Secondo post dedicato ai falsi miti sull’ebraismo in Calabria.
Spesso
viene ripetuto (e ripreso acriticamente anche da media nazionali) che gli ebrei in Calabria fossero il 40% della
popolazione, la stessa percentuale di quelli che oggi hanno origini ebraiche. E
forse anche di più, a pensarci bene, visto che non tutti gli ebrei sono
rimasti, ma la maggior parte sono andati via, scacciati nel gerush. Quindi,
secondo logica, ammettendo che il 50% siano rimasti, dovremmo portare la
percentuale all’80% percento: ovvero, quasi tutti i calabresi erano ebrei!!!
In
effetti parlando con chi questa informazione ha diffuso, ho detto che era una
stima per difetto. Secondo me il 90% dei calabresi ha origini ebraiche. E il 100%
origini latine, bruzie italiche e preindoeuropee, il 99% greche, probabilmente
l’80% arabe, il 70% rispettivamente spagnole, francesi, normanne. E vogliamo
omettere un 60-70% di origini germaniche: longobardi, goti ed altri? Per
concludere con un 20-30% di slavi e armeni, e qualche etrusco e miceneo…
Tralasciando i Rom, i provenzali e gli albanesi.
Al
di là delle boutades, la Calabria
(come tutta l’Italia) è stata una tale terra di passaggi, invasioni, conquiste
e immigrazioni, che è difficile che in ognuno di noi non esista una goccia di
sangue ebraica e di tutto il resto. Il che non significa “essere di origini
ebraiche”, ma “avere tra i propri remoti antenati anche qualche ebreo”, cosa
del tutto diversa.
Veniamo
invece ai dati più seri, accertati.
Storicamente,
dai dati che abbiamo, risulta che ad una certa data (XV secolo) la città più
ricca di ebrei fosse Crotone, con circa un ottavo (il 12,5%) della sua
popolazione che era ebrea. Ma fu cosa di pochi anni, o forse anche meno, data
la tradizionale mobilità degli ebrei, dovuta non ad una loro presunta natura
nomade, ma al cambiare delle condizioni economiche e sociali delle località in
cui si trovavano. Potremmo portare l’esempio di Tropea, dove abbiamo il
succedersi in pochi anni di una popolazione che chiede alternativamente l’allontanamento,
il rientro e la cacciata degli ebrei.
In
realtà la percentuale di Crotone fu quasi certamente per qualche tempo (mesi? settimane?)
superata da quella di Reggio nel 1492, dove trovarono rifugio 5000 siracusani
(oltre probabilmente ad altri siciliani. Scacciati dai detestabili sovrani
spagnoli, si diressero verso l’Oriente ottomano o verso l’Italia, di cui Reggio
costituiva il porto più vicino.
Non
sappiamo se nelle loro intenzioni la sosta fosse temporanea, in attesa di
dirigersi verso altre località o nella speranza di una possibilità di ritorno,
o la vedessero come più o meno definitiva. Certo è che erano un numero troppo
esteso per le possibilità logistiche ed economiche della comunità ebraica
reggina, la quale chiese ed ottenne che venissero distribuiti tra varie
località calabresi, in cui la presenza ebraica aveva subito gravi danni e
perdite pochi anni prima, per il tentativo di invasione angioino. Purtroppo
ignoriamo di quali località si trattasse.
Venendo
a stime realistiche, possiamo ipotizzare che la popolazione ebraica calabrese,
pur con percentuali più elevate in singole città o per brevi periodi, sia stata
circa l’1-2%, difficilmente di più.
Poco?
Pochissimo? Niente affatto. Non dimentichiamo che, come si intitola un libro su
una storia famigliare ebraica sotto il fascismo, in Italia nel secolo scorso
gli ebrei erano uno su mille (cioè lo 0,1%) ed ancora di meno sono oggi, a
seguito delle persecuzioni e delle deportazioni e stragi nazifasciste e dell’emigrazione
soprattutto in America e dell’aliyah in Israele, non compensate dall’arrivo di
ebrei dalla Libia (soprattutto a Roma) e dalla Persia (in prevalenza a Milano).
A
Roma gli ebrei sono circa 15.000, cioè lo 0,5 della popolazione.
Se
la loro presenza fosse quella storica, cioè l’1-2%, in Calabria sarebbero
invece 20-40.000.
Come
vedete, non c’è bisogno di ricorrere a cifre acchiappa-audience per capire l’importanza storica e culturale, economica e
sociale della presenza ebraica in Calabria.
Dedichiamoci
alla realtà, senza voli pindarici di fantasia.