Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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27 gennaio 2019: Giorno della memoria

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venerdì 3 ottobre 2008

Volevo solo vivere

Voglio ricordare, presentandone alcune recensioni, un film che ha ormai più di due anni, presentato a Cannes nel 2006, trasmesso dalla RAI in occasione del Giorno della memoria del 27 gennaio 2007, ed uscito anche in dvd.
Il regista è il calabrese Mimmo Calopresti, di Polistena; il film raccoglie le testimonianze di nove sopravvissuti alla Shoah.

Mimmo Calopresti: Volevo solo vivere
"Sono le immagini in bianco e nero di Benito Mussolini, pronunciate a Trieste il 18 settembre 1938 - nel quale enuncia il principio per il quale "l'ebraismo mondiale è un nemico irriconciliabile" - a dare inizio a Volevo solo vivere. Da qui partono le testimonianze di nove cittadini italiani sopravissuti alla deportazione ad Auschwitz. Nove storie attraverso le quali seguiamo i più significativi eventi di questa tragica esperienza: le leggi razziali, le inutili fughe, le deportazioni, la separazione dai familiari, la miracolosa sopravvivenza fino alla liberazione all'arrivo dei soldati. Parole che forse non vengono sentite per la prima volta, ma che narrano i diversi aspetti di questi tragici fatti, dai più intimi ai più conosciuti e crudeli. Persone che non hanno paura a rivivere i sentimenti di terrore ma anche la tenerezza e la compassione fra i prigionieri. Mimmo Calopresti ha visionato centinaia di testimonianze, custodite negli archivi dello Shoah Foundation Institute for Visual History and Education creato da Steven Spielberg. "Dopo un viaggio ad Auschwitz con alcuni studenti romani ho cominciato a lavorare su questo film: l'impegno maggiore era ascoltare le interviste ai sopravvissuti e credere alle cose che dicevano, perché erano letteralmente incredibili. Non ho trovato risposte a quanto è successo ho solo capito che dobbiamo impegnarci affinché non ricapiti più" (Mimmo Calopresti).

Mimmo Calopresti (1955, Polistena) nel 1985 ha vinto il primo premio al Festival Cinemagiovani di Torino con il video A proposito di sbavature. Dopo aver realizzato, diversi documentari e cortometraggi, negli anni Novanta inizia la sua collaborazione con la Rai, per la quale realizza Paolo ha un lavoro (1991) e Paco e Francesca (1992). Nel 1995 è presente in concorso a Cannes con il film La seconda volta. Due anni più tardi scrive e dirige La parola amore esiste, presentato ancora a Cannes nella Quinzaine des Réalisateurs e con il quale vince un Nastro d'Argento. Nel 2000 firma la regia di Preferisco il rumore del mare e l'anno successivo interpreta Le parole di mio padre di Francesca Comencini e partecipa al progetto collettivo Un altro mondo è possibile. Dopo aver girato nel 2003 La felicità non costa niente, nel 2004 realizza L'ora della lucertola e Una bellissima bambina. Nel 2006 gira L'Invito e Volevo solo vivere. L'abbuffata (2007), che oltre come regista lo vede anche come attore, è stato presentato fuori concorso alla II Edizione della Festa del Cinema di Roma. Del 2008 è il documentario La fabbrica dei tedeschi, sulla strage alla ThyssenKrupp.

La Shoah italiana di Calopresti
"Non è stato certo facile scegliere le nove testimonianze di ebrei italiani sopravvissuti allo sterminio nazista. Davanti a me scorrevano vite complesse, che non si sono fermate neppure quando, entrati bambini nei campi di annientamento, vedevano sparire i loro genitori. Per molti mesi non riuscivo a dormire ascoltando quei racconti così toccanti e forti. Ho così selezionato affidandomi alla simpatia, all'emozione che via via provavo". Mimmo Calopresti spiega così l'improbo compito che gli è toccato durante la lavorazione del documentario Volevo solo vivere realizzato per la Shoah Foundation di Steven Spielberg e presentato Fuori Concorso a Cannes.
Nel documentario di Mimmo Calopresti sono raccolte le testimonianze di nove sopravvissuti italiani ai campi di concentramento nazisti.
L'opera era stata proiettata lo scorso 26 gennaio all'Auditorium di Roma in occasione della Giornata della memoria, e presentata alla Casa del Cinema dal regista, accompagnato dal sindaco di Roma Walter Veltroni e da Mark Edwards, produttore dello Shoah Foundation Institute.
Per il docu-film della durata di 75 minuti sono previste proiezione nelle scuole e, come ha confermato l'amministratore delegato di Rai Cinema Giancarlo Leone, ''andrà poi anche in tv e diventerà un Dvd'''. L'uscita nelle sale è prevista solo in poche città. Sulla possibilità di una maggiore diffusione, Leone ha detto: ''ci appelliamo alla sensibilità degli esercenti''.
Si tratta di una produzione Gagè, Wildside Media in coproduzione con Rai Cinema, Ventura Films e RTSI-Televisione Svizzera, e da fine agosto si potrà noleggiare, mentre da metà ottobre sarà messo in vendita il dvd con il commento di Spielberg.
Calopresti spera di tornare presto a girare un nuovo film, il cui titolo provvisorio è L'invito, prodotto dall'Istituto Luce e interpretato da Gerard Depardieue Toni Servillo.
(mag 2006)

Maurizio Cabona da Il Giornale, 22 maggio 2006
Nove testimonianze di deportazione costituiscono il documentario di Volevo solo vivere, in cui Mimmo Calopresti ha riversato le testimonianze di Andra Bucci, Esterina Calò Di Veroli, Nedo Fiano, Luciana Nissim Momigliano, Liliana Segre, Settimia Spizzichino, Giuliana Tedeschi, Shlomo Venezia, Arminio Wachsberger (intanto scomparso), scelte fra quelle di ebrei italiani filmate e depositate presso la Fondazione Shoah degli Stati Uniti.
È un collage al quale Calopresti si limita ad aggiungere immagini dei campi di concentramento riprese nel 1945. Nato come futura memoria, il documentario non ha ambizioni estetiche e forse il Festival di Cannes non era il posto per mostrarlo, anche fuori concorso come il film è. L'esiguità del ruolo del regista ha comunque deluso gli ambienti ebraici italiani.
Se l'intento di Volevo solo vivere è contribuire alla storia, la scelta di Calopresti - non essere vedette rispetto alle vittime - pare più onesta di tante altre che si sono avute su questo tema doloroso.

Gian Luigi Rondi da Il Tempo, 27 gennaio 2006
In occasione della Giornata della Memoria, oggi 27 gennaio, oltre all’importante film ungherese Senza destino, esce nelle nostre sale il bellissimo documentario di Mimmo Calopresti, produttore esecutivo Steven Spielberg, realizzato nell’ambito delle iniziative del Shoh Foundation Institute per ricordare, in tutto il mondo, gli otto milioni di ebrei sterminati dalle barbarie naziste. Si sono registrate finora 52.000 testimonianze di sopravvissuti in 56 Paesi e in 32 lingue. Per l’Italia Calopresti ha scelto, negli archivi della Fondazione, nove lunghe interviste a ebrei italiani che avevano conosciuto l’orrore di Auschwitz, montandole alternativamente secondo le varie tappe del loro tremendo itinerario. Dopo un preambolo, così, che con materiale di repertorio documenta l’infame discorso di Mussolini a Trieste nel ’38 in cui, di fronte a una folla plaudente di camicie nere, annunciava le vergognose «leggi razziali», comincia ad ascoltare via via i nove, ciascuno con esperienze personali diverse, tutti però secondo gli stessi passaggi obbligati. Prima, cioè le retate, poi la deportazione su vagoni blindati, quindi, di seguito la separazione dalle famiglie, l’arrivo ad Auschwitz, la disumanità totale della pseudo vita al suo interno. Fino al quasi miracoloso arrivo dei militari alleati, con l’inattesa e non più sperata liberazione. A questi ricordi, detti con voci sicure da persone ormai anziane che in qualche momento non possono trattenere le lacrime, vengono accompagnate per illustrare via via le testimonianze di ciascuno, delle immagini terrificanti dei forni crematori, delle fosse comuni, delle facce scheletriche di questo o quel gruppo di deportati. Riuscendo a comporre un ritratto intensamente coinvolgente di una realtà patita oltre ogni possibilità di resistenza, senza cedere mai un solo momento alla retorica, anzi con una asciuttezza nei racconti con un preciso alternarsi delle tragiche esperienze comuni che solo ogni tanto alla commozione concede di farvi vibrare note laceranti. Con un senso meditato del cinema, nell’impostazione, negli sconvolgimenti, e contemporaneamente con un profondo, partecipe rispetto della verità. Anche quando è indicibile. Il film, per il Progetto della memoria intitolato «Noi ricordiamo», a cura del sindaco Veltroni è offerto in visione a 1500 studenti delle scuole superiori di Roma. Io mi auguro, però, che grazie alla distribuzione nelle sale ad opera della nostra sempre più benemerita «O1», sia visto da tutti, adulti e giovani. Perché o si impari o non si dimentichi.

Paolo Massa
http://www.mescalina.it/cinema/recensioni-cinema.php?id=215
E’ ancora impellente la necessità di vedere immagini che ci ricordino, a distanza di mezzo secolo, la tragedia dell’Olocausto perpetrato ai danni di milioni di ebrei, ma anche di zingari, rom, comunisti ed omosessuali? A vedere il commovente documentario di Mimmo Calopresti, “Volevo solo vivere”, presentato fuori concorso al 59mo Festival di Cannes nonché candidato al David di Donatello come miglior film documentario, la risposta nasce spontanea: ebbene sì, se ne sente ancora la necessità. L’esperienza provata al buio di una sala cinematografica è di quelle da togliere il fiato. Le emozioni di rabbia e indignazione, di incredulità e dolore, dinanzi a testimonianze vivide (e vere, per chi ancora non credesse a questa tragica pagina della Storia contemporanea), ci danno il senso del lavoro certosino compiuto dal regista nostrano. Dopo aver visionato numerose interviste in lingua italiana, custodite negli archivi dello Shoah Foundation Institute for Visual History and Education creato da Steven Spielberg, Mimmo Calopresti ha selezionato quelle di nove cittadini italiani sopravvissuti alla prigionia nel campo di sterminio di Auschwitz, che con la scritta “Arbeit Macht Frei” (il lavoro rende liberi) salutava dal cancello d’ingresso l’arrivo dei tantissimi deportati ebrei. Il documentario è confezionato con equilibrio tra testimonianze recenti e materiale d’archivio (quasi a voler dimostrare la veridicità delle affermazioni degli intervistati): ma in realtà non c’è bisogno di dimostrare proprio nulla. Infatti a parlare più di tante immagini di repertorio in bianco e nero sono le parole, ma ancor di più gli occhi lucidi di Andra Bucci, Esterina Calo’ Di Veroli, Nedo Fiano, Liliana Segre, Luciana Momigliano, Settimia Spizzichino, Giuliana Tedeschi, Shlomo Venezia e Arminio Wachsberger. Sono le loro storie che cercano di farci capire, almeno in parte, le tribolazioni che hanno dovuto sopportare per un motivo che non avrà mai una giustificazione plausibile. Sono i saluti fugaci con le madri, i padri, i fratelli, le sorelle e i cugini, mai più rivisti al di fuori di quell’inferno in terra, a riempire i nostri occhi di lacrime. Erano quelli gli attimi della “selezione finale”, quando aguzzini in divisa decidevano della sorte di milioni di vittime, colpevoli magari di essere troppo deboli per poter lavorare, e dunque condannate alle camere a gas e ai forni crematori. Questa era la vita (e la morte) al tempo di Auschwitz. E “Volevo solo vivere” ce l’ha ricordato.

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