GIOIRETE DAVANTI AL
SIGNORE SETTE GIORNI
DI RAV UMBERTO PIPERNO
Il
popolo ebraico nel percorso del primo mese dell’anno attraversa tre momenti
fondamentali di incontro: a Capodanno, celebriamo la Creazione divina
dell’universo, nel giorno del Kippur, dell’Espiazione, o meglio della
cancellazione delle colpe, l’ebreo recupera la dimensione interiore della
coscienza riconciliandosi con sé stesso, con la comunità e con il mondo. A
Sukkot, la festa delle Capanne, fissata dal Levitico cinque giorni dopo il
Kippur, si esce dalla propria casa, o meglio, dal proprio ego, per gioire
all’ombra della divina presenza in una fragile capanna. Se a Capodanno
ascoltiamo il suono dello Shofar con la nostra coscienza e la nostra mente, se
a Kippur digiuniamo per elevare al Signore i nostri sentimenti di
riconciliazione, arriviamo a Sukkot pronti a gioire ed eseguire il precetto
della capanna con tutto il nostro corpo, consumando quattordici pasti all’ombra
della protezione divina. Appena finito il digiuno passiamo da un precetto
all’altro per costruire la capanna, legando così la gioia del Perdono a quella
della libertà dal bisogno. Nel ciclo agricolo l’autunno è la festa del
raccolto, motivo della gioia del nostro risultato, ma anche pericolosa
occasione per insuperbirsi e rinchiudersi nel proprio ambito dimenticando la
collettività.
Vediamo
insieme i particolari di una capanna che rappresenta nei suoi dettagli l’Arca
santa, per trasmettere all’uomo la sensazione che possiamo servirci della Natura
solo per stabilire un equilibrio tra Sole ed ombra. Il tetto deve essere
costruito esclusivamente con vegetali staccati dal terreno per dimostrare la
sua temporaneità. Inoltre il tetto deve essere abbastanza folto da realizzare
un’ombra maggiore della parte assolata, ma nello stesso tempo occorre che lasci
vedere le stelle. L’uomo spesso rischia una sovraesposizione mediatica che gli
fa dimenticare la capacità di cercare se stesso: l’ombra invece rappresenta un
momento di ripiegamento, di riflessione, dal quale poi ripartire per alzare gli
occhi al Cielo, cercare le stelle che indicano in alto la strada da seguire.
“Abiterete nelle capanne sette giorni perché ho fatto abitare nelle capanne i
figli di Israele quando gli ho fatti uscire dalla terra d’Egitto”. I Maestri
affermano che la festa delle Capanne è stata fissata in autunno e non in
primavera in prossimità della Pasqua per ricordarci che non costruiamo la
capanna per godere l’ombra delle sue frasche per il nostro piacere, ma al
contrario delle abitudini degli altri popoli, la costruiamo in autunno dimostrando
la volontà di eseguire un precetto divino. La capanna è un simbolo di sicurezza
nella protezione divina, paradossalmente proprio attraverso la sua fragilità.
Il
libro biblico dell’Ecclesiaste accompagna la festa di Sukkot per ricordare come
ogni elemento della natura umana sia temporaneo e destinato a lasciar posto ad
altri con il volgere dei tempi. Nello stesso modo l’ Ecclesiaste conclude
positivamente la riflessione pessimistica offrendo una via di uscita nell'adesione al precetto L’ospitalità è un sentimento ed un valore talmente
radicato nel popolo ebraico da immaginare di avere ospiti fissi, uno per
ciascuno giorno di festa da Abramo a David. Il ruolo di queste sette guide fedeli
corrisponde ciascuno a qualità umane e sfere mistiche alle quali ispirare il
comportamento individuale e collettivo. A Sukkot non solo il passato è il
protagonista della festa, ma il simbolismo della capanna deve sollecitare
l’uomo, e non solo l’ebreo, a volgere il pensiero, anzi ad identificarsi
completamente per sette giorni con chi vive tutto l’anno senza la stabilità di
una casa o di un lavoro. In questi giorni difficili per l’Europa offrire una
riflessione anzi una testimonianza di sapersi confrontare sul tema
dell’accoglienza e dell’ospitalità costituisce un prezioso spunto di confronto
e di dialogo La dimensione universale viene evidenziata dal numero delle
offerte corrispondente ai settanta popoli della terra per chiedere l’abbondanza
derivata dalle piogge.
I
temi recenti dell’Expo con molteplici proposte per nutrire il pianeta sembrano
essere riassunte nella liturgia ebraica che benedice il Signore che fa soffiare
il vento e fa scendere la pioggia come segno della Sua speciale benedizione per
il genere umano e per la Terra di Israele. Un’altro precetto specifico di
Sukkot è quello del Lulav: “prenderete per voi rami di palma, un frutto di
bell’aspetto, rami di mirto e di salice “. Leggendo l’Hallel, i Salmi di lode,
con in mano questo mazzo di vegetali, chiediamo al Signore di ascoltare le
nostre suppliche ed inviare le giuste pioggie per far crescere piante e frutta.
Ancora il ciclo della natura con il numero sette come i sette elementi del
Lulav necessita di un intervento dell’uomo per elevarlo al sovrannaturale. Ogni
punto cardinale viene benedetto dal movimento dell’uomo che intende abbracciare
la realtà attraverso il precetto, sacralizzando lo spazio con un gesto umano
per volgere a sé la volontà divina. Con la festa di Sukkot incontriamo nello
stesso tempo Natura e collettività per proiettarci con l’unità del genere umano
verso i giorni nei quali sapremo convivere in unica capanna nella quale
sviluppare il benessere materiale nella gioia di un anno pieno di benedizioni.
DISCORSO PER ROSH HA
SHANÀ DELLA PRESIDENTE LYDIA SCHAPIRER
Quello
appena trascorso è stato decisamente un anno pieno di novità. A gennaio abbiamo
accolto un nuovo Rabbino Capo, Rav Piperno, così come la nuova segretaria
Claudia Campagnano, che ha preso il posto di Davide Tagliacozzo che per molti
anni è stato il segretario di questa Comunità, ed a tutti loro vanno gli auguri
per le loro nuove attività. Nel corso dell’anno si sono svolte varie ed
importanti manifestazioni come i festeggiamenti per il nostro 150enario,
organizzati dal passato Consiglio, tappa di grande valore per una Comunità così
piccola. Manifestazione per la quale ringrazio ancora una volta il Prof
Lacerenza che ci ha aiutato a portarla a termine, insieme agli amici della
Biblioteca Nazionale e dell’Archivio di Stato, e ringrazio tutti quanti si sono
impegnati per la splendida riuscita della manifestazione. Con l’anno nuovo sarà
pubblicato anche il catalogo relativo alla mostra. Una pubblicazione complessa
che ha avuto in verità alcuni intoppi ma che a breve vi assicuriamo vedrà la
luce. A giugno poi ci sono state poi le nuove elezioni, che hanno portato ad un
rinnovo totale del Consiglio. Con sincerità vi dico non avevo pensato ad una
mia elezione che però alla fine ho
accolto con gioia, ritenendola una nuova sfida. E ringrazio per la
fiducia accordatami.
Il
lavoro è veramente molto ma spero che con il nuovo anno il Consiglio sappia
seguire le orme dei passati Consigli e
poter lavorare in un rinnovato spirito di armonia, per il bene di questa Comunità.
Come tutti ormai sapete il nostro Maskil Valter Di Castro ha scelto di prendere
un anno di aspettativa, una decisione per noi improvvisa che ha fatto trovare
il Consiglio ed il Rabbino Capo nella condizione di prendere delle decisioni
con molta rapidità. Come sapete gli accordi con il Rabbino Capo non
contemplavano lo svolgimento delle funzioni, ed avendo lui un tempio anche a
Roma, con poco preavviso non ha avuto la possibilità di liberarsi per noi. Siamo certi che con Ariel Finzi oggi e con
Eliasaf Schaer per le prossime festività ci troveremo più che bene, e li
ringraziamo di cuore per aver accettato di essere con noi nel momento più
importante dell’anno. Da parte nostra quello che possiamo fare è garantire loro
la nostra partecipazione ed il minian. A nome del Consiglio posso già dire che
abbiamo iniziato a lavorare ad una soluzione stabile fino al rientro del Maskil
di Castro. Queste festività sono il momento della gioia e delle riflessioni,
auguro a tutti noi di avere la capacità di innalzare sempre più i valori fondanti dell’ebraismo. Che sia un
anno ricco di vera amicizia e saggezza.
Shanà
Tovà.
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