Parashat Nitzavim: Devarim (Deuteronomio) 29,9-30,20
Haftarah:Isaia 61,10-63,9 (sef.); Giosué 24,1-18 (it.)
Questi precetti che io ti comando oggi non ti sono nascosti,
né lontani. Non sono in cielo, onde tu debba dire: “Chi mai salirà per noi in
cielo, e li prenderà per noi, e ce li farà udire, perché possiamo eseguirli?”. Né
sono oltre mare, onde tu dica: “Chi passerà per noi oltre mare, e li prenderà
per noi, e ce li farà udire, acciocché possiamo eseguirli?”. Ma la cosa ti è
molto vicina: tu l’hai nella bocca e nella mente, per poterla eseguire .
Da Torah.it
Da ChabadRoma
La Legge non è
nei cieli, bensì nella tua bocca e nel tuo cuore, affinché tu la esegua
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Se si accetta che
la Torà è stata data da D-o non si può dire, allora, che “i tempi sono
cambiati” e che la Torà non può venire applicata nella sua forma originaria.
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Meditiamo sul
fatto che a Rosh Hashanà, pur essendo una piccola creatura, stringeremo un
patto con l'infinito D-o Onnipotente
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Rav Eliahu Birnbaum
Parashà Nitzavim - Il
patto di ognuno di noi
Ogni cultura concepisce
forme diverse di relazione ed impegno tra le persone e le istituzioni. Noi ci
rapportiamo alle persone ed alle istituzioni, per iscritto o oralmente, sia
attraverso le emozioni, che l’intelletto, che la legge. In questa parashà la Torà
pone di fronte a noi una formula diversa di impegno: il Patto.
Il
Patto che formula la Torà prevede la necessità di due parti, chiaramente
differenziate ed obbligatoriamente presenti, che accettano il patto in modo
esplicito. Da un lato abbiamo Dio, dall’altro il popolo di Israele composto da
persone che, nel momento in cui viene stipulato il Patto, si rivolgono a Dio al
singolare come se fossero un unico individuo. Il patto si realizza sempre tra
due parti che mantengono la loro indipendenza ma che non sono obbligatoriamente
uguali o reciprocamente equivalenti. Il concetto di Patto è applicabile al
rapporto tra Dio e l’uomo, a quello di un uomo con sua moglie, a quello tra due
uomini o a quello tra istituzioni con usi ed ideologie differenti: due uomini o
entità “uguali” non hanno bisogno di un patto. Sarebbe inutile fare un patto
con se stessi.
A differenza di quanto
accade per i contratti, le norme e le leggi – tutte queste sono formulazioni
umane di relazioni a termine – il Patto è fondato sul concetto di fedeltà al di
sopra dei benefici. Un patto necessita e stabilisce un impegno comune ed un
obiettivo al quale tendono i contraenti – che diventano alleati – a cui vengono
subordinati gli elementi di differenza.
Il
mondo nel quale viviamo ha contribuito a debilitare nel popolo ebraico, il
concetto e la conseguenza del patto. Le relazioni interpersonali e tra le
istituzioni si basano su norme e contratti che variano in funzione delle
circostanze. Di fatto gran parte della crisi dell’Ebraismo nel mondo post-moderno
deriva dall’assenza del “patto” nella vita quotidiana degli ebrei,
l’indebolimento della loro connessione con l’Ebraismo, con il resto del popolo
ebraico, con la memoria collettiva, con la Diaspora e lo Stato di Israele.
Allo
stesso modo, gran parte della soluzione alla crisi generale che affrontiamo sta
in un rinnovamento individuale di ciascuno del “patto” ereditato, quale mezzo
per tornare ad avere una identità collettiva forte e sana, che sia valida per
tutti noi e renda valido quel patto che, in ogni momento della nostra vita, ci
ha protetto e ci protegge, ci ha impegnato e ci impegna.
Da Torah.it
Rav Riccardo Pacifici
Discorsi sulla Torà
Dopo i solenni ammonimenti e i gravi presagi annunciati nella Parashà delle Tokhechoth letta la scorsa settimana, ecco in questa odierna un altro poderoso discorso di Mosè, un'altra pagina di eccezionale elevatezza rivolta al popolo d'Israele. Dissi e ripeto oggi che in questi discorsi finali c'è un crescendo di solennità che colpisce anche il più superficiale lettore, c'è in questi discorsi un pathos religioso, un fremito ed un ardore sacro che impone il più assoluto rispetto.
In essi la figura di Mosè si staglia in tutta la sua imponente grandezza. Ecco qui in questa Parashà di Nizzavim il profeta ammonisce ancora una volta il popolo intorno alla fedeltà del patto; ecco il profeta proclamare che a questo patto si sono impegnati tutti i figli d'Israele, dai capi ai più umili gregari; dagli anziani ai fanciulli e non solo; ma anche tutti coloro che non sono presenti, ma che discenderanno nella catena delle generazioni da quelli d'Israele, sono tutti impegnati nell'adempimento del patto. Patto impegnativo per tutti : la defezione di una famiglia, di una tribù potrebbe diffondersi, provocare il castigo per tutto il popolo; il male sorto in una pianta o in un angolo della vigna d Israele, potrebbe inquinare e guastare senza rimedio tutta la seminagione di Dio!
L'animo del sommo profeta è assillato da questo incubo: l'infedeltà del popolo all'idea. Questo pensiero dominante induce il profeta a ritornare in questi ultimi discorsi sul tema fondamentale, ed egli non risparmia di prospettare al popolo anche le più terribili conseguenze. Qui, in questa Parashà è il quadro della futura sorte che sarà riserbata alla terra d'Israele, se il popolo sarà infedele a Dio. Quella terra che Israele sta per conquistare, quella terra, la cui decantata fertilità aveva stupefatto gli scettici esploratori che erano andati a percorrerla, quella terra che veniva annunciata come la terra fluente latte e miele, quella terra sarà ridotta a una landa desolata, se il popolo non saprà attuarvi un nuovo sistema di vita. La terra d'Israele, allora, sarà la terra dei peccatori e subirà la sorte di Sodoma e Gomorra, di quelle città, la cui catastrofica punizione doveva rimanere proverbiale negli annali dei popoli antichi. La terra d'Israele sarà divorata dal sole e dallo zolfo, che ne farannosparire ogni traccia di vegetazione, e alle generazioni lontane, allo straniero che verrà e che stupito da questo funesto spettacolo chiederà il perché di tanta desolazione, si annuncerà chiaramente il motivo di tale immenso castigo: "Sono essi che hanno abbandonato il Dio dei loro padri, e il patto che con loro strinse dopo averli fatti uscire dall'Egitto, sono essi che sono andati a servire altri dei, inchinandosi a loro, dei che mai avevano conosciuto; perciò l'ira del Signore si è scatenata su questa terra, rovesciando su di essa tutta la maledizione scritta in questo libro, perciò il Signore li ha staccati dalla loro terra..." (Deut. XXIX, 23 e seg.).
Questo il quadro funesto, ma di impressionante verità, che Mosè traccia al popolo: ma ad esso egli sente il bisogno di far seguire un ulteriore annuncio che fa presagire la futura rinascita dopo la distruzione. Guardate, egli dice, il Signore che così punisce, è Iddio giusto, voi sarete lontani, in altra terra, ma anche di là potrete ricercarlo, e se voi ricercherete Iddio e tornerete a Lui, anche di mezzo alla dispersione, il Signore tornerà a voi, Egli tornerà, e ripristinerà la tua condizione, avrà pietà di te, e ti raccoglierà di mezzo a tutte le genti fra le quali ti avrà disperso (Deut., XXX, 1 e segg.). Non dubitare dunque, o Israele, anche se un grave e tremendo castigo dovesse piombare su di te. Accettalo con rassegnazione, è il castigo di Dio, e tu, come dice la parola della sapienza, non disprezzarlo, o figlio mio, e non avere a vile la Sua riprensione, perché, quegli che Iddio ama, riprende, ammonisce e come un padre Egli vuole il bene del proprio figlio. Per coloro che ammonisce, dolce sarà il Suo ammonimento e su di essi scenderà la benedizione di Dio.
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