Le notizie sono tratte dall'articolo di Cesare Colafemmina, "Ebrei e questione ebraica" in Storia della Calabria medievale I, Gangemi, Roma - Reggio Calabria, 2001.
In un post precedente, avevo citato Rav Moshè di Reggio, hazan (cantore) della sinagoga, e poeta. Il hazan non si limitava a cantare, ma vigilava sulla conservazione dei testi sacri e sulla scelta delle nuove preghiere da introdurre nella liturgia, spesso di propria composizione.
Di Moshè ci è rimasto solo un componimento, non liturgico, che Anatoli ben Yosef, di Marsiglia, volle conservare nella sua raccolta poetica.
Anatoli, poco più che ventenne, si recò ad Alessandria d'Egitto, dove sarebbe divenuto giudice della locale comunità, e sarà in corrispondenza con il grande Maimonide.
Nel suo viaggio fece tappa in Sicilia e, trovandosi una volta a Messina, conobbe Rav Moshè, di cui divenne amico e dal quale, probabilmente, ricevette un aiuto economico.
Espresse la sua gratitudine con una composizione poetica, nella quale giocava sul nome del suo "salvatore", quale sarebbe l'etimologia del nome Moshè:
Il destino mi ha preso il cuore come un creditore:
come posso contenermi e non parlare?
Ha posto sul mio collo un giogo con la stanga
e la sua catena è assai pesante e dura.
Il mio intimo è in preda al fuoco
perché sto lontano dalla mia famiglia.
Lacrime come pioggia bagnano le mie guance,
su esse spunta come erba la canizie.
Ma ha rafforzato il Signore la sua clemenza,
a Mosè la Rume ha indicato le sue vie.
Chiunque affoghi nelle acque della distretta,
egli veramente lo afferra e salva.
Per questo un altare di lodi innalzo a lui
e su esso la mia anima offro in olocausto.
In linguaggio ancora più iperbolico, e ugualmente ricco di richiami biblici, risponde Rav Moshè:
In un post precedente, avevo citato Rav Moshè di Reggio, hazan (cantore) della sinagoga, e poeta. Il hazan non si limitava a cantare, ma vigilava sulla conservazione dei testi sacri e sulla scelta delle nuove preghiere da introdurre nella liturgia, spesso di propria composizione.
Di Moshè ci è rimasto solo un componimento, non liturgico, che Anatoli ben Yosef, di Marsiglia, volle conservare nella sua raccolta poetica.
Anatoli, poco più che ventenne, si recò ad Alessandria d'Egitto, dove sarebbe divenuto giudice della locale comunità, e sarà in corrispondenza con il grande Maimonide.
Nel suo viaggio fece tappa in Sicilia e, trovandosi una volta a Messina, conobbe Rav Moshè, di cui divenne amico e dal quale, probabilmente, ricevette un aiuto economico.
Espresse la sua gratitudine con una composizione poetica, nella quale giocava sul nome del suo "salvatore", quale sarebbe l'etimologia del nome Moshè:
Il destino mi ha preso il cuore come un creditore:
come posso contenermi e non parlare?
Ha posto sul mio collo un giogo con la stanga
e la sua catena è assai pesante e dura.
Il mio intimo è in preda al fuoco
perché sto lontano dalla mia famiglia.
Lacrime come pioggia bagnano le mie guance,
su esse spunta come erba la canizie.
Ma ha rafforzato il Signore la sua clemenza,
a Mosè la Rume ha indicato le sue vie.
Chiunque affoghi nelle acque della distretta,
egli veramente lo afferra e salva.
Per questo un altare di lodi innalzo a lui
e su esso la mia anima offro in olocausto.
In linguaggio ancora più iperbolico, e ugualmente ricco di richiami biblici, risponde Rav Moshè:
Langue come cervo che spasima
il mio cuore per Anatoli ben Yosef.
Quanto cari i vezzi delle sue lodi,
più dell'oro di Ofir e dell'argento!
Se le ricevesse un morto, rivivrebbe
anche se fosse ormai riposto nella tomba!
Quando potrò riunirmi all'amico?
La separazione quando avrà fine?
Ridarà il destino traditore la vita a un cuore
che ha strappato e fatto a pezzi?
Assai gioiranno allora quelli che furono divisi,
giubilerà nel ritrovarsi il cuore dell'amico.
Purtroppo, questo è uno dei pochissimi componimenti che ci rimangono dell'ebraismo calabrese, che in quanto a livello culturale non doveva essere da meno rispetto a quello siciliano o pugliese.
1 commento:
Dunque, che meraviglia la nostalgia dell'Amato che esprimono questi bellissimi componimenti.....
vien voglia di aggiungere...
"Certo, l'argento ha un luogo di origine, l'oro un luogo dove è purificato (...)
Un popolo straniero apre gallerie, che sono dimenticate dal piede; essi pendono sospesi, lontani da uomo oscillano"
shalom, 'shir
p.s. mi sembra una cosa degnissima e importante questo lavoro di "riscoperta" dell'opera di Chayym Vital, è davvero Mazal Tov!
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