La Judeca di Nicotera (VV), relativamente ben conservata, è veramente molto bella, come
tutta la cittadina antica, con il suo panorama sul Tirreno da una delle più
belle terrazze naturali della Calabria.
Credo
che la proposta di valorizzarla, insieme alle altre Judeche di Calabria, abbia
un senso storico e culturale, anche a fini turistici da Israele e non solo (gli
ebrei americani sono sempre molto attenti alle radici e all’antica storia
ebraica), che possa produrre anche un ritorno economico, e portare molti
calabresi a prendere atto della propria storia ed eventualmente interrogarsi
sulle loro radici.
Questa
valorizzazione, a mio modo di vedere, è molto più interessante di un eventuale
ritorno (che immagino episodico, e comunque apprezzabile solo da parte di pochi
studiosi e cultori della materia) del Commentario alla Torah di Rashi stampato
nel 1475 a Reggio.
Qualche
anno fa era stata creata l’associazione Charta delle Judeche della provincia di
Reggio Calabria, sottoscritta anche da alcuni comuni del Reggino, ma di cui non
ho più avuto notizie: forse è il caso di estenderla all’intera Calabria (l’unione
fa la forza), con forze più fresche, attive e coinvolte.
Giudecca di Nicotera: appello del
Centro Studi Nicoteresi (CeSNi), al Presidente Oliverio
Da Mediterranei News
28 maggio 2017
Come anche i lettori di Mediterraneinews.it ormai sapranno, nei giorni scorsi, il Presidente della Regione Mario Oliverio ha chiesto al Ministro dei beni culturali Dario Franceschini, il ritorno, qui in Calabria, della prima opera stampata in lingua ebraica – il saggio scritto dal rabbino francese Salomone Isaccide, il “Commento al Pentateuco” – realizzata appena venti anni dopo la famosa Bibbia di Gutenberg. Primo passo questo, di un percorso ben più ampio che nella mente del governatore dovrebbe condurre ad un più ampio progetto per il rilancio della presenza storica degli ebrei in Calabria, territorio che presenta numerose mete di interesse turistico e culturale, come i resti della grande sinagoga di Bova Marina.
Un progetto certamente degno di lode
sopratutto in questi tempi dove il Mediterraneo – un tempo ponte fra culture e
fedi diverse (cristiana, musulmana, ebraica) – rischia di diventare un confine,
un “limes” invalicabile, una barriera tra Nord e Sud del mondo.
Un progetto di questo tipologia e di
tale spessore culturale deve essere ovviamente portato avanti con il
coinvolgimento delle università, dei centri di ricerca, delle associazioni
culturali, delle scuole ma anche con la fattiva collaborazione degli istituti
culturali più prestigiosi e delle istituzioni degli ebrei in Italia e dello
stato di Israele.
Una parte importante di questo progetto
certamente potrebbe essere il recupero di tutto quel patrimonio immateriale che
la presenza ebraica ha lasciato in queste terre – riti, credenze popolari,
tracce nella toponomastica e nella gastronomia (siamo o non siamo la terra
d’elezione della dieta detta “Mediterranea”?), l’avvio di progetti di
interscambio con le comunità ebraiche italiane e con la stessa Israele, anche
da sfruttare in chiave turistica.
Ma l’aspetto centrale di questo progetto
non può che passare dal recupero del patrimonio dei beni culturali di matrice
ebraica presenti nella nostra regione. A cominciare dalle splendide e in
moltissimi casi ben conservate Giudecche, cioè gli antichi quartieri dove fino
agli inizi del XVI° secolo, gli ebrei risiedettero nei vari centri della nostra
regione (reggendosi con ordinamenti propri, secondo le proprie tradizioni) – tra
questi Nicotera il cui quartiere ebraico si conserva in maniera eccellente ed è
certo che era tra le più importanti fra quelle presenti – e i cosiddetti
Fondachi (Funduq) che erano invece i luoghi dove gli ebrei potevano
vendere i loro prodotti.
Lo afferma in una nota il CeSNi (Centro
Studi Nicoterese) che ricorda come “fu Federico II° ad accogliere gli ebrei a Nicotera
concedendo loro questo quartiere – la Giudecca per l’appunto – che funse da
autentico volano dell’economia locale del tempo, grazie allo sviluppo della coltura
della seta e di una intensa attività artigiana, con botteghe di orafi,
scalpellini, tessitori, tintori e di conciatori di pelli. Le sue
caratteristiche urbanistiche sono evidenti nella sua compattezza perimetrale,
con viuzze a raggiera che sottopassano le case, attaccate l’una all’altra e a
volte si proiettano su piccolissimi cortili, nelle stradine strette e tortuose
e nei “cafi” cioè dei caratteristici passaggi coperti. Per la sua importanza,
la Giudecca nicoterese, viene citata nel Regesto angioino del 1270. In questo
importante documento scrive Oreste Dito – tra i massimi studiosi sull’ebraismo
nelle terre di Calabria), sono riportate ben 14 comunità ebraiche che
regolarmente pagavano la Colletta (tassa sulla proprietà) alla corte. E a
Nicotera, divenuta in quel tempo con regia ordinanza del 1239 uno dei
principali porti e arsenali del regno, la propulsione economica della città
coincide proprio con la presenza ebraica e lo sviluppo della coltura del gelso
e della produzione del “tussah” una qualità di seta poco fine e di colore scuro
(perché ottenuta con bombici nutriti con foglie di quercia, faggio e castagno)
e del ”bissah” (filatura candida poiché il bombix mori veniva nutrito solo con
foglie di gelso bianco)”.
La presenza degli Ebrei in Calabria
secondo il Ferronelli (in “Gli Ebrei nell’Italia Meridionale dall’età romana al
secolo XVIII, TO,1915”) doveva essere cospicua se si pensa che secondo questi,
nel 1481 venivano tassati in Calabria 12.187 Ebrei, divenuti 25.000 alla fine
del XV secolo, citando numerose giudecche.
“Da Cosenza a Santa Severina, da
Nicotera a Vibo Valentia, da Reggio Calabria a Altomonte, – continua ancora la
nota del CeSNi – si può quindi avviare un grande percorso di recupero di questo
patrimonio, attraverso delle proposte semplici e concrete:
1) il censimento delle giudecche ancora
esistenti e di quelle di cui si ha memoria negli atti storici anche se non vi è
più traccia nel tessuto urbano dei luoghi;
2) la stipula di un Accordo di
programma che veda insieme la Regione Calabria, l’UCEI (Unione delle Comunitè ebraiche
italiane), La Sovrintendenza ai beni monumentali e architettonici della
Calabria, i dipartimenti di Storia e di Architettura delle università di
Cosenza e Reggio Calabria, e dei comuni calabresi dove la presenza ebraica è
stata storicamente accertata, accordo da estendere alle autorità culturali e
religiose israeliane;
3) il lancio di un percorso che
colleghi tutti questi luoghi con un calendario di eventi e iniziative;
4) l’avvio di un progetto di
riqualificazione urbanistica delle giudecche esistenti;
5) la valorizzazione e il recupero
della tradizione alimentare e e enogastronomica calabrese di matrice ebraica
nel quadro del più ampio progetto di valorizzazione della Dieta Mediterranea”.
(cerchiata in rosso, l'area della Judeca)
Nei registri delle collette fiscali di Calabria del 1270 figurano
anche i giudei di Nicotera e nello stesso anno Carlo I d’Angiò ordinò al
Giustiziere di Calabria di fare risarcire dai cristiani e dagli ebrei di questa
località e di Seminara il milite Pietro di Monteleone, già giudeo con il nome
di Giacomo Francigena, del danno di 162 once d’oro, subìto quando le due città
avevano parteggiato per Corradino di Svevia e i seguaci di quest’ultimo avevano
devastato a Monteleone i beni dei seguaci della casa d’Angiò.
Nel 1276 i giudei contribuirono alla tassazione generale con 23
tarì e 8 grani ed i cristiani con 148 once, 29 tarì e 8 grani. I primi
partecipano nello stesso anno anche alla tassa per la distribuzione della nuova
moneta coniata dalla zecca di Brindisi e nel 1277 il loro contributo alla
tassazione generale scese a 20 tarì, mentre quello dei cristiani rimase
invariato. Nel 1278 la loro partecipazione per metà all’annuale sovvenzione fu,
invece, di 27 tarì e 19 grani.
Nel 1280 gli ebrei di Nicotera ricorsero presso Carlo I d’Angiò
contro il giustiziere della provincia perché questi aveva loro imposto di eleggersi
un correligionario quale giudice, mentre essi si erano sempre rivolti ai
giudici cristiani per avere giustizia. Il re accolse il ricorso è ordinò all’ufficiale
di non inquietare gli ebrei con la sua iniziativa e di lasciare che seguissero
la loro consuetudine. Degli israeliti locali nel periodo angioino è noto
Abramunt de Abramunt, che nel 1377 esportò vino rosso, insieme ad Antonio di
Luciano, da Capri a Cagliari.
La presenza ebraica a Nicotera continuò sotto gli Aragonesi. Nel
1453 la comunità invocò il regio intervento per non essere obbligata al
pagamento delle collette che erano state di recente imposte ai cristiani.
Agli inizi del Viceregno spagnolo la città fu tassata per 300
fuochi, quattro dei quali erano di ebrei, i cui contributi fiscali dovevano
essere esatti separatamente dai cristiani e per il donativo di 450 ducati
imposto nel 1507 dal Viceré ai giudei di Calabria, la Iudeca di Nicotera fu
tassata per un ducato, che pagò l’11 agosto 1508 per mano di Michele Isac.
Della presenza ebraica rimane memoria a Nicotera nel quartiere
della Giudecca sito vicino al castello e alla cattedrale, tra l’attuale Corso
Medameo e Via Duomo.
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