Dal sito Jessy Judaica
Parashat Mishpatim: Shemot (Esodo) 21,1 - 24,18
Haftarah: II Re 11,17 - 12,17 (rito sefardita)
Altri riti: II Re 12,1-17
Questo Shabbat, in preparazione di Purim,
ha anche un'altra Parashah con la sua haftarah:
Parashat Shekalim: Shemot (Esodo) 30,11-16
Haftarah: I Samuele 20,18 e 42
Per il commento alla parashah settimanale rinviamo principalmente al commento pubblicato su questo stesso blog, di Rav Scialom Bahbout, Rabbino Capo di Napoli e del meridione:
Mishpatim: Riempire il vuoto del mondo
Da Torah.it
Il commento alla parashah settimanale di rav Pierpaolo Pin'chas Punturello,
già Rabbino di Napoli
già Rabbino di Napoli
Una riflessione di rav Jonathan Pacifici su questo Shabbat particolare,
l’ultimo prima del mese
di Adar, in preparazione di Purim
Shabbat Shekalim
Questo
Shabbat, lo Shabbat che precede il Rosh Chodesh di Adar, è chiamato Shabbat
Shekalim.
Iniziamo
un percorso di Shabbatot "particolari" che ci condurranno prima a
Purim e poi alla festa della redenzione - Pesach. Segnaleremo questi Sabati
particolari con la lettura di un brano inerente al concetto che si sottolinea
in ciascun Sabato, con una Haftarà speciale ed in alcuni riti, tra cui quello
italiano, con pjutim - composizioni poetiche.
I
nostri Maestri hanno preparato per noi un percorso di crescita spirituale che è
speculare al percorso che facciamo nel corso delle feste di Tishrì. Iniziamo un
mese prima - come per Rosh Chodesh Elul - preparandoci. Il concetto chiave di
questo periodo è la avodà, il culto e la gioia e l'amore che lo debbono
accompagnare.
Cominciamo
allora con gli Shekalim: i sicli con i quali ogni anno vengono acquistate le
offerte pubbliche per il Santuario. Il Sefer HaChinuch codifica come precetto
positivo 105 per ogni maschio ebreo adulto, il partecipare annualmente nella
misura di mezzo siclo a questa raccolta. [Il brano che descrive la prima
raccolta dei mezzi sicli - Esodo XXX,11 è appunto il brano che leggiamo questo
Shabbat]
I
Saggi capiscono da uno dei versi che descrivono il Musaf di Rosh Chodesh
(Numeri XXVIII,14) che la 'cassa' dalla quale si acquistano le offerte
pubbliche vada rinnovata annualmente. Visto che l'anno, per quanto concerne le
feste ed il Santuario comincia da Nissan, hanno stabilito che questa raccolta
vada fatta ad Adar. E per questo hanno stabilito che il Sabato che precede il
Capomese di Adar venga dedicato a ricordare il precetto.
La
mizvà del mezzo shekel è il primo concetto che dobbiamo imparare
nell'avvicinarci al culto. Ognuno ha la sua parte nel culto pubblico e questa
parte è uguale per tutti - dal Re d'Israele fino alla più umile delle persone.
Questa partecipazione è per definizione parziale (mezzo siclo) ma al contempo
deve essere tangibile.
E'
nelle azioni dei singoli che si completano nel culto del pubblico che un
insieme di individui diviene un popolo di sacerdoti al servizio del Signore.
Altri commenti sulla parashah settimanale sul sito ChabadRoma,
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah
da cui traiamo questa sintesi della parashah e della haftarah
Riassunto della Parashà
Marc Chagall: Moses
Immagine dal sito Fine Art America
In seguito alla rivelazione al Monte Sinai, il
Sign-re comanda una serie di leggi al Popolo d’Israele che includono le leggi
dello schiavo, le pene per omicidi, rapimenti, assalti e furti; le leggi civili
riguardanti le indennità, l’allocazione di prestiti, le responsabilità di
quattro tipi di guardiani e le leggi concernenti il sistema giudiziario.
Vi sono anche leggi concernenti la condotta da
adottare con gli stranieri, l’osservanza delle festività e i doni di cibo
portati al Bet Hamikdàsh, il Tempio di Gerusalemme. La parashà tratta inoltre
del divieto di cucinare carne e latte insieme e del precetto della preghiera.
In totale la parashà di Mishpatìm include ventitré comandamenti positivi e
trenta divieti.
Il Sign-re promette di portare i figli d’Israele
nella Terra Santa avvertendoli di non adottare le vie degli abitanti pagani
della terra. Il popolo d’Israele proclama “faremo e ascolteremo” tutto ciò che
il Sign-re ci comanderà. Moshè, per ricevere la Torà, sale sul Monte Sinai dove
rimane per quaranta giorni e quaranta notti, affidando la direzione
dell’accampamento ad Aharòn e Chur.
Capitolo 21, 1-37. Come corollario ai Dieci Comandamenti, vengono
promulgate alcune leggi che riguardano: il servo ebreo e la sua emancipazione,
la condizione dell’ancella ebrea, l’omicidio, le lesioni personali, i danni
prodotti dalle bestie e alle bestie.
Capitolo 22, 1-30. Il furto e la sua sanzione penale, l’incendio, il
deposito e il prestito, il peccato di seduzione, i doveri verso lo straniero,
l’orfano e la vedova…
Capitolo 23 1-33. La falsa testimonianza, i doveri verso il nemico, la giustizia, l’anno
di Shemittà (anno Sabbatico) e lo Shabbat (il Sabato), le tre
feste, le primizie.
Quali clausole del patto tra D-o e il popolo di
Israele si pone da una parte l’impegno del popolo all’obbedienza delle leggi
rivelate, dall’altra la promessa di sostenerlo e proteggerlo nella conquista
della sua terra, la Terra Promessa ai Padri di Israele, che sarebbe rimasta in
retaggio alle future generazioni del popolo ebraico.
Dopo che Moshé ebbe riferito al popolo e posto per
iscritto le leggi sopra elencate, fu celebrata la conclusione del patto con una
solenne cerimonia.
Capitolo 24, 1-18. D-o comandò ancora al profeta di risalire il monte
per rimanervi quaranta giorni e quaranta notti.
Sempre da
ChabadRoma ,
a cui rimando per altre riflessioni, leggiamo un piccolo testo su Shekalim: Come può un uomo espiare una colpa dando
solo una moneta
Quando Moshé rimase sorpreso
Questa settimana si legge un brano speciale della
Torà: la parashat Shekalim. Tale brano riguarda l’ordine secondo il quale ogni
ebreo doveva contribuire con mezzo shekel alla costruzione del Mishkan, il
Santuario nel deserto.
I Maestri ci dicono (Tossafot, Talmud Chullin 42a)
che quando Moshé ricevette il comando Divino di imporre una tassa di mezzo
shekel ad ogni uomo adulto, rimase molto perplesso; quella moneta doveva
servire per espiare il peccato commesso adorando il vitello d’oro.
«Come mai poteva un uomo espiare una colpa dando
solo una moneta?» si chiese Moshé.
Ora ci viene fatto di chiederci: Moshé aveva già
ricevuto altre volte l’ordine di fare sacrifici ed offerte per l’espiazione di
peccati e mai aveva manifestato la sua sorpresa per il fatto che una persona
potesse espiare le proprie colpe con una semplice offerta. Perché, allora,
questa perplessità sulla tassa di mezzo shekel?
La Torà vuole che ogni ebreo adempia a 613
precetti. Queste mitzvot sono divise in due grandi categorie: 365 precetti negativi,
o proibizioni, e 248 precetti positivi.
I Maestri spiegano (Tiqquné Zohar 30, p. 74; Tanya
23) che le 613 mitzvot corrispondono ai 613 organi del corpo. Alcuni hanno una
funzione limitata e specifica, l’occhio serve per vedere, l’orecchio per udire,
mentre altri, come il cervello e il cuore, non hanno solo una funzione
specifica, ma sono così importanti che l’intera forza vitale del corpo si
concentra in essi (Tanya 9).
Se il funzionamento di questi organi è in qualche
modo difettoso o se sono colpiti da qualche malattia, è proprio il centro della
vitalità di tutto l’organismo a venire gravemente compromesso.
Parimenti le mitzvot: alcune sono precetti
specifici, mentre altre sono precetti generali. I primi due tra i Dieci
Comandamenti - Io sono il Signore D-o tuo e Non avrai altri dei al Mio cospetto
– sono precetti che riguardano la vera essenza dell’anima ebraica. Perciò
qualsiasi trasgressione contro questi due Comandamenti – e tale è l’idolatria –
inciderà sulla spiritualità umana nel suo complesso e sui vincoli che uniscono
l’ebreo al Creatore.
Si può quindi comprendere la sorpresa di Moshé per
quella tassa di mezzo shekel. Non gli sembrava inconsueto che si potesse
espiare una colpa speciale con un sacrificio e un’offerta, ma come mai mezzo
shekel poteva bastare per espiare l’adorazione del vitello d’oro, una colpa che
aveva corrotto l’essenza stessa dell’anima?
E tuttavia le parole della Torà definiscono l’obolo
di mezzo shekel: …un’espiazione delle loro anime.
Ma se anche un uomo offrisse a D-o tutte le sue
ricchezze, basterebbe questo a riscattare la sua Nefesh (anima)? È forse
possibile che con l’offerta di una qualsiasi somma di denaro l’uomo redima la
propria anima?
Il dubbio di Moshé trova il suo chiarimento nella
particolare natura della mitzvà del mezzo shekel.
(Saggio basato su Likuté Sichòt, vol III, 923;
tradotta in Il Pensiero della Settimana, a cura del
rabbino Shmuel Rodal).
Nessun commento:
Posta un commento