Reduce dai primi 10 giorni di vacanza in Calabria, torno con nuove scoperte e indizi sull'ebraismo in Calabria, piccole tracce, ma che confermano la nostra storia ed invitano ad approfondirla.
Il territorio tra Isca e Sant'Andrea
1) Ho avuto il piacere di conoscere il professor Marziale Mirarchi, un preparatissimo studioso di storia locale, appassionato e colto, e con una biblioteca splendida.
Mi ha regalato il suo libro Isca, da Sanagasi ai gioni nostri (Catanzaro, 1986), nel quale trovo citato varie volte (in un documento del 1843) un luogo detto "Testa del Giudeo", al confine tra il territorio di Isca e di Sant'Andrea.
1) Ho avuto il piacere di conoscere il professor Marziale Mirarchi, un preparatissimo studioso di storia locale, appassionato e colto, e con una biblioteca splendida.
Mi ha regalato il suo libro Isca, da Sanagasi ai gioni nostri (Catanzaro, 1986), nel quale trovo citato varie volte (in un documento del 1843) un luogo detto "Testa del Giudeo", al confine tra il territorio di Isca e di Sant'Andrea.
Ignoro di cosa si tratti (una roccia? una cima? altro?) , se conservi ancora questo nome e, nel caso il nome sia cambiato, come si chiami attualmente; potrebbe essere poco indicativo (ci sono casi di nomi simili in posti dove mai nessun ebreo è stato, e tanti potrebbero essere i motivi di una denominazione del genere), ma resta il fatto che è il primo possibile indizio ebraico nell'ampia zona che va da Monasterace a Squillace, unica zona della Calabria nella quale finora non avevo trovato nessun riferimento ebraico.
2) Chiacchierando con mia madre, ho scoperto che fino ad alcuni decenni fa a Guardavalle (provincia di Catanzaro, sullo Jonio, al confine con la provincia di Reggio), paese nel quale è nata e vissuta fino al matrimonio, per il lutto erano in vigore alcune usanze tipicamente ebraiche, quali il coprire gli specchi nella casa del defunto e i parenti, amici e vicini che portavano il cibo, poiché era vietato per una settimana accendere il fuoco.
2) Chiacchierando con mia madre, ho scoperto che fino ad alcuni decenni fa a Guardavalle (provincia di Catanzaro, sullo Jonio, al confine con la provincia di Reggio), paese nel quale è nata e vissuta fino al matrimonio, per il lutto erano in vigore alcune usanze tipicamente ebraiche, quali il coprire gli specchi nella casa del defunto e i parenti, amici e vicini che portavano il cibo, poiché era vietato per una settimana accendere il fuoco.
Le stesse usanze, ed in più i pasti consumati sedendo per terra, li ho trovati in un libro su Bovalino, paese una cinquantina di chilometri a sud.
Parlando di queste cose, mi è stato chiesto come mai queste ed altre usanze di un popolo minoritario, visto con sospetto (ma non sempre) e che viveva separato (anche se talvolta meno di quanto comunemente si pensa) si siano potute trasmettere e radicare in un ambiente maggioritario e per lo più ostile.
Parlando di queste cose, mi è stato chiesto come mai queste ed altre usanze di un popolo minoritario, visto con sospetto (ma non sempre) e che viveva separato (anche se talvolta meno di quanto comunemente si pensa) si siano potute trasmettere e radicare in un ambiente maggioritario e per lo più ostile.
La mia spiegazione istintiva (ma se qualcuno ne ha di migliori, è pregato di scriverlo!) è che tale comunicazione di usanze risale all'epoca in cui gli ebrei furono cacciati, e quelli rimasti costretti alla conversione e al nascondimento.
Ma troppo radicate erano in loro le tradizioni che avevano ricevuto, per cui nei momenti forti della vita e della morte era per loro normale praticare le usanze delle loro famiglie: per una donna "convertita" e sposata con un cristiano, sarà stato istintivo coprire gli specchi; per un uomo "convertit" e sposato con un cristiano, sarà stato istintivo dire alla moglie di non accendere il fuoco, e così via.
Questo tanto più che generalmente il livello culturale della popolazione ebraica era notevolmente più elevato della circostante popolazione cristiana, e quindi i loro gesti potevano avere una maggiore autorevolezza.
3) Vagando per Gioiosa Jonica, dove ero andato a trovare alcuni amici, visito la bellissima chiesa barocchetta dell'Addolorata, ed uscendo vedo che la via che la fiancheggia si chiama Vico Pagano.
Via Pagana, Vicolo Pagano, Strada dei Pagani erano spesso nomi di strade abitate da ebrei (considerati pagani, in quanto non andavano in chiesa) e Paganìa era sinonimo di Giudecca; la Giudecca di Cittanova era nei pressi della chiesa dell'Addolorata, e presso il ghetto di Roma sorge la chiesa di Santa Maria del Pianto, con allusione alla tristezza della Madonna per l'incredulità degli ebrei.
4) La quarta traccia riguarda un antico testo in calabrese, ma scritto con l'alfabeto greco, che ha sicuramente un'origine ebraica, e del quale parlerò nel prossimo post: Dalla Haggadah all'esorcismo.
Via Pagana, Vicolo Pagano, Strada dei Pagani erano spesso nomi di strade abitate da ebrei (considerati pagani, in quanto non andavano in chiesa) e Paganìa era sinonimo di Giudecca; la Giudecca di Cittanova era nei pressi della chiesa dell'Addolorata, e presso il ghetto di Roma sorge la chiesa di Santa Maria del Pianto, con allusione alla tristezza della Madonna per l'incredulità degli ebrei.
4) La quarta traccia riguarda un antico testo in calabrese, ma scritto con l'alfabeto greco, che ha sicuramente un'origine ebraica, e del quale parlerò nel prossimo post: Dalla Haggadah all'esorcismo.
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