Voglio dare il benvenuto al blog di Shavei Israel Italia, Al Sud! Al Sud! (Radici),
curato da rav Pierpaolo Pin’chas Punturello, già rabbino di Napoli, che da Gerusalemme,
dove ha fatto aliyah, continua oggi a seguire la realtà ebraica meridionale,
occupandosi in particolare del difficile ma entusiasmante cammino di ritorno alla fede dei Padri.
Si tratta di
un nuovo strumento che si affianca al recente gruppo Facebook Shavei Israel italiano.
Riporto di seguito il post “programmatico”
del blog, che sono certo svolgerà un ruolo importantissimo in questa bella
avventura del ritorno ebraico nel Meridione
Negli ultimi quindici anni la globalizzazione
delle idee, la ricerca storica, la consapevolezza identitaria e l’avventurosa mobilità
di un certo tipo di mondo rabbinico ha spalancato, in Italia, la porte del mondo
ebraico del Sud della penisola.
Un Sud che urla il proprio
passato, a volte in maniera acerba, a volte in maniera conscia, a volte in
altra maniera. Altra persino da se stesso.
Continuare a ripetere al mondo la
storia degli anusim siciliani, calabresi, campani e pugliesi ha un senso solo
se questa storia viene incanalata in un futuro, in un impegno ebraico reale ed
internazionale, in un riconoscimento ebraico consapevole e duraturo, con
profonde radici tra le bianche pietre di Trani, gli odori dei cedri di
Calabria, i mandorli in fiore di Sicilia ma aprendo gli orizzonti identitari a
Gerusalemme come a New York e facendo in modo che ognuno degli anusim del Sud
possa essere ebreo, intimamente e formalmente, in ogni sinagoga di ogni luogo
del mondo.
Nel Sud Italia, in questi ultimi
mesi o forse negli ultimi anni, abbiamo visto il nascere di paternità e
maternità rabbiniche diverse: in molti si sono offerti o scoperti primi
fondatori, primi padri pellegrini dei percorsi di riscoperta delle radici degli
anusim.
In molti hanno affermato di
essere stati i primi, i primissimi, gli inimitabili archeologi delle identità
ebraiche di Bari, Cosenza, Palermo, Catania, Piazza Armerina.
A tutti, proprio tutti, va la
nostra gratitudine ma chi ha veramente a cuore le sorti del Sud non gioca al
baseball di chi ha vinto la prima base o la prima sinagoga, bensì si impegna
perché il signor Davide di Catania domani possa andare a Tel Aviv o Torino o
Milano e dire semplicemente: “ Buongiorno sono ebreo” Senza dover passare atti
formali di conversione, analisi di documenti poco chiari (dei quali lui non ha
colpa, se non quella della fiducia estrema!) firme di probabili rabbanut valide
per l’Oregon, il Missouri, il Montana ma nulla più. O forse nulla meno. Il Sud
non può essere trattato come un West, non può trovarsi in guerra tra
conquistadores, indiani, cow boy dell’halacha e lazzi del ghiur da un cavallo
in corsa.
Questo non sarebbe rispettoso per
l’Ebraismo italiano, l’Ucei, Shavei Israel e la Comunità di Napoli, ovvero le
istituzioni che oggi si sono impegnate per una attenzione ed un sostegno reale
al Sud Ebraico e non è neancherispettoso per chi abita e vive il Sud ebraico.
Non è rispettoso per chi vive seriamente lo Shabbat a Cosenza, a Reggio
Calabria, a Palermo, a Brindisi ed a Catania in situazioni di micro realtà
ebraica e di macro sforzi che sono portatori di un tale e serio impegno da non
meritare i lustrini di maghen david musicali ma sono richieste di impegni
validi, istituzionali e dal vasto orizzonte.
Un vasto orizzonte che richiama
anche il Sud alle proprie responsabilità, all’unione tra le componenti che lo
caratterizzano, all’attenzione a non diventare solo folklore, alla maturità di
una identità che da tradizione dovrà tornare ad essere popolo, nazione ebraica,
non meno di quella che fu Livorno, non meno del serio ritorno degli ebrei delle
Baleari, di Colombia, del Messico e della Polonia che sta riscoprendo se
stessa.
Le antiche radici ebraiche del
Sud sono una certezza per chi oggi è “baderech” in cammino verso casa, ma non
sono una attrattiva turistica, né una fonte per matrimoni o per altre feste
familiari per annoiati statunitensi. Fermo restando la grande bellezza del Sud
ed il suo enorme potenziale turistico, non è certo questo che interessa chi è
“baderech” e chi oggi studia Torà per ricongiungere cinquecento anni di storia
al futuro del popolo ebraico. A questo ricongiungimento dobbiamo educazione,
seminari, incontri, formazione, studio, partecipazione. Alla serietà di queste
radici antiche non possiamo e non vogliamo offrire violini, rose, cioccolato
kasher e immagini romantiche dei passi di Doña Gracia Nasi.
Con questo articolo ho deciso di
aprire questo blog in quanto responsabile di Shavei Israel in Italia, con un
sguardo che come il conto dell’Omer di questi giorni ha ben impressi i passi
verso il futuro ed è ben informato e ben consapevole del conteggio dei giorni
che sono passati.
Buon cammino
Rav Pierpaolo Pinhas Punturello
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