Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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venerdì 8 febbraio 2013

Mishpatim 5773


שבת שלום!
SHABBAT SHALOM!

Shabbat 29 Shevat 5773
(9 febbraio 2013)


Dal sito Jessy Judaica




Parashat Mishpatim: Shemot (Esodo) 21,1 - 24,18
Haftarah: II Re 11,17 - 12,17 (rito sefardita)
Altri riti: II Re 12,1-17
 
Questo Shabbat, in preparazione di Purim,
ha anche un'altra Parashah con la sua haftarah:
Parashat Shekalim: Shemot (Esodo) 30,11-16
Haftarah: I Samuele 20,18 e 42
 
Per il commento alla parashah settimanale rinviamo principalmente al commento pubblicato su questo stesso blog, di Rav Scialom Bahbout, Rabbino Capo di Napoli e del meridione:
 
Mishpatim: Riempire il vuoto del mondo

 
Da Torah.it


Il commento alla parashah settimanale di rav Pierpaolo Pin'chas Punturello,
già Rabbino di Napoli




Una riflessione di rav Jonathan Pacifici su questo Shabbat particolare,
l’ultimo prima del mese di Adar, in preparazione di Purim

Shabbat Shekalim

Questo Shabbat, lo Shabbat che precede il Rosh Chodesh di Adar, è chiamato Shabbat Shekalim.
Iniziamo un percorso di Shabbatot "particolari" che ci condurranno prima a Purim e poi alla festa della redenzione - Pesach. Segnaleremo questi Sabati particolari con la lettura di un brano inerente al concetto che si sottolinea in ciascun Sabato, con una Haftarà speciale ed in alcuni riti, tra cui quello italiano, con pjutim - composizioni poetiche.
I nostri Maestri hanno preparato per noi un percorso di crescita spirituale che è speculare al percorso che facciamo nel corso delle feste di Tishrì. Iniziamo un mese prima - come per Rosh Chodesh Elul - preparandoci. Il concetto chiave di questo periodo è la avodà, il culto e la gioia e l'amore che lo debbono accompagnare.
Cominciamo allora con gli Shekalim: i sicli con i quali ogni anno vengono acquistate le offerte pubbliche per il Santuario. Il Sefer HaChinuch codifica come precetto positivo 105 per ogni maschio ebreo adulto, il partecipare annualmente nella misura di mezzo siclo a questa raccolta. [Il brano che descrive la prima raccolta dei mezzi sicli - Esodo XXX,11 è appunto il brano che leggiamo questo Shabbat]
I Saggi capiscono da uno dei versi che descrivono il Musaf di Rosh Chodesh (Numeri XXVIII,14) che la 'cassa' dalla quale si acquistano le offerte pubbliche vada rinnovata annualmente. Visto che l'anno, per quanto concerne le feste ed il Santuario comincia da Nissan, hanno stabilito che questa raccolta vada fatta ad Adar. E per questo hanno stabilito che il Sabato che precede il Capomese di Adar venga dedicato a ricordare il precetto.
La mizvà del mezzo shekel è il primo concetto che dobbiamo imparare nell'avvicinarci al culto. Ognuno ha la sua parte nel culto pubblico e questa parte è uguale per tutti - dal Re d'Israele fino alla più umile delle persone. Questa partecipazione è per definizione parziale (mezzo siclo) ma al contempo deve essere tangibile.
E' nelle azioni dei singoli che si completano nel culto del pubblico che un insieme di individui diviene un popolo di sacerdoti al servizio del Signore.



Altri commenti sulla parashah settimanale sul sito ChabadRoma,
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah



Riassunto della Parashà
Marc Chagall: Moses
Immagine dal sito Fine Art America


In seguito alla rivelazione al Monte Sinai, il Sign-re comanda una serie di leggi al Popolo d’Israele che includono le leggi dello schiavo, le pene per omicidi, rapimenti, assalti e furti; le leggi civili riguardanti le indennità, l’allocazione di prestiti, le responsabilità di quattro tipi di guardiani e le leggi concernenti il sistema giudiziario.
Vi sono anche leggi concernenti la condotta da adottare con gli stranieri, l’osservanza delle festività e i doni di cibo portati al Bet Hamikdàsh, il Tempio di Gerusalemme. La parashà tratta inoltre del divieto di cucinare carne e latte insieme e del precetto della preghiera. In totale la parashà di Mishpatìm include ventitré comandamenti positivi e trenta divieti.
Il Sign-re promette di portare i figli d’Israele nella Terra Santa avvertendoli di non adottare le vie degli abitanti pagani della terra. Il popolo d’Israele proclama “faremo e ascolteremo” tutto ciò che il Sign-re ci comanderà. Moshè, per ricevere la Torà, sale sul Monte Sinai dove rimane per quaranta giorni e quaranta notti, affidando la direzione dell’accampamento ad Aharòn e Chur.

Capitolo 21, 1-37. Come corollario ai Dieci Comandamenti, vengono promulgate alcune leggi che riguardano: il servo ebreo e la sua emancipazione, la condizione dell’ancella ebrea, l’omicidio, le lesioni personali, i danni prodotti dalle bestie e alle bestie.
Capitolo 22, 1-30. Il furto e la sua sanzione penale, l’incendio, il deposito e il prestito, il peccato di seduzione, i doveri verso lo straniero, l’orfano e la vedova…
Capitolo 23 1-33. La falsa testimonianza, i doveri verso il nemico, la giustizia, l’anno di Shemittà (anno Sabbatico) e lo Shabbat (il Sabato), le tre feste, le primizie.
Quali clausole del patto tra D-o e il popolo di Israele si pone da una parte l’impegno del popolo all’obbedienza delle leggi rivelate, dall’altra la promessa di sostenerlo e proteggerlo nella conquista della sua terra, la Terra Promessa ai Padri di Israele, che sarebbe rimasta in retaggio alle future generazioni del popolo ebraico.
Dopo che Moshé ebbe riferito al popolo e posto per iscritto le leggi sopra elencate, fu celebrata la conclusione del patto con una solenne cerimonia.
Capitolo 24, 1-18. D-o comandò ancora al profeta di risalire il monte per rimanervi quaranta giorni e quaranta notti.


Sempre da ChabadRoma , a cui rimando per altre riflessioni, leggiamo un piccolo testo su Shekalim: Come può un uomo espiare una colpa dando solo una moneta

Quando Moshé rimase sorpreso
Questa settimana si legge un brano speciale della Torà: la parashat Shekalim. Tale brano riguarda l’ordine secondo il quale ogni ebreo doveva contribuire con mezzo shekel alla costruzione del Mishkan, il Santuario nel deserto.
I Maestri ci dicono (Tossafot, Talmud Chullin 42a) che quando Moshé ricevette il comando Divino di imporre una tassa di mezzo shekel ad ogni uomo adulto, rimase molto perplesso; quella moneta doveva servire per espiare il peccato commesso adorando il vitello d’oro.
«Come mai poteva un uomo espiare una colpa dando solo una moneta?» si chiese Moshé.
Ora ci viene fatto di chiederci: Moshé aveva già ricevuto altre volte l’ordine di fare sacrifici ed offerte per l’espiazione di peccati e mai aveva manifestato la sua sorpresa per il fatto che una persona potesse espiare le proprie colpe con una semplice offerta. Perché, allora, questa perplessità sulla tassa di mezzo shekel?
La Torà vuole che ogni ebreo adempia a 613 precetti. Queste mitzvot sono divise in due grandi categorie: 365 precetti negativi, o proibizioni, e 248 precetti positivi.
I Maestri spiegano (Tiqquné Zohar 30, p. 74; Tanya 23) che le 613 mitzvot corrispondono ai 613 organi del corpo. Alcuni hanno una funzione limitata e specifica, l’occhio serve per vedere, l’orecchio per udire, mentre altri, come il cervello e il cuore, non hanno solo una funzione specifica, ma sono così importanti che l’intera forza vitale del corpo si concentra in essi (Tanya 9).
Se il funzionamento di questi organi è in qualche modo difettoso o se sono colpiti da qualche malattia, è proprio il centro della vitalità di tutto l’organismo a venire gravemente compromesso.
Parimenti le mitzvot: alcune sono precetti specifici, mentre altre sono precetti generali. I primi due tra i Dieci Comandamenti - Io sono il Signore D-o tuo e Non avrai altri dei al Mio cospetto – sono precetti che riguardano la vera essenza dell’anima ebraica. Perciò qualsiasi trasgressione contro questi due Comandamenti – e tale è l’idolatria – inciderà sulla spiritualità umana nel suo complesso e sui vincoli che uniscono l’ebreo al Creatore.
Si può quindi comprendere la sorpresa di Moshé per quella tassa di mezzo shekel. Non gli sembrava inconsueto che si potesse espiare una colpa speciale con un sacrificio e un’offerta, ma come mai mezzo shekel poteva bastare per espiare l’adorazione del vitello d’oro, una colpa che aveva corrotto l’essenza stessa dell’anima?
E tuttavia le parole della Torà definiscono l’obolo di mezzo shekel: …un’espiazione delle loro anime.
Ma se anche un uomo offrisse a D-o tutte le sue ricchezze, basterebbe questo a riscattare la sua Nefesh (anima)? È forse possibile che con l’offerta di una qualsiasi somma di denaro l’uomo redima la propria anima?
Il dubbio di Moshé trova il suo chiarimento nella particolare natura della mitzvà del mezzo shekel.
(Saggio basato su Likuté Sichòt, vol III, 923;
tradotta in Il Pensiero della Settimana, a cura del rabbino Shmuel Rodal).

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