Dal sito Beth Emeth
Parashat Bamidbar: Bamidbar (Numeri) 1,1-4,20
Haftarah: Osea 2,1-22
Da Torah.it
Un nuovo rapporto con Dio
Derashah di rav Pinchas Punturello
Immagine dal blog Gates to Zion
Il libro dei Numeri che
cominceremo a leggere questa settimana si apre con questa espressione: “E Dio parlò a Mosè nel deserto del Sinai
nell’Ohel Moed (la tenda della radunanza)…”. Questa espressione che apre di
fatto un nuovo libro della Torà contiene in sé una espressione non del tutto
nuova ma profondamente significativa.
Moshè ha, per
così dire, incontrato Dio in altre occasioni ed in altre occasioni ha
dimostrato il proprio livello di profezia e di contatto con Dio.
Il primo contatto tra Dio,
Moshè e la sua capacità profetica è avvenuto di fronte al roveto che bruciava
senza consumarsi, in Esodo 3,2: «Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel
fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: “Voglio
avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?”».
Di fronte al roveto Moshè
dimostra una grande capacità di attenzione al di là dell’ovvia osservazione,
una grande empatia verso il creato, una grande sensibilità anche per le cose
apparentemente “normali”.
Allo stesso modo
in molti passi del libro dell’Esodo, quando Moshè entra in contatto con Dio e
riceve da Lui segni ed istruzioni per agire rispetto alla redenzione ed alla
libertà del popolo ebraico, questi segni sono sempre causati da motivazioni
esterne.
Moshè entra in
contatto con Dio perché è angosciato per il popolo ebraico, perché il Faraone
ha negato agli ebrei il diritto di partire, perché bisogna intervenire con le
piaghe: in tutti questi casi la profezia di Moshè è legata a fattori esterni e
quindi non è totalmente indipendente dalla sua volontà.
Quando, invece,
Moshè incontra Dio all’interno della Tenda della Radunanza, l’Ohel Moed, il suo
legame con Dio raggiunge un livello più modesto, ma contemporaneamente più
forte proprio perché più intimo e quinti autonomo. Ma questo livello di
profezia, proprio perché più intimo e più elevato ha bisogno di una protezione
più forte perché non dipende da cause esterne, non è legato ad avvenimenti che
ne giustificano l’esistenza a priori.
L’Ohel Moed, a
questo punto, è il luogo scelto da Dio per proteggere questa nuova consapevole
profezia di Moshè, questa crescita spirituale, questo nuovo dialogo intimo che
proprio nell’Ohel Moed trovano la propria difesa più forte.
Come afferma il
Midrash, Yalkut Shimoni Bemidbar 687, “ Dio ha protetto i figli di Israele
comandando loro di costruire un tabernacolo per Lui dove poter risiedere in
mezzo al loro.”
Se prima dell’Ohel Moed
Dio incontrava Moshè e quindi gli ebrei per mezzo degli eventi della Storia,
dall’Ohel Moed in poi il loro incontro è privato, salvaguardato ed indipendente
dalla Storia.
Dal sito Morasha riporto questa
riflessione molto bella di rav Shlomo Riskin, che lega questa prima parashah del libro
di Bamidbar (Numeri) alla vicina festa di Shavuot (Pentecoste)
Traduzione a cura di DGB
Efrat, Israele - Per quanto posso ricordare,
l'ebraismo ortodosso è stato sempre percepito dalla maggior parte del mondo -
perfino dal mondo ortodosso stesso - come uno stile di vita conservatore,
protetto, antiquato, che non desidera assumersi dei rischi per affrontare
nuove sfide e che preferisce ritrarsi nel proprio guscio come una tartaruga.
Un commento midrashico alla parashà
di questa settimana, Bamidbar, sottolinea un aspetto genealogico riguardante
Nahshon, principe della tribù di Giuda, il quale rifiuta l'idea che un
esistenza conservatrice e priva di rischi sia un valore autentico della Torà.
Questo valore non può certo essere trovato in Nahshon , noto come l'uomo
coraggioso che ha rischiato la propria vita gettandosi nel Mar Rosso, quando
gli Ebrei fuggiaschi vi ci si trovarono, inseguiti dai carri egiziani; è stato
infatti solo dopo che egli ha dimostrato la sua forza d'animo e il suo coraggio
che il Signore ha fatto il passo successivo e compiuto il grande miracolo
della divisione del mare.
Il Midrash (riportato anche in B.T.
Bava Batra 91a) evidenzia il fatto che il coraggioso Nahshon aveva quattro
figli tra cui Elimelech, marito di Naomi, e Shalmon, padre di Boaz; Nahshon
pertanto era padre e zio di due importanti personaggi del Libro di Ruth che
leggiamo a Shavuot. Noi effettivamente non siamo soliti pensare al Libro di
Ruth come al 'libro di rischi ', ma ritengo che nel presentare un tale
genealogia, il Midrash voglia non solo sottolineare l'attitudine al rischio
che caratterizza questi discendenti di Nahshon, ma anche precisare quali tipi
di rischi sono considerati favorevolmente dalla Torà e quali no .
Il fatto è che il coraggio e l'attitudine
al rischio - oppure no - può essere comunque visto come un tema di fondo
dell'intero libro di Bamidbar. Il quarto libro della Torà riporta la storia
dei quaranta anni in cui gli Ebrei vagarono nel deserto. All'inizio del libro
non sappiamo ancora che il popolo sarebbe stato punito e costretto a vagare
per quaranta anni, ma alla fine è chiaro che il popolo ebraico aveva fallito
la sua prima importante prova. Quando le spie ritornarono con un rapporto
spaventoso sulla Terra Promessa e sulla possibilità di conquistarla [Numeri
13-14], gli Ebrei dimostrarono una totale mancanza di decisione, fede e
coraggio. Essi gemettero, tremarono, supplicarono di non continuare la
missione. A quanto pare si erano abituati alla vita salva e sicura nel deserto
- la manna che costituiva la loro razione quotidiana di cibo, una nuvola di
giorno e una colonna di fuoco la notte per dirigere il loro viaggio - per
rischiare l'ignoto rappresentato dalla conquista e dall'insediamento in
Israele.
La Torà tuttavia vuole che gli
Ebrei si comportino con coraggio, che facciano la prima mossa, coraggiosa e
magari pericolosa, concomitante con l'indipendenza e la responsabilità.
Nahshon alla riva del Mar Rosso brilla come l'antitesi alla codarda
generazione del deserto. Grazie alla sua fede e audacia, il popolo fu salvato.
Il Gaon di Vilna, infatti, sottolinea che la Torà descrive gli Ebrei che
entrarono inizialmente " in mezzo al mare all' asciutto " (Esodo
14:22), e dopo " all'asciutto in mezzo al mare" (ibid. 29). La
descrizione iniziale si riferisce a Nahshon e ai suoi seguaci, che rischiarono
le loro vite gettandosi nell'acqua turbolenta; D-o ha fatto un miracolo per
loro, dividendo le acque per ottenere terra asciutta e servendosene come un
muro (homà) sulla loro destra e sinistra. La seconda descrizione si riferisce
al resto degli ebrei che entrarono solo dopo che apparve la terra asciutta;per
loro le acque diventarono un muro - ma questa volta scritto senza la lettera
'vav' e può anche leggersi hemà, che significa rabbia.
La notevole capacità di Nahshon di
prendersi dei rischi - in contrasto con la maggior parte della generazione del
deserto- è stata trasmessa ai suoi figli e nipoti. Il Libro di Ruth, infatti,
termina con i nomi di dieci generazioni da Peretz (figlio di Giudà) al Re
David, e Nahshon appare proprio nel centro, la figura centrale tra l'età dei
patriarchi e la generazione del futuro messia del popolo ebraico. Ma mentre
Nahshon e Boaz sono lodati per la loro attitudine al rischio, Elimelech sembra
venir ripreso per la sua.
Quando una carestia terribile
discese su Betlemme in Giuda, la patria di Elimelech, egli fece i bagagli e
con la sua famiglia decise di iniziare una nuova vita nella terra di Moab.
Indubbiamente, questo gesto dimostrò il coraggio di Elimelech, la capacità di
rischiare l'ignoto in uno ambiente estraneo. Ma la sua motivazione era
l'avidità; egli rifiutava di condividere il suo patrimonio con uomini morenti
di fame e desiderava lasciare la sua patria e le sue radici ancestrali per
amor di ricchezza. Da qui la tragedia. Elimelech morì e i suoi figli-
logicamente- sposarono donne moabite. La sua progenie morì anch'essa , facendo
sì che Elimelech da un punto di vista ebraico abbia seminato e raccolto a Moab
solo l'oblio.
Boaz, invece, non lascia Betlemme
durante la carestia. E quando gli si presenta la possibilità di compiere un
atto d'amore e gentilezza per Naomi e di redimere la terra di Elimelech - così
come di sposare la straniera- convertita Ruth - Boaz lo fa, si assume
l'obbligo finanziario e prende su di sé il rischio sociale implicato nel
matrimonio. E il discendente da questa unione risulta essere nientemeno che Re
David, da cui parte la futura discendenza messianica.
Il rischio di Elimelech era basato
sull'avidità e implicava l'abbandono della sua terra e della sua
tradizione;finisce con la sua morte e distruzione. Il rischio di Boaz si
basava sull'amore e sull' affetto ed ebbe come risultato la redenzione. La
dialettica Elimelech - Boaz è il tema perenne del mondo ebraico. Il rischio è
positivo e perfino obbligatorio dal punto di vista ebraico. La domanda che ci
dobbiamo porre è la sua motivazione, perché è questa che determina il
risultato.
Shabbat Shalom!
Altri commenti sulla parashah settimanale sul sito ChabadRoma,
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah
Bamidbar in Breve
Il Sign-re
dice di fare un censimento delle dodici tribù d’Israele mentre sono nel
deserto. Moshè conta 603,550 uomini in età di leva tra i 20 e i 60 anni; la
tribù di Levì invece viene contata separatamente e include 22,300 maschi da un
mese in poi. I Leviti dovranno fare servizio nel Tabernacolo al posto dei
primogeniti che sono esclusi dal servizio a causa del peccato del Vitello
d’Oro. I 273 primogeniti che non hanno un Levita per rimpiazzarli sono tenuti
a pagare un riscatto di cinque shekel per riscattare se stessi.
Quando il
popolo leva le tende i tre clan dei Leviti smontano e trasportano il Santuraio
per poi rimontarlo nel centro del prossimo accampamento. In seguito essi
erigono le loro tende intorno ad esso, quelli del gruppo di Kehàt, che
trasportano sulle loro spalle l’arca, la menorà ecc coperti con i loro rivestimenti
speciali si accampavano a sud; quelli del gruppo di Ghershòn che si occupavano
delle tappezzerie e delle coperture del tetto, ad ovest e le famiglie di
Merarì, che trasportavano i pannelli delle mure ed i pilastri a nord. Moshè,
Aharòn e i suoi figli si accampavano davanti all’entrata del Tabernacolo, ad
est.
Oltre al
cerchio dei Leviti, le dodici tribù si accampavano in gruppi di quattro che
includevano tre tribù. Ad est c’era Yehudà (pop. 74,600), Issachàr (54,400) e
Zevulùn (57,400); a sud Reuven (46,500), Shim’on (59,300) e Gad (45,650); a
ovest Efraim (40,500), Menashé (32,300) e Binyamìn (35,400) e a nord, Dan
(62,770), Asher (41,500) e Naftalì (53,400). Questa formazione veniva
mantenuta anche durante I viaggi. Ogni tribù aveva il proprio nassì (principe
o leader) e la propria bandiera con il colore e l’insegna della tribù.
Haftarah in Pillole
Il numero
dei figli di Israele sarà grande, come i granelli di sabbia non si potrà
contarli. Ora si dice che essi non sono veramente il popolo del Sign-re,
invece in futuro si dirà Figli del D-o Vivente. Si raduneranno i figli del
regno di Giuda e quelli di quello di Israele – si fa riferimento ai due regni
dopo la scissione avvenuta dopo il re Salomone – e ci sarà un solo capo su di
loro. Sarà un grande giorno per Izr’eel (nome del popolo di Israele).
Il Sign-re
invoca il popolo a ribellarsi contro l’idolatria e a ritornare verso di Lui.
Viene fatto l’esempio di una madre (cioè il regno di Israele) che si sia
prostituita e abbia commesso adulterio (cioè commesso idolatria) contro suo
marito (cioè D-o) che la caccia e non la vuole più, tanto che la ripudia come
moglie, e le annuncia pene severe per i suoi gesti immorali, fino a che
ammetterà che sono il frutto dei suoi amanti (le divinità pagane). Poiché la
moglie adultera non sapeva che il pane e il vino provenisse dal marito,
quest’ultimo la priverà della farina e del mosto così che si renda conto chi
fosse a mantenerla. Poi la condurrà nel deserto (in esilio) per parlarle al
suo cuore e restituirle le sue vigne e i suoi campi. Così moglie e marito si
ricongiungeranno, e lei chiamerà il marito ishì e non più ba’alì – due termini
analoghi per dire marito, siccome si sarà staccata così tanto dall’idolatria
non vorrà usare neanche una parola che possa ricordare la divinità pagana
(Ba’al) – in quel giorno il Sign-re farà un patto anche con tutti gli animali
perché non ci siano più strumenti di guerra ne distruzione. Trionferà il
diritto, la giustizia e la misericordia.
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