Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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27 gennaio 2019: Giorno della memoria

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venerdì 31 maggio 2019

Ebrei siciliani: La loro memoria sia benedizione


Su Wikipedia leggo questa lista di persone uccise per eresia dalla Santa Inquisizione.
Ne riporto qui i nomi di coloro che sono stati condannati in quanto “giudaizzanti”, perché non se ne perda la memoria. Mi sono attenuto strettamente al testo di Wikipedia, spostando solo alcuni nomi per rendere più chiari i legami famigliari.
Ho evidenziato in azzurro gli elementi che potrebbero far pensare a origini calabresi.
Lo so, lo so bene, Wikipedia è molto superficiale e contiene spesso errori anche gravi, bisogna indagare in biblioteche e soprattutto archivi. Purtroppo per il momento non ho possibilità di farlo, e quindi uso tutte le risorse a cui riesco ad aver accesso, compresa Wikipedia, cum grano salis…
Per i ricercatori di cognomi: scialatevi!

Mongitore Antonino 
L'atto pubblico di Fede solennemente celebrato nella città di Palermo à 6. Aprile 1724 dal Tribunale del S. Uffizio di Sicilia (Gonnelli.it)
 
(Ancora da Wikipedia!) L'autodafé, o auto da fé o sermo generalis, era una cerimonia pubblica, facente parte soprattutto della tradizione dell'Inquisizione spagnola, in cui veniva eseguita, coram populo, la penitenza o condanna decretata dall'Inquisizione. Il nome deriva dal portoghese auto da fé (in spagnolo, acto de fe), cioè atto di fede.

ZICHRONAM LIVRACHAH!

Autodafé, Palermo, 6 giugno 1511 (arsi vivi)
OSSERVAZIONI: Due le donne. Due uomini sono di Messina (uno forse originario di Carini?), uno di Polizzi e uno di Bivona; delle altre 6 persone non si sa la provenienza; uno dei due di Messina sembra originario da Toledo, come lo Zapater, in spagnolo “calzolaio”. Ugualmente di origine spagnola sembrerebbe Beatriz de Quintal, e forse anche Ana de Quintana: probabilmente uno dei due cognomi è mal trascritto, forse si tratta di un lapsus calami da allitterazione: Ana de Quintana invece che de Quintal. Di uno dei condannati si dice che era medico, di un altro “stagnataro”, probabilmente “stagnaro”, quindi una sorta di idraulico, a meno che non sia il cognome, come il precedente Zapater “calzolaio” che però era medico, forse discendente da un calzolaio.

Antoni Carni da Messina (Carni: errata trascrizione per Carini?)
Ghabriel de Polize (Polizzi)
Giovanni Crispo*
Jacopo Rizo*
Giovanni de Toledo da Messina
Laura Palumba
Ana de Quintana°
Beatriz de Quintal°
Gabriel Zapater, medico di Bivona
Cola Stagnataro
*Crispo e Rizzo: “dai capelli ricci”; forse ebrei di lontana origine nordafricana?)
° Oppure entrambe de Quintal (o Quintana?)

Autodafé(?), Palermo, 11 luglio 1512 (arsi vivi)
OSSERVAZIONI Solo per il primo si riporta la dizione “autodafé”, che però va presumibilmente riferito anche a tutti gli altri. Due le donne, una di Messina, l’altra di Palermo (forse originaria di Paternò/Patorno; improbabile la provenienza da Paterno, in provincia di Cosenza, in cui pure si suppone una presenza ebraica, verosimilmente si tratta di Paternò, in provincia di Catania). Gli uomini sono: 5 di Palermo, 2 di Messina, uno ciascuno di Cammarata Carini Marsala Milazzo. Di chiara provenienza sefardita sono Garzìa e de Aragon, mentre il cognome Tudisco, fa supporre una origine askenazita. Non abbiamo nessun indizio circa la professione di nessuno dei condannati.
Di origine calabrese potrebbe essere Jacobo Estayte, forse originario dell’aspromontana Staiti, a meno che non si tratti della semplice “italianizzazione” di un cognome straniero poco comune.

Antonino de Marino
Antonio Corbiseri, di Carini
Bernardino Babula, di Messina
Cola Angelo La Muta, di Palermo
Gabriel Garzìa
Ghabriel Compagno, di Milazzo
Jacobo Estayte, alias Jacopo Staiti di Messina
Joan de Aragon
Joan de Leofante, di Palermo
Joanne Lo Porto
Joannis Antoni Tudisco, di Marsala
Luis Yelpo
Manfrè La Muta, di Palermo
Margaritella di Balsamo, di Messina
Paulo Santafè di Cammarata
Porcio Monterusso, di Palermo
Simon de Leofante, di Palermo
Soprana de Paternò o Patorno, di Palermo

Arsi vivi, autodafé, Palermo, 29 settembre 1513 (arsi vivi?)
OSSERVAZIONI Di due uomini e due donne invece che “arsi vivi” si dice solo “arsi”; non so se si tratti di persone arse in effigie o dopo che sono state uccise o comunque morte in altro modo e poi arse. Ben 19 su 43 sono donne, quasi la metà. Quanto alla provenienza, 17 sono di Palermo (di cui uno forse originario di Polizzi e uno addirittura di Bologna) 13 sono di Marsala, una delle quali di origini calabresi; 2 di Naro e Sciacca; uno ciascuno di Agrigento (all’epoca Girgenti), Castronovo (PA), Mazara, Messina, Polizzi (forse originario di Termini), Termini Imerese, Trapani (forse originario di Vezzini, CT); due sono detti “di Sammarco”, e il fatto che di uno di due si dia il cognome, Spataro, mi fa pensare che provengano da qualche località che si chiama San Marco, ma non saprei di quale località possa trattarsi). Due donne vengono definite “neofita”, evidentemente avevano fatto una finta conversione, una delle quali perfino “neofita giudaizzante ostinata”.
Scarse, ma non del tutto assenti, le notizie circa le professioni: merciere, mastro candelaro, maestro insegnante, mastro ferraro, mastro mezzano (che non so cosa sia, ma dall’appellativo “mastro” sembrerebbe anche lui un artigiano); del Ferrario di Termini non so se si tratti di un cognome o di una indicazione di professione. Di due donne, che sembrerebbero sposate con cristiani, si indica il mestiere del marito: un mastro sellaro (del Sellaro di Marsala, invece, non è chiaro se si tratti di un cognome o del mestiere esercitato) ed un marinaio, facendo di quest’ultima l’unica appartenente ad una classe “inferiore”.
La cosa più notevole di questo autodafé sembra però essere la presenza di coppie e nuclei famigliari. Abbiamo quindi gli 8 “de Balsamo”, forse “aromatari” o “speziali”, profumieri o farmacisti, di Palermo, più la moglie di uno di loro; i 4 Balvo di Marsala, un padre con il figlio, la figlia e presumibilmente un altro parente; i 3 o 4 Barbera/Barbera/Imbarbara di Marsala, tra cui una coppia di sposi; un’altra coppia di sposi, i de Macrì (cognome diffusissimo in Calabria) di Palermo; 2 de Attuni di Marsala, non so se in rapporti di parentela e quali.


Graffiti sulle pareti dello Steri di Palermo, il palazzo in cui venivano rinchiuse le vittime dell’Inquisizione Spagnola (da L'identità di Clio)

 
Bartolomeo di Balsamo, di Palermo
Leonora de Balsamo di Palermo, moglie di Bartolomeo di Balsamo
Antonella de Iona di Palermo
Guglielmo de Balsamo o de Bausano, di Palermo
Angiulo de Balsamo di Palermo
Antonia de Balsamo di Palermo, madre di Nicolò Balsamo
Cola de Balsamo di Palermo, figlio di Antonia de Balsamo
Margarita de Balsamo di Palermo, moglie di Cola de Balsamo e nuora di Antonia de Balsamo
Francesca de Balsamo di Palermo
Joan Antonio Balvo, di Marsala
Jacopo Balvo di Marsala, figlio di Joan Antonio Balvo
Perna Balvo di Marsala, figlia di Joan Antonio Balvo
Francesco Balvo di Marsala
Bernardino Imbarbara, o Barbera, di Marsala
Giacoma Barbara di Marsala, neofita (errore di trascrizione? In realtà è il seguente?)
Giacomo Barbera di Marsala (errore di trascrizione? In realtà è la precedente?)
Lucrezia Barbera di Marsala, moglie di Giacomo
Gerardo de Macrì di Palermo
Lucrezia de Macrì di Palermo, moglie di Gerardo
Giovanni d'Attuni o de Attini, di Marsala
Perna de Attuni, di Marsala
Lisa La Muta di Palermo, moglie di Manfrè La Muta (che era stato vittima dell’autodafé dell’anno precedente)
Marco di Termini di Polizzi
Alfonso Sellaro di Marsala
Andrea Carubba di Sammarco
Antonia Romano di Mazara, vedova
Beatrice Calabrese di Marsala, moglie di marinaio
Clara de Polizzi di Palermo, madre di Angela Marinara (che non mi risulta da altre fonti, forse una donna arsa in un altro autodafé?)
Gianbattista Ferrario di Termini
Guglielmo Geremia di Naro, cerdone (non ho idea di cosa significhi)
Isabella de Andrea di Naro
Joan de Leofante, alias Giovanni Elefante, di Sciacca, merciere
Giovanni Santiglia, di Palermo
Joannis de Vezini alias Giovanni Vicini, di Trapani
Lucia Cimatore di Palermo
Nicolao Bonfiglio, di Castronovo, mastro candelaro
Paolo Spataro di Sammarco, maestro insegnante
Petro de Bononia, alias Pietro di Bologna, di Palermo, mastro ferraro
Rosa Sartorii, di Messina, moglie del fu mastro Nardi Sartorii, neofita giudaizzante ostinata
Simone Marinaro, di Palermo, mastro mezzano (arso)
Vincenzo Maymuni o Maimone, di Sciacca (arso)
Violante Gallardo o Gagliardo, di Marsala, moglie di Alonco Gallardo, mastro sellaro (arsa)
Isabella La Matina, di Girgenti (arsa)


Editto di espulsione degli ebrei del 1492 in Lingua Siciliana
(dal canale YouTube di Ismaele 555)
 

Arsi vivi, autodafé, Palermo, 10 agosto 1515 (arsi)
OSSERVAZIONI 4 uomini e 3 donne; solo di un uomo e una donna si dice “arsi vivi”; per gli altri solo “arsi”; due sono di Palermo, di cui uno originario di Milazzo; uno rispettivamente di Caccamo, Marsala e Trapani; di due il cognome fa supporre l’origine siracusana.
Particolare il caso di Desiata e Giacomo Siracusa. Desiata è detta “moglie di Bartolomeo Siracusa”; non so se si tratti di un errore e sia in realtà moglie di Giacomo (che uno dei due nomi sia quello ebraico e l’altro quello da convertito?) o se questo Bartolomeo è un cristiano, oppure se è riportato come ebreo in qualche altro documento; né possiamo essere sicuri che, non essendo marito e moglie, pur portando lo stesso cognome siano parenti.
Desiata Siracusa, di Giuliana, moglie di Bartolomeo Siracusa (arsa viva)
Giacomo Siracusa, alias Jacobo Siracusa, di Giuliana, mastro (arso)
Bernardo di Milazzo, di Palermo (arso)
Granusa La Serna, di Marsala (arso)
Paulo de Antilla, di Palermo (arso)
Perna Messina, di Caccamo (arso)
Francesco La Sala, di Trapani (arso vivo)

Ricordo altri due “giudaizzanti”.
Una Russo di Paternò (CT), “relapsa”, cioè convertita al cristianesimo e poi tornata all’ebraismo,
Diana Rosso di Paternò, relapsa (arsa, autodafé Palermo, Piano della Loggia, 19 maggio 1549)

Ed infine non un siciliano, ma un abruzzese, quindi sempre del Regno di Napoli, di cui si dice “eretico”, ma il luogo della sua esecuzione mi fa sospettare che potesse invece trattarsi di un “giudaizzante” o, più probabilmente, di un “relapso”, come potrebbe essere in altri casi, ed in particolare in quello di fine XVI secolo in Calabria, dove a Reggio furono arsi vivi 4 luterani ed altri 11 (di cui ben 7 frati!) nella vicina San Lorenzo, sulle pendici dell’Aspromonte, dove una comunità ebraica era stata presente in passato. Ma questa è un’altra storia, sulla quale spero di avere tempo e modo di indagare.
Gisberto di Milanuccio di Penne, eretico (arso vivo, Roma, Piazza Giudia, 15 giugno 1558)

lunedì 27 maggio 2019

Ebrei a Reggio nel 1594?


Ebrei a Reggio nel 1594? con annotazioni topografiche di Giuseppe Cristiano

Ho fatto una possibile “curiosa scoperta” (che però va presa con le molle) in un volume che mi ha segnalato l’amico Giuseppe Cristiano di Brancaleone (RC), che ringrazio.
Nel sito dello studioso genealogista Ben Van Rijswijk, Fonti genealogiche nella provincia di Reggio Calabria:


A p. 101, in preparazione della visita pastorale “ordina et comanda S. S. Rev.ma a tutte persone di questa citta, di qualsivoglia stato o conditione che siano alle (…) che sotto pena d'obedienza debbano fra termine d'otto giomi venire a manifestarle inanti a S. S. Rev.ma

Prosegue poi a p. 102: “Primeramente (!!!) chi sapesse alcuno heretico o rinegato o che seguiti alcun errore et opinione erronea condannata per la S. Romana Ecclesia, nostra madre; et ch'alcuno ha seguitato li detti errori in pubblico o in secreto et approvatili per parole tacite o espresse; o che havesse dubitato alcun'articolo di nostra santa fetie (sic) o che in publico o in secreto havesse fatta alcuna ceremonia giudaica* o di qualchi altra setta reprobata”.

* In questo periodo esisteva ancora a Reggio un quartiere abitato dagli ebrei.


Di questo quartiere abbiamo un’altra citazione nello stesso volume:

“Ecclesia S. Georgii della Giudecca est penitus diruta”

A pagina 11 viene riportata una mappa della città all’epoca della visita pastorale del D’Afflitto, tratta dal volume di Francesco Arillotta, Reggio nella Calabria spagnola, Casa del Libro (Gangemi), 1981.


Ho segnalato in rosso la Cattedrale e in blu la chiesa di San Giorgio della Giudecca, che vi si trova molto vicina, secondo una tradizionale collocazione della comunità ebraica nelle immediate vicinanze del locale episcopato (in alternativa alla localizzazione ai margini delle città).

Non conosco bene la topografia reggina, ma mi pare che collochi la Giudecca in luogo leggermente diverso da quello in cui viene situata oggi. Ma, ribadisco la mia ignoranza, e sarei grato di una eventuale correzione.

Ci ne sono ben due “curiosità” che potrebbero rivelarsi interessanti in questa brevissima notizia.



Primeramente chi sapesse alcuno (…) che in publico o in secreto havesse fatta alcuna ceremonia giudaica* o di qualchi altra setta reprobata.

* In questo periodo esisteva ancora a Reggio un quartiere abitato dagli ebrei.

La prima è che nell’imminenza di una visita vescovile si richiama il clero e il popolo tutto a segnalare, oltretutto “Primeramente”, tra altri non cattolici, chi avesse svolto qualche “ceremonia giudaica”.
Gli ebrei erano stati cacciati da Reggio ben 83 anni prima, nel 1511, dopo di che non se ne hanno notizie neanche durante il momentaneo rientro nel Regno di Napoli, prima della definitiva cacciata del 1541.
Qui avremmo (e spiegherò perché il condizionale sia d’obbligo) notizia che dopo tutto questo tempo si paventa (e forse ce n’era motivo reale?) che siano presenti ebrei nascosti, finti cristiani che ancora praticano qualche “ceremonia giudaica”.
Un altro elemento sarebbe anche più notevole: si tratta della nota aggiunta dall’autore del volume, Antonino Denisi, in cui si afferma che nel 1594/95 “esisteva ancora a Reggio un quartiere abitato dagli ebrei”; questa sarebbe davvero una scoperta notevole, se confermata.

Devo però ora dire qualche motivo sul mio scetticismo, o quanto meno perplessità.
Pur senza escludere che (come meglio documentato ancora decenni dopo per il Catanzarese e Montalto Uffugo, nel Cosentino) vi fossero rimasti degli ebrei nascosti, credo che questa formulazione degli elementi su cui vegliare nell’imminenza della visita episcopale, fosse una sorta di prestampato standard, stilato su un formulario base che conteneva piccole variazioni locali.

Riguardo poi alla permanenza di una qualche residuale comunità ebraica (presumibilmente clandestina) che vivesse negli stessi luoghi in cui viveva precedentemente alla cacciata, mi sembra altamente improbabile, seppure non da escludere. Ma questa è la prima volta che leggo di tale possibile esistenza, e mi piacerebbe conoscere le fonti da cui l’autore ricava tale convinzione.
Onestamente credo che si tratti di un semplice errore. A volte anche studiosi di valore come il Denisi, quando affrontano temi relativi all’ebraismo o alla storia ebraica possono commettere errori, sia perché la materia è realmente complessa in sé, sia perché spesso non è questo il loro campo principale di studio.

Si tratta in qualunque caso di elementi da approfondire, su cui varrebbe la pena indagare.


Osservazioni topografiche di Giuseppe Cristiano, che ringrazio per la disponibilità e le annotazioni correttive rispetto alla mia localizzazione della Giudecca di Reggio, di cui mi ha segnalato una grave inesattezza riportata nel mio articolo (che lascio invariato per dare a lui il giusto merito) e tratta più estesamente il problema della localizzazione e dell’estensione della Giudecca.


Nella legenda il cerchio con il numero 3 [e non il numero 8, come avevo scritto io!] rappresenta S. Giorgio della Giudecca (Antonio De Lorenzo, Note varie. III Le Parrocchie di Reggio negli ultimi quattro secoli, “Rivista Storica Calabrese”, Anno V - 1897, pp. 73-85.

e si trova in questa posizione, rispetto alla cattedrale, secondo la già citata pianta della città di Reggio al tempo del D’Afflitto, dal volume Reggio nella Calabria spagnola, di Francesco Arillotta, Casa del Libro (Gangemi), 1981 [nel rettangolo in blu, l’area della Giudecca].
Inoltre, osservando meglio la legenda il rione Giudecca si trovava circondato da una serie di chiese (12-6-4) e un monastero (9), la chiesa degli ottimati era il Collegio dei Gesuiti (17), inoltre insieme alla Cattedrale e al S. Angelo lo Grande dei Grimaldi, S. Gregorio il Piccolo o "De Armenis”, il Convento dei Domenicani e la Confraternita del Rosario (8) [i domenicani], rappresentano gli edifici più grandi nella città di Reggio, ma la posizione di quest'ultimo (8), mi fa riflettere, si trova proprio sopra il rione Giudecca.
Nel volume San Giorgio Megalomartire patrono di Reggio Calabria (tradizione e storia di un culto millenario) di Nicola Ferrante e Francesco Arillotta, Kaleidon, 2007,  viene riportata un’altra mappa dove "si mischiano" le posizioni territoriali di questi edifici.


In questa mappa (forse 1599?), S.Giorgio de la Gonia o dell'Agonia si trova prima dei Domenicani (3), il rione della Giudecca sembra territorialmente più grande e S. Giorgio della Giudecca (4) [segnalato dal cerchio rosso]occupa un'altra posizione rispetto alla precedente mappa.