Il
18 maggio scorso, accompagnando in Calabria gli studenti delle scuole ebraiche
di Roma, l’ex Rabbino capo di Napoli, rav Umberto Piperno, si è recato in
visita al Museo archeologico nazionale "Vito Capialbi" di Vibo
Valentia, dove in una vetrina si trovano due anse di vasi con il marchio della
menorah, pubblicati nel 2007 da Francesco Antonio Cuteri, di cui avevo scritto
in un vecchio post.
Nell’agosto scorso, in uno dei miei giri per la Calabria, ho visto questi due reperti esposti nella loro vetrina. Risulta dunque evidente che essi, al contrario di quanto mi è stato detto molto recentemente, non sono stati esposti solo adesso grazie all'interessamento di qualcuno (è vero che ho dovuto faticare a lungo per trovarli: chiedendo ai custodi nessuno di loro mi sapeva indicare dove fossero, anzi nemmeno sapevano che ci fossero reperti ebraici, né tanto meno che fossero esposti, al massimo sospettavano che potessero essere nei depositi; dopo aver invece trovato la vetrina in cui erano esposti, così casualmente, l’ho detto a tutti i custodi, fiducioso che da allora in poi non avessero difficoltà ad indicarli a chi eventualmente ne avesse chiesto notizia).
Ma
più di questi “bolli” di cui avevo già notizia, mi colpì quella sorta di “mbujajju”
(tappo, per i forasteri!), tanto più quando Cuteri mi informò che in realtà
quella non era la collocazione originale, ma era stato ritrovato separatamente,
anche se nella stessa area dei reperti della stessa vetrina: mi ricordava
infatti un oggetto molto simile, sempre in terracotta, che avevo comprato anni
fa a Gerusalemme, che era la riproduzione di un’antica melagrana, motivo molto
ricorrente, con la sua ricca simbologia, nell’ebraismo.
Ho
avuto modo di chiedere il parere al professor Giancarlo Lacerenza, e mi ha
confermato la possibilità che si tratti proprio di una riproduzione di questo
frutto così caratteristico della cultura ebraica. Naturalmente dovrebbe vederlo
fisicamente, per poterne dare la conferma, ma intanto possiamo aggiungere,
sebbene col punto interrogativo, un nuovo reperto ai pochi manufatti superstiti
che ci sono pervenuti della Calabria ebraica.
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