Tra tante leggende e "misteri", leggiamo da "HaKeillah", rivista della Comunità ebraica di Torino, la storia di San Nicandro narrata da una studiosa che da quella comunità ha avuto origine.
Segue una recensioni (sempre dalla stessa rivista) e indicazioni bibliografiche sul libro-cd che raccoglie i canti della Comunità di San Nicandro.
Le immagini del beth-knesset di San Nicandro le ho fatte quando vi ho passato i due bellissimi giorni a Rosh-haShanah in amicizia e familiarità.
Le immagini del beth-knesset di San Nicandro le ho fatte quando vi ho passato i due bellissimi giorni a Rosh-haShanah in amicizia e familiarità.
Intervista
a Grazia Gualano,
ricercatrice di storia dell’ebraismo sannicandrese
ricercatrice di storia dell’ebraismo sannicandrese
a cura di Sergio Franzese
La vicenda
è, o perlomeno dovrebbe essere, abbastanza nota nell’ambiente ebraico, ma tanto
vale accennarne a grandi linee per poi mettere a fuoco alcuni aspetti
dell’attualità.
Nel pieno
di un’Italia fascista e clericale (ma come potremmo definirla quella di oggi?)
un bracciante pugliese di nome Donato Manduzio ricevette in dono da un suo
compaesano una Bibbia, che questi aveva ottenuto da un predicatore
pentecostale. Manduzio, privo di istruzione scolastica ma amante della lettura,
scoprì in questo modo l’esistenza e le vicissitudini del popolo ebraico, che
credeva ormai estinto. Avendo maturato la certezza, anche attraverso
l’interpretazione di alcuni sogni, di essere stato scelto per comprendere il
messaggio salvifico contenuto nella Torah, iniziò a seguirne scrupolosamente le
prescrizioni. Donato Levi Manduzio, come aveva stabilito di chiamarsi, levita
non per appartenenza ma per “elezione divina”, incominciò così a celebrare lo
Shabbat e le feste ebraiche ed a radunare intorno a sé un crescente numero di
persone. Quando venne a sapere da un forestiero che gli ebrei non erano
scomparsi e che esistevano addirittura diverse comunità sparse per l’Italia,
Manduzio iniziò a stabilire con queste dei contatti. I rapporti furono dapprima
infruttuosi ed in certi momenti anche conflittuali, ma infine condussero questa
piccola comunità (che nel frattempo era venuta in contatto anche con soldati
volontari ebrei della Palestina Mandataria giunti in Puglia nel 1943) verso una
piena integrazione in seno all’ebraismo. Nel 1946 il Beth Din di Roma accolse
ufficialmente gli adepti e procedette alla milà di 13 uomini; negli anni che seguirono, tra il 1948 ed il
1950, la maggior parte degli ebrei di Sannicandro (circa 70 persone) fece l’aliyah. I discendenti di quei
convertiti vivono tuttora con le loro famiglie in Erez Israel.
A
Sannicandro Garganico, quasi ottanta anni e cinque-sei generazioni dopo, è in
corso un secondo risveglio ebraico che vede attualmente coinvolte una
cinquantina di persone.
Le domande
che seguono le abbiamo rivolte a Grazia Gualano, ebrea e studiosa dell’ebraismo
sannicandrese.
Potresti raccontarci che cosa accadde alla comunità
di Sannicandro Garganico dopo che, tra il 1948 ed il 1950, quasi tutti i suoi
membri emigrarono in Israele?
Agli inizi del 1948, da
Sannicandro Garganico, partirono circa in 70 (la maggior parte della comunità)
spinti dal grande desiderio di andare nella Terra Promessa che D-o aveva dato
al suo popolo. Particolare curiosità ha destato l’opposizione di Donato
Manduzio a tal proposito, infatti nel suo Diario e dalle testimonianze
pervenuteci dagli ebrei di Sannicandro ancora in vita in Israele, egli esprime
con particolare chiarezza di non volere, in quel periodo, che i membri della
comunità andassero in Israele dicendo: “ Non è questo il momento giusto per andare
in Israele, arriveranno momenti migliori e allora potrete andare ed inoltre io
penso che se noi siamo nati qua, in questo periodo, vuol dire che un motivo
deve esserci e che vi è un disegno Divino”. Queste parole però non furono
ascoltate dalla comunità che subito dopo la morte di Manduzio partì in più
ondate. Dovevano andare via tutti e con loro sarebbe andato via l’ebraismo da
Sannicandro Garganico, questo piccolo paesino di circa 20.000 uomini. Ma per
alcuni problemi e disguidi restarono quattro donne, tra le quali la moglie di
Manduzio, ed ecco riecheggiare nella mia mente le parole di Manduzio “se noi
siamo qui un motivo deve esserci” perché, pensate, queste quattro donne fecero
rinascere e rifiorire una comunità che attualmente conta circa 40-50 membri che
con grande fede hanno continuato ad osservare lo Shabbath e le festività,
educando i loro figli nell’ebraismo e tramandando di generazione in generazione
il grande amore per D-o Benedetto e per l’osservanza dei suoi precetti.
In che modo la storia degli ebrei di Sannicandro
Garganico è stata raccontata da chi se n’è occupato e quali inesattezze
rispetto alla realtà storica hai potuto rilevare nei libri e negli articoli che
hai letto o nei programmi televisivi andati in onda?
Nel corso di questi ottanta
anni molti sono stati gli studiosi e i registi che hanno voluto narrare, a loro
modo, la storia di Donato Manduzio e dell’ebraismo a Sannicandro Garganico. Tra
i primi citerei uno dei testi che diede maggiore notorietà a questa storia, si
tratta di “San Nicandro. Un paese del Gargano si converte all’ebraismo” di
Elena Cassin. Sulla storia narrata non ho trovato tante inesattezze, poiché la
Cassin ebbe la possibilità di fotografare, copiare e revisionare tutto il
diario di Manduzio, ma avrei qualcosa da dire sui commenti che l’autrice fa
sulla storia stessa. Tanto per fare un esempio usa il termine “setta”, che
certamente non si addice né alla comunità di allora né tanto meno a quella di
oggi. Lo stesso termine fu usato a più riprese da molti altri studiosi,
giornalisti e via dicendo. Potrei citare il romanzo di Phinn E. Lapide, il
famoso generale W. Aron Phincas citato nel diario di Manduzio e che giunse a
Sannicandro Garganico con la brigata nel 1943 chiedendo a Manduzio la
possibilità di copiare tutto il suo diario per poter poi in futuro narrare
questa storia a tutto il mondo, pubblicato in Italia nel 1958 con il titolo
“Mosé in Puglia”; oppure potrei parlare del documentario “San Nicandro” di
Alexandra Pisar-Pinto e Pierre-Henry Salfati, prodotto nel 2002 dalla BBC,
realizzato con lo scopo di mostrare agli spettatori un racconto fuori dal
comune che purtroppo contiene diverse inesattezze. Potrei elencarne altri
ancora e dire alla fine che tutti coloro che hanno avuto modo di conoscere
questa storia dalle fonti dirette hanno saltato sempre una nota importante che
Manduzio stesso ha lasciato: “Qui si raccomanda al lettore di non macchiare
questa storia perché è la giusta parola di D-o”.
Oltre al volume Fonte di ogni bene ed al Cd [v. avanti] so che è in
preparazione un documentario che verrà presentato in occasione della prossima
Giornata Europea della Cultura Ebraica. Potresti parlarcene spiegandoci qual è
stato il tuo ruolo e quello della comunità ebraica sannicandrese alla realizzazione
di entrambe le iniziative?
Nel primo progetto,
ovvero la realizzazione del libro “Fonte di ogni bene” realizzato con il
contributo dell’Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia e
dell’U.C.E.I. e curato da Francesco Lotoro, caro amico della comunità, da Paolo
Candido e dal prof. Pasquale Troìa, alcuni membri della comunità hanno
contribuito con l’incisione di alcuni dei (quasi 150) canti nel Cd, ed io ho
fornito il materiale fotografico sia dei vari personaggi che dei testi
originali di Donato Manduzio in mio possesso. Differente è stato il contributo
che è stato fornito da me per la realizzazione del documentario “San Nicandro –
Sefat, il viaggio di Eti” realizzato con il sostegno dell’Apulia Film
Commission, un importante progetto che ha il fine di narrare attraverso il
viaggio di Eti la storia della comunità ebraica di Sannicandro Garganico, dove
ella si recherà per riscoprire le sue radici ebraiche e la terra in cui vissero
i suoi nonni. Eti è la nipote di Eliezer ed Esther Tritto, entrambi membri
della comunità ebraica Sannicandrese all’epoca di Donato Manduzio, che ebbero
un ruolo di primo piano nei tempi passati come lo ebbe in particolar modo il
bisnonno di Eti, Costantino Tritto. Poi vi è la testimonianza di Miriam e di
Yossi, suo figlio; Miriam era una delle figlie di Antonio Cerrone, un altro
membro della comunità che ebbe un ruolo importante insieme a Tritto. Miriam a
distanza di circa sessant’anni ritorna a Sannicandro ritrovando tutti i luoghi,
la casa in cui aveva vissuto, le tradizioni, i canti, il linguaggio e a mano a
mano che si ambienta ogni cosa le diventa sempre più famigliare. Vi assicuro
che vedere i suoi occhi pieni di lacrime nel momento in cui ricorda tutti i bei
momenti passati nella comunità ebraica sannicandrese è stata per me un’emozione
fortissima, mi sembrava di rivivere insieme a lei quelle sensazioni e quella
gioia. Alla fine ci sono io, che ho il compito di far ritrovare le radici ad
Eti e di far rivivere a Miriam e a suo figlio i momenti passati. Particolare importanza
avrà la lettura del “Diario di Donato Manduzio” che avverrà tra me ed Eti dando
rilievo al ruolo affidato alle nuove generazioni, tanto qui che in Israele,
ovvero di narrare e mantenere vivo il ricordo di questo splendido miracolo e
della nascita dell’ebraismo in questo piccolo paesino per opera di D-o, proprio
in un periodo in cui nel mondo il popolo ebraico stava per subire le peggiori
persecuzioni.
Quali sono i progetti legati alla conservazione
della memoria e volti a far conoscere la vostra storia a chi si reca in visita
a Sannicandro Garganico?
Se D-o vorrà quest’anno
con l’aiuto della Regione Puglia e del Comune di Sannicandro Garganico abbiamo
l’intenzione di aprire un piccolo museo ebraico che sarà strutturato in due
parti, la prima per far conoscere l’ebraismo, soffermandoci più sugli aspetti
religiosi, ossia come si prepara lo Shabbath, le varie festività e tutti gli
indumenti e oggetti annessi ad esse; la seconda, per testimoniare la nascita
dell’ebraismo a Sannicandro Garganico, conterrà documenti, immagini, testi ed
in particolar modo i Diari lasciatici da Manduzio. L’idea di un museo
strutturato in questo modo nasce dalle esigenze che nel corso degli anni
abbiamo riscontrato: la nostra comunità è stata punto di riferimento per molte
scuole e per molte associazioni culturali che hanno voluto conoscere sul
proprio territorio l’ebraismo sotto l’aspetto religioso più che sotto il
profilo storico, di cui già si parla nei testi scolastici. Questa impostazione
è dunque un modo per rispondere con grande piacere e nel migliore dei modi a
tutti coloro che da un lato sentono il desiderio di conoscere ciò che significa
essere ebrei e, allo stesso tempo, sono spinti dalla curiosità di saperne di
più sulle particolari origini dell’ebraismo a Sannicandro Garganico.
Quale tipo di rapporto vi lega oggi all’ebraismo
italiano e mondiale e quali sono le difficoltà pratiche che la vostra piccola
comunità deve affrontare?
Lo stesso rapporto che
lega tutti gli ebrei del mondo, l’amore per D-o Benedetto, per lo studio della
Torà e per l’osservanza dei precetti. Le difficoltà pratiche che la nostra
comunità deve affrontare sono difficoltà oggettive che toccano un po’ la
maggior parte degli ebrei in Italia ed in alcuni paesi. Da noi magari sono un
po’ più accentuate, ma non per questo insormontabili, e sono legate più
all’acquisto di prodotti kasher, in particolar modo la carne, oppure
particolari prodotti per Pesach. Comunque vada, grazie a D-o, riusciamo ad
organizzarci nel migliore dei modi cercando di soddisfare le esigenze di ognuno
e va sottolineato il fatto che viviamo anche in un territorio ricco di risorse
alimentari che provengono dai terreni, dai laghi, dal mare e che contribuiscono
a soddisfare il fabbisogno di molte famiglie.
A
conclusione di questa intervista a Grazia Gualano, che ringraziamo per la
disponibilità e per la testimonianza, è opportuno ricordare che la sorprendente
vicenda sannicandrese passa anche dalla nostra città. La comunità ebraica di
Torino fu infatti la prima a cui Donato Manduzio si rivolse dopo aver scoperto
che gli ebrei erano presenti in diverse città italiane. Il rabbino di quel
tempo gli rispose consigliandogli di prendere contatti con la comunità romana,
che poi si estesero a quella di Napoli competente per territorio.
Quella degli
ebrei di Sannicandro Garganico è dunque una storia che prosegue al di qua e al
di là del Mediterraneo e che ancora oggi non cessa di stupirci.
Canti di
risveglio ebraico a Sannicandro Garganico (1930-1945)
di S.F.
I canti composti tra il 1930 ed il 1945 da Donato
Manduzio e da altri membri della comunità neo-ebraica di Sannicandro Garganico,
pubblicati nel libro Fonte di ogni bene (Editrice Rotas, Barletta –
marzo 2009 – pp. 127 + Cd), ci riportano indietro nel tempo e ci conducono
verso luoghi inusuali. Il volume è curato da due musicisti, Francesco Lotoro e
Paolo Candido, e da uno studioso di musica biblica, Pasquale Troìa. Leggendolo
ed ascoltando gli inni eseguiti dalle donne ebree sannicandresi scopriamo
l’espressione di una fede in Dio e di una fedeltà alla Torah non tramandati midor
ledor, di generazione in generazione, ma frutto di un evento straordinario,
quasi un miracolo secondo qualcuno, una bizzarria della storia se analizzato
con occhi più disincantati.
I canti del risveglio ebraico, che troviamo
ordinati e descritti in questa raccolta, sgorgarono dal cuore di questa piccola
ed anomala comunità. La loro straordinaria semplicità impregnata di passione
testimonia una forma di ebraismo quasi caraitico, privo di tutta l’elaborazione
talmudica che connota la religione ebraica e che costituisce la base su cui si
è andato elaborando il suo pensiero nel corso dei secoli. Inni, canti e stornelli
sono ispirati a passi biblici, alcuni appaiono ispirati a sogni che diventano
strofe, ma tutti esprimono una fede autentica e genuina, in cui si manifesta
l’amore per Dio e per la Terra Promessa. In certi testi si possono forse
riscontrare affinità con inni in uso presso alcune chiese evangeliche che
legano la propria discendenza spirituale all’Antico Israele, mentre le melodie
ricordano talvolta arie devozionali di matrice cattolica, un accostamento che è
però da intendersi esclusivamente sotto l’aspetto lessicale e musicale e che
non comporta altre analogie sul piano spirituale. La vocalità si richiama alla
tradizione popolare dei contadini meridionali. Leggere le parole di ciascun
inno o canto direttamente dalla copia di quei documenti originali, scritti su
semplici fogli di quaderno con la grafia propria di chi ha imparato a scrivere
da sé e con errori grammaticali dovuti alle influenze dialettali, suscita
stupore e commozione. Il volume Fonte di ogni bene si sofferma su 11
canti, in parte gli stessi raccolti da Leo Levi, il musicologo che tra il 1954
ed il 1962 procedette per primo ad una classificazione dei canti in uso presso
le comunità ebraiche italiane. Per ognuno di essi viene presentato il testo
originale affiancato da una versione rielaborata oltre allo spartito musicale.
Le foto d’epoca riprodotte nel volume accompagnate dall’audizione del Cd
allegato, realizzato dall’Istituto di Musica Concentrazionaria di Barletta,
consentono al lettore di immergersi nel contesto in cui si svolse questa storia
straordinaria che ha quasi il sapore di una favola. Il seme piantato da Donato
Levi Manduzio continua a germogliare sino ai nostri giorni.
Editrice
Rotas, Barletta, 2009
Pagine 128
(f.to 16x23); 22 Illustrazioni
Il
repertorio musicale degli Ebrei sannicandresi costituisce attualmente un unicum
di inestimabile valore della tradizione popolare e religiosa ancora sconosciuto
nel panorama culturale e musicale italiano.
I
canti di risveglio ebraico sannicandrese sono giunti intatti sino ad oggi,
subendo solo limitatamente alcune piccole variazioni di testo e arricchendosi
di ulteriori melodie.
L’attuale
comunità è un punto di riferimento non soltanto della vita ebraica pugliese ma
anche del vissuto storico dei Paesi del Mediterraneo, capaci come pochi altri
contesti socio-geografici di offrire simili risorse del pensiero e dello
spirito umano.
Musica
Judaica, Istituto di Letteratura musicale concentrazionaria con sede in
Barletta, ha raccolto e catalogato testi e musiche degli inni e canti di
risveglio ebraico scritti dal Manduzio e dai suoi correligionari.
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