Già abbiamo ringraziato Ettore
per la sua presenza lo Shabbat del 22 ottobre, ora lo ringraziamo di nuovo per
il suo articolo pubblicato su Mosaico-CEM, il bollettino della Comunità ebraica
di Milano.
Desidero ringraziarlo anche personalmente per la citazione personale della quale mi onora!
Desidero ringraziarlo anche personalmente per la citazione personale della quale mi onora!
Uno Shabbat in Calabria, sulle
vestigia di antiche comunità ebraiche
Ettore Gad Scandiani
7 novembre 2016
È stato uno
Shabbat molto particolare e suggestivo quello di venerdì 21 e sabato 22
ottobre, a Bova Marina, in provincia di Reggio Calabria. Il tutto scaturito e
realizzato in 3-4 ore. Chiamata, ricerca di chi poteva “esserci” a costituire
un Minian, biglietti e, prima dell’alba di venerdì, partenza.
Uno Shabbat
celebrato sui resti di una Sinagoga che risale a 1600 anni fa. Un’emozione
indescrivibile poter leggere la Parashà della settimana, una delle ultime del
5776 in concomitanza con la fine di Sukkot, là dove i nostri fratelli del
meridione hanno professato la loro fede per diversi secoli fino alla loro
scomparsa, con gli editti del 1500. Lasciando però una scia di religiosità e di
“appartenenza” tangibile ancor oggi e che piano piano sta riprendendo vigore.
Una scoperta,
quella dei resti della Sinagoga, e più in generale della presenza ebraica, che
risale ad alcuni anni fa, e riportata alla luce dal Professor Giovanni Iriti,
responsabile del Parco Archeologico di Bova e delle zone adiacenti, che ha
individuato le pietre che delimitavano spazi privati e comuni della presenza
ebraica e non ultima, la stessa Sinagoga. Ha raccolto e catalogato
informazioni, creando anche un piccolo Museo al cui interno sono alloggiati
resti di mosaici, oggetti, monete, incisioni che raccontano la presenza
ebraica. In particolare sono state rinvenute e riconosciute varie tessere di un
mosaico che costituiva parte della pavimentazione della Sinagoga, e che
rappresentava il Sigillo di Re Salomone, una Menorah e proprio la festa di
Sukkot con il Lulav e il cedro, coltivato sulla costa ionica [in realtà è da intendersi "costa tirrenica", probabilmente sono stato io a dargli un'indicazione errata] in provincia di
Cosenza. E infatti, realizzare una piccola Sukkà è stato il primo impegno a cui
siamo stati chiamati, il venerdì nella tarda mattinata, appena arrivati. Dalle
spiegazioni che Giovanni ci ha poi dato, abbiamo scoperto che in quei secoli,
la Calabria pullulava di piccoli centri ove era riscontrabile la presenza di
una forte entità ebraica. Così come si sta sviluppando in tutto il Meridione il
“ritorno alle origini”, ora anche Bova Marina ha il suo passato.
La sera poi,
recitare Minchà e Arvit sotto il cielo, in riva al mare, con la luce tenue del
sole che scendeva alle nostre spalle, ci ha trasportato in una dimensione
irreale, fantastica, facendo riemergere dal passato le preghiere e i canti
sabbatici che si intonavano diversi secoli fa su quelle coste, estremo lembo
della Calabria. Voci e canti che sono poi proseguiti a tavola dopo l’accensione
delle candele, il Kiddush, l’Hamotzi, la Birkat Hamazon. Cadenze e nenie con
intonazioni romane, a volte milanesi e a volte ladine.
L’anfitrione,
il fautore principale dell’evento è stato Haim Roque Pugliese, dottore
argentino di nascita ma con antenati calabresi, il quale risiede da tempo nella
terra dei suoi avi, e che ha fortemente voluto celebrare lo Shabbat in questa
ambientazione. Sotto il suo controllo sono stati realizzati i pranzi
strettamente Kasher, a base di pesce, formaggi e verdure, preoccupandosi anche
di fornire pentole e tegami di sua proprietà. E non potevano logicamente
mancare le Challot, preparate in loco.
Della sua
famiglia era anche il Sefer Torà, di oltre 100 anni, sul quale è stata letta
sabato mattina la Parashà di Sukkot, a cui è seguita la relativa Aftarah.
Particolarmente emozionanti sono state le “chiamate al Sefer” con cui Rav
Elyasaf ha voluto gratificare tutti per la nostra presenza e Mizvà,
raccogliendoci poi sotto il suo talled per la Birkat Coanim. Molto sentito e
carico di significati, anche il Kiddush seguente che è stato recitato in Sukkà
alla presenza di circa 25 fedeli.
Haim Roque
nell’impresa è stato supportato da diverse persone che abitano nella zona,
nipoti e pronipoti di Marrani, le quali sentono ancora oggi una fortissima
appartenenza all’ebraismo, ed hanno riempito l’atmosfera di una intensità
religiosa che noi siamo generalmente abituati a sentire nelle feste più
importanti, e forse di più. Rosh Ha Shanà, Kippur, Hannucha, Pesach… Su tutte
le persone che hanno reso possibile questo evento, ci preme ricordare Licia
Bevilacqua, Tina Russo, Ivana Pezzoli, Michele D’Angelo e Massimo Misefari che
ha detto: “Ringrazio sentitamente ognuno di voi che ha reso possibile la
celebrazione di un simile evento, più che impensabile per questi luoghi. Evento
della cui importanza e spiritualità, probabilmente, non ci si rende ancora
conto”.
Per riuscire a
comporre il Minian necessario alle funzioni, Haim Roque ha ricevuto
collaborazione dalla Comunità di Roma, nella persona di Rav Umberto Piperno,
Capo Rabbino del Sud Italia che fa capo alla Comunità di Napoli, e dalla sua
presidente, Lidia Saphirer. Rav Piperno ha fatto intervenire tre bravissimi
ragazzi di Roma (David, Daniel e Davide) che hanno poi condotto magistralmente
la funzione del Sabato, guidati da Rav Elyasaf Shaer spesso presente nelle
varie “entità ebraiche” del meridione. A completare il Minian, oltre ai tre
milanesi (Roberto Polacco, Manuel Scandiani e il sottoscritto), “inviati”
dall’Assessore al Culto, Sara Modena, vi erano correligionari di Palermo (Joseph),
Catania (Carlo) e della Calabria (Igor) e Agazio Fraietta con il suo enorme
bagaglio di spiritualità e storicità (suggeriamo di visionare su Facebook, la
pagina ASKENEZ - Ebraismo in Calabria e nel Sud) [a scanso di equivoci devo specificare che io non ho contribuito al minyan, ma ringrazio Ettore per la citazione del gruppo FB!].
La sera, dopo
Minchà, Arvit e Havdalah, riuniti ancora a tavola, ci si scambiava i pensieri e
le sensazioni di uno storico Shabbat, assieme a tanti nuovi ospiti che si erano
aggiunti. Pensieri e sensazioni che ognuno in cuor suo aveva elaborato.
Saluti, foto
come da rituale e da amici di lunga data, con l’intento di non perdere i
contatti. Tutto ciò perché è potuto accadere? Perché spesso l’Uomo ricorda le
proprie origini in modo talmente forte ed emozionale che le difficoltà per
riportarle alla luce e diffonderle, spariscono.
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