Personalmente non vedo in questo evento né una spinta conservatrice (non c'è molto da "conservare" nell'ebraismo meridionale, vista la sua giovinezza nella forma attuale e le sue dimensioni numeriche), né rivoluzionaria, altra categoria che non mi sembra pertinente alla situazione.
Fa comunque piacere vedere l'interesse sempre maggiore intorno all'ebraismo del Sud, e speriamo che questo interesse si trasformi presso in apprezzamento, incoraggiamento e magari aiuto: sta a noi saperceli meritare!
Dal sito della Comunità ebraica di Roma
Ebrei del Sud Italia, un fenomeno quasi sconosciuto
Pierpaolo Pinhas Punturello
Si
sono tenuti dal 2 al 4 novembre a Brindisi gli Stati generali degli ebrei dell’Italia meridionale.
Una presenza ebraica che oggi ha del rivoluzionario ma dovrà sapersi evolvere
Una presenza ebraica che oggi ha del rivoluzionario ma dovrà sapersi evolvere
Proprio mentre il DEC, uno dei dipartimenti dell’UCEI, cioè dell’Istituzione che rappresenta gli ebrei d’Italia, annullava per scarsa partecipazione uno Shabbaton organizzato a Vercelli, in Puglia, a Brindisi, partiva dal 2 al 4 novembre, uno Shabbaton che
non è stato organizzato da nessuna istituzione ebraica ma che ha visto
il suo senso e la sua genesi nella volontà di alcune famiglie ebraiche
pugliesi: uno Shabbaton voluto ed organizzato dalla volontà popolare.
Questo bisogno ebraico di base (così
sarebbe stato definito in un collettivo studentesco di sinistra almeno
fino agli anni ’90) ha voluto chiamare questo appuntamento con il titolo
di “Stati Generali degli Ebrei dell’Italia Meridionale” ampliando
quindi la riflessione, il dibattito, le conclusioni ed i progetti verso
tutto il Sud ebraico del quale sappiamo davvero poco in termini reali.
Colpisce ad uno sguardo storico la
scelta del titolo di questo convegno autoctono: “Stati Generali degli
Ebrei dell’Italia Meridionale”. Colpisce proprio l’uso del termine:
“stati generali”.
Nella storia occidentale questi erano un
organo di rappresentanza dei tre ceti sociali, clero (sic!),
aristocrazia e popolo, presenti nello Stato francese prima della
rivoluzione del 1789. Un organo ben radicato nell’ancienne regime
con una connotazione storica classista. Un organo di origine feudale
che aveva il compito di limitare il potere monarchico ma non godeva di
nessun diritto di partecipazione al potere stesso. Un organo la cui
ultima riunione è avvenuta proprio nel maggio del 1789 e che è stata
l’occasione per il Terzo Stato, la popolazione urbana e rurale, di
proclamarsi l’unico vero rappresentante della Francia assumendo il nome
di Assemblea Nazionale e dando inizio e forma a quella pagina di storia
occidentale che ha influenzato ed influenza profondamente le nostre
democrazia e la loro organizzazione.
Non sappiamo, ad oggi, comprendere se il
richiamo agli Stati generali rispetto allo Shabbaton brindisino abbia
il sapore di una volontà conservatrice o piuttosto di una spinta
rivoluzionaria, che ben venga se davvero esistono i motivi ed i numeri
per una evoluzione, piuttosto che una rivoluzione, e se questa stessa
evoluzione si sviluppi all’interno della eredità ed identità democratica
dell’ebraismo italiano, che non ha bisogno di una ulteriore frattura,
né da Est, né da Ovest, né da Nord e né tantomeno dal Sud.
L’assenza di una partecipazione UCEI a
livello istituzionale, al di là delle dimostrazioni di affetto personali
come quella dell’artista Tobia Ravà che ha permesso
l’uso di una sua opera come simbolo e copertina del convegno, potrebbe
indurci a pensare che di fatto gli Stati Generali degli Ebrei del Sud
abbiano avuto nella loro definizione politica una direzione molto vicina
a quella della Assemblea Nazionale, embrione e culla della rivoluzione
francese. Ciò che però diede al Terzo Stato francese la possibilità di
proclamarsi “Assemblea” furono i numeri, dato che forti della loro
maggioranza i deputati del Terzo Stato non accettarono più il sistema di
voto per ordine ma lo preteso per “teste”, per numero di presenze.
In questa meravigliosa rinascita nel
Sud, che passa di bocca in bocca e di merito in merito, vero o presunto
che sia, tra rabbanim italiani, rabbanim stranieri, italoamericani,
ortodossi, riformati, educatori, presidenti, uomini, donne, simpatici,
antipatici, belli, brutti, alti, bassi, magri, grassi…insomma in tutto
questo parlare di cambiamenti epocali e ritorni commoventi all’Ebraismo,
quanti sono gli ebrei del Sud? Quanti sono coloro che stanno seguendo
un percorso di ghiur? Quanti sono coloro che si sono convertiti con un
bet din ortodosso? Quanti sono coloro che, invece, hanno seguito un
percorso non ortodosso ma che comunque, de facto, sono parte di una
realtà ebraica che non possiamo ignorare? Insomma, quando parliamo di
ebrei del Sud, quando leggiamo di ebrei del Sud, quando invochiamo, ci
appelliamo, ci gloriamo, ci nutriamo e costruiamo molto del nostro
lavoro sugli Ebrei del Sud, di cosa stiamo parlando?
Di fatto questa serie di domande non ha
una chiara risposta: tutto è nebuloso, poco definibile e poco definito
nonostante l’obiettivo lavoro dell’UCEI, della Comunità di Napoli e di
Shavè Israel. Se per ipotesi un ebreo ortodosso di Gerusalemme partisse
per una vacanza nel Sud Italia, dove troverebbe minian per Rosh HaShanà?
A Siracusa? A Palmi? A Palermo? A Brindisi? A Trani? A Sannicandro? Perdonatemi
ma non so darvi una risposta e sono certo che in questo momento storico
non esista questo tipo di risposta. Se, invece, per ipotesi si
trattasse di un ebreo non ortodosso, diciamo un americano conservative
che conta per minian anche le donne, dove troverebbe il suo
minian? Insomma dove esiste una reale vita ebraica nel Sud che non sia
“importata” per eventi o non sia raccontata attraverso origini
criptoebraiche, commoventi e rispettabili, che però, se non sono
incanalate in percorsi reali, restano solo un antico retaggio o un
nobile ricordo come nobile è l’ospitalità kasher di molti ebrei del Sud,
ospitalità che è istinto ed educazione piuttosto che consapevolezza
istituzionale.
Prendendo poi in esame solo i percorsi
di ghiur o di ritorno ortodossi, quanti di questi percorsi sono
internazionalmente riconosciuti? Quanti tra coloro che hanno compiuto
questo impegnativo cammino oggi sono regolarmente iscritti nell’anagrafe
della Comunità Ebraica di Napoli, comunità competente
per il territorio e soprattutto quanti tra loro si riconoscono nella
cultura burocratica e democratica dei nostri statuti comunitari avendone
accettato diritti e doveri?
Proprio l’idea degli Stati generali
richiama anche la necessità di una chiarezza e di una trasparenza
dell’azione ebraica nel Sud Italia ma anche la necessità di percorsi di
diffusione democratica delle istituzioni ebraiche locali e nazionali e
della cultura che esse rappresentano. Un percorso di ritorno o
conversione deve sempre accompagnarsi ad un percorso di identificazione
ebraica anche con l’istituzione e non solo con il proprio maestro: il
rischio di un legame “insano” tra discepolo e maestro che non passa per
la consapevolezza democratica di far parte di un popolo, di una
comunità, di una istituzione ha sempre dato frutti poco positivi.
A Brindisi, mi è stato detto con
emozione dagli organizzatori, sono riusciti ad avere minian, un minian
voluto e tenacemente “importato” che di fatto ha aperto ulteriormente
gli occhi su una realtà che al momento sembra rimanere dietro un vetro,
il vetro degli eventi che creano vita ebraica e non di una vita ebraica
locale che è sintomo quotidiano di eventi. Una realtà che richiama una
famosa citazione dal Talmud Berachot 64a nome di Rabbì El’azàr in nome
di Rabbì Haniná : “I sapienti moltiplicano la pace nel mondo, in
quanto è scritto (Isaia, 54,13 “tutti í tuoi figli sono studiosi del
Signore ed infinita sarà la loro pace”, – non leggere “i tuoi figli
(banàikh), ma i tuoi costruttori (bonàikh)”.
Se l’istinto ebraico, se la forza
identitaria sopita anche dopo secoli possono portare ad essere “studiosi
del Signore”, solo una sana costruzione e partecipazione democratica e
condivisa nelle istituzioni ebraiche esistenti può davvero aprire nuovi
orizzonti nel Sud Italia. Smettiamo però di parlare di rivoluzioni: le
rivoluzioni di fatto non cambiano mai nulla e come diceva Orwell:
“Spostano solo il peso del potere da una spalla ad un’altra”. Le
evoluzioni, al contrario, specie quelle senza stati e senza generali,
cambiano il mondo, lentamente come vorrebbe Darwin o più velocemente con
il supporto di tutti i costruttori di pace e con uno sguardo ampio,
largo ed a lungo raggio dell’ebraismo italiano, della cultura italiana
interessata al mondo ebraico e del mondo ebraico fuori dall’Italia. Da
Nord a Sud.
(le foto si riferiscono a precedenti incotnri a Trani)