Al centro della foto, rav Umberto Piperno, Rabbino capo di Napoli
Il
discorso di Lydia Schapirer, Presidente della Comunità ebraica di Napoli del Sud Italia, alla cerimonia organizzata il 27
gennaio 2016 nel campo di concentramento di Ferramonti in ricordo delle vittime della Shoah.
È con profonda
commozione che mi trovo in questa giornata di ricordo e riflessione qui con voi
a Ferramonti - campo di concentramento fascista e santuario della Memoria - nel
difficile doppio ruolo di Presidente della Comunità Ebraica di Napoli e del Sud
Italia e di figlia di un ex internato in questo campo. Dario Schapirer. Mio
padre.
Un campo,
Ferramonti, che mio padre ha voluto trasmettermi come esempio di umanità
nonostante la fame, la malaria e tutte le tragedie e le difficoltà inferte
all’Italia dalla folle guerra in cui ci trascinò il regime fascista.
Un campo, che
per la sua atipicità nel panorama dell’universo concentrazionario nazifascista
ben si presta a specchio dell’Italia di quell’epoca: un Italia a livello
popolare sicuramente migliore di chi si era arrogato il diritto - con
tracotanza e violenza - di governarla e di imporle sulla scia dell’esempio
tedesco l’infamia delle leggi razziali.
È a figure come
il Maresciallo Gaetano Marrari, Fra Callisto Lopinot e Paolo Salvatore che noi
ebrei tributeremo sempre la nostra eterna gratitudine e riconoscenza. Non solo
in questa giornata dedicata alla memoria delle vittime della Shoah, ma tutti i
giorni dell’anno.
Che il loro
ricordo sia per noi tutti insegnamento e benedizione.
Volgendo uno
sguardo al presente, è scontato che come italiani e come ebrei ci troviamo ad
affrontare l’appassionante sfida di preservare - ora che per ovvie ragioni
anagrafiche di anno in anno viene sempre più a mancare la testimonianza diretta
dei sopravvissuti - la memoria e il senso profondo di ciò che è stata la Shoah.
Lo dobbiamo in particolare alle nuove generazioni, che purtroppo vivono quegli
anni sempre come più lontani, probabilmente per mancanza di insegnamento e
sensibilizzazione nei confronti della storia recente, durante la quale il
rispetto verso l’individuo e le minoranze è venuto meno da ogni punto di vista
sfociando nella più bieca violenza fisica e psicologica.
Sono sicura che,
come Comunità ebraica, di concerto e col sostegno delle Istituzioni, riusciremo
ad assolvere anche a questo compito. Lo dobbiamo ai nostri ragazzi. Altrimenti,
presto o tardi il 27 gennaio come spesso già accade non solo perderà il suo
significato ma rischierà di degenerare in una semplice ricorrenza inutile e
stantia .
La situazione
delle comunità ebraiche in Italia, oggi, è tutto sommato buona rispetto alle
criticità che purtroppo sempre più di frequente ci offre il panorama europeo ed
internazionale, ma pensare che il nostro Paese sia immune al germe
dell’antisemitismo sarebbe un gravissimo errore di valutazione. Non possiamo
ignorare fenomeni spregevoli come le liste di proscrizione di recente
ricomparse sul web. Ed anche se è vero che qui in Italia siamo ancora di fronte
ad episodi che per gravità e frequenza sono ancora lontani dalla violenza e dal
terrorismo di cui sono ripetutamente vittime i nostri correligionari in Belgio,
in Francia, in Olanda, in Svezia, in Danimarca, in Norvegia e anche in Ungheria
e in altri paesi est europei non per questo dobbiamo o possiamo abbassare la guardia.
E non possiamo nemmeno chiudere un occhio di fronte alla trasversalità del
fenomeno antisemita, che sarebbe da ipocriti voler confinare all’estrema
destra, essendone afflitto anche un ampio spettro della sinistra.
Deve essere
chiaro a tutti che non faremo nessuno sconto a chi maschera il proprio
antisemitismo col pretesto dell'antisionismo, sostenendo la retorica
terroristica e antidemocratica di chi sogna la distruzione dello stato di
Israele. E non staremo nemmeno in silenzio di fronte a chi in maniera spregevole,
a proprio uso e consumo si fa scudo delle tragedie degli ebrei morti per
chiedere la morte degli ebrei vivi, facendo parallelismi storici privi di ogni
fondamento e ragione. E tutto questo prima che a noi stessi lo dobbiamo a tutti
coloro che per il solo fatto di essere nati ebrei e di aver continuato ad
esserlo hanno pagato prezzi altissimi.
Il popolo
ebraico ha fatto molta strada da quel lontano 27 gennaio del 1945. È oggi un
popolo che si è ringiovanito pur rimanendo legato alle tradizioni, e questa sua
trasformazione - che coincide con la nascita e l’evoluzione dello Stato di
Israele - è la forza dinamica e creativa che l’ha reso ovunque integrato e
protagonista di primo piano nelle rispettive comunità nazionali, di cui ne
condivide le gioie e i dolori, i successi e le sconfitte.
All’occorrenza,
nel caso in cui le minacce passate dovessero ripresentarsi, con il vostro aiuto
sapremo come affrontarle, e senza paura combatterle e vincerle, in nome della
libertà di noi tutti, affinché certi mostri del passato vengano sconfitti per
sempre e non tornino mai più.