Il
consueto commento di rav Scialom Bahbout, Rabbino capo di Napoli e del
Meridione,
alla parashah settimanale
(immagini da The Temple Institute)
alla parashah settimanale
(immagini da The Temple Institute)
Faranno un'arca di
legno di acacia, la cui lunghezza sarà di due cubiti e mezzo, la cui larghezza sarà di un cubito e mezzo e la cui altezza sarà di un cubito e
mezzo.
La rivestirai di oro puro, la rivestirai all'interno e all'esterno (...) farai delle stanghe di legno di acacia.
Introdurrai le stanghe negli anelli che sono sui lati dell'arca, così da poter trasportare l'arca con esse.
Le stanghe dovranno rimanere dentro gli anelli dell'arca, non dovranno mai essere tolte da essa.
Poi, dentro l'arca, metterai la Testimonianza che Io ti darò"
La rivestirai di oro puro, la rivestirai all'interno e all'esterno (...) farai delle stanghe di legno di acacia.
Introdurrai le stanghe negli anelli che sono sui lati dell'arca, così da poter trasportare l'arca con esse.
Le stanghe dovranno rimanere dentro gli anelli dell'arca, non dovranno mai essere tolte da essa.
Poi, dentro l'arca, metterai la Testimonianza che Io ti darò"
(Esodo 24: 10 - 16)
"Faranno un'arca di
legno di acacia": cosa c'è scritto prima? "Prenderanno per me
un'offerta", e subito dopo "faranno un'arca di legno di acacia".
Così, come la Torà ha preceduto tutto, allo stesso modo nella costruzione del Tabernacolo l'arca ha preceduto tutti gli oggetti.
Come la luce (OR) ha preceduto tutta l'opera della creazione - com'è scritto: "Dio disse sia la luce" - così anche nel Tabernacolo, per la Torà - che è chiamata luce (OR), com'è scritto "Poiché il lume è una mitzvà, e la Torà è luce" (Proverbi 7: 23) - le opere ch la riguardano hanno preceduto quella di tutti gli altri oggetti.
Così, come la Torà ha preceduto tutto, allo stesso modo nella costruzione del Tabernacolo l'arca ha preceduto tutti gli oggetti.
Come la luce (OR) ha preceduto tutta l'opera della creazione - com'è scritto: "Dio disse sia la luce" - così anche nel Tabernacolo, per la Torà - che è chiamata luce (OR), com'è scritto "Poiché il lume è una mitzvà, e la Torà è luce" (Proverbi 7: 23) - le opere ch la riguardano hanno preceduto quella di tutti gli altri oggetti.
Un'altra spiegazione:
"Perché per la costruzione di tutti gli oggetti è scritto
"Farai", mentre per l'arca è scritto "Faranno"?
Ha detto rav Jehudà, figlio di Shalom: "ha detto il Santo, benedetto sia, che vengano tutti a occuparsi dell'arca, affinché tutti meritino la Torà".
Ha detto rav Jehudà, figlio di Shalom: "ha detto il Santo, benedetto sia, che vengano tutti a occuparsi dell'arca, affinché tutti meritino la Torà".
(Shemot rabbà 34: 1)
Ognuno
degli oggetti del Santuario, oltre alla funzione che ha nel Tabernacolo, ha
anche un significato simbolico: tra questi, l'Arca santa, costruita per
conservarvi le tavole della legge, è caratterizzata da alcuni elementi che
pongono altrettante domande:
•
è la prima di cui viene ordinata la costruzione;
•
per la sua costruzione, la Torà usa il verbo fare al plurale (faranno) e non al
singolare (farai), usato per gli altri oggetti, e il numero di versi usati per
descriverla è superiore a quello dedicato agli altri (candelabro, tavolo, ecc.)
;
•
le misure dell'Arca sono tutte "spezzate" (due cubiti e mezzo ...),
mentre quelle degli altri arredi sono "intere";
•
le stanghe, adibite al trasporto dell'Arca, rimanevano sempre negli anelli
disposti ai lati.
Il
Midràsh afferma che il ma'asè bereshit (l'opera dell'inizio della
creazione) è stato preceduto dalla creazione della Torà, chiamata reshith,
inizio e primizia del Signore: Dio crea il mondo ispirandosi alla Torà. ARON
(arca) e OR (luce) contengono entrambe le lettere di OR, luce. Ora, ci
saremmo aspettati che, a rappresentare la spiritualità, sarebbe stato scelto il
Candelabro; invece, la luce di cui si parla qui è la luce primordiale creata
all'inizio e che è stata poi nascosta per i giusti.
Il
secondo Midràsh ci spiega perché alla costruzione dell'Arca santa dovessero
partecipare tutti gli ebrei: la Torà non è dei rabbini, ma di ogni ebreo. Non
può essere retaggio di poche persone: tutti devono partecipare alla sua
costruzione e al suo studio. Ma c'è di più: nessun ebreo, anche volendolo, può
mettere in pratica tutta la Torà da solo. Ognuno deve fare la sua parte: ci
sono precetti che riguardano tutti, altri solo gli uomini, altri ancora solo le
donne, altri i sacerdoti, i leviti, i giudici ecc. Soltanto la partecipazione
di tutti garantisce l'applicazione completa della Torà che riguarda il klal
Israel, la comunità di Israele. E' ovvio che a un oggetto come l'Arca
santa, che riguarda tutti, devono essere dedicati più versetti.
Quindi,
se nessuno può osservare da solo tutta la Torà, allora ha bisogno degli altri,
almeno di un compagno con cui studiare e crescere nella Torà: uno studioso
della Torà che voglia contenere la Torà, non può mai sentirsi completo, ma
sempre a metà strada, mancante di qualcosa. Come suggerisce lo stesso testo
della Torà, un vero Maestro deve essere puro come l'oro, dentro e fuori.
Veniamo
infine a una mitzvà davvero strana: quella che stabilisce che le stanghe,
destinate al trasporto dell'Arca, non dovevano mai essere tolte dagli anelli
che si trovavano ai lati. A questa mitzvà sono stati dati vari
significati.
Rabbì
Shlomo Efraim di Lunshiz, nel
commento Kelì Jakar, afferma che la mizvà è il simbolo del rapporto stretto che
esiste tra la Torà e Israele: secondo il patto stabilito con il Signore,
"la Torà non si allontanerà mai dalla tua bocca e dalla bocca della
discendenza d'Israele" (Isaia 59: 21).
Rabbi
Naftali Zvì Berlin (Naziv) nel
commento A'amek davàr sostiene che la mitzvà simboleggia il fatto che la Torà è
destinata a essere trasportata in qualsiasi paese gli ebrei avessero dovuto
andare in esilio: la norma non valeva per il tavolo e il candelabro perché sono
due oggetti che rappresentano rispettivamente l'autorità statale e quella
sacerdotale ch hanno valore solo in Erez Israel.
Jeshaià
Leibovitz, in E'aroth leparashat
hashavua, scrive che l'Arca che simboleggia la Torà, proprio per la sua
essenza, è destinata a essere trasportata da un luogo all'altro: per questo le
stanghe sono sempre infilate negli anelli, perché la Torà non è legata a un
solo luogo, ma in ogni luogo in cui si trova l'uomo. Perciò, anche
simbolicamente, essa deve essere pronta al trasporto, mentre gli altri oggetti,
come il tavolo e la menorà, devono essere preparati per essere trasportati.
Sappiamo
quanto questo rappresenti la realtà dell'ebreo, che ha potuto sempre portare
con sé - dentro di sé - la Torà, quasi l'uomo stesso fosse un'Arca santa, oro
puro dentro e fuori.
L'Arca
santa, con le tavole della legge, era il cuore del Santuario, il punto di
riferimento del popolo d'Israele. Come si pone allora l'Arca santa rispetto
alla storia d'Israele, all'esperienza di ogni ebreo? Ricevuto il Decalogo, gli
ebrei si allontanarono dal Monte Sinai per raggiungere la Terra promessa: cosa
ne sarebbe stato dell'esperienza del Sinai? Come sarebbe stato possibile
portare con sé questa esperienza, per continuare a viverla con la medesima
intensità sperimentata nella prima rivelazione da ogni membro del popolo, senza
l'aiuto di alcun profeta come tramite?
Bisognava
costruire un Tabernacolo per trasformarlo in un Sinai mobile, che
camminasse nella storia, generazione dopo generazione, arricchendosi
dell'esperienza, dello studio e dello sviluppo della Torà orale del popolo. In
ogni momento l'orientamento deve rimanere, in senso metaforico, il Sinai. Quali
punti di riferimento ha oggi l'uomo moderno, quello occidentale in particolare?
Mi sembra che i riferimenti oggi siano i centri commerciali e gli outlet
affollati da molti avventori alla ricerca non dell'esperienza che può cambiare
la storia personale di ognuno, ma di qualcosa che possa riempire un vuoto che
spesso rimane tale, anche se riempito con acquisti spesso inutili.
Per
ognuno di noi tornare all'esperienza del Sinai è ancora possibile. Basta aprire
i cuori e le menti.
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