiose.
Il primo ad essere accolto nella famiglia dei Giusti (nel gennaio 1975) fu
il maresciallo dei carabinieri di Alba(Cuneo) Carlo Ravera, che
(insieme con la moglie Maria) svolse un ruolo fondamentale per salvare dodici famiglie
di ebrei profughi dalla Jugoslavia.
Nel 1985 lo stesso riconoscimento è toccato al maresciallo Osman
Carugno, comandante della Stazione dei
Carabinieri di Bellaria (Rimini), che durante la guerra affiancò un albergatore
(Ezio Giorgetti, primo in ordine di tempo tra i Giusti italiani) per portare in
salvo trenta ebrei: per sfuggire alla cattura da parte dei nazisti, furono nascosti
prima a Bellaria, poi a Igea Marina e a San Mauro, e infine a Pugliano, nel
Montefeltro. Del maresciallo Carugno, uno degli ebrei salvati ha ricordato: «Ci
aiutò senza nessun compenso. All’inizio, come ci disse, compì il suo dovere, ma
se ci avesse mandato fuori dalla zona di sua competenza, nessuno avrebbe potuto
incolparlo di non aver comunque fatto il suo dovere, o di aver cooperato col
nemico. Lui era un fedelissimo del Re ed eseguiva gli ordini senza esitare. Col
tempo, fra lui e mio suocero si allacciò una vera amicizia. Il suo
comportamento era da amico e non da uno che eseguiva ordini. Quando uscimmo dal
territorio di sua competenza, lasciò tutto e venne ad aiutarci».
Il maresciallo dei carabinieri Enrico Sibona, in servizio a Maccagno (nella provincia di Varese) dal 1939 al 1946,
protesse dalla deportazione alcuni ebrei che risiedevano nel paese, favorendo
la loro fuga. Tradito da un delatore, Sibona fu internato in un campo di concentramento
tedesco, dal quale uscì fortunosamente vivo. Per il suo impegno di solidarietà,
pagato a caro prezzo, il 4 ottobre 1992 l’Istituto Yad Vashem gli ha conferito
l’alta onorificenza di Giusto tra le nazioni.
Il 2 agosto 1999 ha ottenuto lo stesso riconoscimento il maresciallo Giacomo
Avenia, che a Calestano (Parma) prese parte al
salvataggio della famiglia Mattei, ebrei profughi da Fiume. A tenere nascosti i
tre componenti della famiglia furono il podestà Ugo Gennaio, la famiglia
Barbieri (il cui capo Ostilio fu deportato in Germania) e un sacerdote, don
Ernesto Ollari.
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