Nell'archivio di Oreste Dito
di Tiziana Carlino (Agosto 2019)
Le foto sono pubblicate per gentile concessione di
Oreste Maria Dito
Parto da Catanzaro Lido prestissimo, in una mattina già calda ma ventosa -
come potrebbe essere altrimenti? - diretta a Reggio Calabria, o più
semplicemente a 'Reggio', come si dice da queste parti. Il treno viaggia sulla
costa jonica regalando uno spettacolo la cui bellezza, che riempie gli occhi e
il cuore, non può lasciare indifferenti. Una teoria di fermate si sussegue
lungo un binario fatto di luce e mare: Soverato, Monasterace-Stilo, Roccella
Jonica, Gioiosa, Locri, Siderno, Brancaleone, Bovalino, Bianco, Palizzi, Bova
Marina, Melito Porto Salvo e, infine, Reggio. Per alcuni di questi luoghi -
Brancaleone, Bianco, Bova Marina e Reggio - un'antica presenza ebraica è
attestata da studi e reperti; per altri è solo un'ipotesi: si scrive, si cerca,
se ne parla. È proprio l’ampio e fertile campo delle ipotesi a spingermi più a
Sud.
Per quanti si interessano alle origini e alle vicissitudini delle comunità
locali, La Storia della Calabria e la dimora degli Ebrei di Oreste Dito
è una tappa, sebbene datata, quasi obbligatoria.
L’autore nacque a Scalea nel
1866 e morì a Reggio Calabria nel 1934. Fu professore di lettere classiche in
diversi licei, massone, storico dalla prolifica attività editoriale e
provveditore agli studi di studi di Reggio Calabria. Il libro in questione
venne stampato per la prima volta a Napoli nel 1916 e ripubblicato poi da
Brenner nel 1975. Ne conservo una fotocopia di lavoro per me preziosa, perché
ottenuta negli anni napoletani, quando, leggendolo con attenzione, notai che
tra i luoghi interessati da un insediamento ebraico si citava Gimigliano, il
mio paese, in provincia di Catanzaro. Oreste Dito scrive che, nel XV secolo, il
trattamento di favore fatto agli ebrei del Regno di Napoli ne aveva attirato
molti da diverse parti d’Italia, dalla Francia e dalla Germania: «In Calabria,
durante queste immigrazioni si costituirono altre colonie ebraiche, alcune
delle quali in località che, per la loro posizione geografica, erano centri
importantissimi di traffico: a Scalea, Paola, San Lucido, Amantea, Nocera
Terinese, Mileto, Fiumara di Muro, Oppido, Giffone, Carinola, Sinopoli, Stilo,
Sellia, Gimigliano» (p.329). Purtroppo l'affermazione non è circostanziata o
accompagnata da note bibliografiche. Così, nel pochissimo tempo libero, mi
dedico periodicamente a questa indagine. Da dove nasce l’affermazione di Dito?
Quali sono le sue fonti? Domande senza risposta. Per ora.
L’inverno scorso, uno studioso di
professione mi ha suggerito di andare all’origine, di cercare, cioè, una
risposta nell'archivio di Dito, dove potrebbe persistere una piccola traccia,
una parte del manoscritto, una nota omessa, un appunto dimenticato. A luglio
contatto via email la soprintendenza di Reggio Calabria per avere
l’autorizzazione necessaria alla consultazione dell’archivio e poi scrivo ad un
erede, che si chiama quasi come lui, Oreste Maria Dito, per fissare un
appuntamento. Mi ritelefona dopo poco, anzi pochissimo, con una gentilezza non
solo di modi ma di intenti e di contenuti. Il fatto che gli storici si
interessino ancora al lavoro di suo nonno lo riempie di entusiasmo. E questa
facilità di comunicazione riempie di entusiasmo anche me. È la gioia del progrediens,
mi dico. Pur non volendo intaccare la serenità del momento, ci tengo a
sottolineare che non sono una storica, né potrei improvvisarmi tale.
In
generale, non so improvvisare. Purtroppo. Oreste Maria risponde comprensivo:
«Neanche io sono uno storico, faccio l'ingegnere».
Quando, in un pomeriggio di
agosto mi conduce nella biblioteca di casa sua, dove sono serbati i beni del
nonno, intercetto la passione con cui cerca di tenere in vita pezzi di storia
familiare e storia locale, sperando così che la memoria dell'avo non venga
dispersa o messa da parte. Oreste Dito ebbe dodici figli, uno dei quali,
Armando, era il papà dell'ingegnere Dito, attuale custode di un archivio
eterogeneo, costituito in parte da libri, corrispondenza, manoscritti e
materiali vari (cartoline, un libretto universitario, ecc.). I volumi sono
svariate centinaia per lo più di argomenti inerenti la Calabria e la storia
della massoneria. Non a caso diversi esperti di cose massoniche si sono, nel
tempo, interessati a questo stesso luogo.
Su una parete campeggia il ritratto di
Oreste Dito, un bel signore elegante, rassicurante e paffutello. Altre foto di
famiglia in bianco e nero contribuiscono a rendere suggestiva l’atmosfera su
cui grava, implacabile, la calura di agosto. Inizio a compulsare i testi di
argomento ebraico, cercando una risposta alla domanda che mi ha fatto giungere
fin qui. L'ingegnere Dito mi aiuta con generosa partecipazione, tira giù tutti
i libri che mi interessano. Ragioniamo insieme. Poi passiamo ai raccoglitori
che contengono quel che resta dei manoscritti. È la parte più emozionante. Occorre
brevemente ricordare che Dito qui trascrive e cita le informazioni riferite da
Minieri Riccio ne Il regno di Carlo d’Angiò dal 2 gennaio 1276 al 31
dicembre 1283 (si tratta, nello specifico, delle pagine 51 e 52).
Gimigliano vi appare come Gaminianum (insieme a Pentonem). In una
lista annessa alla Cedula, accanto alla versione toponomastica del XIII
secolo, viene specificato il nome di ogni singolo luogo nella dicitura più
attuale: Gaminianum è Gemilianum, cioè Gimigliano. Non trovo
nient’altro che mi possa essere d’aiuto e, mentre saluto ringraziando ancora
l’ingegnere Dito, mi sembra di andarmene quasi a mani vuote. Non è un gran
bottino, mi dico.
La
meticolosità con cui Oreste Dito compilava le schede preparatorie costituisce però per me un indizio: la frase che mi ha portata fin qui non può essere casuale. A
quale fonte avrà attinto? De La dimora degli ebrei in Calabria non resta
- ahimé - quasi alcun lavoro preliminare, solo una scheda di quattro pagine in
cui viene ricopiata la Cedula subventionis in Iustitiariatu Vallis Crati et
Terre Iordane del 1276, un noto elenco dei centri abitati che pagavano i
tributi alla corte angioina. Eppure, se non fossi venuta
fin qui, non lo avrei mai saputo.
Questi ultimi due decenni in cui ho bazzicato, a vario titolo e in vario
modo, la letteratura ebraica mi hanno lasciato l’impressione che una domanda
senza risposta può divenire una riserva di scoperte mai finite e mai sopite.
L’autrice desidera ringraziare l’ingegnere Oreste
Maria Dito
per il prezioso aiuto e la squisita disponibilità.
Con una sobria cerimonia, la città di Reggio Calabria presenti, in rappresentanza dell’Amministrazione e del Sindaco Giuseppe Falcomatà, i consiglieri comunali Antonio Ruvolo, Giuseppe Marino e Rocco Albanese,
nonché il presidente della commissione toponomastica dr. Cantarella e
il responsabile dr. Caridi, ha voluto rendere omaggio ad una figura di
rilievo della storia cittadina intitolando Largo Oreste Dito per ricordare l’educatore, lo storico e lo scrittore che con la sua attività letteraria ha dato lustro alla città.
Il dr. Ruvolo ha ricordato brevemente Oreste Dito che, originario di Verbicaro, laureatosi
in lettere presso l’università di Roma inizio la sua carriera
nell’insegnamento non tralasciando la sua passione di ricercatore
storico e nel 1909, all’indomani del terribile terremoto del 1908, si trasferì a Reggio Calabria in qualità di Preside del Liceo Classico che di fatto ricostruì dalle macerie.
Egli guidò l’istituto sino al suo pensionamento nel 1932 e fu una guida per tutti i suoi studenti per le sue indubbie capacità professionali, letterarie ma anche morali rivelandosi un vero educatore.
Nel corso della sua presidenza dovette anche affrontare l’incendiodel 1913 che distrusse il Liceo, ma in breve fu ricostruitocontinuando ad essere sempre luogo centrale di cultura.
Oreste Dito fu anche storico e scrittore e pubblicò la sua prima opera Velia colonia focese nel 1891 cui ne seguirono altre, sempre con temi storici, quali, per citarne i più famosi, La
rivoluzione calabrese del ’48, L’influenza massonica nella storia
calabrese dal 1789 a’ nostri giorni, In Calabria – Saggi critici di
storia paesana, Massoneria, Carboneria e altre società segrete nella
storia del Risorgimento italiano, La storia calabrese e la dimora degli
ebrei in Calabria ed altri, e molti di questi sono stati, e lo sono ancora,
di notevole interesse sia per gli studiosi che per il semplice lettore
tant’è che sono stati ripubblicati ed hanno anche un vivace mercato sui
web.
Ma la sua ricerca storica si rivolse anche al giornalismo tant’è che fondò e guidò “Rivista calabrese di Storia e Geografia”, “Rivista Storica Calabrese”, “Calabria Vera”, e fu anche fondatore e Presidente della Deputazione di storia patria calabrese.
Nella
sua vita, per come si può dedurre da suoi libri e dai suoi scritti fu
anche un importante rappresentante della Massoneria di cui ricoprì le
più alte cariche.
Al termine del
suo mandato di Preside del Liceo-Ginnasio “Tommaso Campanella”,
esattamente il 16 febbraio del 1933, fu insignito dell’onorificenza di
Cavaliere – Ufficiale della Corona d’Italia.
Già in
passato, il 26 settembre del 1922, era stato insignito del Diploma di
Benemerenza di 1ª classe con medaglia d’oro e, l’8 luglio del 1925, di
quello di Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Ultimamente,
Nel Settembre del 2019, il “ICSAICStoria” (Istituto calabrese per la
storia dell’Antifascismo e dell’Italia) lo ha inserito nel Dizionario
Biografico della Calabria Contemporanea tra le prime cento biografie di
Calabresi illustri.
Alla cerimonia erano presenti il nipote Ing. Oreste Mario Dito, che ha ringraziato brevemente, ed i fratelli Antonio, Egle e Federico oltre alle famiglie. La targa è stata scoperta da due pronipoti di Oreste Dito, Alberta ed Armando.
Erano presenti anche amici della famiglia e cittadini amanti della cultura.
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