Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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martedì 21 aprile 2020

Ricordo di Emilio Sacerdote

In questo Yom haShoah vehaGevurah (Giorno della catastrofe e dell'eroismo), voglio ancora una volta ricordare Emilio Sacerdote, ebreo nato a Vibo, eroico partigiano, ucciso nella Shoah nel lager di Bergen Belsen
Ne traggo una biografia dal sito dell'ICSAIC, Istituto calabrese per la storia dell'antifascismo e dell'Italia contemporanea
Le immagini a corredo dell'articolo sono tratte da “Ebraismoin Calabria”, lavoro degli studenti del Liceo scientifico “G. Berto” di Vibo Valentia.
Devo segnalare due errori nei testi della prima immagine: Emilio Sacerdote si dimise dalla Magistratura nel 1938, poco prima dell'emanazione delle leggi razziste del fascismo, infatti da quelle leggi furono “dimessi” d'autorità; tanto meno potè essere chiamato alle armi nel 1940, dal momento che a seguito delle stesse leggi gli ebrei già dall'autunno del 1938 non potevano svolgere il servizio militare. Un errore forse perdonabile agli studenti, meno agli insegnanti che li hanno seguiti, sebbene in molti siti abbia letto le stesse informazioni errate


Articolo di Michele La Rocca © ICSAIC
Nato a Monteleone Calabro (oggi Vibo Valentia) il 9 gennaio 1893, figlio di Lazzaro, ufficiale dell’esercito, e di Virginia Pugliese, di un ramo della famiglia dei Cohen. Il suo atto storico di nascita riporta, a sinistra del documento, una glossa con una preghiera ebraica. Lo zio era il rabbino di Alessandria, Moise Zecut Levi.
Compiuti i suoi studi classici presso il Real Liceo Vibonese, si laurea in Giurisprudenza. Dopo aver partecipato alla Prima Guerra mondiale come ufficiale di collegamento col grado di capitano, viene nominato magistrato come sostituto procuratore del Re, incarico che svolge a Treviso, Udine, Biella, Alessandria. A Milano nel 1938, insultato come ebreo in una pubblica udienza, si dimette da procuratore dopo 19 anni di onorata carriera. Decide di svolgere la professione di avvocato penalista e apre uno studio nella città meneghina. Un’attività destinata a durare un breve lasso di tempo, la deriva antisemita in Italia e le leggi razziali lo colpiscono duramente. Appena sei mesi dopo, Emilio Sacerdote è costretto a sospendere l’attività e a chiudere lo studio. Nel 1940, per effetto delle leggi razziali viene cancellato addirittura dall’Albo degli avvocati.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale lo coglie in una posizione di perseguitato razziale che diviene drammatica con l’occupazione tedesca del centro nord dell’Italia. Quando i nazifascisti iniziano la caccia agli ebrei, Emilio non fugge in Svizzera ma decide di lottare e, dopo l’armistizio del 8 settembre 1943, entra nella formazione autonoma partigiana della Valle di Viù, vicino Torino, con il nome di battaglia di “Dote”. Anche la moglie Marina Traversi e la figlia Consolina, nata a Torino nel 1919, lo seguono nella Resistenza, come staffette partigiane.

Per la sua alta formazione giuridica viene nominato presidente del locale Tribunale partigiano e capo di Stato maggiore. Incarichi che mantiene anche quando passa alla XIX Brigata Garibaldi e poi alla IV divisione Giustizia e libertà. Il 30 settembre 1944 viene arrestato dai fascisti a Lemie e rinchiuso alle Carceri Nuove di Torino. È una delazione a farlo scoprire. La sua condizione di ebreo viene nel frattempo scoperta sempre per denuncia dello stesso delatore, pertanto viene destinato al campo di Gries a Bolzano.Da alcune lettere clandestine che riesce a scambiare con i suoi familiari grazie all’aiuto di un autista della Lancia emerge l’aggravarsi della sua situazione a Bolzano: «Soffro moralmente tanto, tanto, tanto come non potete immaginare, e patisco anche la fame, proprio così, la fame». E ancora in una lettera del 14 dicembre 1944, pochi giorni prima del trasferimento in Germania, ignaro dell’orrore cui sarebbe andato incontro, scrive: «Carissime, lascio oggi Bolzano e parto per la mia nuova residenza. Di salute sto benissimo, vi ho in cuore con me; non posso scrivere di più; cari baci mie adorate -; tutti i miei baci. Emilio». Queste poche righe, vergate con grafia malferma sono le ultime pervenute alla moglie e alla figlia.
Quello stesso giorno viene fatto salire sul convoglio della morte n. 20 che da Bolzano lo conduce a Flossenburg, dove arriva sei giorni dopo. Sacerdote forse ancora non immagina in quale ulteriore inferno di disperazione e dolore viene destinato. Nel marzo dell’anno successivo viene spedito al lager di Bergen Belsen, qui il suo cammino non si incrocia per poco con quello di Anna Frank, deportata nello stesso campo e morta qualche giorno prima del suo arrivo. Il nome di Sacerdote è riportato in una Transportliste dell’8 marzo 1945, un documento, che porta chiara l’indicazione «it. Jude» (italiano Ebreo), e che resta l’ultima traccia di vita che si ha di lui.
La morte per Emilio Sacerdote arriva per gli stenti e le sevizie subite, forse il 19 marzo 1945, come riportato in un documento del Centro di documentazione ebraica, forse subito dopo la liberazione del campo. Le sue condizioni, comunque, appaiono a dir poco precarie già in una fotografia del febbraio precedente a Flossenburg, scattata dagli aguzzini per «il loro divertimento…», ritrovata dagli americani e fatta pervenire alla famiglia, dopo il riconoscimento dell’«avvocato Sacerdote» quale vittima immortalata dal fotografo da parte di uno dei pochi superstiti.
Quando gli inglesi e i canadesi della 11ª Divisione Corazzata fanno il loro ingresso a Bergen Belsen è il 15 aprile 1945, lo scenario che si presenta è apocalittico: vi sono stipati oltre 60 mila prigionieri, gran parte dei quali moribondi o in pessime condizioni di salute e, accatastati dentro e fuori del campo, migliaia di corpi insepolti. Le strutture del lager vengono bruciate con il lanciafiamme per combattere l’epidemia di tifo e l’infestazione da pidocchi. Servono oltre due mesi per riportare la situazione sotto controllo, e in questo periodo muoiono oltre 13.000 ex-prigionieri. Tra questi o tra i mucchi dei cadaveri c’è sicuramente anche Emilio Sacerdote, il magistrato e l’avvocato che non si è piegato ai nazisti e che con la testa alta ha combattuto per la giustizia e per la libertà.
In una lettera del 17 luglio 1945, firmata Sergio Piperno, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, arriva la conferma che di lui si è persa ogni traccia, anche se si invita la madre a non disperare. Ma Sacerdote non è tra i sopravvissuti e non tornerà più dalla moglie e dall’unica figlia.

Il 19 maggio 2011 la sua città natale si ricorda di lui e gli viene intitolata l’aula grande delle udienze del Palazzo di Giustizia, con l’affissione di una targa che riproduce il suo volto, impreziosito dalla applicazione di una piccola stella di Davide. Vibo Valentia gli ha anche intitolato una via.
(Mia osservazione: vie gli sono state dedicate anche a Cosenza e Belvedere)



Nota bibliografica
  • D. S., La vicenda di Emilio “Dote” Sacerdote, Magistrato, partigiano, prigioniero del Lager, «ha Kehhillah», n. 2, 2006 (www.hakeillah.com/2_06_20.htm);
  • Il Giorno della memoria per il comandante Dote, «Calabria Ora», ed. di Vibo Valentia, 28 gennaio 2008, p. 21;
  • B. De Simone, Caro amico ti scrivo dalla persecuzione, «Il Quotidiano della Calabria, 13 febbraio 2011, p. 58;
  • Mario Avagliano, Emilio Sacerdote, «Pagine Ebraiche», n. 8, agosto 2011, pp. 32-33;
  • Mario Avagliano e Marco Palmieri, Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945, Einaudi, Torino 2011;
  • Mario Avagliano,Emilio Sacerdote, il servitore dello stato che non piegò la schiena e scelse la lotta, «Nuovo Monitore Napoletano», 15 novembre 2011;
  • Giacinto Namia e Raffaele Suppa, Liceo Classico Morelli di Vibo Valentia, quattro secoli di storia, Adhoc edizioni, 2012, pag. 73-74.
Nota archivistica
  • Archivio Centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC), Fondo antifascisti e partigiani ebrei in Italia 1922-1945, b. 17, fasc. 363


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