In uno dei primi post di questo blog, avevo riproposto il bel sito del professor Vincenzo Villella, che nel suo libro "La Judeca di Nicastro e la storia degli ebrei in Calabria" identificava il rione Timpone (conosciuto anche come Judeca) come stanziamento di ebrei, e nella chiesa di sant'Agazio riconosceva l'antica sinagoga.
Queste sue ipotesi non trovano tutti d'accordo, e quindi (per quanto ne condivida in linea di massima le conclusioni) mi sembra onesto riportare anche le tesi discordanti.
Dal sito Aguleo
La questione è emersa quando, per la prima volta in forma scritta, nella Guida del Museo archeologico lametino, è apparsa la dizione del rione Timpone come sede di ebrei. Ciò non faceva altro che riprendere il contenuto del pannello "La comunità ebraica di Nicastro", esposto fin dal 1997 nello stesso Museo archeologico.
I motivi che hanno spinto ad avanzare questa ipotesi sono chiariti nel libro dello storico professor Vincenzo Villella "La Judeca di Nicastro e la storia degli ebrei in Calabria", in cui ritiene che nel territorio di Nicastro sia avvenuto un processo analogo a quelli degli altri centri calabresi in cui vissero sicuramente delle comunità ebraiche a partire dal V secolo d.C. fino al XVI secolo, per poi subire una forma di emarginazione e di graduale rimozione, dovute allo spirito di intolleranza religiosa. Egli fa riferimento soprattutto all'opera di Oreste Dito "la storia calabrese e la dimora degli ebrei in Calabria dal secolo V alla seconda metà del secolo XVI", in cui è citata quella di Nicastro tra le comunità calabresi del XIII secolo.
L'asserzione è avvalorata dal persistere nella cultura popolare del termine "Judeca”accanto a quello di Timpone e dal riscontro documentario dei registri della Cancelleria Angioina, in cui risulta che gli ebrei di Nicastro, insieme ad altre comunità pugliesi, campane e calabresi pagavano nel 1276 l'imposta per la distribuzione della nuova moneta della zecca di Brindisi, detta “gabella judaica".
La scelta del sito, secondo la tesi di Villlella, fu dovuta a ragioni di sicurezza (era un luogo difficilmente accessibile) e soprattutto a precise esigenze rituali, in quanto gli ebrei consideravano le fonti di acqua dolce come luoghi di epifania, collegate com'erano alla purificazione.
La Judeca di Nicastro, oltre ad essere circondata da due torrenti, poteva anche sfruttare alcune sorgenti naturali. Per queste particolari condizioni fu possibile, secondo questa tesi, creare il miqweh, ossia la vasca per il bagno di purificazione rituale. Egli inoltre identifica nell'attuale Chiesa di S. Agazio il suolo su cui insisteva precedentemente una moschea.
Questa teoria è stata fortemente contrastata da altre ricerche storico-linguistiche-archeologiche dell'architetto Giuliana De Fazio, che ha effettuato gli studi preliminari per il restauro della chiesa di Agazio compresi nel saggio "La Chiesa di S. Agazio al Timpone di Nicastro cronaca di un restauro", a cui poi è stata aggiunta una nota del professor Antonio Milano “Ebrei a perdere ?".
Questi due ultimi studiosi sostengono che la ricca tradizione storica locale non fa nessuna menzione dell'esistenza di una comunità ebraica al Timpone di Nicastro, che nessun cenno è contenuto nemmeno nella tradizione orale dei canti e poesie popolari, nei quali si può notare soltanto l'allusione che un giovane pretendente ironicamente fa al fatto che egli possiede "tri migghiara 'i viti e 'na casa allu Timpuni", oppure la descrizione di una lavandaia che "scindi a tia di lu Timpuni". In nessuna parte della tradizione scritta si fa riferimento alla condizione di ghetto ebraico del rione.
La sterilità delle ricerche archeologiche sul sito della chiesa di S. Agazio induce a non ritenere plausibile l'esistenza precedente di una sinagoga ebraica, né si può dire che il luogo indicato come vasca per la purificazione abbia le caratteristiche che si ritrovano in tali circostanze, piuttosto potrebbe essere una semplice punto di raccolta delle acque piovane.
Vittorio Pandolfo nei suoi scritti su “Storicittà”, condivide la non esistenza nella tradizione familiare e in quella popolare dell'origine ebraica della comunità del Timpone. Il termine Judeca potrebbe avere avuto, e solo per gli abitanti della Via Grande ora Via Garibaldi, il significato di separazione sociale nei confronti del Timpone.
Aggiungo una mia piccola annotazione:
Sul fatto che il Timpone sia l'antico quartiere ebraico di Nicastro, possono non esserci certezze, ma la sua natura di luogo chiuso, la sua vicinanza a corsi d'acqua, il nome che porta (pur ricordando che non sempre la Judeca indica luogo abitato da ebrei, ma a Nicastro, dove vi abitarono sicuramente, lo vedo molto più probabile) mi induce a credere che proprio questo fosse, nonostante la "damnatio memoriae" che ne ha cancellato il ricordo nella tradizione popolare. Credo stia agli storici che non condividano l'ipotesi, dimostrare (o quantomeno proporre) dove possa essere collocata la vera Judeca (o, in alternativa, che gli ebrei di Nicastro non avessero un solo luogo circoscritto di insediamento).
Sono invece più propenso a credere che non necessariamente la chiesa di sant'Agazio fosse l'antica sinagoga, dal momento che non ne esistono tracce archeologiche (pur tenendo che possa essere stata saccheggiata e depredata da subito dopo la cacciata degli ebrei dal Sud).
Non ho elementi (data la mia ignoranza nel campo archeologico) per dire nulla a proposito del supposto miqweh.
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