Dal 21 al 23 gennaio si svolgerà, come ormai avviene da molti anni,
il Viaggio della Memoria a Cracovia ed Auschwitz, organizzato dal Ministero
dell'istruzione, con la collaborazione dell'Ucei.
Vi prenderanno parte, insieme al Ministro e
a studenti di ogni parte d'Italia, anche una decina di studenti calabresi
premiati per i loro lavori relativi al tema della Shoah.
In attesa di poter presentare un resoconto sul Viaggio di quest’anno,
ne pubblico uno scritto dagli studenti del Liceo classico Tommaso Campanella di
Reggio, che vi hanno partecipato nel 2015, insieme ad un breve video da loro
prodotto.
“Calcolati come bestie, ma là dentro c’erano esseri umani”
(Sami Modiano)
(Sami Modiano)
In occasione del settantesimo anniversario della
liberazione dei campi di concentramento nazisti,
una rappresentanza di circa duecento studenti provenienti
da tutta la Penisola ha preso parte al “viaggio della memoria” promosso dal
MIUR. Tra questi ragazzi, vi era anche una delegazione di studenti del Liceo
Classico “Tommaso Campanella” di Reggio Calabria, una delle poche scuole
coinvolte nell’iniziativa.
Tutte le delegazioni, nel ripercorrere i luoghi emblematici
della strage antisemita della Seconda Guerra Mondiale, sono state affiancate da
varie ed illustri personalità quali innanzitutto i tre sopravvissuti al campo
di sterminio, Sami Modiano e le
sorelle Andra e Tatiana Bucci, principali guide di questo cammino insieme a Marika Kauffmann, coniuge di Shlomo
Venezia, e Marcello Pezzetti, storico specializzato nello studio della Shoah,
ma anche il presidente dell’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane)
Renzo Gattegna, il presidente dell’Assemblea rabbinica italiana e rabbino capo
di Genova Giuseppe Momigliano, il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini,
il prof. Giovanni Maria Flick, presidente onorario della fondazione Museo della
Shoah di Roma.
Il viaggio corrispondeva ad una graduale progressione
attraverso l’assurdità delle pratiche antisemite, a partire dai nostri primi
passi attraverso i vicoli di Cracovia, ex capitale di quel territorio che, in
epoca nazista, era conosciuto con il nome di Governatorato Generale.
L’intrinseca bellezza della città era però sin da subito eclissata da un
costante grigiore, indizio di quello che ci apprestavamo a vedere e provare.
Infatti i ragazzi hanno provato un forte senso di smarrimento, dovuto alla freddezza e inospitalità di un ambiente fortemente segnato dalla ormai inveterata cicatrice, provocata dai regimi dittatoriali nazista e poi sovietico. Nonostante gli anni trascorsi, Krakow sembra non essersi liberata dal dolore, riscontrabile soprattutto durante la visita del quartiere di Podgórze, adibito a ghetto ebraico. Nel 1941, i 65 mila ebrei residenti a Cracovia videro negati i loro diritti primari e si videro privati della loro dimora, alcuni allontanati dal Governatorato ed altri concentrati in un quartiere strategico estremamente povero, posto in vicinanza di una rete ferroviaria, del fiume Vistola e di una barriera naturale. Gli ebrei destinati al suddetto posto, furono costretti dalle SS a costruire una cinta muraria a forma di lapidi perché considerati cadaveri viventi.
Infatti i ragazzi hanno provato un forte senso di smarrimento, dovuto alla freddezza e inospitalità di un ambiente fortemente segnato dalla ormai inveterata cicatrice, provocata dai regimi dittatoriali nazista e poi sovietico. Nonostante gli anni trascorsi, Krakow sembra non essersi liberata dal dolore, riscontrabile soprattutto durante la visita del quartiere di Podgórze, adibito a ghetto ebraico. Nel 1941, i 65 mila ebrei residenti a Cracovia videro negati i loro diritti primari e si videro privati della loro dimora, alcuni allontanati dal Governatorato ed altri concentrati in un quartiere strategico estremamente povero, posto in vicinanza di una rete ferroviaria, del fiume Vistola e di una barriera naturale. Gli ebrei destinati al suddetto posto, furono costretti dalle SS a costruire una cinta muraria a forma di lapidi perché considerati cadaveri viventi.
A questo punto, i giovani lì presenti, scossi da tanta
intolleranza e disumana violenza, hanno trovato conforto nell’accogliente
sinagoga polacca, luogo di sincera riflessione sui puri valori del viaggio, ma
anche occasione di confronto con la cultura ebraica.
Ogni viaggio spesso ha un suo punto di svolta, in questa
esperienza lo si potrebbe individuare nell’incontro con Sami Modiano e le
sorelle Andra e Tatatiana Bucci, testimoni dell’orrore di Aushwitz, e con la
moglie di Shlomo Venezia, Marika Kauffmann.
Passeggiare per il campo di Birkenau (Auschwitz 2) e per il
Museo della Shoah (Auschwitz 1) ed ascoltare le loro testimonianze erano gli
unici strumenti che avevamo a disposizione, oltre a tanta immaginazione, per
renderci conto dell’assurdità di quelle macchine di sterminio quali erano i
campi di concentramento. Nei loro racconti, pianti e ricordi di pianti, di
condizioni invivibili, come lo erano per Sami e la comunità ebraica di Rodi, la
sua “grande famiglia” composta da circa due mila persone, i ricordi di uomini e
donne ammassati all’interno prima delle navi e poi dei treni nazisti a patire
la sete e la fame, ma anche di carità, come il cedere la propria razione di
acqua da parte del padre di Sami e di tutti gli uomini della sua grande
famiglia ai più bisognosi, ed ancora memorie di angoscia nel vedere i propri
cari allontanarsi verso blocchi diversi o verso la morte. Nelle parole di Sami,
si percepiva la disperazione di un ragazzo di appena tredici anni che combatté
ogni giorno contro la morte, non arrendendosi neanche quando il padre, alla
notizia della morte di sua figlia, decise di morire presentandosi
all’Ambulatorio, vale a dire abbandonandosi alla sorte delle camere a gas e dei
forni crematori. Vi è tanta disperazione però anche nelle parole delle sorelle
Bucci, ai tempi della deportazione appena bambine: il loro nome sarebbe stato
solamente un numero se la loro madre non l’avesse ripetuto loro sempre, per
ricordare alle sue figlie che loro non erano animali, ma persone; ora non
sarebbero in vita, se una "blokova" (donna che svolgeva funzione di
capo nei blocchi di Auschwitz) non le avesse tenute in guardia nel non
accettare mai l’invito dei nazisti a rivedere le proprie madri, putrido inganno
per utilizzare i bambini come cavie di esperimenti crudeli e devastanti, causa
della morte del loro piccolo cugino Sergio. Non è minore l’afflizione, visibile
sul volto di Marika, nel raccontare di come suo marito venne sfruttato nel
“soverkommando”, un particolare commando nazista costituito da ebrei scelti con
il compito di far funzionare i meccanismi di sterminio nazisti, tramite azioni
di vario genere come svestire le persone prima che entrassero nelle camere a
gas, oppure tagliare i capelli ai cadaveri, ma soprattutto trasportare i
cadaveri morti dalle camere a gas alle fosse comuni o ai forni crematori; suo
marito, Shlomo, nonostante avesse patito delle pene a dir poco inconcepibili,
ha avuto il coraggio di contribuire attivamente alla ricostruzione delle
dinamiche di sterminio naziste.
Un’altra presenza ha avuto un ruolo di primaria importanza
in questo viaggio, quella di quattro rappresentanti dell’associazione sinti di
Prato, i cui parenti nemmeno i nazisti riuscirono a dividere a causa della loro
coesione e fratellanza; tutti i sinti vennero infatti riuniti in un campo per
famiglie dove vennero annientati tutti insieme: nessuno si salvò.
Monika Diombke, una vittima dei campi di concentramento
nazisti, in una poesia-lettera a sua madre scrisse: “Cerca, cerca le ceneri nei
campi di Auschwitz, nei boschi di Birkenau. Cerca le ceneri, Mamma, io sarò
lì!”. Tale invito a cercare le ceneri di questi innocenti è rivolto a ognuno di
noi, tutti noi dovremmo andare ad Auschwitz, se non fisicamente almeno con il
pensiero e con il cuore aperto per amare e ricordare tutti coloro che a causa
dell’odio sono morti.
Carlo Rositani (IV D)
Stefano Spadaro (V F)
Cristina Fragomeno (V C)
Camilla Fusco (V C)
Nessun commento:
Posta un commento