Il
percorso da Via Cafarone (A) a Via Padolisi (B)
A gennaio a Cosenza mi erano state fatte
vedere tre possibili sedi di antiche sinagoghe (una ora sarebbe una chiesetta,
una farebbe parte di un complesso conventuale e la terza parte di una istituzione
museale) , tutte dentro o immediatamente intorno all’area del Cafarone,
concordemente ritenuta sede della Giudecca cosentina, ora invece leggo quest’articolo
secondo il quale la Giudecca sarebbe situata altrove.
Agli storici locali la sentenza!
Da EcclesiaWeb
Gli ebrei a Cosenza e il mistero della
giudecca
Tracce significative
individuano l’antico quartiere ebraico cosentino
nella zona dei Padolisi
Lorenzo Coscarella
Il 27 gennaio è ormai riconosciuto come “giorno della
memoria”, un momento per ricordare le vittime della shoah, lo sterminio di
ebrei e persone appartenenti ad altre minoranze durante la II Guerra Mondiale a
opera dei nazisti. Anche la nostra regione, seppure con forme meno cruente, è
stata toccata da questa tragedia. Nella provincia di Cosenza, e precisamente a
Ferramonti di Tarsia, aveva sede infatti un campo di concentramento sulla cui
presenza molti studiosi stanno ponendo la loro attenzione, come dimostrano gli
eventi in programma in questi giorni all’Unical. Insieme a questo vorremmo qui
ricordare che la presenza ebraica in Calabria, e a Cosenza in particolare, ha
una storia ancora più antica. Mette le radici in pieno medioevo e dura fino
agli albori dell’età moderna, quando a metà del XVI sec. gli ebrei furono
cacciati dall’allora Regno di Napoli così come era avvenuto anni prima in
Spagna.
L’esistenza di piccole comunità ebraiche nelle cittadine
principali della provincia può farsi risalire agli inizi del II millennio, se
non prima. Rende, Montalto, Altomonte, Bisignano, Rossano, Castrolibero,
Corigliano, Cariati, Acri, Regina e Castrovillari ne ospitavano gruppi stabili.
La loro presenza a Cosenza è attestata almeno dal 1093, quando il duca normanno
Ruggero mise la comunità ebraica cittadina sotto la giurisdizione
dell’arcivescovo del tempo, che ne avrebbe ricevuto anche le decime. Anche
Federico II nel 1212 confermò la concessione all’arcivescovo Luca Campano della
“synagoga Iudeorum in civitate nostra Cusentie”. Gli ebrei cosentini, come in
tutte le altre zone, vivevano raggruppati in un quartiere che prendeva il nome
di “judaica”, o “giudecca”, in cui avevano sinagoga e concentravano le loro
attività. Avevano inoltre una amministrazione separata dal resto della città:
le giudecche formavano delle “università” per proprio conto, con una
organizzazione e con figure istituzionali interne, che però dovevano rendere
conto alle istituzioni cittadine e pagare la loro quota di tasse.
Il rapporto delle comunità ebraiche locali con le
istituzioni statali ed ecclesiastiche conobbe fasi alterne, e mentre in alcuni
momenti prevaleva il bisogno reciproco di instaurare rapporti cordiali, in
altri gli ebrei erano oggetto di vessazioni. In alcuni periodi ad esempio erano
indotti ad indossare sugli abiti un segno distintivo, in altri ne venivano
esentati per particolari concessioni.
Via
Padolisi, qualche decennio fa
Nel 1488,
in base all’ottimo studio di C. Colafemmina, la “Iudeca
de Cosenza” pagava allo Stato tasse per 36 ducati d’oro, in base ai 36 fuochi
di cui era composta nel momento di organizzare la tassazione qualche decennio
prima. In una nuova verifica fatta nel 1494 si precisò invece che il “vero
numero deli fochi deli Iudei” era di 63, ovvero vi erano 63 famiglie di ebrei
in città. Un numero abbastanza significativo dunque. Questi avevano ottenuto
nel corso del tempo diverse concessioni, che spesso vedevano però minacciate
dalle autorità locali. Di queste concessioni c’è traccia anche nel libro dei
“Privilegi et Capitoli della città di Cosenza” del 1577, che raccoglie anche
alcuni atti del secolo prima in cui è citato il ruolo della comunità ebraica
cittadina. Nel 1473 per esempio, visto che molti cittadini si rivolgevano agli
ebrei per prendere denaro in prestito, i sindaci della città erano ricorsi al
Re per chiedere che l’interesse richiesto dai “Iudei novamente fatti citatini
in essa cità de li quali pigliano denari ad usura” non fosse superiore a due
grana e mezzo al mese per ogni ducato, così come avveniva in Napoli. Il ruolo
degli ebrei nella locale economia era infatti centrale, e questo era allo
stesso tempo motivo sia delle concessioni che ottenevano dalle istituzioni, sia
del fatto che fossero visti in cagnesco da molti altri cittadini. Nonostante
ciò la loro presenza fu incisiva per molti settori dell’economia locale, su
tutti quello centrale della seta. Bisogna poi ricordare che fu proprio un ebreo
a impiantare in città la prima tipografia nel 1478, quell’Ottaviano Salomonio
da Manfredonia che operò per qualche tempo in città dando alla stampe alcuni
incunaboli.
A partire dalla fine del ‘400 i malumori delle autorità
locali aumentarono, e si susseguirono diversi casi di saccheggio della
giudecca. Una prima fuga avvenne dopo la discesa a Napoli del re di Francia
Carlo VIII nel 1495, in
seguito alla quale anche la giudecca di Cosenza venne distrutta. Molti ebrei
iniziarono a lasciare la città o a convertirsi, in altre fasi invece le stesse
autorità ne caldeggiavano il ritorno perché esercitassero il prestito di
denaro, attività necessaria all’economia cittadina. Nel 1511 ci fu una nuova
espulsione, in seguito alla quale si spopolarono altre giudecche come quella di
Montalto. Aumentarono i neofiti, gli ebrei appena convertiti al cristianesimo,
e il numero degli ebrei si assottigliò sempre più, fino all’espulsione
definitiva da tutto il Regno di Napoli nel 1541.
Cessava così una presenza antica, che aveva lasciato
nella storia della città una importante traccia di sé.
Cosa resta oggi della giudecca di Cosenza?
Difficile
dirlo, ed è difficile anche individuare dove fosse con precisione. Sembra però
essere certo che, a differenza di quanto sostenuto da molti, poco avesse a che
fare con il quartiere del Cafarone. Il termine “cafarone”, che potrebbe
indicare semplicemente un luogo fortemente ripido e accidentato, è stato da
alcuni, tra cui Andreotti [suppongo si tratti
di Davide Andreotti, autore di Storia dei cosentini,
stampato a Napoli nel 1869], collegato a “Cafarnao” dunque a una possibile presenza
ebraica. Ma questa ipotesi non sembra sorretta da prove documentarie.
La tradizione erudita locale ci tramanda però un altro
dato interessante, collegando al luogo della vecchia giudecca la fondazione del
monastero delle Vergini. Gli storici cittadini, Andreotti compreso, vi fanno
tutti riferimento, ma è stato interessante scoprire come il primo a parlarne fu
il cistercense Gregorio de Laude in una rara opera del 1660. De Laude, che dice
di aver appreso la notizia da alcuni scritti non individuati di Muzio de
Matera, riporta l’avvio della costruzione del monastero nel 1515 “nelle case
che furno di Francisco Fauaro, e nepoti, e la Schola, che fù delli Giudei, che
s’habbia d’incominciare dall’ultimo muro verso la Iudeica”. La testimonianza è
abbastanza datata per godere di una certa attendibilità. Il monastero venne
fondato dunque in parte sul luogo della “Schola”, termine sovrapponibile con
quello di sinagoga, e nei pressi c’erano le mura della giudecca, cioè del
quartiere abitato. Se, dunque, si volesse individuare l’antica sinagoga, è il
complesso delle Vergini che bisognerebbe considerare, e anche per individuare
la “iudeca” non ci si dovrebbe allontanare molto da esso. Allontanati gli ebrei
i segni delle loro tracce rimasero a lungo. In alcuni atti notarili del ‘500
continua a trovarsi il toponimo “giudecca”, in particolare messo in relazione
con il vicino quartiere dei padolisi. Nel 1572 troviamo ad esempio la vendita
di una “domus cum cameris et catojiis sitam in civitate consentie in loco ditto
la judeca alias li padulisi”, in un altro del 1639 si parlerebbe ancora di
“bagno delli giudei” per indicare delle case locande dietro il monastero delle
Vergini.
Tracce significative dunque, che a differenza delle
ipotesi riguardanti il cafarone ci fanno individuare l’antico quartiere ebraico
cosentino nella zona dei Padolisi, e precisamente nell’area tra il monastero
citato e quel dedalo di vicoli che si snoda poco più in giù, tra la via
principale ancora detta via Padolisi e l’attuale corso Telesio, passando per la
“nuova” piazzetta dei follari.
4 commenti:
L'articolo si riferisce alle citazioni documentali. Altre voci invece si sono basate su ipotesi, più volte riprese fino a diventare accettate da tutti, ma che trovano pochi riscontri sui documenti.
Senza prove documentali è difficile fare ricerca storica.
Se lei avesse elementi nell'uno o nell'altro senso, documenti o ipotesi basate su tradizioni, sarebbe davvero molto interessante conoscerle.
Grazie
L'abate Gioacchino da Fiore comprò in Cosenza, nel 1200, la casa di Scania e del magister Donato Corveserio (Calzolaio) - coniugi- che confinava da un lato con via Judecca.
Arch. Pasquale Lopetrone
Egregio architetto Lopetrone, questa notizia è davvero molto interessante (forse potrebbe essere messa in relazione ad una presunta origine ebraica di Gioacchino da Fiore?) potrei sapere la fonte da cui ha auto questa informazione? Grazie
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