Fiumefreddo Bruzio è una cittadina sulla costa tirrenica nei pressi di Cosenza.
Nessuna memoria storica o tradizione popolare, nessun reperto architettonico o indizio topografico, nessun testo letterario, nessun documento d'archivio faceva supporre che potesse essere stata sede di una qualche presenza ebraica stabile.
Questo nonostante si trovasse in una zona piuttosto fittamente segnata da sedi di comunità anche consistenti (o forse, si poteva pensare, proprio per questo: visto che c'erano in tante comunità vicine, forse non avevano sentito il bisogno di venirsi a stabilire qui) .
Questo fino a qualche anno fa, quando una storica e ricercatrice scopre sorprendentemente un documento a Sacrofano, pochi chilometri a nord di Roma.
Nessuna memoria storica o tradizione popolare, nessun reperto architettonico o indizio topografico, nessun testo letterario, nessun documento d'archivio faceva supporre che potesse essere stata sede di una qualche presenza ebraica stabile.
Questo nonostante si trovasse in una zona piuttosto fittamente segnata da sedi di comunità anche consistenti (o forse, si poteva pensare, proprio per questo: visto che c'erano in tante comunità vicine, forse non avevano sentito il bisogno di venirsi a stabilire qui) .
Questo fino a qualche anno fa, quando una storica e ricercatrice scopre sorprendentemente un documento a Sacrofano, pochi chilometri a nord di Roma.
Si tratta di Anna Esposito, che in L'Ebraismo dell'Italia meridionale peninsulare dalle origini al 1541, a cura di C. D. Fonseca, M. Luzzati e altri, Galatina 1996, pubblica il suo articolo La doppia vita di un documento. I capitoli per gli ebrei di Fiumefreddo Bruzio (1534) riutilizzati per Sacrofano di Roma (1543?), p. 241-248.
In questo documento del 1543 (circa) si stabilivano le condizioni, i diritti e i doveri per lo stabilimento di un piccolo nucleo di ebrei in questa cittadina. Ma la cosa realmente sorprendente è che questo documento non è che la riscrittura, con gli adattamenti ritenuti necessari o opportuni, su un documento del 1534 che stabiliva le condizioni per la residenza di un nucleo ebraico a Fiumefreddo!
Il documento è interessante per molti motivi: 1) dà conto dell'esistenza di un nucleo ebraico in un paese della Calabria dove finora nessuno lo poteva supporre; 2) questa comunità viene all'esistenza nel 1534, 23 anni dopo che gli ebrei erano stati cacciati la prima volta dalla Calabria (e sette anni prima di essere di nuovo cacciati, questa volta definitivamente; 3) ancora più straordinario è che in questo documento, quando si parla del diritto per gli ebrei di avere un terreno dove potessero effettuare la sepoltura dei loro morti, aggiunge "come era nei tempi antichi", facendoci così sapere che a Fiumefreddo già precedentemente esisteva un insediamento ebraico; forse si tratta dei discendenti di quell'antico insediamento che ritornano, e forse saranno essi stessi quelli che ritroveremo intorno al 1543 a Sacrofano, a due anni dalla definitiva espulsione degli ebrei dal Regno del Sud.
In questo documento del 1543 (circa) si stabilivano le condizioni, i diritti e i doveri per lo stabilimento di un piccolo nucleo di ebrei in questa cittadina. Ma la cosa realmente sorprendente è che questo documento non è che la riscrittura, con gli adattamenti ritenuti necessari o opportuni, su un documento del 1534 che stabiliva le condizioni per la residenza di un nucleo ebraico a Fiumefreddo!
Il documento è interessante per molti motivi: 1) dà conto dell'esistenza di un nucleo ebraico in un paese della Calabria dove finora nessuno lo poteva supporre; 2) questa comunità viene all'esistenza nel 1534, 23 anni dopo che gli ebrei erano stati cacciati la prima volta dalla Calabria (e sette anni prima di essere di nuovo cacciati, questa volta definitivamente; 3) ancora più straordinario è che in questo documento, quando si parla del diritto per gli ebrei di avere un terreno dove potessero effettuare la sepoltura dei loro morti, aggiunge "come era nei tempi antichi", facendoci così sapere che a Fiumefreddo già precedentemente esisteva un insediamento ebraico; forse si tratta dei discendenti di quell'antico insediamento che ritornano, e forse saranno essi stessi quelli che ritroveremo intorno al 1543 a Sacrofano, a due anni dalla definitiva espulsione degli ebrei dal Regno del Sud.
A causa di vari eventi naturali e umani (terremoti, frane, alluvioni, guerre, incendi, rimozione della memoria, ecc.) gran parte dei reperti architettonici e archivistici della nostra terra sono andati distrutti, e con essa la memoria storica. Basti pensare al Tempio di Era Lacinia, presso Crotone, uno dei templi più celebri dell'antichità, del quale non è rimasto altro che la colonna da cui prende nome il promontorio sul quale sorge; oppure, per restare più vicini alla nostra materia, alla sinagoga di Bova Marina, scoperta del tutto casualmente a metà degli anni '80, e nella quale, se l'aratro fosse andato un po' più a fondo, avrebbe cancellato completamente il disegno della menorah, e quella che era la sinagoga di una comunità certamente numerosa e piuttosto rilevante, avrebbe potuto benissimo essere scambiata per una delle tante ville romane che sorgono in Calabria.
Senz'altro chi si appassiona all'argomento dell'ebraismo in Calabria tende (ed io, specie nei primi tempi, sono stato tra questi) a sopravvalutare ogni minima traccia, che poi, ad una analisi più attenta, si rivela del tutto fuorviante, o al massimo semplicemente un indizio tutto da provare.
Però spesso è anche vero il contrario, e cioè che gli studiosi tendono a respingere ogni ipotesi che non sia assolutamente provata al 100% da chiare e nette testimonianze documentarie, siano esse scritte o materiali.
Sicuramente nella ricerca storica, in ogni campo, la prudenza è d'obbligo, ma credo anche che sia bene avere una mente aperta, specialmente in una terra come la Calabria dove (per i motivi che ho detto prima ed altri ancora) trovare certezze assolute in documenti o monumenti è piuttosto difficile.
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