Parashat Behar Sinay: Vayikrà (Levitico) 25,1-26,2
Parashat Bechukkotai: Vayikrà (Levitico) 26,3-27,4
Haftarah: Geremia 16,19-17,14
Nota: poiché spesso Bear Sinai e Bechukotai vengono lette insieme, molti dei commenti ad Bear Sinai,
indicizzati qui sopra, si riferiscono anche a Bechukotai.
Il commento alla parashah settimanale di rav Pinchas Punturello
Immagine dal blog Hearing Shofar
Parashà Behar Sinai
La distribuzione delle
ricchezze
La parashà di Behar Sinai
richiama il concetto della shemittà e dello yovel che è già presente nell’Esodo
cioè nella parashà di Mishpatim ( Esodo 23 10-11). Nel Levitico 25, 1-13,
questo precetto è definito nell’ambito del conteggio del ciclo dei sette anni
di produzione e lavoro, il cui settimo anno era appunto di sospensione del
lavoro, shemittà, e del ciclo di sette volte sette anni che si concludevano con
il giubileo, lo yovel, momento anche di sospensione ma non solo dal lavoro
agricolo o produttivo che fosse.
In sostanza
durante il settimo anno all’ebreo è comandato di non lavorare la terra ed allo
stesso tempo di considerare ogni prodotto spontaneo della stessa come hefker,
ovvero, come prodotto non legato ad alcun proprietario. Il senso di questo mitzvà
comporta un grande sacrificio ed una profonda fede in Dio, perché proprio
attraverso l’abbandono del ciclo produttivo per un intero anno l’ebreo si educa
a moderare il senso del possesso, l’affanno dell’accumulo di beni e di
capitali.
Il precetto dello yovel,
del giubileo, porta con sé un nuovo senso di abbandono che non è solo riferito
ai campi. Durante il giubileo la terra tornava ai legittimi proprietari, alle
tribù originali, così come gli schiavi venivano liberati.
Di fatto
nell’antico Israele non esisteva il senso del possesso eterno di una terra,
così come non esisteva la servitù perpetua: esisteva un costante ciclo di
ritorno economico e di riequilibrio della società ogni cinquanta anni, così
come ogni sette anni il senso della produzione e del lavoro erano sospesi,
interrotti per dare spazio alla fiducia, alla fede ed al senso del limite
produttivo.
Insegna Rav
Chaiim David HaLevi, già rabbino capo di Tel Aviv-Jaffo: “Ci sono coloro che
sostengono che la Torà di Hashem non può rispondere alle domande moderne che
sorgono nella società attuale e che non c’è nella Torà di Hashem soluzione ai
problemi sociali ed economici, politici e simili. La verità semplice è che la
maggior parte dei problemi che infastidiscono la società moderna possono
trovare una soluzione halachica valida per ogni generazione[…]”.
Di fatto le
mitzvot della shemittà e dello yovel sono un suggerimento, un invito ad una
riflessione ed un nuovo pensiero sul senso della proprietà e della ricchezza
all’interno delle nostre società moderne.
Un pensiero che
impegnava già la riflessione di Rav Shimshon Refael Hirsch, rabbino capo di
Francoforte morto nel 1888, che scriveva: “ La restituzione delle terre ai
proprietari originali o agli eredi esiste per prevenire i conflitti di classe.
Essa difende le famiglie da un impoverimento totale e costante, dall’eccessivo
accumulo di beni da parte di pochi. Non si è mai creata una classe di ricchi
proprietari terrieri all’interno di poveri che mancano di terra e dipendono da
essi, per questo una volta ogni cinquanta anni torna la terra alla divisione
originale.”
Come vediamo, i
precetti legati alla terra ed al Giubileo, contenevano richiami spirituali e
morali, così come un forte aspetto sociale di equilibrio e di antidoto per
società oligarchiche e con una totale assenza di distribuzione delle ricchezze
e di politiche sociali per le classi meno fortunate.
Immagine dal sito Jewish Leadership
La Torà non è solo un sistema di idee che ha la sua
funzione in un mondo di concetti astratti. Al contrario, le idee della Torà
devono essere messe in pratica lungo il cammino della vita, la terra, la
nazione. L’obiettivo delle leggi della Torà è quello di costruire una società
umana perfetta nella terra che fu scelta per questo scopo. La nostra parashà ci
insegna della mitzvot hatluiot baaretz, delle mitzvot che dipendono dalla
terra, come a dire quelle mitzvot il cui significato dipende dal fatto di
abitare in terra di Israele, costruendo una società organica che possegga un
sistema di leggi relative alla agricoltura, la società, la giustizia.
Le leggi della Shemittà, l’anno durante il quale la
terra deve riposare ed i suoi frutti sono di proprietà pubblica, possiede un
valore religioso di grande valore, anche rispetto ai valori sociali ed umani
che rappresentano, come l’aiuto ai poveri e lo sviluppo di elevate qualità
umane, tra le quali la carità e la generosità.
Lo Yovel, il cinquantenario, l’anno del Giubileo,
ha come obbiettivo il restituire l’uguaglianza economica del popolo ebraico
nella sua terra. La terra inizialmente fu divisa in parti uguali tra tutti i
figli di Israele in modo che nessuno dovesse dipendere dall’aiuto degli altri.
Senza dubbio, con il passar del tempo, alcuni persone si videro obbligate a
vendere la loro terra per necessità finanziarie e questo fu causa della
scomparsa dello stato di uguaglianza economica. Durante lo Yovel, la Torà
si preoccupa di restituire la Terra ai suoi proprietari originali, tornando in
questo modo ad una situazione nella quale esiste uguaglianza tra i lavoratori
della terra. Ogni cinquanta anni, si ha quindi la restituzione della terra ai
suoi proprietari terrieri ed anche, durante questo anno, gli schiavi tornano
alla libertà.
Secondo questa mitzvà non si può creare una
situazione nella quale si accumuli la terra solo nelle mani di un individuo per
un lasso di tempo troppo prolungato, così come non si può lasciare una persona
sprovvista della sua terra per sempre. In questo modo anche se un individuo si
vede obbligato a vendere i propri possedimenti a causa di indigenza, questa
vendita non sarà mai definitiva ma solo effettiva fino al prossimo Yovel,
quando tutte le terre torneranno ai loro proprietari originali.
Senza dubbio, questa uguaglianza economica può
essere pubblica una sola volta in cinquanta anni. Tra lo Yovel ed un altro
Yovel esiste la possibilità che nascono nel popolo ebraico due classi sociali:
la classe dei ricchi, che hanno grandi possedimenti di terre e quelle dei
poveri, che sono diventati sprovvisti della terra dei propri antenati. Questa
situazione poteva anche essere causa di uno scisma all’interno del popolo, con
un conseguente sentimento di superiorità dei ricchi nei confronti dei poveri e
la sensazione di umiliazione di questi ultimi. La Shemittà esiste quindi come
mezzo di uguaglianza psicologica del popolo ebraico.
Durante l’anno della shemittà, una volta ogni sette
anni, non esiste alcun possesso sulla terra. La terra torna al suo Creatore.
Durante tutto l’anno sabbatico la terra non ha proprietario. In questo
modo, i ricchi sentono che i loro possedimenti non sono eterni ed il povero
comprende che la sua povertà avrà fine. Sette volte, durante il conto dei
cinquanta anni dello Yovel, ogni sette anni, si annullano i debiti monetari, e
la terra non si lavora per un intero anno. Tutto quello che la terra produce
durante questo anno è diviso in maniera ugualitaria tra tutti i cittadini di
tutte le classi sociali. Durante i cinquanta anni dello Yovel, ogni cittadino
gode di sette anni di permesso di pagamento, in forma simile all’anno sabbatico
che conosciamo nella società contemporanea.
Durante l’anno della shemittà, la terra non può
essere coltivata dal suo proprietario perché diventa proprietà pubblica e gli
schiavi sono liberati. Durante lo Yovel tutta la terra torna ai suoi
proprietari originali e scadono i prestiti che furono fatti fino a questo
giorno.
Una delle caratteristiche del lavoratore è la sua
necessità pratica d affettiva di avere una relazione con la terra.
L’agricoltore più di ogni altro lavoratore è molto legato alla fonte del suo
sostegno alla terra. Senza dubbio ogni sette anni la Torà gli ordina di
separarsi dalla fonte del suo sostegno perché si possa concentrare su se
stesso. Il principio che sta alla base dei precetti della shemittà e del yovel
è l’interruzione del lavoro per la shemittà ed il ritorno delle terre ai
proprietari originali per lo Yovel, ovvero il possesso divino della terra e
dell’universo.
Nei versetti di questa parashà, ed in altri testi
biblici, si dichiara il regno assoluto del Creatore. Lo si benedice per
la creazione del mondo, per il suo sostegno e rinnovo. Dio ha donato questo
mondo all’uomo come dono in garanzia, l’uomo è a capo di questo mondo in forma
temporanea. In altre parole il possesso dell’uomo rispetto alle sue terre non è
assoluto: tutto il mondo è un possesso di Dio. Tutte le ricchezze ed i
possedimenti dell’uomo sono stati donati da Dio in forma temporanea e solo perché
si compiano alcuni propositi. Nel mondo moderno esistono due sistemi economici;
il capitalismo ed il comunismo. Il primo sistema si propone di basare la
società sul diritto dell’individuo di aumentare il proprio capitale privato
sulla base della libero mercato e come premio per la libera iniziativa. Questo
sistema crea un individuo che si arricchisce oltre misura sulla base
dell’accumulo di beni materiali. Il secondo sistema crede invece che il cammino
per giungere alla felicità umana si trovi nella concentrazione di tutte le
ricchezze e la terre nelle mani di un solo organismo: lo Stato, che è
incaricato di valutare le necessità dei cittadini e dividere tra loro gli
elementi necessari per il loro sostentamento. Entrambi i sistemi sono
nobili nelle loro teorie ma sono falliti nella pratica, perché per ragioni
politiche ed economiche non sono stati capaci di raggiungere l’uguaglianza dei
cittadini. Nella nostra parashà troviamo una risposta interessante e
rivoluzionaria rispetto alla questione centrale della società umana: come
rompere il circolo vizioso dello sfruttamento e riparare al danno attraverso il
raggiungimento della giustizia. Il principio del sistema egualitario ciclico
espresso nei precetti della shemittà e dello Yovel è il seguente: tutti meritano
la sussistenza, opportunità che è data a tutti attraverso l’uguaglianza
ciclica. La base di questa uguaglianza consisne in una ripartizione basica ed
uguale. Tutte le terre ed i mezzi di produzione furono divisi in maniera uguale
senza preferenze. Ogni famiglia del popolo di Israele ricevette una porzione
della terra di Canaan quando arrivarono in essa, in forma proporzionale al
numero di membri di goni famiglia. Il punto di partenza fu uguale per tutti.
Senza dubbio, è naturale che durante il ciclo di cinquanta anni, in un sistema
di economia liberale, si creeranno differenze economiche ed esisteranno
individui che si arricchiranno, mentre altri scenderanno nella scala sociale.
Attraverso il sistema ugualitario ciclico, queste differenze non permarranno
per sempre, se non che in un determinato momento, si creerà lo stesso livello
per tutti gli individui e spariranno le classi sociali. Ogni cinquanta anni, le
terre, i mezzi di produzione, tornano ai loro proprietari originali e tutti
iniziano un nuovo ciclo di cinquanta anni di economia libera in condizioni di
uguaglianza. In questo modo si rinnova l’uguaglianza una volta ogni cinquanta
anni in forma ciclica.
Se guardiamo alle leggi della shemittà e dello
yovel in forma moderna, è possibile definirle come una riforma agraria dal
carattere rivoluzionario. In maniera totale ed automatica e senza pagamento
alcuno, le terre sono prese dai loro proprietari attuali per essere date ai
proprietari originali. Quando un uomo comprava un campo, in realtà, sapeva di non
comprarlo per sempre, se non per un periodo di tempo equivalente agli anni che
mancano fino allo Yovel.
Una delle caratteristiche della esistenza umana è
la distanza ed il vuoto che si produce tra gli obbiettivi morali della vita e
le realtà della vita. Per riempire questo vuoto è necessario fare delle
interruzioni prestabilite che possano rinnovare i valori basilari della nostra
vita, sia in senso morale che religioso. La shemittà e lo yovel rappresentano
questa interruzione, che hanno come obiettivo il rinnovamento della uguaglianza
economica, psicologica e sociale.
Altri commenti sulla parashah settimanale sul sito ChabadRoma,
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah
Immagine dal sito Adventures in Tefillah
BeHar Sinay - Bechukotai in Breve
Il
Sign-re comunica le leggi dell’anno sabbatico a Moshè, sul monte Sinai. Ogni
sei anni si dovrà cessare di lavorare la terra e i prodotti saranno a
disposizione di chiunque durante il settimo anno.
Dopo
sette cicli di sette anni ciascuno, ricorre il giubileo, yovèl, durante
il quale non si lavora la terra, gli schiavi vengono liberati e le proprietà
ancestrali vendute tornano in possesso dei proprietari originari. La parashà
elenca anche le leggi riguardanti la vendita di terreni e le proibizioni contro
la frode e l’usura.
Il
Sign-re promette che se il popolo d’Israele osserverà i Suoi comandamenti, essi
godranno di prosperità e vivranno nella loro terra in pace. Il Sign-re
ammonisce che colui il quale si azzardi a rescindere il patto stretto con D-
sarà punito con l’esilio, persecuzioni e altre pene. Ciononostante, “Anche quando essi si troveranno in terre nemiche,
Io non li rinnegherò né li
aborrirò per distruggerli…poiché Io sono il Sign-re, loro D-o”.
La
parashà termina con un elenco di regole per il calcolo del valore delle varie
promesse fatte al Sign-re.
Haftarah in Pillole
La
haftarà parla delle punizioni che verranno date a chi disubbidisce la legge di
D-o e le benedizioni che coloro che seguiranno la volontà del Creatore
meriteranno, questo argomento segue il tema della parashà che si dilunga nel
descrivere le benedizioni e le maledizioni.
Il
profeta Geremia rimprovera il popolo d’Israele per le loro azioni idolatre e
per non aver avuto fiducia in D-o. Egli trasmette le parole di collera Divina
verso coloro che non ripongono la loro fiducia in Lui, profetizzando l’esilio come
punizione, e le benedizioni per coloro che invece hanno fiducia in Lui.
“Maledetto
sia l’uomo che ha fiducia nel uomo e fa affidamento sulla carne mortale per la
sua forza e il cui cuore si svia da D-o. Egli sarà come un albero solitario nel
deserto e non vedrà quando il bene verrà, e dimorerà in una terra riarsa nel
deserto, sulla terra inzuppata di sale che non è abitabile. Benedetto sia
l’uomo che ha fiducia in D-o, per il quale D-o sarà la sua fede. Poiché lui
sarà come un albero piantato vicino all’acqua, e che propaga le sue radici
fuori nel ruscello di modo che non colpito quando verrà il caldo, e le sue
foglie saranno Verdi e l’anno di siccità non sarà apprensivo, nè cesserà di
produrre frutti”.
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