Domenica
prossima, 8 gennaio 2015, sarà il 10 del mese ebraico di Tevet, giorno
di digiuno (che prevede l’astensione sia dal mangiare che dal
bere) dall’alba al tramonto. In Calabria il digiuno, a seconda delle zone,
inizia tra le 5,45 e le 5,50 del mattino, per terminare tra le 17,20 e le
17,30.
Al
tradizionale ricordo dell’inizio dell’assedio di Gerusalemme da parte dell’esercito
babilonese (che porterà poi alla conquista della città e alla distruzione del
Tempio il 9 di Av), si è unito di recente il giorno di preghiera, con la
recitazione del Kaddish, per tutti gli uccisi nella Shoah di cui non si conosce
la data della morte.
I testi che seguono sono dal sito ChabadRoma.org
Nel
decimo giorno del mese di Tevet, 3336 anni dopo la creazione del mondo (425
prima dell'era volgare), gli eserciti Babilonesi dell'imperatore Nevuchadnetzar
(Nabuccodonosor) misero Gerusalemme sotto assedio. Trenta mesi dopo, nel 9 di
Tammùz 3338, essi fecero breccia nelle mura della città e, nel 9 di Av di
quello stesso anno, il Bet Hamikdash, il Tempio di Gerusalemme, fu distrutto.
Il 10 di Tevet è un giorno di digiuno, lutto e pentimento. In questo
giorno si evita di mangiare cibo e di bere qualsiasi bevanda dall'alba fino al
crepuscolo e si aggiungono le selichòt, preghiere penitenziali e altre aggiunte
alle preghiere del giorno.
Il 10 di Tevet è stato designato come il giorno del Kaddìsh
universale per le vittime della Shoà, poiché per molti di loro la data della
loro morte non è nota.
Il
Rebbe di Lubavitch, Rabbi Menachem Mendel Schneerson rilanciò un'usanza antica
di evocare sentimenti di teshuvà e illuminazione nei giorni di digiuno con
discorsi e lezioni.
Il
Tempio di Gerusalemme
La storia dei Templi, un tour virtuale e altro.
Disse
Ezekiele: "Padrone del Mondo, perché mi dici di dire ad Israele la forma
della Casa...essi sono ora in esilio nella terra dei nostri nemici. C'è
qualcosa che possono fare [al riguardo]? Lasciali stare finchè torneranno
dall'esilio. Allora, andrò e informerò loro."
Rispose
D-o: "Forse la costruzione della Mia Casa debba essere ignorata poiché i
Miei figli sono in esilio?"
Lo
studio della Torà [e dei piani del Santuario] può essere messo sullo stesso
piano della sua costruzione. Vai e di loro di studiare i piani del Tempio. Come
ricompensa per il loro studio e il loro occuparsi di ciò, Io considererò come
se lo avessero costruito."
Le
parole usate in questi versi danno a intendere che lo studio delle leggi del
Bet Hamikdàsh ha ramificazioni che estondono ben oltre la mera curiosità
intellettuale, piuttosto, tramite questo studio, una persona adempie al suo
obbligo di costruire il Tempio.
Il valore e l’importanza che il
Bet Hamikdash detiene per il popolo ebraico e per tutto il mondo sono
incommensurabili
|
Si trattava di un enorme
complesso creato con pietre di notevoli dimensioni e materiale prezioso di
ogni tipo, oro, argento e stoffe pregiate
|
ll
significato del Beit Hamikdash
Il Beit Hamikdàsh però non è
solo un luogo dove si serve D-o; esso è anche il luogo in cui il Creatore del
mondo risiede e rivela la Sua presenza al suo popolo
|
Il secondo Tempio fu adornato e
decorato con mobilio molto meno ricco e fastoso del primo; inoltre vi
mancavano alcuni elementi di importanza capitale.
|
Esplora i diversi componenti
del Bet Hamikdàsh, il Tempio di Gerusalemme.
|
Il terzo Santuario rimarrà
edificato in eterno, secondo la profezia di Ezechiele (37, 26-28). "E
stabilirà con loro un patto di pace, che sarà patto stabilito con loro per
sempre
|
Un
motivo per le disgrazie
Molti
cercano spiegazioni per l’accaduto nella Shoà. Come si può spiegare 6.000.000
di ebrei, popolo prediletto di D-o, portati nei forni crematori?
Il
digiuno del 10 di Tevet ricorda l’inizio della distruzione del Beth Hamikdash
(il santuario di Gerusalemme) e, contestualmente, il principio della lunga
diaspora del popolo ebraico. Purtroppo dopo la distruzione del Santuario il
popolo ebraico ha continuato a subire persecuzioni, stermini e pogrom, fino a
giungere alla tragedia del nostro secolo, la Shoà. Ancora oggi, in un'epoca in
cui regnano innovazione ed avanzamento tecnologico, in cui il progresso
inarrestabile contribuisce a rendere la vita migliore, ci troviamo ad
affrontare nemici che negano il nostro passato di sofferenza, che sostengono
che il trascorso, gli eccidi subiti dal popolo ebraico solamente 60 anni fa,
sono un'invenzione frutto della mania di persecuzione ebraica.
Molti
cercano spiegazioni per l’accaduto nella Shoà. Come si può spiegare 6.000.000
di ebrei, popolo prediletto di D-o, portati nei forni crematori?! Come possiamo
comprendere il destino di un milione di bambini che furono uccisi con delle
orribili torture e sofferenze?
In
verità la domanda non è solo sulla Shoà ma su tutte le persecuzioni e torture
che gli ebrei hanno passato sulla loro pelle durante tutta la storia. Ebrei
uccisi e torturati senza ragione a partire dall’egitto, continuando con la
distruzione del Beth Hamikdash, dove molto sangue fu versato, proseguendo con
l’inquisizione spagnola, fino ad arrivare agli attentati sugli autobus in
Israele.
Provare
a dare una motivazione razionale a tutto ciò è impossibile, come lo è spiegare
l’antisemitismo razionalmente, l’odio dei popoli verso di noi è la fonte della
sofferenza e delle torture, e siccome non capiamo lo scopo della sofferenza,
non siamo in grado nemmeno di spiegare l’odio, ma non vuol dire che se non
siamo in grado di spiegare, non ci sia uno scopo. Questo è un punto in cui
dobbiamo avere un umiltà assoluta davanti a D-o, come scritto “Poiché i miei
pensieri non sono i vostri, le vostre strade non sono le mie….come il cielo è
elevato rispetto alla terra, così le mie strade sono elevate dalle vostre e i
miei pensieri dai vostri”. Questa è l’umiltà richiesta davanti a degli
avvenimenti incomprensibili, riconoscere i nostri limiti umani che ci
impediscono di capire le strade divine ed i suoi pensieri.
Nonostante
tutto ciò, noi crediamo che la sofferenza abbia sempre uno scopo, quando verrà
il momento giusto, Mashiach si rivelerà, D-o allora ci farà capire lo scopo dei
patimenti e della diaspora, che hanno fatto nascere questa tanto lunga attesa
della venuta imminente del Mashiach.
Riflessioni
sul 10 di Tevet
Assarà
BeTevet crea una coscienza sulle conseguenze risultanti nel permettere un
assedio intorno a Gerusalemme l'assoluto e fermo timore di Dio
Il
digiuno di Assarà BeTevet (il giorno 10 Tevet) ricorda “l'assedio di
Gerusalemme voluto da Nevuchadnetzar re di Babilonia, e le tribolazioni che ne
conseguono”, come riferisce il Tanach. Nel libro di Yechezke1, troviamo, in
aggiunta all'evento vero e proprio, il comando dell’Onnipotente di commemorare
il fatto: “Scrivi questo giorno, proprio questo giorno...”
Assarà
BeTevet ricorda l'assedio di Gerusalemme. La città stessa rimase intatta, il
Tempio funzionava normalmente ed anche i sacrifici continuavano come al solito.
Ciò nonostante, vi è una severità insita in questo giorno che non troviamo nel
digiuno di Ghedalia, il 17 di Tamuz (quando furono interrotti i sacrifici
quotidiani ed i muri della città crollarono) e neppure nel 9 di Av, quando il
Bet Hamikdash fu distrutto. Assarà BeTevet, a differenza degli altri digiuni,
non può essere rimandato se capita di Shabbat, (con il calendario fisso
attuale, questo digiuno non capiterà mai di Shabbat).
La
ragione di questo rigore è dovuta al fatto che l'assedio di Gerusalemme fu la
radice di tutte le conseguenti calamità. Infatti portò all'invasione della
città e, come risultato, alla distruzione del Sacro Tempio. Questo assedio
imposto dal re della Babilionia, fu un avvertimento di D-o al popolo ebraico
che, se il pentimento non fosse stato imminente, la situazione sarebbe
peggiorata, è chiaro che il seme delle future calamità era già stato piantato.
Poiché
l'idea inconscia a tutti gli ebrei è risvegliare il cuore al cammino della
teshuvà, il ritorno a D-o, Assarà BeTevet deve evocare un senso più profondo di
teshuvà. Per questo, le leggi del digiuno associate a questa Teshuvà esigono un
alto grado di rigorosità.
Lo
scopo del commemorare questo evento è “migliorare le nostre vie”. Per questo,
discuteremo una delle lezioni che si possono trarre da Assarà Betevet.
Il
nome « Yerushalayim » (Gerusalemme) deriva, etimologicamente parlando, da due
parole, yirà e Shalem ovvero, timore assoluto di D-o. Quando trascuriamo non
solo le mitzvòt più importanti ma anche solo le prescrizioni rabbiniche, il
nostro timore assoluto di D-o viene meno, costituendo un'assedio a Gerusalemme.
Quando questo assedio diviene percettibile, bisogna fare uno sforzo totale per
distruggerlo, e se l'energia non è la massima, il peggiore degli assedi
potrebbe avere effetti disastrosi, D-o non voglia. Come dice il Talmud, “Un
giorno la cattiva inclinazione dice all'uomo ‘fa questo’, ed il giorno
seguente, ‘fa quello’, finché alla fine lo convince a praticare l'idolatria”.
Com'è
possibile che lo Yetzer Harà persuada un ebreo, che è ben conscio che tutta la
Torà è stata donata da D-o, a trasgredire anche un solo piccolo dettaglio od
una legge dedotta da un savio?
Coprendosi
d'un manto di pietà, lo Yetzer Harà spiega all'ebreo che, nel trascurare una
mitzvà minore ne guadagnerà l'osservanza di una delle mitzvòt maggiori e che la
stessa Torà permette ad una persona di trascurare un precetto in favore d'un
altro, come nel caso d'un precetto negativo quando coincide con uno positivo, o
le leggi del Sabato che vengono annullate di fronte ad una vita in pericolo.
In
verità, lo Yetzer Harà non ha interesse alcuno a salvaguardare i precetti più
severi. Al contrario, egli desidera preparare la via a trasgressioni molto più
gravi, come ricorda sopra il Talmud, “gli dice all'uomo ‘fa questo’...”
È
superfluo aggiungere che l'argomentazione dello Yetzer Harà non è sensata.
Infatti il principio che “un comando positivo ha precedenza su uno negativo” è
stato stabilito dalla Torà stessa. Ciò esso è in acuto contrasto con il caso in
cui un semplice mortale decida di negoziare o vendere una mitzvà minore, che
comporta una trasgressione del volere di D-o, in cambio di una mitzvà maggiore.
Quest'ultima
situazione finisce per degenerare al punto che una persona abbandona non solo
le mitzvòt minori, ma anche le maggiori.
Secondo
quanto detto sopra, i nostri savi spiegano il versetto “Egli (l'Onnipotente)
non accetta insubordinazione”. In un primo momento questo detto causa
perplessità. Se “Il mondo e tutto ciò che in esso esiste appartiene a D-o”,
com’è possibile che una persona si ribelli?
La
risposta dovrebbe essere la seguente: l’unica cosa al di fuori del dominio di
D-o, per così dire, è il Timore di D-o. Egli ha concesso all'essere umano il
libero arbitrio nel servirLo o no. Una mitzvà potrebbe, quindi, essere
considerata “nostra dedizione a D-o”. Di conseguenza, potremmo immaginare
erroneamente di essere capaci di confondere D-o, per modo di dire, compiendo
una mitzvà a discapito di un’altra.
È
ad una tale frode che la Torà si riferisce quando dice “Egli non accetterà
insubordinazione”. Questo versetto quindi intende avvertire che non dobbiamo
illuderci nel credere di poter ingannare l'Eterno per mezzo dell'osservanza
delle mitzvòt.
Quanto
detto ha un significato speciale riguardo l'educazione. In particolare per chi
pensa che per convincere bambini che ancora non hanno ricevuto una educazione
ebraica, o i loro genitori, dell'importanza d'iscriversi in una scuola dove si
studi Torà, si debbano fare concessioni minori. Assarà BeTevet crea una
coscienza sulle conseguenze risultanti nel permettere un assedio intorno a
Gerusalemme l'assoluto e fermo timore di D-o.
Un'educazione
ebraica con concessioni non prepara il giovane ad un fermo timore del Cielo da
adulto. Al contrario, egli continuerà a cedere: “Una persona, anche in età
avanzata, non rinuncia ai modi ai quali è stato educato sin da piccolo”.
L'unica
maniera d'assicurarsi che non faccia concessioni maggiori dopo è dirgli
esattamente cos'è scritto nella Torà di Verità. Se egli riceve un'educazione
ebraica non autentica, sentirà che i suoi educatori non gli stanno dicendo la
verità e perderà la fiducia nei loro confronti. Non gli ascolterà più quando
gli diranno di non fare concessioni maggiori.
Qualsiasi
attitudine d'una persona (sia buona o cattiva), quando è ancora giovane,
aumenta molto quando cresce. Per questo bisogna fare il massimo degli sforzi e
mettere tutto l'impegno nell'assicurare che l'educazione alla Torà sia perfetta
da tutti i punti di vista.
Questo
vale anche nel caso di una persona già di una certa età, ma nuova
all'apprendimento ed alla pratica dell’ebraismo. Non dobbiamo pensare che,
spiegando tutta l'estensione della Torà e delle mitzvòt rischiamo
d'allontanarlo del tutto dalla religione, ed invece gli diremo che attualmente
esiste una piccola quantità di mitzvòt da osservare, come decise il voto di
maggioranza da alcune autorità che attualizzano la Torà. In questo modo
mentiremmo, perché onestamente dovremmo dirgli che ogni ebreo è obbligato a
compiere tutte le mitzvòt, come in tutte le generazioni, perché “questa Torà
non sarà mai modificata”.
Se
incapaci di convincerlo a compiere tutte le mitzvòt da quel momento, è
necessario consigliargli di fare immediatamente qualsiasi mitzvà che abbia
anche una piccola possibilità nel trovarlo d'accordo. In questo modo “una
mitzvà porterà ad un'altra mitzvà”, dando come risultato nel tempo il rendere
questa persona “completa e perfetta in tutte le parti della sua anima”, nei 248
organi che corrispondono alle mitzvòt positive e nei 365 tendini che
corrispondono alle mitzvòt negative.
In
accordo a quanto detto, un giorno di digiuno dovrebbe servire da stimolo alla
teshuvà. Pertanto, oltre ad avvicinare l'uomo e il Creatore si torna a D-o
compiendo i nostri obblighi verso il prossimo, inclusi coloro che possono solo
essere chiamati Creature di D-o, in quanto mancanti di qualsiasi altra qualità.
Da
Assarà BeTevet in poi, si dovrebbe cominciare ad esprimere molto più vigore ed
entusiasmo nell'amare i nostri simili ed avvicinarli alla Torà. Ciò si può fare
convincendoli a compiere immediatamente quelle mitzvòt sulle quali sono
d’accordo. Se realmente non ci fosse altra alternativa, dovremmo fare in modo
che almeno compiano una o altre, delle dieci enumerate nella campagna di
mitzvòt. Col tempo ciò porterà al compimento di tutte.
Un
altro punto da tener presente quando si compie l’azione di 'amare i nostri
simili ad avvicinarli alla Torà: incontrando un ebreo che pensa che il suo comportamento
precedente non gli permette di cominciare ad osservare la Torà e le mitzvòt,
non essendoci per lui più speranza, dobbiamo fermamente incoraggiarlo con buone
maniere.
Deve
essere chiaramente inteso che una auto-trasformazione immediata è possibile.
(Queste non sono mere parole d'incoraggiamento, ma un decreto halachico della
Torà).
Dobbiamo
anche spiegargli che il compimento di almeno una mitzvà (specialmente se una
delle generali) lo eleverà e col tempo lo porterà all'osservanza di tutte.
La
lezione che vien tratta da Assarà BeTevet è che non abbiamo il diritto di
sacrificare una mitzvà per un'altra, all'apparenza più importante. Ciò assume
speciale importanza per coloro che sono coinvolti in mansioni comunitarie.
Infelicemente
esistono alcuni di questi individui che negoziano le mitzvòt. Essi concedono di
poter trascurare una mitzvà con fiducia, portando come argomento che, per mezzo
di questa linea d'azione otterranno una seconda e più importante mitzvà.
La
necessità che questi leaders agiscano in maniera adeguata è ancor più
enfatizzata nella preghiera dello Shabbat, quando benediciamo “coloro che sono
fedelmente coinvolti in assunti comunitari”. La parola che traduce fedelmente è
bèemunà , che significa anche, con fede in D-o. Così, la frase suddetta, ad un
livello d'interpretazione più profondo, si trasforma in “coloro la cui
occupazione in affari comunitari è permeata dalla fede in D-o”.
L'attivista
comunitario comprende che il suo esito, non è dovuto unicamente alle sue
capacità. Bensì è D-o, che gli dà forza conferendogli capacità di successo.
Ancor
più importante: è proprio a causa della sua fede in D-o che egli è coinvolto in
affari comunitari. Quando gli viene offerto un ruolo di fiducia, egli lo
rifiuta. Tuttavia, se la comunità insiste, egli considera il fatto come un
segno del Cielo che lo spinge al coinvolgimento, e solo per questo accetta il
ruolo.
Ne
consegue automaticamente che non dovrà rimanere offuscato dal prestigio, o dal
desiderio di conservare la posizione. È superfluo aggiungere che questo ruolo
non deve diventare un mezzo per vivere senza il quale non potrebbe sussistere,
perché se così fosse, comincerà a fare piccole concessioni. Ciò porterà a
concessioni maggiori dovute al costante preoccuparsi della sussistenza, del
prestigio e della posizione.
Nel
caso che, invece, egli sia stato, per così dire, forzato ad occuparsi di
problemi comunitari, e riconosce che il proprio successo non è dovuto al e sue
superiori capacità, bensì alle benedizioni di D-o, è ovvio che sarà uno di
quelli che sono fedelmente coinvolti in assunti comunitari. Avrà in mente il
benessere della comunità e non il proprio. Il suo interessamento sarà in
accordo con la volontà di D-o, e quindi egli sarà il lustro mezzo delle
benedizioni dell'Eterno.
Sia
volontà di D-o che il nostro leale coinvolgimento in affari comunitari e
nell'educazione ebraica avvicini l'avvento del nostro giusto Mashiach. Ciò porrà
fine al nostro esilio, a cui farà seguito il primo periodo di Redenzione dopo
di che giungerà la Redenzione assoluta, quando “D-o sarà Re sul mondo intero”.
Il Rebbe di Lubavitch, Rabbi Menachem Mendel
Schneerson
Pubblicato
in Lubavitch News
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Il
10 di Tevèt è l’unico digiuno che può capitare la vigilia di Shabbàt e
continuare fino al crepuscolo, a Shabbàt iniziato
Di
solito non si dovrebbe iniziare lo Shabbàt digiunando. Tuttavia questo digiuno
in particolare è l’eccezione alla regola. Infatti, secondo un’opinione1,
se il 10 di Tevèt cadesse di Shabbàt, dovremmo digiunare l’intero giorno. Tale
opinione si basa su una similitudine dei testi che descrivono gli eventi del
giorno2 con quelli che la Torà usa per descrivere Yom Kippùr3
e dai quali si deduce che Yom Kippùr non va mai rimandato (il nostro
calendario è costruito in modo tale che il 10 di Tevèt non può mai capitare di
Shabbàt, ma quando il calendario era stabilito dalla corte centrale a
Gerualemme, ciò poteva accadere).
Che
cosa ha il 10 di Tevèt di straordinario? È il giorno in cui gli eserciti
Babilonesi dell'imperatore Nevuchadnètzar (Nabuccodonosor) misero Gerusalemme
sotto assedio. A prima vista questo evento sembra meno significante del giorno
in cui fu aperta una breccia nelle mura (evento per il quale si digiuna il 17
di Tammùz), o il giorno in cui il Tempio è stato messo a fuoco, per il quale digiuniamo
nel 9 di Av.
Tuttavia
quando si guarda la tragedia nella sua interezza, la visione cambia. Un digiuno
non viene stabilito solamente per mostrare quanto siamo infelici. Il digiuno
viene chiamato dal profeta4 “un tempo favorevole”, un momento
in cui abbiamo il potere di rettificare ciò che non è andato bene in quel
giorno.
Se
si vuole aggiustare qualcosa da dove si inizia? Se un fiume è inquinato, si
inizia a pulire le spiagge a valle o si va a monte per tappare le fonti e
impedire l’immissione di rifiuti tossici? Allo stesso modo, quando si desidera
correggere il passato, l’aspetto fondamentale è tornare all’origine. È questo
il 10 di Tevèt.
In
questo giorno, come ho scritto, il Re della Babilonia e le sue truppe misero
Gerusalemme sotto assedio. Nessuno poteva uscire né entrare. Tutti gli abitanti
della città dovevano per forza convivere l’uno con l’altro senza possibilità di
scampo. I nostri saggi dicono che “D-o manda la cura prima della malattia” e
questo evento ne è un esempio, poiché l’assedio dava potenzialmente
l’opportunità agli Ebrei di Gerusalemme di unirsi: se l’avessero fatto, nessun
esercito sarebbe stato capace di attaccarli5 e Nevuchadnètzar
e i suoi guerrieri si sarebbero ritirati, come era successo anni prima con
l’esercito di Sennacherìb.
Siamo
in esilio da circa duemila anni, dalla distruzione del Secondo Tempio. Qual è
la motivazione dietro a questo esilio così lungo? I nostri saggi lo
attribuiscono a un fattore principale: l’odio gratuito. Quando regna armonia
tra gli Ebrei, essi sono invincibili. Quando, D-o non voglia, ci sono discordia
e acrimonia, c’ è l’esilio. L’assedio di Gerusalemme nel 10 di Tevèt ci diede
l’opportunità di aggiustare la radice della causa dell’esilio prima ancora che
l’esilio stesso iniziasse6.
Così
pure ogni anno, il giorno del 10 di Tevèt è un momento favorevole per
soffermarsi sulla causa dell’esilio e curarla, creando armonia tra di noi per
porre finalmente fine all’esilio una volta per tutte. Per raggiungere questo
scopo è necessario a volte sacrificare parte del godimento e della tranquillità
dello Shabbàt, ma ne vale certamente la pena.
A
livello pratico, quando il 10 Tevet è di venerdì, la sera si recita kiddùsh
appena appaiono tre stelle di grandezza media, e il digiuno è ufficialmente
finito. Coloro che stanno digiunando non dovrebbero mangiare fino a dopo che
hanno sentito il Kiddùsh.
Rav Eliezer Zalmanov, per concessione di
Chabad.org
NOTE
1. Vedi Bet Yosef Orach
Chaim 550 nel nome di Abudraham. La decisione halachica dello Shulchàn Arùch è
che nessuno dei Quattro Diguni che commemorano la distruzione e l’esilio possno
scavalcare lo Shabbàt. Ciononstante il 10 di Tevèt è l’unico digiuno che può
capitare la vigilia di Shabbàt e continuare fino al crepuscolo, a Shabbàt
iniziato.
2. Ezekiele 24:2
3. Levitico 23:28
4. Isaia 58:5
5. Vedi Talmud Gerusalemme
Peà 1:1: Rabbi Abba figlio di Kahan disse: “La generazione di David era tutta
retta ma, siccome c’erano delle spie tra loro, essi caddero in battaglia… la
generazione di Achab era idolatra ma, siccome non c’erano spie, essi andarono
in battaglia e furono vittoriosi.”
In
Derech Eretz Zuta capitolo 9: Ecco cosa diceva Rabbi Elazar haKappar: “Ama la
pace e odia il litigio. Grande è la pace, poiché anche quando il popolo serve
idoli ma c’ è pace tra gli ebrei, è come se D-o stesso non possa toccarli, come
Hoshea dice (4:17), ‘Efraim è unito agli idoli, lascialo solo’. Tuttavia non
appena c’ è un litigio, cosa dice Hoshea? “I loro cuori sono separati, ora sono
colpevoli 10:2’”.
6. Il Talmùd Yomà 9b dice
che il Secondo Tempio fu distrutto a causa di odio gratuito, mentre il Primo
Tempio fu distrutto a causa di idolatria, promiscuità e assassini. Ciò
nonostante è scritto che la distruzione del Primo Tempio non sarebbe avvenuta
se l’unità avesse prevalso.
Da Pensieri di Torà, una pubblicazione
settimanale pubblicata da Chabad a Viale Libia Roma
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