Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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lunedì 18 agosto 2008

Dalla Haggadah all'esorcismo

Nel libro di Agostino Pertusi, Scritti sulla Calabria greca medievale (Rubbettino, Soveria Mannelli, 1994), a pagina 203 viene riportato il testo (scritto in calabrese con caratteri greci) di una Preghiera per uno spirito impuro, ripreso da un eucologio (raccolta di preghiere) del XV-XVI sec., il codice Vat. 1538, ff. 15r-18v.
Si tratta di una filastrocca numerica, progressiva da 1 a 12 e regressiva da 12 a 1 (secondo questo schema: 1, 2-1, 3-2-1, 4-3-2-1, e così via), con una conclusione legata al numero 13.
Ne dò il testo qui di seguito.

Che unu su' lu Diu che regnia
Dui su' li tavuli di Moisès
Che su' tri li patriarchi: Abbraam, Esaac e Giacob
Che su' quattru li vangelista
Che su' cinqui li chiaghi di Cristu
Sei su' li candileri che allumaru a Gerusalem
Sette su li candili che allumaru in Galilea avanti alla Virgini Maria quandu so filliu parturiu
Otto su' li animi giusti all'arca di Noè
Nove su' li ordini di li Angeli
Dieci su' li cumandamenti di Ddiu
Undici foru li disipuli di Cristu
Dodeci li apostoli
(alla fine)
Unu su' lu Diu che regnia
Su tredeci cun tredeci non l'algiu che udigiru:
schiatta Farauni cun ttutti soi companiuni.

(le parole in grassetto non sono state comprese neanche dal Pertusi, io azzardo l'ipotesi che udigiru possa essere u diciru, variante di u dìssaru = lo dissero, dal momento che il nesso greco τζ viene usato per trascrivere sia la c che la g dolci).

Quando l'ho letta ho sobbalzato: ho riconosciuto Uno, chi sa?, la filastrocca che viene cantata (con la stessa modalità progressiva e regressiva fino al 13) alla fine della Haggadah di Pesach, per la gioia dei bambini e l'insegnamento dei grandi!
Eccone il testo, in grassetto rosso i versi che sono uguali alla versione precedente:

Uno io lo so. Uno è Dio che in cielo è. Uno fu ed uno è.
Due chi sa? Due io lo so. Due le tavole della Legge.
Tre chi sa? Tre io lo so. Tre i padri nostri sono, Abramo, Isacco e Iaakov.
Quattro chi sa? Quattro io lo so. Quattro le madri di Israel, Sarà, Rivkà, Rachele e Leà.
Cinque chi sa? Cinque io lo so. Cinque i libri della Torà.
Sei chi sa? Sei io lo so. Sei i libri della Mishnà.
Sette chi sa? Sette io lo so. Sette i giorni con lo shabbat.
Otto chi sa? Otto io lo so. Otto i giorni della milà (circoncisione).
Nove chi sa? Nove io lo so. Nove i mesi della partoriente.
Dieci chi sa? Dieci io lo so. Dieci sono i comandamenti.
Undici chi sa? Undici io lo so. Undici sono i cohavim (mi sembra siano i fratelli di Giuseppe).
Dodici chi sa? Dodici io lo so. Dodici sono le tribù.
Tredici chi sa? Tredici io lo so. Tredici sono gli attributi (di Dio).

Sono molte le considerazioni che si potrebbero fare su questo testo, mi limito solo ad alcune: l'inserzione di elementi leggendari (i sei candelieri a Gerusalemme, o le sei candele davanti a Maria in Galilea, quando invece partorì in Giudea!), la trasformazione di una filastrocca in una formula esorcistica, ma soprattutto la conferma della rilevanza della cultura ebraica che inserisce un suo testo tra le preghiere cristiane.
Particolarmente significativo riguardo alla forza dell'impronta ebraica mi sembra il verso relativo al numero 3, che rimane centrato sui patriarchi, quando in ambito cristiano sarebbe stato più "logico" un riferimento alla Trinità; così trovo rilevante che per il numero 8 siano stati presi i giusti dell'arca di Noé  quindi con un richiamo alla Torah, piuttosto che, per esempio alle beatitudini.
Significativo è anche, al numero 13, "schiatta Farauni cun ttutti soi companiuni", che mi ricorda il Grande hallel (Salmo 136) che fa parte anch'esso della Haggadah, e che dice: "fece affogare il faraone ed i suoi soldati".

Per concludere, riporto un breve commento su questa filastrocca, apparentemente ingenua ma ricca di contenuto:
"In Uno chi sa l'elemento giocoso della filastrocca dal ritmo sempre più rapido è unito ad una gradevole funzione educativa per i più piccoli che apprendono e memorizzano le risposte ai tredici indovinelli. I maestri, superando la semplice apparenza, vedono in questo canto una elencazione dei meriti passati e futuri che permisero la liberazione dei nostri padri: Uno, la fede in Dio. Due, l'accettazione delle tavole della legge. Tre, l'accettazione dell'eredità spirituale dei patriarchi. Quattro, i meriti delle donne che mantennero salda la famiglia anche in condizioni di schiavitù. Cinque, aver accolto la Torà e applicato le sue leggi. Sei, aver accolto la Torà orale (Mishnà) e applicato le sue leggi. Sette, aver osservato il sabato anche in Egitto. Otto, aver sempre praticato la milà. Nove, aver procreato, nonostante tutto. Dieci, il rispetto dei Dieci Comandamenti. Undici, il merito degli undici figli di Giacobbe che mantennero i loro nomi e non si assimilarono in Egitto. Dodici, il merito delle tribù che restarono un solo popolo. Infine, tredici, oggi invocando i tredici Attributi di Dio possiamo sperare nella venuta del Masciah e nella redenzione finale".

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