La cultura è stato uno dei principali elementi che ha permesso per millenni l'esistenza del popolo ebraico, pur così piccolo e disperso.Lo testimoniano i numerosi premi Nobel dati ad ebrei, i nomi dei tre personaggi che probabilmente più di tutti hanno inciso nella storia e nella cultura dell'ultimo secolo: Marx, Freud, Einstein, i più celebri ma certo non i soli, da Kafka a Woody Allen a Bob Dylan.
Tra gli ebrei l'analfabetismo è sempre stato praticamente sconosciuto (le brave mamme ortodosse ancora oggi ai loro bambini appena svezzati preparano biscotti con le forme delle lettere dell'alfabeto ricoperte di miele) e le sinagoghe in Italia hanno tradizionalmente avuto il nome di "scola", in quanto erano centri non solo di preghiera ma anche di studio.
In occasione di atti fondamentali della vita ebraica (milà, bar mitzvà, matrimonio) è tradizione che la famiglia paghi la pubblicazione di un libro, o a volte è questo il regalo che fanno gli amici.
Della celebrazione di alcune feste fa parte lo studio della Torah o del Talmud, e lo stesso avviene nella commemorazione di un defunto.Un mio amico ebreo, vedendomi una volta entrare al Tempio, mi ha chiesto se stessi studiando, intendendo se mi stessi preparando alla conversione!
Pur nella scarsità di documentazioni sull'ebraismo calabrese, ne sappiamo abbastanza per essere certi del suo vigore culturale, soprattutto se rapportato al circostante ambiente cristiano: vedremo qui alcune di queste testimonianze.
Le informazioni sono prese dall'ormai noto Cesare Colafemmina, Per la storia degli ebrei in Calabria. Saggi e documenti, Rubbettino, 1996 e da Giuliano Tamani, "Manoscritti e libri", in L'ebraismo dell'Italia meridionale peninsulare dalle origini al 1541, atti del IX Congresso internazionale dell'Associazione italiana per lo studio del giudaismo, Congedo, Galatina, 1996.
Abbiamo già visto che a Reggio è stata edita la prima pubblicazione a stampa in ebraico fornita di data, ma quella di Abraham ben Garton a Reggio non è stata l'unica tipografia ebraica in Calabria: a Cosenza vi fu poco dopo la stamperia di Ottaviano Salomonio di Manfredonia (al quale dedicherò un post), che però non risulta abbia pubblicato volumi in ebraico.Per arrivare ai nostri giorni, dobbiamo ricordare le edizioni Brenner di Cosenza, fondate dopo la liberazione da uno degli internati del campo di Ferramonti. E chissà che lontane ascendenze ebraiche non abbia il tipografo-editore Abramo di Catanzaro...
Pur nella rovina di biblioteche e archivi calabresi, depredati dagli uomini e distrutti da terremoti e accidenti vari, restano anche numerosi manoscritti fatti in Calabria, e chissà quanti altri che hanno visto la luce da noi sono stati portati con sé dagli ebrei scacciati nel XV secolo, cacciata che rovinò la nostra terra economicamente e culturalmente.Di questi manoscritti tratterò in modo più particolare in seguito, qui mi limito ad una rapida rassegna.
Vengono da Cosenza cinque manoscritti dal 1458 al 1494: il commento di David Qimhi a Ezechiele e ai Profeti minori; due libri della Mishneh Torah di Maimonide; il libro di Giobbe con il commento di Yitzhak Arundi; il trattato filosofico Le retribuzioni dell'anima di Hillel ben Shemuel di Verona; la grammatica ebraica Il lavoro dell'Efod, di Yitzhak ben Moshe Duran.
Da Reggio, tra il 1483 e il 1508, ne arrivano altri quattro, un commento di Averroè agli Analytica posteriora di Aristotele, e tre opere di carattere medico: La via dei viventi di Mosheh ben Yehoshua da Narbona, e due diverse copie del Lilium medicinae di Bernardo di Gordon.
Due documenti ci vengono da Crotone, rispettivamente del 1472 e del 1474: i commenti medi di Averroè a tre trattati aristotelici, Physica, De anima, Meterologica; un commento al Pentateuco dal titolo Sefer moshav zeqenim (Il libro dell'ospizio dei vecchi).Due ancora furono fatti a Strongoli, nel 1469-70 e nel 1480: Le opinioni dei filosofi di Al-Gazali e Le guerre del Signore, trattato filosofico di Levi ben Gershom.
A Rende furono copiati il commento di Isaia da Trani il Giovane aò trattato mishnaico Hullin, e anche (ma forse a Cosenza) il commento di Rashi al Pentateuco.
Da Belcastro (tra il XV-XVI secolo) viene un commento al commento medio di Averroè alla Logica di Aristotele.
Infine, da Simeri, proviene una bella Ketubbah, un contratto matrimoniale, firmata da ben undici testimoni figli di "rav".
Di un altro manoscritto, Doveri dei cuori, trattato etico di Bahyan ibn Paquda, non si sa se sia stato fatto a Gerace oppure a Geraci in Sicilia.

Inutile dire che nessuno di questi documenti si trova attualmente in Calabria: sono tutti andati dispersi tra Italia ed estero, per lo più a Roma e a Parigi.
Un documento indicativo della fame di libri degli ebrei calabresi è il contratto stipulato a Roma nel 1485, con cui un ebreo di Montalto acquista da uno romano ben 100 Bibbie stampate in ebraico, pagandole con 450 capi di bestiame minuto!
Infine, di famiglia originaria della Calabria è Chaim Vital Calabrese, grande studioso di Kabbalah del XVI-XVII secolo, le cui opere costituiscono ancora tema di meditazione tra gli ebrei, che onorano la sua tomba a Tzfat, e del cui padre si diceva la santità fosse tale che gli tzitzit (frange del talled, lo scialle di preghiera) da lui preparati meritavano la vita futura a chi li indossava...

2 commenti:
Bellissimo articolo. Complimenti. Si fa leggere con esemplare naturalezza.
Riferendomi all'ultimo paragrafo del post, mi piace ricordare che fu il padre di Rebbe Chaim Vital, Yosef, che prese l'appellativo di "Calabrese", essendo lui nato nella nostra antica terra calabra.
Ovvio che anche Chaim assunse lo stesso appellativo del padre.
Il kever di Chaim Vital e' adesso in
Kiriat Malachki.
Grazie per l'apprezzamento, e soprattutto grazie per le corrette precisazioni.
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