Dopo
parecchio tempo ritorno sulla possibilità di una antica presenza
ebraica nel mio paese, Monasterace, in provincia di Reggio.
Ne
avevo già trattato in un vecchio rticolo del blog, PuntaStilo: Monasterace e dintorni.
In particolare, oltre ad un documento del 1530, la Platea della Certosa di Santo Stefano del Bosco, e alcuni indizi da approfondire, citavo un detto/filastrocca (presumibilmente creato in qualche paese circostante) che, con qualche piccola variante che cambia di bocca in bocca, recita così:
In particolare, oltre ad un documento del 1530, la Platea della Certosa di Santo Stefano del Bosco, e alcuni indizi da approfondire, citavo un detto/filastrocca (presumibilmente creato in qualche paese circostante) che, con qualche piccola variante che cambia di bocca in bocca, recita così:
O
bona genti de Monastaraci, (O
buona gente di Monasterace)
chi nterra i morti senza cruci, (che seppellisce i morti senza croce)e pe' campani sona straci. (e per campane suona cocci di terracotta)
chi nterra i morti senza cruci, (che seppellisce i morti senza croce)e pe' campani sona straci. (e per campane suona cocci di terracotta)
Ne
davo alcune possibilità di spiegazione; l'interdetto da cui, per
motivi sconosciuti, il paese era stato colpito dalla Chiesa nel XVII
secolo; la scarsa “cattolicità” del paese, il cui feudatario,
Mario Galeota, nel XVI secolo vi si ritirò (dall'abituale residenza
di Napoli) per tradurre dallo spagnolo gli scritti dell'eretico
Valdés; oppure, infine la presenza antica di ebrei (o quella più
tardiva di bené anusim, marrani).
Proprio
di recente mi è capitato di rileggere un altro post del blog, Non solo San Nicandro,
in cui si sente dalla viva voce di rav Elio Toaff z.l. la storia di
minatori “siculo-calabresi” che si erano rivelati come ebrei in
Belgio, e furono da lui convertiti all'ebraismo secondo la halakhah.
Dal
sito Torah.it potete ascoltare la testimonaianza di rav Toaff z.l.
Egli ricorda quanto, tra l'altro, gli dissero questi minatori: “quando siamo
morti, nel
cimitero
non ci son lapidi perché [...] non
abbiamo voluto metterci la croce
perché non siamo cristiani” (minuto 3'03”). Subito dopo, a
conferma, ricorda il suo colloquio con il capitano dei carabinieri
del paese di cui erano originari (presumibilmente Riesi, in provincia
di Caltanisssetta), nel corso del quale il comandante ugualmente
disse: “è
gente che non mette neanche la croce sui morti”
(minuto 3'45”).
Si
rafforza quindi in me (purtroppo è solo un'ipotesi, non si sono
documenti probanti a sostegno, ma solo indizi ed un unico documento,
però di interpretazione da verificare) la convinzione che il mio
paese possa in passato aver ospitato degli ebrei. Non lo dico, sia
chiaro, per r”riventicare miei eventuali “quarti di ebraica
nobiltà”, dal momento che sia mio padre che mia madre sono di un
altro paese, ma emplicemente perché ritengo molto plausibile questa
ipotesi.
Riconosco
la debolezza delle argomentazioni (potrebbe trattarsi di una semplice filastrocca denigratoria campanilistica, come quella sui vicentini mangiagatti, conisata in paesi confinanti), ma, nella generale carenza di
documenti superstiti che caratterizza la storiografia calabrese,
possiamo trovare dei punti di partenza per approfondire le ricerche.
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