Ricevo
da Domenica Sorrenti, dell’Associazione Cittanova Radici, che ringrazio
di cuore, e pubblico
Venerdì 26
gennaio 2018, a Polistena, presso la sala teatro dell’Istituto Comprensivo
Francesco Jerace di via Esperia, alla presenza del sindaco Michele Tripodi, del
Presidente del Consiglio comunale, Angelo Borgese del Comune e dei
rappresentanti delle testate giornalistiche della Gazzetta del Sud e del
Quotidiano, si è tenuta una grande manifestazione nel ricordo della Shoah.
La giornata è
stata aperta dall’Inno Nazionale Israeliano suonato con bravura dai ragazzi
dell’Orchestra della Jerace, diretta dal maestro Giovinazzo, musica che ha
prodotto negli astanti grande commozione.
I lavori sono
stati introdotti, con grande tatto e grande sensibilità dalla dirigente
dottoressa Emma Sterrantino, che ha dichiarato di essere consapevole dell’importante
funzione demandata alla scuola nella fase delicata di crescita e formazione dei
ragazzi adolescenti che frequentano l’Istituto. La preside, ricordando una frase
di Hannah Arendt, filosofa ed autrice de “La Banalità del male”, si è impegnata
a farsi portavoce presso le altre Agenzie Educative del Territorio ed a livello
Regionale sulla necessità di formare i ragazzi nell’ottica di una cittadinanza
attiva, mettendo in pratica la funzione culturale, sociale e docente delle Istituzioni
Scolastiche.
Il dottor Roque
Pugliese, Consigliere della Comunità Ebraica di Napoli e responsabile per la
Calabria, si è complimentato con i musicisti dell’Orchestra Jerace per la destrezza
con cui hanno suonato i pezzi attinenti al tema della giornata.
Grande emozione
ha suscitato nei ragazzi dell’Istituto Comprensivo e negli alunni della V
classe della locale Scuola Elementare l’ascolto del suono del corno, lo shofar,
virtuosamente suonato dall’ospite d’onore della giornata.
Particolarmente
toccante è stato il racconto della vita del piccolo Sergio De Simone, usato
come cavia umana e deceduto in seguito agli esperimenti sulla tubercolosi
effettuati in una scuola d’Amburgo dal terribile medico tedesco Mengele con
l’aiuto del criminale dottor Kurt Heissmeyer.
Per l’Associazione
Cittanova Radici, dietro invito della professoressa Antonella Elia, organizzatrice
e vero motore dei lavori per la Giornata della Memoria, ha partecipato Domenica
Sorrenti, che ha iniziato il suo intervento leggendo una lettera, un
concentrato di più di tremila anni di storia di Israele, unica vera democrazia
del Medio Oriente.
I lavori sono
proseguiti con un puntuale approfondimento storico sulla nascita del popolo
ebraico da quando Abramo, ascoltando la voce di Dio, lasciò Ur dei Caldei per
recarsi nella Terra Promessa.
“Leggiamo nella
Bibbia le promesse di Dio fatte ad Abramo, dai suoi lombi sarebbero nate
nazioni, in lui sarebbero state benedette tutte le famiglie della terra, suo
figlio Isacco ed il figlio di suo figlio, Giacobbe avrebbero ereditato la terra
di Israele, allora chiamata terra di Canaan.
Nel lungo e
doloroso esilio a cui furono costretti con le diverse diaspore, gli Ebrei sono
riusciti a sopravvivere in condizioni estremamente difficili e limitanti,
spesso in clima di aperta persecuzione, ma hanno saputo, sempre, contribuire
alla prosperità dei luoghi in cui hanno abitato. Inoltre, in Italia, durante la
I guerra mondiale, hanno contribuito a difendere la Nazione, dando un tributo
in vite umane non indifferente.
Ed oggi siamo qui
ancora per chiederci il perché del
genocidio di sei milioni di vittime, rinchiusi ed uccisi nei campi di
concentramento, prima e durante la seconda guerra mondiale.
La Germania nazista mise in atto un genocidio con metodo
scientifico per sterminare non solo gli ebrei, ma anche gli avversari politici,
zingari, omosessuali, portatori di handicap ed una parte del clero.
Il nazismo fece degli attacchi agli ebrei uno dei
propri elementi fondanti e, dal momento in cui giunse al potere, si scagliò
contro i cittadini ebrei con ogni mezzo di propaganda e con una fitta campagna
di leggi.
Per convincere anche la pubblica opinione della necessità di questa lotta, furono utilizzate le accuse di deicidio, di inquinamento della razza ariana e di arricchimento mediante lo sfruttamento del lavoro e delle disgrazie economiche altrui.
Gli ebrei, secondo il piano dei gerarchi nazisti,
sarebbero dovuti scomparire dalla faccia della terra. Hitler predicava la
superiorità della razza ariana, incarnata dai popoli tedeschi, su tutte le
altre.
L’odio verso gli Ebrei scaturiva non solo da un ideale
di purità della razza ariana, ma, nascostamente e subdolamente, da motivi
economici e commerciali.
La Shoah si sviluppò in cinque diverse fasi
1) La
privazione dei diritti civili dei cittadini ebrei;
2) La loro
espulsione dai territori della Germania;
3) La
creazione di ghetti circondati da filo spinato, muri e guardie armate nei
territori conquistati ad Est del Terzo Reich, dove gli Ebrei furono costretti a
vivere separati dalla società ed in precarie condizioni sanitarie ed economiche;
4) I
massacri operati delle squadre di riservisti incaricate di eliminare ogni
oppositore del nazismo nei territori conquistati dell’Ucraina e della Russia,
durante le azioni di rastrellamento;
5) La
deportazione nei campi di sterminio in Polonia dove, dopo un’immediata
selezione, gli ebrei venivano o uccisi subito con il gas o inviati nei campi di
lavoro e sfruttati fino all’esaurimento delle forze, per essere poi comunque
eliminati.
-
Dal 1933 al 1940, quando il nazismo vide la soluzione
della questione ebraica nell’emigrazione;
- dal 1941 al 1945, quando
viene attuato lo sterminio.
In Italia, nei primi mesi
del 1938, ci fu una violenta campagna antisemita.
Il regime fascista promulgò tra settembre e novembre le leggi razziali.
In queste leggi si diceva che gli italiani erano ariani e che gli
Ebrei non sono mai stati italiani. Furono adottati una serie di provvedimenti
per limitare fortemente i diritti e la dignità della minoranza ebraica che
allora contava più di quarantamila persone.
Il primo atto pubblico della politica antisemita del regime
fascista fu “Il Manifesto della razza”, pubblicato
il 14 luglio dello stesso anno. Seguirono leggi volte ad escludere
progressivamente gli Ebrei dalla vita sociale del paese, a cominciare dagli
insegnanti e dagli alunni dalle scuole di ogni ordine e grado.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre, esattamente il 23 dicembre del
1943, iniziò anche per gli Ebrei italiani il periodo di deportazione e
sterminio.
L’Italia è stata complice
dello sterminio perché le leggi razziali italiane, nella loro formulazione,
sono state più gravi di quelle tedesche. Sono state diverse le modalità
operative, ma di fatto si privavano i cittadini ebrei-italiani, in contrasto
con lo Statuto Albertino allora in vigore, di qualsiasi diritto civile, umano e
giuridico.
Istituire il
Giorno della Memoria ha significato
illuminare un delitto tutto italiano perpetrato anche in pieno ventesimo
secolo, interrompendo l‘illusione che si trattasse solo di un’immane cattiveria
tedesca.
Per non dimenticare lo sterminio e le persecuzioni del popolo
ebraico, Furio Colombo, deputato
dell’Ulivo nella tredicesima legislatura, propose l’istituzione della Giornata
della Memoria che venne approvata con la legge 211
il 20 luglio del 2000.
Questa legge ha
visto l’Italia allinearsi ad un contesto più ampio: più o meno nello stesso
periodo altre nazioni occidentali, tra cui Gran Bretagna e Germania, avevano
adottato misure normative sostanzialmente analoghe.
Le sofferenze patite, le angherie subite da chi è stato
discriminato sono state in parte narrate ed evocate da quanti sono stati i
testimoni oculari.
I nomi che più naturalmente vengono in mente tra i testimoni della
Shoah sono Primo Levi ed Elie
Wiesel.
Primo Levi era preoccupato perché la memoria umana
tende ad eliminare o modificare i
ricordi con il passare del tempo, quando non aggiunge, addirittura, degli elementi estranei.
Wiesel, entrato nel lager nazista
all’età di sedici anni, marchiato in modo indelebile con il numero A-7713,
sopravvissuto ai campi di concentramento, riuscì a scrivere il primo dei suoi
57 libri, “La Notte”, solo dopo dieci anni dalla liberazione.
Il suo
vero merito fu di aver riempito un vuoto facendo
emergere l’enormità del genocidio: per quasi due decenni dalla fine della
guerra, i sopravvissuti, sotto trauma, e gli ebrei americani pieni di sensi di
colpa, sembravano pietrificati nel loro silenzio. Wiesel ha insegnato a non
restare in silenzio di fronte all’ingiustizia ed è stato definito un faro di
luce. Per questo motivo il mondo ebraico ha un enorme debito di gratitudine nei
suoi confronti.
Sono trascorsi più di 70 anni da quando, il 27 Gennaio
del 1945, furono aperti i cancelli di Auschwitz, dall’immane tragedia sofferta
dal popolo ebraico ed il pericolo che molte cose vadano dimenticate è reale. Le cose accadute possono verificarsi
ancora!
I testimoni oculari sono rimasti in
pochi, possiamo avere i testimoni di seconda generazione, i figli ed i parenti
dei deportati sopravvissuti. Cogliamo
l’occasione per prendere consapevolezza della situazione di grande disagio in
cui versa la società della post-modernità, della situazione di pericolo in cui
siamo immersi.
Ai giovani che vogliono garantire un futuro migliore
al nostro Paese ed all’umanità, non serve solo commemorare, ma anche ricordare
e, soprattutto, capire, serve far entrare il Giorno della Memoria nel nostro
patrimonio di vita vissuta con dolore, con speranza e con emozione, deve essere
un evento culturale e didattico.
Oggi serve
ricordare che verso le discriminazioni non facciamo abbastanza, non alziamo abbastanza
la voce. Bisogna comprendere che una semplice discriminazione può portare tanto
dolore, può portare morte.
Spesso noi stessi
possiamo essere gli autori di una discriminazione senza rendercene conto.
La conoscenza
abbatte le diffidenze, fa cadere le barriere e permette di dialogare, di
percepire l’altro non come nemico o persona ostile, ma come un essere umano con
gli stessi bisogni, le stesse paure, gli stessi problemi.
Serve il dialogo
ed il rispetto senza i quali non si può costruire nessun rapporto.
Sappiate che le
parole hanno una loro forza, possono costruire e distruggere, possono guarire o
uccidere.
La parola amore,
che non significa egoismo o amore narcisistico per sé stessi, se interiorizzata
nel suo concetto, significa amicizia, solidarietà, rispetto e comprensione per
il prossimo.
L’amore ha una
forza travolgente e vincerà ogni male. Lo ha scritto intorno al 38 a. C Publio Virgilio Marone: “Omnia vincit amor” e
siamo qui a ripeterlo.
L’accensione
da parte del dottor Pugliese, della dirigente scolastica, del sindaco di
Polistena e degli alunni della Jerace della Chanukkiah, il candelabro a otto
bracci che ricorda il miracolo delle Luci avvenuto nel 165 a. C., in occasione
della riconsacrazione del Tempio profanato dai Siri, e rappresenta la vittoria
di un piccolo manipolo di persone guidati da Giuda il Maccabeo contro l’armata di Antioco IV Epifane di
Siria, ha chiuso la giornata ed ha voluto significare la risurrezione del
popolo ebraico e la volontà di ricerca della pace , del dialogo e della
convivenza pacifica con i diversi popoli e le diverse culture che sono presenti
in questo mondo globalizzato, considerando che le diversità devono essere viste come valore e non come differenze.
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