Caccuri, in provincia di Crotone,
fu abitata già in epoca preistorica. Intorno all’XI secolo vide sorgere dei
monasteri rupestri basiliani e fu in seguito baronia dei De Riso, per essere
poi compreso nello Stato di Cariati ed entrare a far parte dei possedimenti dei
Sersale e dei Cavalcanti. Tornata ai Borbone, rimase sotto di loro sino
all’avvento napoleonico.
Una presenza ebraica vi era nel
XIII secolo1, come sembra confermare anche coppa in ceramica,
decorata con la raffigurazione di un gallo, rinvenuta nell’area.
Altre tracce si hanno, però,
soprattutto per l’età aragonese2.
L’esistenza di un nucleo ebraico
in questo centro è, infine, tutt’ora ricordata dal persistere del toponimo rione
Judeca3 ad indicare una parte dell’abitato in cui è
ancora riconoscibile, grazie ai rilievi che lo decorano, l’antico edificio
della sinagoga.
1Colafemmina, C., Presenza ebraica nel Marchesato di
Crotone, p. 43.
2Cfr. Sonia Vivacqua, Calabria, pp. 295-296.
3Colafemmina, C., op. cit., p. 43.
Bibliografia
Colafemmina, Cesare Presenza ebraica nel Marchesato di Crotone
in Per la storia degli ebrei in Calabria. Saggi e documenti Rubbettino, Soveria
Mannelli 1996, pp. 43-68.
Vivacqua, Sonia Calabria in L’ebraismo dell’Italia Meridionale, IX
Congresso Internazionale dell’Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo
(Potenza - Venosa, 20-24 settembre 1994) Congedo, Galatina 1996, pp.
295-310.
Da Caccuri.eu
Rione Giudecca (Jureca)
Il Rione Giudecca (Jureca), a sud
del Borgo Antico, è situato su una rupe e offre visioni incantevoli ai
visitatori. Le case, con piccoli ingressi e finestre un tempo protette da
possenti inferriate, si affacciano su una stradina tortuosa nel cui centro è
ubicato un edificio costruito in modo singolare e insolito che si avvicina
molto alla configurazione di un luogo di culto o probabile Sinagoga.
Elementi incontrovertibili della
presenza ebraica nel nostro paese sono forniti dalla toponomastica ancora
esistente che fa riferimento alla presenza di neofiti: Jureca (Giudecca), Scannajurei
(Scannagiudei) ed Ejura (Eido). In quest’ultimo luogo, ricco di estesi
castagneti e abbondanza d’acqua, la comunità era dedita alla coltivazione degli
orti, i cui prodotti erano venduti agli abitanti del paese, è stato anche
utilizzato come luogo di sepoltura (sono state rinvenute alcune tombe scoperte
e tumuli ancora intatti).
Un’archeologa ebraica (ebrea! Dovrebbe trattarsi di Micaela Vitale, che ne
parla nella rivista “Firenze ebraica” del 2006), inoltre, nel confermare l’importanza dei toponimi,
faceva rilevare che l’edificio rivolge il suo lato breve verso Gerusalemme
(particolare non trascurabile, poiché le sinagoghe e le chiese cristiane, hanno
sempre quest’orientamento).
Sulla facciata dell’edificio è
incastonata una Croce Golgothana, scolpita in una formella d’arenaria, che
riporta alle credenze dei neofiti. La presenza, all’ingresso dell’edificio, di
un piccolo invaso e, a poca distanza, una vasca delle abluzioni, è indizio di
lavacri rituali.
Due monete Aragonesi, rinvenute
nell’orto antistante, risalgono allo stesso periodo di permanenza nel paese
della comunità Ebraica (fine ‘400 inizio ‘500).
Altre importanti testimonianze sono
state cancellate a seguito di una pesante ristrutturazione per adibirlo ad
abitazione privata: undici nicchie annerite dal fumo delle candele, una più
imponente sul lato breve, potrebbe essere stata usata per conservare la
Torah, un locale seminascosto, anfore cementate nei muri e molte altri
indizi volutamente sepolti.
Le bellezze del rione, le
possibili opportunità offerte dalle Comunità Ebraiche, molto sensibili a questi
ritrovamenti anticipatori della Shoah, approfondimenti culturali,
richiederebbero un impegno da parte di tutti per la riscoperta di una verità
storica dimenticata da secoli.
Da Caccuri.eu
Frazioni e dintorni: Ejura
La zona era ricca di risorgive che fornivano l’acqua
all’intero paese e agli invasi vicini per abbeverare gli animali e irrigare i
campi. […]
Il nome del luogo, non molto distante dal paese, palesa
l’origine ebraica; infatti, una comunità, tra la fine del ‘400 e l’inizio del
‘500, si era insediata nel paese e obbligata a coltivare questa terra che
produceva grano e ottimi ortaggi. Una testimonianza orale del nostro
concittadino Giuseppe Di Rosa, tramandata da padre in figlio, riferisce che
molti caccuresi andavano a comprare i loro prodotti dicendo: “Jamo a due i Jura.” (Andiamo
dai Giudei) (sinceramente mi sembra una paretimologia, ma comunque la
riporto).
Il posto era anche luogo di sepoltura della comunità; sono
state, infatti, rinvenute tombe
scoperchiate da tombaroli poco esperti della loro storia, e tumuli ricoperti di pietra, come
da rituali ebraici che amano depositare sulla tomba pietre, simbolo della loro
forte e sentita appartenenza alla terra.
Suscita
curiosità la presenza nel territorio comunale di Caccuri di due gallerie
stradali denominate Scannagiudei (Scannajurei) I e II, nelle vicinanze del
fosso Scannagiudei, e dell’omonimo torrentello, affluente del torrente Lepre. L’origine
di questo toponimo non è ben chiaro. La mia personale e discutibilissima
opinione è che il luogo potesse essere parte di un itinerario commerciale,
percorso per lo più da mercanti ebrei, che per le sue caratteristiche
topografiche potesse facilmente prestarsi ad attacchi da parte di predoni.
Detta
la mia opinione, vediamo cosa ho trovato in proposito su internet.
Le due
foto che illustrano questo articolo sono state scattate dall’amica Rosanna
Salatino.
Dal sito SantaRania.it
Scannagiudei: giustizia è stata resa
Sono tante le gallerie che si oltrepassano
percorrendo la superstrada, l’ex 107, che collega Crotone a Cosenza. Tra
queste, due, site nel territorio comunale di Caccuri, sono quelle maggiormente
esposte all’attenzione pubblica. Non perché siano particolarmente pericolose né
tanto meno perché lunghe. La loro “notorietà” è dovuta esclusivamente alla
storia del nome che portano. “Scannagiudei I” e ”Scannagiudei II”. Questi i
loro nomi.
Così chiamate perché a poche decine di
metri c’è un fosso denominato “Scannagiudei” probabilmente luogo dell’orribile
fine della comunità ebraica di Caccuri (in realtà non ne risulta storicamente nessuna
orribile fine, fu un esodo doloroso, come dal resto del Meridione, ma non si
riporta nessun episodio sanguinoso).
Un’intitolazione data quindi con lo scopo di ricordare il fatto storico
avvenuto in quella zona. Ma l’aspetto storico culturale del nome non è stato
condiviso da tutti gli utenti che percorrono la superstrada. Uno di loro,
infatti, circa quindici anni fa, ha esposto un ricorso nei confronti dell’ANAS
con cui chiedeva la modifica del nome perché a suo modo di vedere rappresentava
una discriminazione razziale.
L’Ente gestore della rete stradale ed
autostradale italiana accoglieva il ricorso cambiando i nomi da “Scannagiudei
I” e “Scannagiudei II” in “Giudei I” e “Giudei II”. La decisione ha subito
suscitato lamentele e proteste che però non sono state così forti e decisive a
indurre l’ANAS a rivedere il proprio operato. E così per effetto di quel
ricorso sui cartelli stradali posti lateralmente a ridosso dell’entrata delle
gallerie gli automobilisti transitanti hanno visto e letto l’indicazione
“Giudei I ” e ”Giudei II”. Ormai tutti pensavano che alle due gallerie, che
potevano anche non essere costruite perché non necessarie, sarebbero rimasti
definitivamente i nuovi nomi.
Invece è successo l’inaspettato. I due
piccoli trafori tornano ad avere l’intitolazione originaria. Da qualche mese si
chiamano di nuovo “Scannagiudei I” e “Scannagiudei II”. Un atto salutato con
grande soddisfazione perché riconosce al toponimo del fosso nel comune di
Caccuri solo il fatto di ricordare, sia pure agghiacciante, un evento storico
avvenuto. Così come il vicolo Scannagiudei a Napoli che nonostante rievochi
terrificanti stragi ha sempre mantenuto il suo nome, anche il fosso, sito in
agro di Caccuri, continui a chiamarsi “Scannagiudei”.
Un’altra
ipotesi è che invece gli ebrei non c’entrino niente con il nome di queste
località, ma sia dovuto ad una confusione con i valdesi!
Vero
è che si è anche sostenuto che con i valdesi combattessero anche degli ebrei
marrani, se non che lo fosse lui stesso, o almeno la moglie Giuditta.
Ma
questa è materia per storici più competenti.
Dal sito Isola Mena
Scannajuria (Scannagiudei)
(50) Località a ridosso di Pantane. Il toponimo diede origine a numerose
congetture sulla ipotetica fine di una misteriosa comunità ebraica caccurese
che non trova riscontro in nessuna opera degli storici locali. Più probabile,
invece, l'ipotesi che nella zona si sia combattuta, una delle tante battaglie
tra le bande valdesi di Marco Berardi, detto re Marcone e reparti dell'esercito
spagnolo al comando del marchese Fabrizio Pignatelli e che, nell'occasione, i
valdesi, chiamati con disprezzo "giudei", abbiano avuto la peggio
suben do gravi perdite. Va ricordato inoltre, che moti storici concordano sul
rinvenimento del cadavere del capo religioso di Mangone e di quello della
moglie Giuditta in una grotta del territorio caccurese.
Ed ecco qualche foto del torrente Scannajudei,
dalla pagina Facebook di Roberto De Marco
Un
ultima notazione, del tutto incidentale e “di colore”, riguarda un curioso
intreccio di cognomi ebraici e calabresi: abbiamo citato l’archeologa Micaela
Vitale, nella stessa rivista “Firenze ebraica” si cita l’autore di un libro su
Caccuri scritto da Luigino Ventura, ed infine abbiamo nativo di Caccuri Cicco
Simonetta.
Vitale
e Ventura sono due cognomi tipici di ebrei e di calabresi (e meridionali in
genere), mentre Simonetta è il cognome di alcune famiglie Bené Anusim dalle mie
parti…
Chissà
che questo Cicco Simonetta (che assunse un preminente ruolo di governo a Milano
nella seconda metà del XV secolo, prima di essere giustiziato), non avesse una
qualche origine ebraica? È solo una suggestione, perché nessuna fonte la
ipotizza.
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