Ritorno ancora una volta, con nuove parole sempre di Mario Campanella,
sulla storia di Paolo Furgiuele, il cosentino gay e fascista che protesse un giovane ebreo
negli anni delle persecuzioni razziali, salvandogli la vita
sulla storia di Paolo Furgiuele, il cosentino gay e fascista che protesse un giovane ebreo
negli anni delle persecuzioni razziali, salvandogli la vita
Storia del fascista omosessuale
che a Cosenza salvò un ebreo
Da ZoomSud
Mario Campanella
Paolo Gabrieli era fascista, di convinzione. Figlio unico di una coppia borghese dell'entroterra cosentino, lavorava all'ufficio dazio. Era un omosessuale, ma viveva le sue pulsioni con la sobrietà e la continenza di chi non voleva, forse, perdere di vista l'autorevolezza di quel ruolo di responsabile del Pnf, correlato allo schema del maschio vincente.
Giornalista, autore della pièce
"La razza umana" e del libro in uscita in autunno
sul fascista omosessuale che salvò un ebreo
sul fascista omosessuale che salvò un ebreo
Nella foto, Erich Heckel, olio 1910
Paolo Gabrieli era fascista, di convinzione. Figlio unico di una coppia borghese dell'entroterra cosentino, lavorava all'ufficio dazio. Era un omosessuale, ma viveva le sue pulsioni con la sobrietà e la continenza di chi non voleva, forse, perdere di vista l'autorevolezza di quel ruolo di responsabile del Pnf, correlato allo schema del maschio vincente.
Gli piaceva il ballo e quasi ogni sabato
organizzava feste al Gran Caffè Renzelli, a Cosenza, insieme a Don
Pietro Palazzi, anch'egli omosessuale, storico cameriere della
pâtisserie del borgo antico. Don Pietro era più bravo di lui a ballare,
ma Paolo era un innovatore: un parente americano gli spediva le canzoni
jazz all'avanguardia e quel ritmo nuovo, proibito in Italia, gli
solleticava nuove emozioni.
A settembre del 43 il campo di Ferramonti era stato liberato dagli Alleati, ma pochi vi si avvicinavano.
Correva voce che vi fossero ancora
prigionieri, anche se era stato il primo campo di prigionieri per ebrei
ad esser liberato nel mondo. Paolo aveva saputo da poco notizie circa
una sorta di progetto nazista di sterminare tutti i cittadini di razza
ebraica, ma non ci credeva ancora pienamente e nè voleva mai pensare che
il suo Duce potesse essere complice di una cosa così orrenda. Si, è
vero, c'era stata quella alleanza che lui, per formazione, non elogiava:
avrebbe sognato un patto di ferro con Francia e Inghilterra che
rendesse l'Italia sovrana sul Mediterraneo, ma le parole sullo sterminio
non lo convincevano.
Un giorno di ottobre bussò alla sua
porta un giovane bellissimo, poteva avere poco più di vent'anni, alto un
metro e ottanta, i capelli neri ondulati, due grandi occhi, le spalle
larghe e l'aspetto di chi ha dovuto vagare per mesi. Si presentò, disse
che era figlio di un'italiana e di un greco ebreo, che era scappato da
Petrasso, aveva raggiunto Napoli e poi era sceso in Calabria. Tremava
come un uccello smarrito. Chiese ospitalita, Paolo gliela negò. Non
voleva perdere le sue certezze, gli spazi di vita che divideva con la
sua governante. Rimosse subito, come un pensiero parassitario, l'idea di
poter apprezzare la bellezza di quel giovane. Il ragazzo rimase lì,
piangente, Paolo si convinse dopo ore. Gli disse che se era un ladro
gliel'avrebbe fatta pagare cara e che se voleva rimanere in quella casa
doveva starsene murato dentro. Avrebbe potuto indossare alcuni suoi
vestiti, avrebbe avuto da mangiare e anche d leggere, ma non doveva
uscire.
E così fu, nessuno se ne accorse. Solo
il postino, una volta, lo vide passare , ma la governante fu brava a
dirgli che lo spirito del Ragioniere, il padre di Paolo, ogni tanto
faceva burle. Era stata certo una visione. In quei sei mesi parlò poche
volte con il ragazzo. Non invitò nessuno dei suoi amici a casa. Poi a
maggio, nel 1944, gli disse che poteva andare via. Gli diede diecimila
lire e altre duemila gliele consegnò la governante, più una serie di
vestiti. Gli sarebbero bastati per tornare in patria, ma lui gli
consigliò di fermarsi a Napoli, che era stata liberata proprio quando il
ragazzo stava partendo.
Non lo vide più.
Finita la guerra, Paolo subì le
proscrizioni per la sua fede, ma non invocò mai quel gesto così intimo.
L'amnistia di Togliatti lo restituì alla vita .
Poi, una mattina del 48 rivide quel giovane, giunto a ringraziarlo con la sua piccola moglie e un bambino, di nome Paolo .
Lo ospitò abbracciandolo stavolta. Gli regalò altri soldi, poi riprese la sua vita. Triste e solitaria. Con in mano la nuvola nera del sigaro e le note di un'orchestra jazz.
Poi, una mattina del 48 rivide quel giovane, giunto a ringraziarlo con la sua piccola moglie e un bambino, di nome Paolo .
Lo ospitò abbracciandolo stavolta. Gli regalò altri soldi, poi riprese la sua vita. Triste e solitaria. Con in mano la nuvola nera del sigaro e le note di un'orchestra jazz.
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