Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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mercoledì 17 settembre 2008

Calabresi in diaspora: spigolature

Anche questo post, come il precedente si basa sui testi di Fabrizio Lelli, L’influenza dell’ebraismo italiano meridionale sul culto e sulle tradizioni linguistico-letterarie delle comunità greche, in AISG (Associazione italiana di studio del giudaismo): Materia giudaica, Anno XI/1-2 (2006): Atti del XIX Convegno Internazionale dell'AISG, L'ebraismo dell'Italia meridionale nel contesto mediterraneo. Nuovi contributi. Siracusa 25-27 settembre 2005, a cura di Mauro Perani, pp. 201-216 e di Attilio Milano, Storia degli ebrei italiani nel Levante, Firenze, Israel, 1949.

MANOSCRITTI
Indubbiamente l'esponente più prestigioso tra gli ebrei calabresi (o i loro discendenti) cacciati dagli spagnoli, è Chaim Vital, che appartenne a una famiglia di studiosi della quale presto darò maggiori ragguagli.
Suo padre, Yosef ben Hayyim Vital, copiò ad Arta, nel 1528 un Mahazor (libro rituale) di rito romaniota (cioè greco), seppure, a parere di autorevoli studiosi, contenga anche elementi di rito italiano. Il codice, arricchito da pregevoli decorazioni, è l’attuale Ms. Paris, Bibliothèque nationale de France, hébr. 616.
Un Mahazor qalabrezi conservato in un manoscritto della collezione di Yehoshua' Heschel Schorr parla Y. Ben Ya‘aqov, Osar ha-sefarim, Vilna 1880, n. 959, di cui scrive che e’ “antichissimo”. Poiché Heschel Schorr acquistò numerosi codici dalla collezione Reggio, il codice potrebbe corrispondere al Ms. Reggio 63, attualmente conservato presso la Bodleian Library di Oxford (= Neubauer, Catalogue, n. 1081), di cui Sermoneta, La liturgia degli ebrei siciliani, p. 157, nota 53, scrive: “Il Ms. Oxford, Bodleian 1081 contiene un Mahazor secondo il rito calabrese”. Sermoneta, ibidem, osserva anche che “Un altro Mahazor è descritto da Y.L Weinberg. A questi codici si devono aggiungere i Mss. Parma, Biblioteca Palatina, De Rossi 89 e 435, provenienti entrambi dall’Italia del Sud”. Neubauer, Catalogue, p. 270, a proposito del Ms. Reggio 63, parla di “Greek Rite (Calabria and Corfu)” e osserva le affinità del contenuto del codice con quello del Ms. Bodleian Library, Neubauer 1092: i due testimoni conterrebbero materiali liturgici analoghi a quelli del minhag corfiota, ma, diversamente dagli altri manoscritti in grafia romaniota di questo rito, essi sono vergati in grafia sefardita.

COMPOSIZIONE SOCIALE
Diversamente dalle comunità di rito italiano-romano, i cui membri erano per lo più mercanti, medici, giuristi, è interessante osservare che le sinagoghe siciliane, pugliesi e calabresi contavano per lo più marinai, pescatori, muratori, tavernieri, occupazioni tipiche degli ebrei dell’Italia meridionale prima dell’esilio.

ASSIMILAZIONI
In un primo tempo, le comunità italiane si mantennero piuttosto salde e la loro influenza fu tale che molti greci abbandonarono le loro tradizioni (al punto che il rito corfiota può ritenersi una silloge di tradizioni linguistico-religiose pugliesi, calabresi e siciliane) per unirsi a queste nuove comunità (e in qualche caso lo stesso fecero alcuni esuli dalla Spagna),
Ma già durante il XVI secolo le comunità siciliane, calabresi e pugliesi di Salonicco (e di altri luoghi) adottarono lingua e costumi sefarditi, pur mantenendo alcune usanze liturgiche proprie.

ANDIRIVIENI
Tra 1529 e 1532 Andrea Doria conquista le coste dell'Albania e della Grecia settentrionale, sotto il dominio turco. Molti ebrei, talora provenienti dall'Italia meridionale, furono prima saccheggiati e poi portati via come schiavi. In Sicilia ne furono messi in vendita 25, in Calabria 96, a Lecce 45, nel resto della Puglia cento, e cento a Napoli, all’infuori di altri alla spicciolata.
La giudecca di Napoli, da poco rinata e di nuovo alle soglie della definitiva liquidazione, si tassò per duemila ducati d’oro da usarsi per il riscatto, chiedendo aiuto a tutte le comunità italiane, e, non riuscendosi a raggiungere quanto occorreva, si rivolse anche agli ebrei di Tunisi.
Come risultato, nessuno degli ebrei di Patrasso, Lepanto, Corone e Valona rimase schiavo, ma, appena liberati, tornarono lì da dove erano stati deportati.
Ancora una volta, questi esuli devono affrontare l'esilio, il ritorno, la sofferenza.
VIGLIARULO
Domenico Vigliarulo, nato a Stilo nella seconda metà del XVI secolo, fu agli inizi del 1600 cosmografo (cartografo) di corte dell'Imperatore di Spagna; secondo alcuni studiosi, è possibile che fosse di origine ebraica, la cui famiglia, forzata alla conversione, fosse fuggita in Calabria, e da lì, tornato in Spagna, riassumesse l'originario cognome Villarroel.
Ma si tratta di una semplice ipotesi.

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