Dal sito Jessy Judaica
Parashat Yitrò: Shemot (Esodo) 18,1 - 20,23
Haftarah : Isaia 6,1-13 (rito sefardita)
Altri riti: Isaia 6,1-7,6; 9,5-6
Per il commento alla parashah settimanale rinviamo principalmente al commento pubblicato su questo stesso blog, di Rav Scialom Bahbout, Rabbino Capo di Napoli e del meridione:
Yitrò: I due figli bamboccioni di Mosè
Da Torah.it
Il commento alla parashah settimanale di rav Riccardo Di Segni,
Rabbino capo di Roma
Rabbino capo di Roma
Altri commenti sulla parashah settimanale sul sito ChabadRoma,
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah
Riassunto della Parashà
Marc Chagall: Moses
Immagine dal sito Fine Art America
Capitolo 18, 1-27. Yitrò, suocero di Mosè, avendo avuto notizia dei
grandi e miracolosi atti che avevano accompagnato l’uscita del popolo ebraico
dall’Egitto si recò con la famiglia, la figlia Zippora, moglie di Mosè, e i
loro due figli – che il Profeta aveva dovuto lasciare presso di lui durante il
viaggio di ritorno in Egitto, quando uno dei due figli si era ammalato. Zippora
era poi rimasta presso il padre, mentre Mosè compieva l’ardua missione in Egitto,
sul Mar Rosso e nel deserto – presso di lui, nel deserto del Sinay, nel luogo
in cui il genero si trovava in quel momento. L’incontro fu molto cordiale e
affettuoso e, dopo il racconto fatto da Mosè degli eventi tristi e lieti che
gli ebrei avevano attraversato in Egitto e nel deserto; dinanzi alle fatiche
che gravavano sulle spalle del condottiero per il governo morale e giudiziario
del popolo, Yitrò diede a Mosè utili consigli pratici per la più agevole
amministrazione della giustizia. Mosè accolse con gratitudine i consigli del
saggio suocero che, congedandosi, fece ritorno al suo paese.
Capitolo 20, 1-26. Il Signore proclamò di là i Dieci Comandamenti, in
mezzo a impressionanti fenomeni del cielo e della terra.
Riassunto della haftarah
Isaia 6, 1-13; 7, 1-6; 9, 5-6 (rito italiano e
ashkenazita).
Isaia
6, 1-13 (rito sefardita).
Sia
nella haftarà sia nella parashà si descrive il manifestarsi della
gloriosa Maestà Divina.
Nella
parashà per consacrare Israele, nella haftarà per consacrare il profeta
Dal sito della Comunità ebraica di Roma
Riflessione di Donato Grosser
sulla parashah settimanale
Riflessione di Donato Grosser
sulla parashah settimanale
Gli ebrei sotto il Sinay,
mentre Moshé riceve le dieci parole
mentre Moshé riceve le dieci parole
Immagine da Wikepedia
Rav
Izchak Hutner (1906-1980), uno dei
grandi Rashè Yeshivà e pensatori della generazione che ci ha preceduto
scrisse che “l’esperienza del Sinai per l’ebreo cosciente della sua eredità
spirituale è la pietra miliare dell’esistenza del popolo d’Israele”.
La
mizvà di osservare il Sabato è uno dei Dieci Comandamenti che
gli israeliti sentirono dalla voce dell’Eterno alla falde del Monte Sinai.
Nella Torà è scritto:
“Ricorda
il giorno del Sabato per santificarlo; lavorerai per sei giorni e compirai
tutta la tua opera. E il settimo giorno sarà una giornata di cessazione del
lavoro dedicata al Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro nè tu, nè tuo
figlio, nè tua figlia nè il tuo servo, nè la tua serva, nè il tuo bestiame, nè
il forestiero che si trova nelle tue città. Perchè in sei giorni il Signore
creò il cielo e la terra, il mare e tutto quanto essi contengono e riposò nel
settimo giorno. Pertanto il Signore benedisse il settimo giorno e lo santificò”
(Shemot, 20:8-11).
Cosa
significa “santificare” il Sabato? R. Naftali Zevi Yehudà Berlin (1816-1893),
il Rosh Yeshivà di Volozhin, nella suo commento alla Torà, H’ameq Davarscrive:
“Il significato della parola “santificarlo” (leqaddeshò) è la
proibizione di compiere melakhà (lavoro proibito di Sabato) cosi come è
proibito fare uso di una cosa sacra (heqdesh)”.
I
nostri Maestri nel Midrash Mekhiltà insegnano che i Dieci Comandamenti
erano scritti in gruppi di cinque: cinque da una parte e cinque dall’altra. Il
comandamento di osservare il giorno del Sabato è il quarto del primo gruppo e
corrisponde al quarto del secondo gruppo che comanda: “Non fare falsa
testimonianza contro il tuo prossimo” (Shemòt, 20:16).
Per
quale motivo il comandamento di osservare il Sabato ha come corrispondente
quello di non fare falsa testimonianza? I Maestri del Midrash insegnano:
Tutti
coloro che profanano il Sabato testimoniano di fronte a Colui che ha parlato e
il mondo è venuto in esistenza, che non ha creato il mondo in sei giorni e che
non ha riposato nel settimo; e tutti coloro che osservano il Sabato
testimoniano di fronte a Colui che ha parlato e il mondo è venuto in esistenza,
che ha creato il mondo in sei giorni e ha riposato nel settimo, come è scritto
(Isaia, 5: ) “Voi siete i miei testimoni”.
Gli
israeliti, nell’astenersi dal lavoro di Sabato, testimoniano quindi che Dio ha
creato il mondo. R. Shimshon Refael Hirsch(1808-1888, che fu Rav a
Francoforte), scrive (Horev, II, 139):
Il
Sabato, il primo giorno nel quale Dio si ritirò dalla creazione attiva alla
guida invisibile dell’universo e quando la Terra fu aperta al governo
dell’uomo, divenne così il simbolo della nomina dell’uomo, del dominio di Dio e
del destino umano.
I
Maestri nel Talmud (Trattato Shabbat, 73a) elencarono le trentanove melakhot
(lavori proibiti) di Sabato. R. Hirsch aggiunge che:
Il
lavoro proibito di Sabato consiste nell’esecuzione di un compito intelligente
facendo uso della capacità pratica dell’uomo, o in altre parole la produzione,
la creazione o la trasformazione di un oggetto ad uso umano; non la fatica
fisica. Anche se una persona ha faticato per tutta la giornata, fino a quando
non ha prodotto nulla nel contesto della definizione di melakhà,
fino a quando l’attività non è consistita in un uso costruttivo
dell’intelligenza, non si è eseguita una melakhà. D’altra parte se si
effettuato senza la minima fatica il più piccolo cambiamento in un oggetto a
scopo umano si ha profanato il Sabato (Horev, II:144).
E
ancora:
Anche
la più insignificante melakhà fatta di sabato è una negazione del fatto
che Dio è il Creatore e Padrone del mondo. È una presa di posizione arrogante
da parte dell’uomo che crede di essere il padrone di sè stesso. È la negazione
di tutto il compito dell’ebreo, in quanto uomo ed israelita, che non è altro
che fare il manager sulla Terra seguendo la volontà divina (Horev,
II:142).
Il
Horev di R. Hirsch è un capolavoro (vi è anche un’edizione in inglese),
e specialmente la sezione sull’osservanza del Sabato è uno studio necessario
per tutti coloro che desiderano proseguire la missione del patriarca Abramo, ha-ivri
(l’ebreo), così chiamato perchè non aveva timore di prendere posizione da solo,
per testimoniare che Dio è il Creatore del mondo.
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